Tweet


RIFORMA PROTESTANTE
Movimento religioso originato dal luteranesimo e così denominato dalla "protesta" contro la condanna di Martino Lutero espressa dai suoi seguaci alla dieta di Spira (1529).

LUTERO E GLI EVANGELICI.
Al di là delle differenti definizioni dogmatiche, articolate nelle varie "confessioni di fede", o catechismi (luterana, calvinista, anglicana, zwingliana, anabattista, sociniana e delle altre sette generatesi in seguito alla frattura della cristianità occidentale), la sostanza dottrinale del fenomeno stava nella giustificazione per fede, rovesciamento della tradizionale posizione cattolica che vedeva la via della salvezza nella "giustizia attiva" dell'uomo che, in collaborazione con la grazia divina, compiva le opere buone, ergendo così la volontà umana a protagonista della giustificazione, conformemente alla norma disciplinare stabilita dall'autorità ecclesiastica. Invece Lutero, sulla scorta della Lettera ai romani di san Paolo (1, 17), parlò di giustizia passiva dell'uomo, reso giusto dalla grazia di Dio mediante Cristo e consapevole della salvezza attraverso la sola fede. Il problema della conversione operata dalla sola grazia, evento puramente interiore e individuale, spinse Lutero, e soprattutto Calvino, ad accentuare la dottrina agostiniana della predestinazione. La mediazione sacramentale e gerarchica della Chiesa, considerata una deviazione indotta dall'Anticristo, venne annullata, come pure venne rifiutata la morale ascetica, con la soppressione degli ordini monastici: l'ideale di perfezione da extramondano venne ricondotto all'interno della società e delle sue leggi, favorendo la nascita della mentalità economica moderna. La lotta contro gli abusi della Chiesa romana non nacque però con intenti scismatici: nella tensione verso la laicizzazione della vita religiosa e l'abolizione della separazione del clero dai fedeli si vedeva il "ritorno alla forma primigenia" (reformatio) della Chiesa, quella apostolica, fondata cioè sulla predicazione e sul rapporto diretto del credente con Dio attraverso la Scrittura, che è interprete di sé stessa. Sino al fallimento del colloquio di Ratisbona (1541) si continuò a sperare da entrambe le parti in una conciliazione dottrinale. La spinta alla formazione di una nuova Chiesa istituzionale condusse in campo protestante a disparate soluzioni pratiche: poiché il protestantesimo evangelico (o luteranesimo) definiva l'organizzazione ecclesiastica e la stessa liturgia come cose indifferenti (adiaphora) e riportava tutte le cose terrene alla sfera del potere civile (teoria dei due regni), lasciò che i principi asservissero la religione allo stato, nominando propri impiegati (visitatori) che controllavano pastori e parrocchie e riferivano ai sovrintendenti generali nei tribunali ecclesiastici o concistori. Una struttura simile si ebbe nell'Inghilterra anglicana, dove permaneva, alle dirette dipendenze del re, l'istituzione episcopale sul modello cattolico (che sopravvisse anche nelle Chiese luterane di Svezia e Danimarca e nella Chiesa calvinista ungherese).

CALVINO E I RIFORMATI. Nel protestantesimo riformato (o calvinismo), la cui comparsa viene tradizionalmente indicata come la "ripresa" della Riforma dopo il "ripiegamento" di Lutero davanti alle pretese del potere secolare e l'inizio della reazione cattolica, la costituzione ecclesiastica doveva invece adeguarsi alla confessione di fede della comunità, anche a prezzo dell'ostilità con lo stato, il cui ruolo era visto come sussidiario alla Chiesa. Il fondamento di questa era posto nella comunità dei fedeli, affidata alla guida dei ministri (pastori, dottori, anziani e diaconi); ma al suo interno non esisteva gerarchia, così come nessuna Chiesa prevaleva sulle altre. Le principali forme organizzative che ne derivarono furono il presbiterianesimo, sotto la direzione del sinodo (come a Ginevra e in Scozia), e il congregazionalismo (tipico delle sette), in cui la comunità deteneva tutta l'autorità. La forma politica che ne scaturiva era la teocrazia, di ispirazione sostanzialmente democratica sotto l'involucro della comune dipendenza diretta da Cristo. Dove poté, tuttavia, il calvinismo si costituì come Chiesa di stato, e il problema dell'identificazione della Chiesa visibile con la Chiesa degli eletti fu affrontato con gli stessi metodi di esclusione e repressione dell'eresia che caratterizzavano il cattolicesimo.

LA FRAMMENTAZIONE DELLE CONFESSIONI. Lo spazio aperto dal protestantesimo alla critica religiosa attraverso il "libero esame" della Scrittura rese assai difficile il raggiungimento non solo di un'intesa dottrinale fra le varie confessioni, ma anche di una formula ortodossa all'interno di ciascuna di esse. Il principale punto di divergenza fra Lutero, Zwingli e Calvino fu la dottrina dell'eucaristia; successivamente, all'interno del luteranesimo si ebbe la disputa sulla giustificazione e sugli adiaphora, composta in una formula ortodossa dai seguaci di Melantone all'università di Wittenberg; un'analoga definizione dell'ortodossia per il calvinismo, diviso dalla questione della predestinazione fra rimostranti e gomaristi, si ebbe con G. Voetius (1589-1676), la cui rigidezza fu temperata da J. Cocceius (1603-1669), in un clima che già risentiva della diffusione, comune a tutta l'Europa protestante, dei principi del pietismo. Nel XVIII secolo il pensiero protestante, sotto l'influsso del misticismo individuale pietista e per stimolo dell'illuminismo e della sua apologia della religione naturale adogmatica, accentuò il valore dell'esperienza morale e sentimentale soggettiva. La teologia liberale del XIX secolo, nel solco di Kant e della filosofia idealistica (G.F. Hegel, F.D. Schleiermacher) ridusse il cristianesimo a sistema etico e ne storicizzò lo sviluppo, privando di ogni attributo soprannaturale la stessa figura di Gesù e promuovendo l'esegesi storico-critica della Bibbia (A. von Harnack, F.C. Baur, scuola di Tubinga). Al processo di secolarizzazione rispose la "teologia del risveglio" (A. Neander, S. Kierkegaard), che ripristinava la centralità del peccato, della grazia e della conversione. Da tale filone antirazionalistico derivò la grande stagione del pensiero protestante nel XX secolo, che sempre più accomunò luterani e calvinisti, sviluppandosi fra la teologia dialettica, che nella crisi dell'uomo vedeva il luogo della salvezza come fede totalmente cristocentrica (K. Barth), la presa di coscienza della fine della religione in un mondo diventato adulto, che portava a un'interpretazione non-religiosa e radicale della Bibbia (D. Bonhöffer), e la demitizzazione del cristianesimo in una prospettiva esistenzialista (R. Bultmann). Emerse allora nel protestantesimo una vivace spinta verso l'ecumenismo, nella forma di un federalismo che, promuovendo la comunione fra le diverse Chiese senza lederne l'autonomia, ne favorisse il contatto nel corso di periodiche conferenze: fra 1925 e 1961, il Consiglio mondiale delle Chiese coinvolse così più di mille Chiese, fra cui la stessa Chiesa cattolica.

M. Pellegrini


J. Lortz, E. Iserloh, Storia della Riforma, Il Mulino, Bologna 1974; R. Bainton, La Riforma protestante, Einaudi, Torino 1980.
Stats