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![]() CINA, INVASIONE GIAPPONESE DELLA (1937-1945). Occupazione militare di gran parte del territorio cinese da parte del Giappone in direzione della creazione di un'area economica integrata in estremo Oriente denominata "Più grande Asia orientale". Le vittorie nella guerra cino-giapponese (1894-1895) e poi nella guerra russo-giapponese (1904-1905) avevano permesso al Giappone, alleato della Gran Bretagna (alleanza anglo-giapponese), di affermare il proprio ruolo di potenza regionale, garante dell'ordine in estremo Oriente, già acquisito con la partecipazione alla spedizione contro i boxer. Erano state così poste le basi di un vasto impero coloniale che, oltre a Taiwan e alla Corea, comprendeva anche le concessioni già russe in Manciuria e, con la partecipazione alla Prima guerra mondiale, quelle già tedesche nello Shandong. La Cina aveva assunto un'importanza vitale per lo sviluppo del capitalismo giapponese, come fornitrice di materie prime per l'industria pesante e come principale mercato di esportazione sia di merci che di capitali per l'industria tessile, specie cotoniera. Proprio contro le tendenze imperialistiche del capitalismo giapponese e contro le fazioni militari che lo appoggiavano in Cina si rivolse il vasto movimento nazionalista e democratico del Quattro maggio 1919. Sebbene Sun Yatsen avesse trovato inizialmente un appoggio da parte del movimento panasiatico giapponese, il Guomindang fu in seguito contrastato, nella sua marcia verso il nord per l'unificazione della Cina, dai ripetuti interventi militari nello Shandong da parte del governo Tanaka (1927-1929). In seguito alla crisi mondiale del 1929 il Giappone intensificò le sue iniziative invadendo la Manciuria nel 1931 (vedi Manchukuo) e quindi il Huabeiguo (1935), che inglobava cinque province cinesi. Con l'incidente del ponte Marco Polo (Lugouqiao, luglio 1937) scoppiò quindi una nuova guerra cino-giapponese. Costituito, in seguito all'incidente di Xi'an (1936), il Fronte di resistenza antigiapponese tra il Guomindang e il Partito comunista cinese, Chiang Kai-shek dovette cessare le campagne di annientamento contro i comunisti e il conflitto con il Giappone assunse la forma di guerra totale. Ritiratosi dalla Cina del nord, l'esercito del Guomindang si impegnò nella difesa della Cina a sud dello Yangzi. Shanghai cadde, dopo una dura lotta, nel novembre 1937 e nel dicembre le truppe giapponesi entrarono nella capitale Nanchino, abbandonandosi a un orrendo massacro che causò oltre 200.000 vittime. La presa della capitale non portò tuttavia alla resa del governo nazionalista, che si ritirò nell'interno, spostando la capitale a monte dello Yangzi, prima a Wuhan poi a Chongqing. Di lì continuò la resistenza che, dopo la caduta del porto meridionale di Canton (ottobre 1938), si avvalse dei rifornimenti militari attraverso l'Indocina francese e, occupata anche questa dai giapponesi (settembre 1940), attraverso la Birmania. Nonostante la presa dell'importante nodo strategico di Xuzhou (maggio 1938), punto di congiunzione tra i tronchi ferroviari nord-sud ed est-ovest, l'esercito giapponese in Cina, arrivato a un milione di uomini, non era in grado di controllare se non punti e linee (città e vie di comunicazione), mentre nel vasto territorio della Cina trovava ampio spazio la guerriglia dei partigiani comunisti. Intanto, mentre sul piano interno con la "legge per la mobilitazione delle risorse nazionali" il Giappone si accingeva alla guerra a oltranza (1938) e all'instaurazione del regime totalitario, il primo ministro offriva al governo del Guomindang gravose condizioni di pace, respinte da Chiang Kai-shek. La proposta di un "nuovo ordine in Asia orientale" venne invece accolta da un antagonista di Chiang Kai-shek, Wang Jingwei, che nel marzo 1940 costituì a Nanchino un "Governo riformatore della Repubblica cinese", di cui il Giappone si servì per porre sotto controllo le risorse economiche della Cina. Colpito dalle sanzioni statunitensi dopo l'invasione dell'Indocina, il Giappone, conscio che il conflitto con le grandi potenze metteva in gioco l'intero assetto del Pacifico, lanciò l'attacco alla base americana di Pearl Harbor (8 dicembre 1941) che segnò il suo coinvolgimento nella Seconda guerra mondiale. Per tutta la durata del conflitto il Giappone continuò a mantenere in Cina un forte esercito impegnato in una guerra di logoramento, pur dovendo rinunciare, dopo il 1943, a lanciare l'avanzata decisiva verso Chongqing. Il 15 agosto 1945 l'esercito giapponese dovette arrendersi, ma nei mesi seguenti i nazionalisti continuarono a servirsene contro l'avanzata comunista nella Cina settentrionale. A. Valota |
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