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TERRORE STALINIANO
(1934-1939). Spietata repressione di massa
che colpì l'Urss nella seconda metà degli anni trenta, ispirata
da Stalin e attuata dalla polizia politica. Il predominio politico che
Stalin si era costruito negli anni venti consisteva in un primato nell'ambito
di una direzione collegiale. Dopo alcuni anni di sanguinose epurazioni,
il dittatore georgiano emerse come padrone assoluto dello stato e arbitro
delle sue leggi, riducendo a mere funzioni celebrative l'apparato di governo
e di partito. L'assassinio di Kirov (dicembre
1934), atto d'inizio del Terrore, permise di ampliare i poteri della polizia
politica (Nkvd) e di varare una legislazione d'emergenza che fu il supporto
dei grandi processi pubblici contro i vecchi capi bolscevichi. La repressione
non risparmiò alcun settore della vita del paese, precipitando
la società sovietica in un'atmosfera di delazione e paura. Milioni
di persone e intere popolazioni furono deportate, incalcolabile fu il
numero delle vittime di questo olocausto sovietico. Nel 1939 Stalin dichiarò
conclusa la grande purga. Con Berija tuttavia il Terrore non cessò
ma, parzialmente attenuato, si trasformò in metodo permanente di
governo. Solo nel 1953 il partito riuscì a riprendere il controllo
sulla polizia politica.
Vedi anche Ezovscina.
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