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![]() TERRITORI OCCUPATI L'insieme della Cisgiordania, della fascia di Gaza, del Golan e dei quartieri orientali di Gerusalemme conquistati da Israele in seguito alla guerra arabo-israeliana del 1967. LA VIOLAZIONE DELLE RISOLUZIONI DELL'ONU. Quella conquista forniva in teoria a Israele buone carte per un accordo che garantisse la pace in cambio della restituzione. In realtà il governo israeliano già all'indomani della vittoria annetté di fatto la parte araba di Gerusalemme, ignorando la risoluzione approvata il 4 luglio 1967 dall'Assemblea generale dell'Onu contro qualsiasi modificazione dello status giuridico della città santa. Dal canto suo il Consiglio di sicurezza dell'Onu approvò il 22 novembre dello stesso anno una nota risoluzione, la 242, che indicava come presupposti di una pace giusta e durevole il ritiro delle forze armate israeliane da (nel testo inglese: from territories) o dai (in quello francese: des territoires) territori occupati, e il diritto di tutti gli stati della regione a vivere entro confini sicuri e riconosciuti; queste intrinseche ambiguità consentirono tanto a Israele quanto agli stati arabi di rigettare sulla controparte la responsabilità per il fallimento dei reiterati tentativi compiuti negli anni successivi per arrivare a una soluzione concordata. Nel frattempo il governo israeliano attuava la politica del fatto compiuto, consentendo tacitamente o incoraggiando attivamente la fondazione, in tutti i Territori occupati, di un numero crescente di insediamenti ebraici integrandone l'economia in quella israeliana: la maggior parte della produzione ortofrutticola della Cisgiordania veniva venduta in Israele, dove nel contempo si offriva lavoro a decine di migliaia di pendolari arabi, provenienti soprattutto da Gaza, disposti a sostituire gli israeliani nelle attività più faticose o rischiose e meno retribuite. Periodicamente Israele esprimeva la volontà di restituire buona parte dei Territori occupati in cambio di un trattato di pace, ma in seno al governo si manifestavano opinioni diverse: all'esigenza militare di mantenere confini sicuri si contrapponeva la preoccupazione, dettata da considerazioni demografiche, di evitare l'assorbimento nello stato ebraico di ulteriori minoranze arabe. Nonostante l'esodo di 380.000 profughi durante o subito dopo la guerra del 1967, la Cisgiordania ospitava ancora circa un milione di palestinesi arabi (di cui 70.000 a Gerusalemme ormai considerati alla stregua di cittadini israeliani), che furono sottoposti a un'amministrazione militare rigorosa fino a quando, nel giro di un triennio, le autorità militari e i servizi di sicurezza non ebbero ridotto a livelli minimi le capacità organizzative della resistenza palestinese. A questo risultato nella fascia di Gaza, più densamente abitata, si arrivò soltanto alla fine del 1971, previo smantellamento parziale dei maggiori concentramenti di profughi; di tutta la fascia venne annunciata, nel marzo 1973, l'incorporazione in Israele. LA COLONIZZAZIONE ISRAELIANA. In Cisgiordania si stava attuando invece de facto il cosiddetto piano Alln (mai ufficialmente approvato dal governo di Israele) che prevedeva la disseminazione di insediamenti ebraici lungo il Giordano, sulle colline della Samaria e tra Gerusalemme e Gerico, dopodiché sarebbe stato possibile restituire la regione, eccezion fatta per Gerico, alla Giordania, col vantaggio per Israele di dover incorporare, a progetto ultimato, ben pochi arabi. A propria volta l'Agenzia ebraica operò per incoraggiare l'immigrazione degli ebrei sovietici (autorizzati dal 1971 a trasferirsi in Israele in quote consistenti), mentre tale diritto fu precluso ai profughi arabi della guerra del 1967. La politica degli insediamenti ebraici nei Territori occupati ricevette nuovo impulso dalla vittoria elettorale (1977) delle destre guidate da Menachem Begin, malgrado gli impegni da questo assunti al riguardo con gli accordi di Camp David che portarono alla pace con l'Egitto (1979). Entro il maggio 1980 si sarebbero dovute concludere le trattative sul futuro della Cisgiordania e di Gaza, ma l'intransigenza del governo Begin (disposto a concedere ai territori solo una limitata autonomia amministrativa) ne provocò il fallimento e, per contraccolpo, tensioni con gli Usa e in seno allo stesso gabinetto, dal quale si dimisero per protesta i ministri degli Esteri M. Dayan e della Difesa E. Weizmann. Nel dicembre 1981 fu proclamata l'annessione del Golan, mentre venne intensificata la creazione di nuovi insediamenti, che passarono da 42 all'inizio del 1973 a 129 con 46.000 coloni nel 1985 (di cui 114 con 42.500 coloni in Cisgiordania) a 139 con 70.000 coloni nel 1987 (di cui 118 con 67.700 coloni in Cisgiordania, dove il 52 per cento della superficie era ormai espropriato). Esito di tale politica fu l'emergere di una crisi nei rapporti con gli Stati Uniti che, impegnatisi sul piano internazionale ad affrontare la questione palestinese dopo la guerra del Golfo, nel 1991 sospesero la concessione a Israele di crediti per 10 miliardi di dollari formalmente destinati all'assorbimento di immigrati sovietici. Più duttile in proposito si dimostrò il governo Rabin che, all'atto del suo insediamento nel 1992, si impegnò a bloccare almeno temporaneamente la costruzione di nuovi insediamenti. La mancanza di prospettive di soluzione politica, unita alla perdurante repressione e alla pesante situazione economica dei Territori occupati, aveva frattanto fatto esplodere nella fascia di Gaza il 9 dicembre 1987 l'intifada (in arabo "sollevazione"), movimento popolare inizialmente non violento (caratterizzato soprattutto dal lancio di pietre da parte di bambini e ragazzi contro le forze israeliane) che, rendendo esplicita all'opinione pubblica israeliana e internazionale l'impossibilità di eludere il problema dell'autodeterminazione del popolo palestinese, spianò la strada alla dichiarazione unilaterale di indipendenza dello stato palestinese (novembre 1988) e all'inizio di un travagliato dialogo tra Stati Uniti e Olp e della ancor più travagliata Conferenza di pace per il medio Oriente (Madrid, 1992). Questa nuova "età del dialogo" cominciata a inizio anni novanta portò agli accordi del 1993-95 tra Israele e Olp che sancirono il passaggio dei centri principali della Cisgiordania a un'amministrazione autonoma palestinese. Nel gennaio 1996 si poterono così tenere le elezioni di un consiglio dell'Autorità palestinese che costituiva l'embrione di un futuro stato indipendente di Palestina, la cui realizzazione fu però messa in serio pericolo da quel clima di tensione e di scontri venutosi a creare alla svolta tra Novecento e Duemila. P.G. Donini ![]() G. Aronson, Israel, Palestinians and the Intifada: Creating Facts on the West Bank, Kegan Paul International, Londra 1990; W. Dahmash (a c. di), Voci palestinesi dell'intifada, Vecchio faggio, Chieti 1989; M. Maòz, Palestinian Leadership on the West Bank, Cass, Londra 1984. |
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