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ROMANTICISMO
Ampio e profondo sommovimento delle idee e della sensibilità che accompagnò il trapasso dall'età moderna a quella contemporanea, tra la seconda metà del XVIII secolo e la prima del XIX, in tutta Europa e in tutti i campi. La tempesta della rivoluzione francese e delle guerre napoleoniche fece crollare non solo molte istituzioni ma anche molte certezze del passato, già minate in parte in sede culturale dall'illuminismo, senza però sostituirvene delle altre altrettanto ferme. D'altro canto l'avvio della rivoluzione industriale e il sempre più ampio ricorso al lavoro salariato radicalizzarono la divisione del lavoro e in particolare la separazione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale (e tra scienza e tecnica), esaltando il primo come avulso dalla materialità della produzione di merci e deprimendo il secondo a mero strumento di guadagno a fini di sussistenza. Da qui la divergente "liberazione": dell'attività artistica e intellettuale dai condizionamenti economici, fino all'esaltazione del genio povero e sprezzante del denaro, e dell'attività produttiva da ogni vincolo feudale e corporativo ma anche da ogni condizionamento di valore che non fosse il valore economico. Proprio a causa di questa esplosione di diversità consapevoli, il romanticismo appare come fortemente contraddittorio; la sua stessa natura più autentica e profonda, anzi, può essere individuata nella compresenza di aspetti divergenti e contrastanti. Preceduto da molteplici segnali nel Settecento (preromanticismo), esso si manifestò palesemente nelle varie espressioni artistiche appunto con l'apparente antiteticità della loro ispirazione: appello ai sentimenti personali più profondi, all'inconscio e al diritto a sognare, ma anche rappresentazione senza veli della realtà concreta; rivalutazione del mistero e dell'irrazionale in polemica con l'illuminismo, ma anche fiducia nel progresso tecnologico e nella creatività dell'uomo. Il suo significato storico complessivo consiste essenzialmente proprio nella presa di coscienza, da parte di ampi settori della cultura e delle scienze europee, di una rottura col passato e quindi in un più profondo approccio al concetto stesso di rottura storica e di storicità, vuoi per patrocinare un recupero della tradizione (segnatamente del Medioevo cristiano, individuato come culla del sublime artistico, del trascendente e delle individualità nazionali) vuoi per sognare un utopico futuro di armonia e di concordia fra gli individui, le nazioni e le classi. Contro ogni appiattimento dettato da sistemi di regole e di leggi razionali, ne scaturiva il riconoscimento dell'individualità dell'esperienza non solo personale ma dei popoli. La scoperta e la sottolineatura dell'idea di nazione da parte di intellettuali britannici e tedeschi nel corso del Settecento venne drammaticamente dilatata dalla contraddizione fatta esplodere in Europa dalla rivoluzione francese e da Napoleone. Da un lato infatti l'una e l'altro portavano un messaggio di uguaglianza e di fraternità, dall'altro conculcavano tradizioni, credenze, fedi, leggi profondamente radicate da secoli tra le popolazioni che pretendevano dapprima liberare e poi opprimere. Il patriottismo eroico dei rivoluzionari francesi che difesero la Prima repubblica a Valmy (1792), una volta trasformatosi con Napoleone in aggressività imperialistica suscitò l'uguale e contrario patriottismo nelle altre nazionalità europee, aprendovi tuttavia anche un contrasto all'interno, tra quanti vedevano nelle baionette francesi il sostegno alla libertà e quanti l'arma dell'oppressione. Nel momento stesso in cui si concretizzava quindi l'idea di nazioni distinte e si affossava il concetto generico di umanità, caro al razionalismo moderno, si prendeva piena coscienza anche delle distinzioni interne alle singole nazioni dovute non più alla nascita (che la rivoluzione francese aveva insegnato a contestare e che Napoleone con il Codice civile aveva abolito formalmente), ma alla divisione sociale del lavoro (classi sociali) e alle scelte individuali e di gruppo: ideologiche, confessionali, politiche. Mentre quindi prendeva corpo il sentimento dell'appartenenza nazionale, sorgeva anche il concetto moderno di partito politico (di cui i club rivoluzionari erano stati un primo abbozzo) e di scontro politico organizzato, cui non era estraneo il consolidamento dell'aspirazione alla democrazia. Si trattava di idee e realtà che avevano già avuto espressione in passato, ma in epoca romantica assunsero la forza della concettualizzazione cosciente, che si manifestava nelle ideologie nelle quali individui, gruppi, classi, partiti proiettavano le proprie aspirazioni conferendo loro la dignità di teorie assolute. La manifestazione più compiuta e più alta di questa tendenza romantica si ebbe in filosofia con l'idealismo tedesco, in particolare nel "sistema" di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), che, ravvisando nella Storia la manifestazione ciclica e dialetticamente progrediente dello Spirito assoluto (e quindi negando la trascendenza), ne ravvisava l'oggettivazione etica massima nello Stato (ovviamente nazionale), di cui la crescente potenza prussiana era di fatto ai suoi occhi l'incarnazione più compiuta, affossando il sogno illuministico, nutrito da Immanuel Kant (1724-1804) pochi anni prima, di un governo mondiale. Altrettanto legittime espressioni del romanticismo erano all'estremo opposto le dottrine ultramontane del diplomatico sabaudo Joseph de Maistre (1753-1821) e del prete legittimista francese, pur meno reazionario, Hugues de Lamennais (1782-1854). Tanti e così diversi furono i filoni del romanticismo che, per quanto dichiarato più volte defunto e superato già a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, le sue correnti sotterranee ebbero un'inesausta vitalità non soltanto nelle manifestazioni artistiche, comprese quelle dell'avanguardia, ma soprattutto nelle grandi ideologie che si combatterono sanguinosamente nel corso del XIX e del XX secolo.

G. Petrillo
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