![]() |
||
![]() |
![]() INDUISMO Più che una religione o una filosofia l'induismo è un insieme di tradizioni che comprende, accanto a dottrine e pratiche religiose e rituali, una prassi civile (prima e al di là della costituzione dell'India come stato laico) dominante gli ambiti economico e sociale; una vera e propria cultura, nel senso antropologico del termine, e un modo di vivere caratterizzato dall'espressione sanscrita sanathana dharma. Società, religione e filosofia sono nell'induismo strettamente connesse. La società tradizionale si ordina nel sistema delle caste indiane in funzione della religione, cioè in una prospettiva di ordine cosmico, universale. L'ordinamento gerarchico delle caste (varna) ubbidisce infatti a un principio religioso-rituale, basato sull'opposizione puro/impuro, al cui vertice stanno i brahmani, ossia i sacerdoti. L'individuo non esiste se non in relazione a un complesso sistema di interdipendenza funzionale tra caste e sottocaste, al cui interno il suo posto e il suo ruolo sono rigidamente definiti dalla legge del dharma, che prescrive una fitta rete di riti e doveri sociali. L'individuo liberato è invece il samnyasin, il rinunziante, ossia colui che, riconoscendo il carattere illusorio (maya) della realtà, si estrania dall'ordine sociale rompendo ogni legame, per ricercare esclusivamente la propria liberazione (moksa) e sfuggire al ciclo delle rinascite (samsara). A questo punto i riti e le pratiche religiose non servono più. La particolarità che distingue l'induismo dalle grandi religioni rivelate, risiede nel fatto che esso propone all'asceta un cammino di realizzazione interiore per arrivare, attraverso una severa disciplina (yoga), all'esperienza del divino (samadhi). La speculazione filosofica ha a sua volta come fine non solo la spiegazione del mondo, ma l'intuizione mistica e la realizzazione dell'unità fra coscienza individuale e universale. L'induismo non ha un contenuto dogmatico unitario, ma fa capo a una pluralità di fonti che, secondo alcuni autori, non sono altro che lo sviluppo della dottrina contenuta nei testi più antichi, i Veda. Altri invece distinguono tra vedismo, brahmanesimo e induismo vero e proprio e considerano quest'ultimo un insieme di miti, religioni e culti affermatisi dopo l'epoca vedica. Ci atterremo qui alla prima interpretazione. I quattro Veda, inni di preghiera e di invocazione agli dei, sono utilizzati dai sacerdoti durante i rituali e i sacrifici, inframezzati da miti cosmologici o riguardanti gli dei stessi. I Brahmana, gli Aranyaka e le Upanishad sono strettamente collegati con i Veda, una sorta di loro esegesi. Questi testi, che secondo la distinzione citata sopra apparterrebbero al brahmanesimo, furono elaborati a partire dal VII secolo a.C. dai brahmani, quando il sistema della caste era ormai irrigidito. I Brahmana sono testi spiccamente ritualistici che ci forniscono importanti informazioni sui costumi del tempo, mentre gli Aranyaka e le Upanishad più antiche mettono in secondo piano norme e rituali per lasciare spazio alla meditazione e alla speculazione filosofica. Il superamento del concetto vedico di rta (ordine cosmico) e lo sviluppo di quello di "dharma" sta alla base dei Kalpa-sutra o raccolte di aforismi. Tra questi ricordiamo qui soltanto i Manava Dharmasutra (attribuiti a Manu, mitico progenitore della stirpe umana), che contengono una dettagliata trattazione delle funzioni e dei doveri propri d'ogni casta. A queste raccolte vanno aggiunti i due poemi epici Ramayana e Mahabharata. La Bhagavad Gita (Canto del beato signore) divenne il testo base della corrente visnuita dell'induismo moderno. Dalla metà del primo millennio d.C., infatti, Visnu e Siva, due divinità già presenti nei testi precedenti, assursero a poli di riferimento di due grandi correnti di culto che, insieme con lo saktismo o tantrismo, costituiscono il fondamento dell'induismo. I testi sacri fondamentali sono rispettivamente (ma non esclusivamente) i Purana (secoli XI a.C.-VIII d.C.), gli Agama e i Tantra. Nel periodo postvedico si svilupparono i Darsana (letteralmente, punti di vista), sei diverse scuole filosofico-speculative. L'induismo fu influenzato dalle idee liberali occidentali sotto il dominio coloniale britannico. Si affermò allora un fenomeno noto come "rinascimento hindu", nell'ambito del quale nacquero per lo più fra la classe media hindu diversi samai (associazioni) di orientamento talvolta opposto tra cui la Brahma Samaj, fondata dal brahmano bengalese Rammohan Ray, e l'Arya Samaj, fondata da Dayananda Sarasvati. Inoltre vi furono indubbie connessioni fra induismo e movimento nazionalista. Fra i leader del movimento che fecero leva sul sentimento religioso delle masse ricordiamo B.G. Tilak che propagandò il culto del dio Ganesh, il "Signore degli ostacoli", e celebrò il capo maratha Sivaji come esempio di combattente per la libertà contro il dominio straniero, mentre a Bankim Chandra Chatterji, romanziere e giornalista, si dovette l'inno fatto proprio dai nazionalisti Saluto la madre (la dea Kali il cui culto era particolarmente diffuso) nel Bengala. Negli ultimi due decenni del XX secolo venne crescendo, in opposizione alla visione laica dello stato fatta propria fin dall'indipendenza dal Partito del congresso, un sentimento nazionalista che faceva appello alla "vera anima hindu" del paese, contro l'Occidente ma anche contro l'Islam. Il maggiore raggruppamento politico impegnato in tal senso, con l'obiettivo di "restituire l'India agli hindu", fu il Bharatya Janata Party, movimento integralista che conseguì un forte successo elettorale nel 1989, ottenendo alla Lok sabha (Camera bassa) 113 su 540 seggi e il governo in quattro stati dell'Unione. N. Del Franco |
![]() |