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DISARMO
Eliminazione totale o almeno tendenziale degli armamenti prodotti e detenuti in quantità e con effetti crescenti dalle grandi, medie e piccole potenze del mondo.

L'UTOPIA DELLA ELIMINAZIONE DEI CONFLITTI E GLI ORGANISMI SOVRANAZIONALI.
Le proposte di accordo generalizzato tra le potenze ai fini di una riduzione o abolizione degli armamenti risalgono alla fine del XIX secolo, dapprima connesse con l'obiettivo dell'eliminazione dei conflitti armati come strumento per la risoluzione delle controversie internazionali (conferenze di pace dell'Aia del 1899 e del 1907) che tuttavia non fu raggiunto. Al termine della Prima guerra mondiale il disarmo generalizzato appariva come un corollario necessario dell'ideologia del presidente degli Usa W. Wilson. Per sua iniziativa si tenne la conferenza di Washington (1921-1922) per il disarmo navale che si concluse con un trattato che si limitava a stabilire quale rapporto dovesse essere mantenuto fra le forze navali delle maggiori potenze. Nell'ambito della Società delle nazioni, pur in assenza degli Usa, negli anni tra il 1924 e il 1934 furono avviate diverse iniziative. Nel 1924 un protocollo contenente le garanzie di sicurezza per la convocazione di una conferenza sul disarmo fu respinto dalla Gran Bretagna. Benché l'opzione pacifista fosse ribadita in ogni trattato, le conferenze navali del 1927, del 1930 (Usa, Giappone e Gran Bretagna) e del 1935 non riuscirono a estendere gli impegni oltre quelli già fissati nel 1922. La politica aggressiva del Giappone prima e della Germania e dell'Italia poi fece naufragare la conferenza del disarmo (Guinea 1932-1934); e infine l'inefficacia delle sanzioni economiche contro l'aggressione italiana all'Etiopia spense le speranze pacifiste. Nel quadro dell'assetto successivo alla Seconda guerra mondiale, il disarmo fu previsto fin dalla Carta atlantica (14 agosto 1941) fra i compiti istituzionali dell'Onu con tanta maggiore urgenza in quanto reso drammatico dalla disponibilità delle armi atomiche. I piani di disarmo furono distinti tra convenzionale e atomico: per il secondo gli Usa presentarono il piano Baruch (1946), mentre l'Urss si fece presentatrice di un piano di disarmo convenzionale. Il deterioramento della situazione internazionale con la guerra fredda irrigidì le due superpotenze sulle questioni del disarmo. La commissione dell'Onu per i problemi del disarmo sospese i lavori nel 1948 e nel 1949 seguì il suo esempio la Commissione per i problemi dell'energia atomica. Nel 1952 un tentativo di riprendere i lavori si bloccò sul tema del metodo. Per gli occidentali si trattava di stabilire in primo luogo il sistema di controllo, per i sovietici invece bisognava procedere alla riduzione degli armamenti tradizionali e nucleari contemporaneamente alla definizione delle modalità di controllo. Le trattative seguirono l'altalenante andamento dei rapporti diplomatici tra le due superpotenze, con qualche difficoltà in più frapposta dai paesi che aspiravano a entrare nel novero delle potenze nucleari, il club atomico. Tra il 1954 e il 1955 i primi segnali della distensione poststaliniana favorirono la convergenza di progetti occidentali e sovietici sui criteri della gradualità del disarmo e sulle ispezioni reciproche. Al vertice di Ginevra del luglio 1955 il presidente degli Stati Uniti Eisenhower lanciò la proposta dei cieli aperti alle ispezioni. Il blocco orientale propose un piano, respinto dalle controparti, per la smilitarizzazione atomica dell'Europa centrale. Nel 1959 venne comunque firmato un trattato per la denuclearizzazione dell'Antartide. Dal marzo 1958 l'Urss dichiarò la sospensione unilaterale degli esperimenti nucleari, cui si adeguarono poco dopo gli Usa anche in seguito alla conferenza di Ginevra sulla tregua atomica (novembre).

L'EQUILIBRIO BIPOLARE. Le trattative diplomatiche erano accompagnate dalle vibranti proteste di opinione pubblica, intellettuali e scienziati che in moltissimi paesi denunciarono i pericoli di autodistruzione connessi alla crescita degli armamenti nucleari. Le speranze del disgelo furono invece sottoposte a una fitta serie di delusioni, come avvenne nel 1960 quando l'abbattimento di un aereo-spia statunitense nei cieli dell'Urss fece svanire le speranze suscitate da un progetto sovietico di disarmo totale da attuare in quattro anni. Dopo due anni di infruttuosa attività anche i colloqui per la sospensione degli esperimenti nucleari furono bloccati in seguito alla crisi dei missili e le grandi potenze ripresero gli esperimenti; gli incontri, riaperti l'anno successivo, sboccarono in una moratoria degli esperimenti a cui si sottrassero tuttavia Cina e Francia, aspiranti membri del club atomico. Attorno alla metà degli anni sessanta i problemi erano complicati dalla possibilità che ancora nuovi paesi venissero in possesso delle armi nucleari, sì da rendere impossibile un controllo. I paesi esclusi, d'altra parte, denunciarono nelle due superpotenze la volontà di usare i negoziati sulla non proliferazione delle armi nucleari come strumento per il mantenimento del loro monopolio. Per questi motivi il trattato per la non proliferazione, raccomandato dall'Assemblea generale dell'Onu nel giugno 1968, non fu sottoscritto da Cina, India, Israele e Francia (che fece esplodere la propria bomba il 24 agosto 1968). Quattro anni dopo seguì il trattato sulla messa al bando delle armi batteriologiche e tossiche (1972). Da allora i negoziati si articolarono in diverse sedi, con una trattazione separata delle diverse questioni. In campo nucleare le due superpotenze spostarono l'attenzione dai problemi delle armi a quello dei vettori di testate nucleari: iniziarono nel 1969 gli Strategical Arms Limitation Talks (vedi Salt 1) conclusi nel 1972 stabilendo dei limiti a numero di postazioni e di rampe fisse e sottomarine. A conclusione dei Salt 2 (1979) fu fissata la limitazione del numero dei vettori delle armi strategiche. Questo trattato non fu però ratificato dal Congresso degli Usa, come ritorsione per l'invasione russa dell'Afghanistan. Malgrado ciò, e malgrado l'esplicito rifiuto del nuovo presidente degli Usa, Ronald Reagan, esso fu però di fatto applicato dalle due parti in causa fino al 1985. Un secondo livello di negoziati venne stabilito dal Mbfr (Mutual Balanced Forces' Reduction, reciproca riduzione equilibrata delle forze) che discusse della riduzione delle forze convenzionali della Nato e del Patto di Varsavia in Europa; un terzo livello infine si occupò dell'Inf (Intermediate Nuclear Forces, forze nucleari intermedie), cioè i cosiddetti missili di teatro, vettori nucleari a breve raggio. Questi tre livelli di negoziato erano tra loro intercomunicanti e fu rilevato che le potenze tendevano a recuperare in una sede quanto avevano dovuto concedere in un'altra. Nel corso della prima metà degli anni ottanta le trattative segnarono il passo e giunsero nel 1984 a uno stallo che sembrava insuperabile. I negoziati ripresero con l'incontro tra R. Reagan e M.S. Gorbacëv del novembre 1985 a Ginevra grazie alla convergenza tra le aspirazioni riformiste del leader sovietico e il desiderio di Reagan di concludere il proprio mandato con un importante accordo internazionale. L'ostacolo principale era rappresentato dallo Sdi (Strategic Defence Initiative, noto come Scudo spaziale) che implicava il ripudio degli accordi Salt 1. L'Urss si dichiarò disposta ad accettare lo Sdi, purché ne fosse proibita la sperimentazione. Negli anni successivi le convergenze si accentuarono: nel settore delle forze nucleari a raggio intermedio prese corpo l'accordo che prevedeva la totale eliminazione dall'Europa dei missili (1988), mentre sugli armamenti strategici le posizioni di Usa e Urss si erano notevolmente avvicinate. Dal 1987 inoltre le prospettive di accordo sugli armamenti convenzionali in Europa crebbero, finché nel 1989-1990, con la disgregazione del Patto di Varsavia e l'unificazione della Germania, si rese inderogabile la necessità di una istituzionalizzazione della cooperazione paneuropea, aprendo prospettive affatto diverse al problema del disarmo. Al declinare della contrapposizione tra le due superpotenze faceva infatti da contrappeso l'emergere di crescenti difficoltà sul piano del controllo della proliferazione nucleare e degli armamenti chimici in forza della presenza di ambizioni e tensioni che uscivano dal quadro bipolare (soprattutto nell'area del golfo Persico e in estremo Oriente). Anche la dissoluzione dell'Urss e i problemi dei rapporti fra gli stati della nuova Csi, oltre a quelli relativi al controllo dell'effettivo potere sugli arsenali atomici, sollevarono preoccupazioni e problemi che l'Onu non sembrò, allo stato dei fatti, in grado di dominare.

L. Ganapini
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