(dal nome fittizio coniato da Tommaso Moro per
l'opera omonima, con le parole greche
u: non e
tópos: luogo
- quindi, luogo che non esiste). Elaborazione di un ordinamento
politico-sociale-religioso ideale, astratto, che mira all'abolizione dei
privilegi e delle ingiustizie (V. OLTRE). ║
Per estens. - Ideale, progetto, speranza irrealizzabile o considerata tale:
la perfetta giustizia sociale è considerata un'u. • Filos. -
Concezioni filosofiche di carattere utopistico si possono trovare già
nell'antichità classica, a cominciare dalle opere poetiche (basti
ricordare, a tal proposito, l'omerica terra dei Feaci). Opere ascrivibili al
genere utopico-religioso si devono ad autori come Ecateo, Evemero, Teopompo,
Zenone; la più celebre
u. di carattere politico-filosofico
dell'antichità fu elaborata da Platone nella
Repubblica. In epoca
medioevale, l'
u. affiorò esclusivamente come recupero di tematiche
escatologiche all'interno di scritti patristici; significativo, in questo senso,
il
De civitate Dei di sant'Agostino. Nel Rinascimento le concezioni
utopistiche conobbero una grande fioritura. Nel 1516 T. Moro pubblicò
l'opera, in cui venne coniato il termine stesso
u.: il
Libellus vere
aureus nec minus salutaris quam festivus de optimo reipublicae statu deque nova
Insula Utopia. In questo scritto, tradotto in inglese nel 1551, Moro
criticava aspramente l'assetto assolutistico dello Stato inglese e le sue
negative ripercussioni di carattere economico e sociale. A questa organizzazione
sociale Moro contrapponeva una società e uno Stato ideali, ispirati a
principi egualitari e comunistici, che conferiscono all'opera un notevole
carattere anticipatore di istanze proprie del pensiero illuminista e socialista.
Grande rilievo ebbe anche la
Città del Sole di T.
Campanella, composta tra il 1602 e il 1611 e apparsa in latino nel 1613 (nel
1637 fu pubblicata un'edizione con piccole aggiunte); nello scritto di
Campanella veniva proposta una città ideale, il cui assetto era definito
sulla base di criteri scientifici. Dalla
Città del Sole emergono
altresì principi comunistici e riflessioni di natura pedagogica e
religiosa. L'
u. proposta da F. Bacone nella
New Atlantis (uscita
postuma nel 1627) si fondava sull'ideale di una grande riforma del sapere, cui
dovevano collaborare i dotti di ogni luogo, per migliorare la condizione
dell'uomo, attraverso la conoscenza della natura. Alle elaborazioni teoriche si
affiancarono, in età moderna, tentativi di costruire degli Stati ispirati
a principi utopistici (il tentativo degli anabattisti a Münster, 1525). La
cospirazione degli Eguali di F.-N. Babeuf (1796) inaugurò le
u.
socialiste moderne (importante, in quest'ambito, fu il retaggio di J.-J.
Rousseau). In Babeuf si avverte ancora l'eredità concettuale delle
u. filosofico-religiose del passato, mentre in altri socialisti utopisti
(Ch. Fourier, R. Owen, H. de Saint-Simon) si coglie la volontà di
proporre delle soluzioni alla lotta di classe, attraverso riforme radicali
dell'assetto sociale. Nella
Théorie des quatre mouvements et
des destinées générales (1808) Fourier delineava il
sistema dell'
Armonia Universale, basato sul
principio
d'associazione, e si proponeva la realizzazione di un
falansterio per
tradurre in pratica la sua teoria sociale. Saint-Simon poneva l'etica sociale
alla base di un
Nuovo Cristianesimo, cui avrebbero dovuto aderire anche
le classi più agiate, convinte dei benefici che tale soluzione avrebbe
recato a tutti. Anche per Owen il nuovo assetto sociale, egualitario, doveva
essere realizzato in modo pacifico: gli strumenti fondamentali erano individuati
nell'attività educativa, nel movimento cooperativo, nelle colonie
comuniste. Nel pensiero marxista vi fu un complessivo ridimensionamento
dell'
u., in virtù della visione materialistica della storia,
sebbene nell'apparato ideologico del Comunismo siano individuabili elementi di
carattere utopico, a cominciare dall'egualitarismo assoluto. Nel Novecento, per
impulso degli scritti di G. Sorel, l'
u. ha lasciato strada al mito.
• Arch. e Urban. - Teoria che individuava nel decentramento di
comunità di piccole dimensioni, in cui all'agricoltura si affiancasse
l'industria, il rimedio ai mali della città industriale.