Concezione filosofica che pone l'utilità a
fondamento dell'azione morale. ║ Per estens. - Il badare unicamente ai
propri interessi. • Filos. - Precedenti dell'
U. possono
riscontrarsi già nel pensiero antico: l'edonismo greco, infatti, faceva
coincidere il bene morale con l'utilità. Precursori moderni possono
essere considerati, invece, Th. Hobbes e C.-A. Helvetius. L'
U.
propriamente detto si identifica, tuttavia, con una corrente di pensiero ben
precisa, la cui origine è fatta risalire a J. Bentham, che espresse il
principio fondamentale di tale concezione filosofica: è utile ciò
che comporta la massima felicità possibile del maggior numero di persone.
Nello stesso autore si riscontra la tendenza, che caratterizza tutto
l'
U., a costruire l'etica come una scienza esatta, su basi matematiche,
calcolando la differenza quantitativa tra i piaceri. La teoria di Bentham fu
successivamente emendata da J.S. Mill, che propose una distinzione dei piaceri
anche su un piano qualitativo e l'applicazione a ogni livello politico e sociale
del principio utilitaristico della massima felicità possibile. H.
Spencer, dal canto suo, interpretò l'
U. in chiave evoluzionista,
ritenendo la specie umana indirizzata verso una finale armonizzazione naturale
tra felicità individuale e felicità collettiva. Nella riflessione
dei filosofi, in definitiva, la concezione utilitaristica si è venuta
precisando come profondamente diversa da quella edonistica, in quanto pone come
obiettivo non l'utile immediato, ma quello più lontano e costante;
l'
U., inoltre, non mira all'utile personale, egoistico, ma a quello del
maggior numero possibile di soggetti.