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Urànio.

Chim. - Elemento chimico di numero atomico 92 e peso atomico 238,03; simbolo: U. Nella tavola periodica degli elementi si colloca fra gli attinidi ed è l'elemento più pesante riscontrabile in natura; gli elementi di peso o numero atomico superiore, detti transuranici, sono stati infatti preparati per via sintetica. L'u. fu scoperto nel 1789 da M.H. Klaproth in un campione di pechblenda e inizialmente venne considerato un omologo superiore del cromo; nel 1896 A.H. Becquerel ne scoprì accidentalmente la radioattività e la capacità di subire spontaneamente la fissione nucleare. Gli studi a questo proposito condotti da diversi fisici, fra i quali O. Hann, F. Strassman ed E. Fermi, portarono nel 1939 alla formulazione di una teoria in base alla quale era possibile la costruzione di una pila atomica o reattore nucleare (V. REATTORE), cioè di un dispositivo in grado di ricavare energia dalla fissione di u. L'impegno bellico degli Stati Uniti contribuì in seguito a indirizzare gli studi successivi alla realizzazione della bomba atomica (V. ATOMICA, BOMBA), basata sulla fissione dell'u. Ancor oggi il maggior impiego dell'u. è collegato allo sviluppo dei processi di fissione nucleare e al loro impiego, sia bellico sia pacifico. ║ Stato naturale: l'u. è un elemento raro nella crosta terrestre, della quale costituisce solo il 2,9·10-4% in peso (cioè 2,9 parti per milione). Si calcola che la crosta terrestre per una profondità di circa 20 km ne contenga 1014 t e le acque dei mari e degli oceani ne contengano 1010 t. I minerali contenenti u. finora riscontrati sono varie decine: fra i principali citiamo la pechblenda o blenda peciosa, l'uraninite (V.) e l'autunite o uranite (V.); nessuno degli altri minerali di u., tutti radioattivi, è tanto diffuso da poter essere sfruttato industrialmente. ║ Isotopi: l'u. naturale si presenta come una miscela di tre isotopi, 234U, 235U e 238U, tradizionalmente noti rispettivamente anche come u.-II, attinio-u. e u.-I. La loro relativa abbondanza e il loro periodo di semitrasformazione (tempo che impiega una determinata massa di un isotopo a trasformarsi per metà per decadimento radioattivo) sono i seguenti:

Isotopo
Abbondanza (%)
Tempo di semitrasformazione (in milioni di anni)
234U
0,006
0,248
235U
0,720
713
238U
99,274
4·510

Di questi tre isotopi naturali, il primo è presente in tenore talmente basso (6 atomi ogni 100.000 atomi della miscela) da potersi considerare trascurabile. L'u. 235 invece, anche se presente in basso tenore (1 atomo circa ogni 140 atomi della miscela), ha un'importanza fondamentale. Esso infatti viene detto anche u. fissile poiché per bombardamento con neutroni lenti si trasforma in u. 236, instabile, che si scinde in due elementi più leggeri e in 2 o 3 neutroni (i quali a loro volta, se non vanno dispersi, attivano ognuno un altro atomo di u. 235) e grandi quantità di energia. L'isotopo 238 viene invece detto u. fertile in quanto, per assorbimento di un neutrone lento, si trasforma in u. 239; questo a sua volta per decadimento in beta si trasforma in nettunio 239 che, sempre per decadimento in beta, si trasforma in plutonio 239, un altro nuclide fissile secondo reazioni altamente energetiche come quelle che presenta u. 235. Anche 233U presenta fissione spontanea: esso è inesistente in natura ma può essere preparato per reazioni nucleari a partire da altri isotopi. Si ritiene che, dato il periodo di semitrasformazione relativamente breve dell'u. 233 (0,16 milioni di anni), questo si sia formato ma sia già scomparso pressoché totalmente dalla crosta terrestre. La reazione di fissione spontanea dell'u. 235 per cattura di un neutrone può essere scritta così:

235U + n → 236U
236U → 94Kr + 139Ba + 3n

ove con n si è indicato un neutrone. La prima fase è appunto la cattura di un neutrone lento; la seconda è la fissione vera e propria in due elementi più leggeri (nell'esempio un isotopo del cripto ed uno del bario) e tre (o due) neutroni. L'energia liberata da un atomo che subisca questa reazione è circa 200 MeV (megaelettronvolt), cioè la decomposizione completa di un grammo di u. 235 genera 19,8 milioni di kcal, pari all'energia generata da 2,5 t di carbone bruciato con ossigeno o da 12,5 t di nitroglicerina. Il processo di fissione dell'u. 235 viene innescato da un solo neutrone e ne produce 2 o 3 (mediamente 2,6). Gran parte di questi neutroni però vengono emessi con alta velocità e in tutte le direzioni e per questo non sono in grado di attivare altri atomi. L'u. naturale, disperso nei minerali, tutti a basso tenore, non è in grado di sostenere queste reazioni. Se però si prende una massa di u. 235 sufficientemente grande e compatta, essa può esplodere in quanto un qualsiasi neutrone, sempre presente ovunque, può decomporre un atomo; a sua volta questo genera 2 o 3 neutroni che decompongono altrettanti atomi e così via, con un processo a catena. Si libera quindi una grande quantità di energia in uno spazio e un tempo estremamente brevi, con una conseguente forte esplosione. Poiché tanto maggiore è una massa, tanto minore è il numero dei neutroni che possono fuoriuscirne senza incontrare altri atomi da far reagire, si può determinare, in funzione del tenore u. 235 della miscela, quale è la massa critica, cioè la massa tale per cui il numero di neutroni generati all'interno è uguale a quello dei neutroni persi verso l'esterno. Se una massa è superiore a quella critica, il numero di neutroni generati è maggiore di quelli persi, quindi la concentrazione di queste particelle nella massa va aumentando, portando infine all'esplosione. ║ Proprietà fisiche: l'u. si presenta come un metallo grigio-acciaio, molto pesante, duttile, malleabile, facilmente lavorabile. Esiste in tre forme cristalline: a bassa temperatura si ha la forma α (ortorombica, con 4 atomi per ogni cella) che a 665 °C si trasforma nella forma β (tetragonale complessa, con 30 atomi per cella); a sua volta questa a 770 °C si trasforma nella forma γ, cubica a corpo centrato. Le suddette temperature di transizione possono variare notevolmente in presenza anche di piccoli tenori di impurezze; con piccole aggiunte di opportuni elementi le forme β e γ possono essere stabilizzate anche fino a temperatura ambiente. L'u. fonde a 1.132,3 ± 0,8 °C e bolle a 3.818 °C; il calore specifico è 6,649 cal/mole °C a temperatura ambiente. Il calore di trasformazione della base α in β è 674 cal/mole e quello di trasformazione della β nella γ 1.131 cal/mole; il calore di vaporizzazione è 106,7 kcal/mole. La conducibilità termica è molto bassa per un metallo: 0,064 cal/(cm sec °C), come pure quella elettrica (0,034 microohm-1). I suoi parametri atomici sono i seguenti: raggio covalente 1,42 Å (1 Å = 10-10 m), raggio ionico 1,11 Å a valenza +3 e 0,89 Å a valenza +4; volume atomico 12,5. La sua elettronegatività secondo Pauling è 1,7. Valori tipici delle sue caratteristiche meccaniche, ricavate a temperatura ambiente su una provetta ottenuta per fusione e colata, sono i seguenti: carico di rottura a trazione: 40 kg/mm2; carico di snervamento convenzionale (allo 0,2%): 20 kg/mm2; strizione: 10%; allungamento a rottura (provetta corta): 4%; modulo di elasticità: 16.800 kg/mm2; modulo di Poisson: 0,21. Per quanto riguarda la lavorazione, la temperatura di colata è pari a 1.250 ÷ 1.300 °C; per la sua elevata reattività con la maggior parte dei materiali refrattari allo stato fuso, l'u. deve essere trattato e colato in crogioli di grafite; per la sua reattività a caldo con l'aria va colato sotto vuoto o in atmosfera inerte. Per la lavorazione a caldo si preferisce trattare con la fase α a non più di 600 °C. La saldatura può essere effettuata per fusione ma operando in gas inerte. ║ Proprietà chimiche: l'u. è un elemento molto reattivo, con un comportamento chimico complesso. All'aria resiste bene allo stato massiccio, ma se è finemente suddiviso si può incendiare e bruciare con facilità dando U3O8. A 200 °C inizia la sua ossidazione all'aria e la combinazione con gli alogeni. Reagisce con quasi tutti gli elementi formando una vasta serie di composti nei quali presenta valenza +3, +4, +5 e +6; di queste, l'ultima è la più stabile, seguita in ordine decrescente dalla +4, dalla +5 e dalla +3. Viene attaccato dalla maggior parte degli acidi forti, soprattutto in ambiente ossidante. Caratteristico è il suo comportamento con il cloridrico: l'u. si scioglie con liberazione di idrogeno, ma reagisce anche con questo formando una polvere nera di idrossi-idruro di u. Non è invece attaccato dagli alcali; in presenza di forti ossidanti come i perossidi forma però dei perossouranati solubili. Viene facilmente aggredito dal vapore acqueo e dall'aria umida a caldo. In soluzione, oltre agli ioni U3+ e U4+, nelle valenze +5 e +6 dà origine anche a degli ioni ossidati del tipo UO2+ e UO22+; quest'ultimo è detto ione uranile e presenta una particolare stabilità. Lo ione U4+ è verde, mentre lo ione UO22+ è giallo; in soluzione acquosa in presenza di aria il primo si ossida facilmente dando il secondo. Benché siano noti diversi composti con valenza +5, come gli alogenuri UCl5 e UF5, lo ione U5+ non si riscontra in soluzione; lo ione ossidato UO2+, nel quale l'u. presenta valenza +5, esiste in soluzione ma dismuta facilmente in U4+ e UO22+. Per idrolisi dello ione uranile si possono poi ottenere degli ioni polinucleari del tipo U2O52+ e U3O82+, ma anche idrati come U3O8(OH)+. Infine va ricordato che l'u., a differenza dei lantanidi e degli attinidi che lo precedono, non è dotato di un comportamento tipicamente metallico ma si comporta come un semimetallo, dando origine sia a cationi sia ad anioni. ║ Metallurgia estrattiva: il primo trattamento effettuato sui minerali uraniferi consiste nell'arricchimento; data la varietà dei minerali di partenza non è tuttavia possibile fornire indicazioni generali. Il minerale ha un basso tenore in metallo e per questo motivo si opera di solito una lisciviazione in ambiente ossidante per disciogliere il metallo in forma di sale di uranile UO22+: ad esempio, operando con acido nitrico si ha il nitrato di uranile UO2(NO3)2. Questo composto viene poi estratto con solventi organici selettivi di ioni e recuperato; si opera poi una trasformazione in biossido UO2, ovvero in tetrafluoruro UF6, e questi composti sono poi trattati per recuperare il metallo. Il tetrafluoruro, detto anche sale verde, può essere trattato con magnesio fuori dal contatto con l'aria secondo la reazione di scambio:

UF4 + 2Mg → U + 2MgF2

L'operazione viene condotta in apposite autoclavi nelle quali la miscela reagente è posta, pressata in mescola intima, in un crogiolo; la reazione viene innescata per riscaldamento dall'esterno ed eventualmente si può aggiungere localmente ai reagenti una piccola quantità di sale ossidante, che ossida il magnesio innescando la reazione esotermica. Il riscaldamento esterno innalza la temperatura al punto da fondere l'u. che si forma, in modo da ottenere a fine operazione un bagno di metallo sul quale galleggia il MgF2 in forma di scoria facilmente eliminabile. La necessità di operare fuori dal contatto si spiega con l'impiego di magnesio, infiammabile con estrema facilità in presenza di ossigeno. Si può anche operare con altri metalli riducenti, ad esempio sodio, litio e alluminio; il loro impiego è però limitato dalla bassa purezza del prodotto finale. In ogni caso, per avere u. puro si deve procedere a una raffinazione elettrolitica in una miscela di sali (cloruro sodico e cloruro di calcio) fusi, in grado di sciogliere il fluoruranato potassico KUF5. Per avere la massima purezza si può poi passare a un'operazione di raffinazione a zona, che permette di raggiungere livelli dell'ordine di qualche atomo estraneo per ogni milione di atomi di u. Dall'ossido UO2 la preparazione del metallo può essere effettuata al forno elettrico con elettrodi di grafite; si ha però l'inconveniente della formazione di carburi di u. molto stabili (U2C3 fonde a 2.427 °C; UC fonde a 2.375 °C) che si sciolgono nel metallo, contaminandolo. Si preferisce quindi operare la riduzione termica dell'ossido con calcio, magnesio o alluminio. Il processo è complicato dalla necessità di operare a temperatura elevata e dalla formazione di ossidi metallici (CaO, MgO o Al2O3 secondo i casi) che sono refrattari e quindi rendono difficoltosa la separazione. Una quantità sensibile di u. viene anche estratta come sottoprodotto della fabbricazione di acido fosforico da minerali in cui è presente uranite. In questi casi circa l'80% dell'u. presente nei minerali passa nella soluzione acida; da questa si estrae riducendolo da esavalente a tetravalente con rottami di ferro e operando un'estrazione con solventi (esteri organici di acido fosforico). Per l'impiego nei reattori nucleari, l'u. (mescolato o meno con altri elementi come il torio) si usa sotto forma di ossido o di carburo. ║ Composti: l'u. forma una vasta serie di composti; ci limitiamo quindi a citare i principali. A) Ossidi: si conoscono quattro ossidi di u.: il diossido UO2, come presente nel minerale uraninite; l'ossido U3O8, come presente nella pechblenda; il triossido UO3; il tetrossido UO4. Sono stati inoltre preparati U4O9 e altri ossidi non stechiometrici UOx, con x compreso fra 2,25 e 2,40, ottenibili per ossidazione di UO2. Il diossido UO2 è il più importante fra gli ossidi di u.; si ottiene da UO3 o U3O8 per riduzione con idrogeno a 500 °C circa e si presenta come una polvere bruno scura, cristallizzata nel sistema cubico, con peso specifico 10,9. Riscaldato in aria si ossida facilmente sopra i 100 °C a ossidi superiori; fuori dal contatto con l'aria giunge a fusione a 2.176 °C. L'ossido U3O8 (generalmente considerato un ossido salino) si forma per combustione dell'u. a temperatura elevata (sopra i 700 °C) o per riscaldamento del precedente. Ha colore verde oliva, cristallizza nel sistema ortorombico, con peso specifico 7,31. Si decompone senza giungere a fusione. Il triossido UO3 si forma per moderata calcinazione del nitrato di uranile (300 °C circa) ed esiste sia amorfo sia in diverse modificazioni cristalline. Si presenta giallo, con peso specifico 7,29; per riscaldamento a 450 ÷ 650 °C in aria si trasforma in U3O8, mentre scaldato in idrogeno forma UO2. Con acqua può cristallizzare come idrato con 1/2, 1 o 2 molecole di acqua. Il tetrossido o perossido UO4 si può ottenere allo stato cristallino in forma idrata UO4·2H2O come polvere gialla, igroscopica, che per riscaldamento si decompone già a 115 °C. A differenza di tutti gli altri, che sono virtualmente insolubili in acqua sia fredda sia calda, presenta una certa solubilità, anche se bassa. Gli ossidi di u., e in particolare UO3, hanno carattere anfotero. Così l'idrato UO3·H2O può anche scriversi come idrossido di uranile UO2(OH)2, oppure come acido uranico H2UO4, isolabile, strutturalmente simile all'acido cromico. È noto anche un suo peracido, che si può scrivere H2U2O7, detto acido diuranico. Analogamente si possono avere i sali, detti uranati e diuranati, del tipo Na2UO4 e Na2U2O7. Fra i diuranati, il sale sodico esaidrato Na2U2O7·6H2O è il comune giallo di u., noto da tempo come colorante per vetri, porcellane e smalti. Questi sali hanno comportamento analogo ai corrispondenti sali del cromo, sebbene siano dotati di azione ossidante meno energica. Anche gli altri ossidi possono dare origine ad acidi; ad esempio, il perossido può dare dei sali, detti perossouranati, del tipo Na2UO6·4H2O. Questi si preparano più facilmente per addizione di basi forti e perossido di idrogeno (acqua ossigenata) a soluzioni di ione uranile. Gli uranati possono essere considerati dal punto di vista stechiometrico come ossidi doppi di u. e altri metalli. Ad esempio, l'uranato di calcio CaUO4 si può ottenere per forte riscaldamento all'aria di una miscela stechiometrica dei due ossidi, secondo la reazione:

CaO + UO3 → CaUO4

Il diuranato sodico si può invece preparare per precipitazione da una soluzione di nitrato di uranile trattata con soda caustica. Gli uranati e i diuranati sono in generale poco solubili in acqua ma ben solubili in acidi forti. B) Idruri: l'u. reagisce a 250 ÷ 300 °C con idrogeno formando un idruro UH3 che, con ulteriore riscaldamento, si decompone di nuovo lasciando il metallo in polvere finemente suddivisa e particolarmente reattiva (essa è infatti in grado di decomporre l'acqua dando H2 e UO2). C) Carburi: con il carbonio l'u. reagisce facilmente a caldo formando diversi carburi: UC, UC2 e U2C3. Il primo di questi, stabile a temperatura elevata (fonde a 2.375 °C), è particolarmente adatto per l'impiego nei reattori nucleari in sostituzione dell'u. metallico, meno stabile e più bassofondente. L'U2C3 fonde a 2.427 °C e viene decomposto facilmente dall'acqua, generando una miscela di idrocarburi. D) Alogenuri: l'u. forma con gli alogeni una serie di composti di formula generica UXn, ove X è l'atomo di alogeno e n vale 3, 4, 5 o 6. La volatilità di tali composti, per uno stesso alogeno, è tanto maggiore quanto più alto è n; ad esempio, UF4 fonde a 1.000 °C e bolle a 1.417 °C, mentre UF6 fonde a 69,2 °C (sotto pressione di 2 atmosfere) e bolle a 56 °C. Con il cloro si formano facilmente il tricloruro UCl3, il tetracloruro UCl4 e il pentacloruro UCl5. Il primo si presenta in aghi di colore rosso scuro, è molto solubile in acqua fredda ma viene decomposto da quella calda. Il secondo si presenta in cristalli grigi deliquescenti e con l'acqua si comporta come il precedente. L'UCl4 si presenta in aghi grigi deliquescenti; per riscaldamento non fonde, ma si decompone a 120 °C; è decomposto dall'acqua (anche fredda), ma si scioglie bene in acetone e in alcol assoluto. Fra i composti dell'u. con il fluoro i più importanti sono il tetrafluoruro UF4 e l'esafluoruro UF6; il pentafluoruro UF5, di colore bianco, ha poco interesse, come pure UF3, il trifluoruro. L'esafluoruro UF6 si prepara per fluorurazione del metallo o di UF4 con F2; è un solido bianco o giallo chiaro che tende a sublimare e la sua tensione di vapore a 20 °C è già 120 mmHg. Ha un comportamento molto simile a quello di un gas perfetto, a dispetto del suo elevato peso molecolare; viene preparato diffusamente per la separazione degli isotopi della miscela naturale di u. È ben solubile in acqua, cloroformio, tetracloruro di carbonio e solfuro di carbonio e ciò dimostra la tendenza dell'u. ad avere legami covalenti. L'esafluoruro è inoltre sensibile alla luce e all'umidità che tendono a decomporlo, quindi è un forte agente fluorurante. Per reazione con il fluoruro sodico NaF dà un composto di somma Na3UF9, di tipo salino. Il tetrafluoruro UF4 si presenta come una polvere verde, stabile al riscaldamento, insolubile in acqua e solubile negli acidi concentrati e negli alcali diluiti. Si prepara a circa 500 °C per reazione fra il biossido UO2 e l'acido fluoridrico HF:

UO2 + 4HF → UF4 + 2H2O

Per riduzione con idrogeno ad alta temperatura dà il trifluoruro UF3, per fluorazione dà l'esafluoruro, mentre per reazione con l'esafluoruro stesso dà il pentafluoruro UF5. Con il bromo e con lo iodio i principali composti sono il tribromuro UBr3 in aghi di colore bruno scuro che fondono a 752 °C sotto pressione molto ridotta; il tetrabromuro UBr4, nero deliquescente, solubile in acqua; il tetraioduro UI4, in aghi neri che a 500 °C volatilizzano sotto vuoto, decomposti da acqua calda. E) Solfuri: si conoscono due solfuri, il disolfuro US3 e il sesquisolfuro U2S3. Il primo fonde a oltre 1.100 °C, il secondo si decompone prima di fondere. F) Sali ossigenati: i sali di ioni u. hanno una minore rilevanza rispetto ai corrispondenti sali di uranile; ricordiamo solo il solfato, che cristallizza idrato U(SO4)2·4H2O in cristalli rombici di colore verde. È abbastanza solubile in acqua, soprattutto fredda, e negli acidi diluiti; per riscaldamento perde l'acqua di cristallizzazione a 300 °C. G) Sali di uranile: lo ione UO22+, bivalente, forma sali con molti acidi, più dello ione U4+; la maggior parte di questi ha colore giallo come le soluzioni dello ione. In generale questi sali in soluzione sono poco idrolizzati; la loro solubilità in acqua è buona, eccetto per alcuni (fosfato, carbonato, ossalato, ecc.), insolubili. Il nitrato di uranile cristallizza esaidrato UO2(NO3) 2·6H2O in cristalli rombici di colore giallo e presenta una caratteristica fluorescenza giallo-verde. Ha peso specifico 2,807; fonde a 60,2 e bolle a 118 °C; per riscaldamento in aria si trasforma in UO3. È ben solubile in acqua (a 0 °C 1 l ne scioglie 1.703 g; a 60 °C è miscibile in tutti i rapporti), ma è molto solubile anche in acido acetico, alcol ed etere etilici. Si prepara direttamente da acido nitrico e u. metallico anche nella metallurgia estrattiva. Il solfato di uranile si ottiene come triidrato UO2SO4·3H2O in cristalli gialli di peso specifico 3,26 molto solubili in acqua; per riscaldamento si decompone a 100 °C. Si può anche avere la forma monoidrata per disidratazione accurata. Il fosfato di uranile si ottiene come tetraidrato UO2(HPO4)·4H2O in cristalli tetragonali, di colore giallo, insolubili in acqua ma solubili nella soluzione di carbonato sodico. Insolubile è anche il fosfato di uranile e ammonio UO2NH4PO4, usato in chimica analitica per la determinazione volumetrica dei fosfati. I sali di uranile e ammonio sono molto comuni; fra questi il pentafluoruro di uranile ed ammonio UO2(NH4)3F5 e il carbonato di uranile ed ammonio UO2CO3·2(NH4)2-CO3. Il solfuro di uranile invece precipita come sale semplice dalle soluzioni di UO22+ trattate con solfuro di ammonio; ha formula UO2S e si presenta nero, tetragonale, decomposto per riscaldamento a 40 ÷ 50 °C, poco solubile in acqua fredda e decomposto da quella calda. I dialogenuri di uranile, come UO2Cl2, UO2Br2 e UO2 I2, sono solidi facili da ottenere, ben solubili in acqua. Il carbonato di uranile UO2CO3, esistente in natura anche come ruthefordite, tetragonale, ha peso specifico 5,6 ed è insolubile in acqua. ║ Leghe: l'u. non entra nelle leghe comuni, con l'eccezione di alcune leghe (ferrose e non) per usi speciali; la sua metallurgia è stata però estesamente studiata, poiché nella tecnologia nucleare è importante disporre di questo metallo in una forma tale da permettere una facile lavorabilità, un'elevata resistenza al bombardamento con neutroni e un'elevata resistenza chimica e meccanica. Si sono quindi preparate leghe con numerosi elementi, fra i quali primeggiano molibdeno, niobio, palladio, plutonio, rodio, titanio e zirconio: essi stabilizzano la fase γ dell'u., quella in cui presenta la massima miscibilità, e impediscono il passaggio alla fase β, dotata di scarsa lavorabilità. Nella scelta degli elementi di alligazione per l'uso nei reattori nucleari occorre prestare particolare attenzione al comportamento nucleare dei vari elementi, sia per quanto riguarda la loro sezione di cattura dei neutroni lenti, sia per la loro capacità di dare reazioni nucleari secondarie, con generazione di prodotti radioattivi indesiderati. Nella preparazione di elementi di combustibili nucleari tuttavia si va diffondendo l'impiego di polveri sinterizzate, con l'u. in forma di ossido o carburo. Una tecnica moderna fa ricorso a una compattazione del combustibile in microsfere rivestite una a una con diversi strati di altri materiali che impediscono la fuoriuscita dei prodotti secondari delle reazioni nucleari, alcuni dei quali sono gassosi e fortemente radioattivi.