Chim. - Elemento chimico di numero atomico 92 e
peso atomico 238,03; simbolo:
U. Nella tavola periodica degli elementi si
colloca fra gli attinidi ed è l'elemento più pesante riscontrabile
in natura; gli elementi di peso o numero atomico superiore, detti
transuranici, sono stati infatti preparati per via sintetica.
L'u.
fu scoperto nel 1789 da M.H. Klaproth in un campione di pechblenda e
inizialmente venne considerato un omologo superiore del cromo; nel 1896 A.H.
Becquerel ne scoprì accidentalmente la radioattività e la
capacità di subire spontaneamente la fissione nucleare. Gli studi a
questo proposito condotti da diversi fisici, fra i quali O. Hann, F. Strassman
ed E. Fermi, portarono nel 1939 alla formulazione di una teoria in base alla
quale era possibile la costruzione di una
pila atomica o
reattore
nucleare (V. REATTORE), cioè di un
dispositivo in grado di ricavare energia dalla fissione di
u. L'impegno
bellico degli Stati Uniti contribuì in seguito a indirizzare gli studi
successivi alla realizzazione della bomba atomica (V.
ATOMICA, BOMBA), basata sulla fissione dell'
u. Ancor oggi il
maggior impiego
dell'u. è collegato allo sviluppo dei processi di
fissione nucleare e al loro impiego, sia bellico sia pacifico. ║
Stato
naturale: l'
u. è un elemento raro nella crosta terrestre,
della quale costituisce solo il 2,9·10
-4% in peso (cioè
2,9 parti per milione). Si calcola che la crosta terrestre per una
profondità di circa 20 km ne contenga 10
14 t e le acque dei
mari e degli oceani ne contengano 10
10 t. I minerali contenenti
u. finora riscontrati sono varie decine: fra i principali citiamo la
pechblenda o
blenda peciosa, l'
uraninite
(V.) e l'
autunite o
uranite
(V.); nessuno degli altri minerali di
u.,
tutti radioattivi, è tanto diffuso da poter essere sfruttato
industrialmente. ║
Isotopi: l'
u. naturale si presenta come
una miscela di tre isotopi,
234U,
235U e
238U,
tradizionalmente noti rispettivamente anche come
u.
-II,
attinio-u. e
u.
-I. La loro relativa abbondanza e il loro
periodo di semitrasformazione (tempo che impiega una determinata massa di un
isotopo a trasformarsi per metà per decadimento radioattivo) sono i
seguenti:
Isotopo
|
Abbondanza (%)
|
Tempo di semitrasformazione (in milioni di anni)
|
234U
|
0,006
|
0,248
|
235U
|
0,720
|
713
|
238U
|
99,274
|
4·510
|
Di questi tre isotopi naturali, il primo è presente in tenore
talmente basso (6 atomi ogni 100.000 atomi della miscela) da potersi considerare
trascurabile. L'
u. 235 invece, anche se presente in basso tenore (1 atomo
circa ogni 140 atomi della miscela), ha un'importanza fondamentale. Esso infatti
viene detto anche
u.
fissile poiché per bombardamento con
neutroni lenti si trasforma in
u.
236, instabile, che si scinde in
due elementi più leggeri e in 2 o 3 neutroni (i quali a loro volta, se
non vanno dispersi, attivano ognuno un altro atomo di
u.
235) e
grandi quantità di energia. L'isotopo 238 viene invece detto
u.
fertile in quanto, per assorbimento di un neutrone lento, si trasforma in
u.
239; questo a sua volta per decadimento in beta si trasforma in
nettunio 239 che, sempre per decadimento in beta, si trasforma in plutonio 239,
un altro nuclide fissile secondo reazioni altamente energetiche come quelle che
presenta
u.
235. Anche
233U presenta fissione
spontanea: esso è inesistente in natura ma può essere preparato
per reazioni nucleari a partire da altri isotopi. Si ritiene che, dato il
periodo di semitrasformazione relativamente breve dell'
u.
233
(0,16 milioni di anni), questo si sia formato ma sia già scomparso
pressoché totalmente dalla crosta terrestre. La reazione di fissione
spontanea dell'
u.
235 per cattura di un neutrone può essere
scritta così:
235U + n →
236U236U → 94Kr +
139Ba + 3n
ove con
n si è indicato un neutrone. La prima fase
è appunto la cattura di un neutrone lento; la seconda è la
fissione vera e propria in due elementi più leggeri (nell'esempio un
isotopo del cripto ed uno del bario) e tre (o due) neutroni. L'energia liberata
da un atomo che subisca questa reazione è circa 200 MeV
(megaelettronvolt), cioè la decomposizione completa di un grammo di
u. 235 genera 19,8 milioni di kcal, pari all'energia generata da 2,5 t di
carbone bruciato con ossigeno o da 12,5 t di nitroglicerina. Il processo di
fissione dell'
u. 235 viene innescato da un solo neutrone e ne produce 2 o
3 (mediamente 2,6). Gran parte di questi neutroni però vengono emessi con
alta velocità e in tutte le direzioni e per questo non sono in grado di
attivare altri atomi. L'
u. naturale, disperso nei minerali, tutti a basso
tenore, non è in grado di sostenere queste reazioni. Se però si
prende una massa di
u. 235 sufficientemente grande e compatta, essa
può esplodere in quanto un qualsiasi neutrone, sempre presente ovunque,
può decomporre un atomo; a sua volta questo genera 2 o 3 neutroni che
decompongono altrettanti atomi e così via, con un processo a catena. Si
libera quindi una grande quantità di energia in uno spazio e un tempo
estremamente brevi, con una conseguente forte esplosione. Poiché tanto
maggiore è una massa, tanto minore è il numero dei neutroni che
possono fuoriuscirne senza incontrare altri atomi da far reagire, si può
determinare, in funzione del tenore
u.
235 della miscela, quale
è la
massa critica, cioè la massa tale per cui il numero di
neutroni generati all'interno è uguale a quello dei neutroni persi verso
l'esterno. Se una massa è superiore a quella critica, il numero di
neutroni generati è maggiore di quelli persi, quindi la concentrazione di
queste particelle nella massa va aumentando, portando infine all'esplosione.
║
Proprietà fisiche: l'
u. si presenta come un metallo
grigio-acciaio, molto pesante, duttile, malleabile, facilmente lavorabile.
Esiste in tre forme cristalline: a bassa temperatura si ha la forma α
(ortorombica, con 4 atomi per ogni cella) che a 665 °C si trasforma nella
forma β (tetragonale complessa, con 30 atomi per cella); a sua volta questa
a 770 °C si trasforma nella forma γ, cubica a corpo centrato. Le
suddette temperature di transizione possono variare notevolmente in presenza
anche di piccoli tenori di impurezze; con piccole aggiunte di opportuni elementi
le forme β e γ possono essere stabilizzate anche fino a temperatura
ambiente. L'
u. fonde a 1.132,3 ± 0,8 °C e bolle a 3.818
°C; il calore specifico è 6,649 cal/mole °C a temperatura
ambiente. Il calore di trasformazione della base α in β è 674
cal/mole e quello di trasformazione della β nella γ 1.131 cal/mole; il
calore di vaporizzazione è 106,7 kcal/mole. La conducibilità
termica è molto bassa per un metallo: 0,064 cal/(cm sec °C), come
pure quella elettrica (0,034 microohm
-1). I suoi parametri atomici
sono i seguenti: raggio covalente 1,42 Å (1 Å = 10
-10 m),
raggio ionico 1,11 Å a valenza +3 e 0,89 Å a valenza +4; volume
atomico 12,5. La sua elettronegatività secondo Pauling è 1,7.
Valori tipici delle sue caratteristiche meccaniche, ricavate a temperatura
ambiente su una provetta ottenuta per fusione e colata, sono i seguenti: carico
di rottura a trazione: 40 kg/mm
2; carico di snervamento convenzionale
(allo 0,2%): 20 kg/mm
2; strizione: 10%; allungamento a rottura
(provetta corta): 4%; modulo di elasticità: 16.800 kg/mm
2;
modulo di Poisson: 0,21. Per quanto riguarda la lavorazione, la temperatura di
colata è pari a 1.250 ÷ 1.300 °C; per la sua elevata
reattività con la maggior parte dei materiali refrattari allo stato fuso,
l'
u. deve essere trattato e colato in crogioli di grafite; per la sua
reattività a caldo con l'aria va colato sotto vuoto o in atmosfera
inerte. Per la lavorazione a caldo si preferisce trattare con la fase α a
non più di 600 °C. La saldatura può essere effettuata per
fusione ma operando in gas inerte. ║
Proprietà chimiche:
l'
u. è un elemento molto reattivo, con un comportamento chimico
complesso. All'aria resiste bene allo stato massiccio, ma se è finemente
suddiviso si può incendiare e bruciare con facilità dando
U
3O
8. A 200 °C inizia la sua ossidazione all'aria e
la combinazione con gli alogeni. Reagisce con quasi tutti gli elementi formando
una vasta serie di composti nei quali presenta valenza +3, +4, +5 e +6; di
queste, l'ultima è la più stabile, seguita in ordine decrescente
dalla +4, dalla +5 e dalla +3. Viene attaccato dalla maggior parte degli acidi
forti, soprattutto in ambiente ossidante. Caratteristico è il suo
comportamento con il cloridrico: l'
u. si scioglie con liberazione di
idrogeno, ma reagisce anche con questo formando una polvere nera di
idrossi-idruro di
u. Non è invece attaccato dagli alcali; in
presenza di forti ossidanti come i perossidi forma però dei
perossouranati solubili. Viene facilmente aggredito dal vapore acqueo e
dall'aria umida a caldo. In soluzione, oltre agli ioni U
3+ e
U
4+, nelle valenze +5 e +6 dà origine anche a degli ioni
ossidati del tipo UO
2+ e UO
22+;
quest'ultimo è detto
ione uranile e presenta una particolare
stabilità. Lo ione U
4+ è verde, mentre lo ione
UO
22+ è giallo; in soluzione acquosa in presenza di
aria il primo si ossida facilmente dando il secondo. Benché siano noti
diversi composti con valenza +5, come gli alogenuri UCl
5 e
UF
5, lo ione U
5+ non si riscontra in soluzione; lo ione
ossidato UO
2+, nel quale l'
u. presenta valenza +5,
esiste in soluzione ma dismuta facilmente in U
4+ e
UO
22+. Per idrolisi dello ione uranile si possono poi
ottenere degli ioni polinucleari del tipo
U
2O
52+ e
U
3O
82+, ma anche idrati come
U
3O
8(OH)
+. Infine va ricordato che l'
u.,
a differenza dei lantanidi e degli attinidi che lo precedono, non è
dotato di un comportamento tipicamente metallico ma si comporta come un
semimetallo, dando origine sia a cationi sia ad anioni. ║
Metallurgia
estrattiva: il primo trattamento effettuato sui minerali uraniferi consiste
nell'arricchimento; data la varietà dei minerali di partenza non è
tuttavia possibile fornire indicazioni generali. Il minerale ha un basso tenore
in metallo e per questo motivo si opera di solito una lisciviazione in ambiente
ossidante per disciogliere il metallo in forma di sale di uranile
UO
22+: ad esempio, operando con acido nitrico si ha il
nitrato di uranile UO
2(NO
3)
2. Questo composto
viene poi estratto con solventi organici selettivi di ioni e recuperato; si
opera poi una trasformazione in biossido UO
2, ovvero in tetrafluoruro
UF
6, e questi composti sono poi trattati per recuperare il metallo.
Il tetrafluoruro, detto anche
sale verde, può essere trattato con
magnesio fuori dal contatto con l'aria secondo la reazione di
scambio:
UF4 + 2Mg → U +
2MgF2
L'operazione viene condotta in apposite autoclavi nelle quali la
miscela reagente è posta, pressata in mescola intima, in un crogiolo; la
reazione viene innescata per riscaldamento dall'esterno ed eventualmente si
può aggiungere localmente ai reagenti una piccola quantità di sale
ossidante, che ossida il magnesio innescando la reazione esotermica. Il
riscaldamento esterno innalza la temperatura al punto da fondere l'
u. che
si forma, in modo da ottenere a fine operazione un bagno di metallo sul quale
galleggia il MgF
2 in forma di scoria facilmente eliminabile. La
necessità di operare fuori dal contatto si spiega con l'impiego di
magnesio, infiammabile con estrema facilità in presenza di ossigeno. Si
può anche operare con altri metalli riducenti, ad esempio sodio, litio e
alluminio; il loro impiego è però limitato dalla bassa purezza del
prodotto finale. In ogni caso, per avere
u. puro si deve procedere a una
raffinazione elettrolitica in una miscela di sali (cloruro sodico e cloruro di
calcio) fusi, in grado di sciogliere il fluoruranato potassico KUF
5.
Per avere la massima purezza si può poi passare a un'operazione di
raffinazione a zona, che permette di raggiungere livelli dell'ordine di qualche
atomo estraneo per ogni milione di atomi di
u. Dall'ossido UO
2
la preparazione del metallo può essere effettuata al forno elettrico con
elettrodi di grafite; si ha però l'inconveniente della formazione di
carburi di
u. molto stabili (U
2C
3 fonde a 2.427
°C; UC fonde a 2.375 °C) che si sciolgono nel metallo, contaminandolo.
Si preferisce quindi operare la riduzione termica dell'ossido con calcio,
magnesio o alluminio. Il processo è complicato dalla necessità di
operare a temperatura elevata e dalla formazione di ossidi metallici (CaO, MgO o
Al
2O
3 secondo i casi) che sono refrattari e quindi rendono
difficoltosa la separazione. Una quantità sensibile di
u. viene
anche estratta come sottoprodotto della fabbricazione di acido fosforico da
minerali in cui è presente uranite. In questi casi circa l'80%
dell'
u. presente nei minerali passa nella soluzione acida; da questa si
estrae riducendolo da esavalente a tetravalente con rottami di ferro e operando
un'estrazione con solventi (esteri organici di acido fosforico). Per l'impiego
nei reattori nucleari, l'
u. (mescolato o meno con altri elementi come il
torio) si usa sotto forma di ossido o di carburo. ║
Composti:
l'
u. forma una vasta serie di composti; ci limitiamo quindi a citare i
principali. A)
Ossidi: si conoscono quattro ossidi di
u.: il
diossido UO
2, come presente nel minerale uraninite; l'ossido
U
3O
8, come presente nella pechblenda; il triossido
UO
3; il tetrossido UO
4. Sono stati inoltre preparati
U
4O
9 e altri ossidi non stechiometrici UO
x, con
x compreso fra 2,25 e 2,40, ottenibili per ossidazione di UO
2.
Il
diossido UO2 è il più importante fra
gli ossidi di
u.; si ottiene da UO
3 o
U
3O
8 per riduzione con idrogeno a 500 °C circa e si
presenta come una polvere bruno scura, cristallizzata nel sistema cubico, con
peso specifico 10,9. Riscaldato in aria si ossida facilmente sopra i 100 °C
a ossidi superiori; fuori dal contatto con l'aria giunge a fusione a 2.176
°C. L'
ossido U3O8 (generalmente
considerato un ossido salino) si forma per combustione dell'
u. a
temperatura elevata (sopra i 700 °C) o per riscaldamento del precedente. Ha
colore verde oliva, cristallizza nel sistema ortorombico, con peso specifico
7,31. Si decompone senza giungere a fusione. Il
triossido
UO3 si forma per moderata calcinazione del nitrato di uranile
(300 °C circa) ed esiste sia amorfo sia in diverse modificazioni
cristalline. Si presenta giallo, con peso specifico 7,29; per riscaldamento a
450 ÷ 650 °C in aria si trasforma in U
3O
8,
mentre scaldato in idrogeno forma UO
2. Con acqua può
cristallizzare come idrato con 1/2, 1 o 2 molecole di acqua. Il
tetrossido o
perossido UO4 si può
ottenere allo stato cristallino in forma idrata
UO
4·2H
2O come polvere gialla, igroscopica, che per
riscaldamento si decompone già a 115 °C. A differenza di tutti gli
altri, che sono virtualmente insolubili in acqua sia fredda sia calda, presenta
una certa solubilità, anche se bassa. Gli ossidi di
u., e in
particolare UO
3, hanno carattere anfotero. Così l'idrato
UO
3·H
2O può anche scriversi come
idrossido
di uranile UO
2(OH)
2, oppure come
acido uranico
H
2UO
4, isolabile, strutturalmente simile all'acido
cromico. È noto anche un suo peracido, che si può scrivere
H
2U
2O
7, detto
acido diuranico.
Analogamente si possono avere i sali, detti
uranati e
diuranati,
del tipo Na
2UO
4 e
Na
2U
2O
7. Fra i diuranati, il sale sodico
esaidrato Na
2U
2O
7·6H
2O è
il comune
giallo di u., noto da tempo come colorante per vetri,
porcellane e smalti. Questi sali hanno comportamento analogo ai corrispondenti
sali del cromo, sebbene siano dotati di azione ossidante meno energica. Anche
gli altri ossidi possono dare origine ad acidi; ad esempio, il perossido
può dare dei sali, detti
perossouranati, del tipo
Na
2UO
6·4H
2O. Questi si preparano
più facilmente per addizione di basi forti e perossido di idrogeno (acqua
ossigenata) a soluzioni di ione uranile. Gli uranati possono essere considerati
dal punto di vista stechiometrico come ossidi doppi di
u. e altri
metalli. Ad esempio, l'uranato di calcio CaUO
4 si può ottenere
per forte riscaldamento all'aria di una miscela stechiometrica dei due ossidi,
secondo la reazione:
CaO + UO3 →
CaUO4
Il diuranato sodico si può invece preparare per precipitazione
da una soluzione di nitrato di uranile trattata con soda caustica. Gli uranati e
i diuranati sono in generale poco solubili in acqua ma ben solubili in acidi
forti. B)
Idruri: l'
u. reagisce a 250 ÷ 300 °C con
idrogeno formando un
idruro UH
3 che, con ulteriore
riscaldamento, si decompone di nuovo lasciando il metallo in polvere finemente
suddivisa e particolarmente reattiva (essa è infatti in grado di
decomporre l'acqua dando H
2 e UO
2). C)
Carburi: con
il carbonio l'
u. reagisce facilmente a caldo formando diversi carburi:
UC, UC
2 e U
2C
3. Il primo di questi, stabile a
temperatura elevata (fonde a 2.375 °C), è particolarmente adatto per
l'impiego nei reattori nucleari in sostituzione dell'
u. metallico, meno
stabile e più bassofondente. L'U
2C
3 fonde a 2.427
°C e viene decomposto facilmente dall'acqua, generando una miscela di
idrocarburi. D)
Alogenuri: l'
u. forma con gli alogeni una serie di
composti di formula generica UX
n, ove X è l'atomo di alogeno e
n vale 3, 4, 5 o 6. La volatilità di tali composti, per uno stesso
alogeno, è tanto maggiore quanto più alto è
n; ad
esempio, UF
4 fonde a 1.000 °C e bolle a 1.417 °C, mentre
UF
6 fonde a 69,2 °C (sotto pressione di 2 atmosfere) e bolle a
56 °C. Con il cloro si formano facilmente il
tricloruro
UCl
3, il
tetracloruro UCl
4 e il
pentacloruro
UCl
5. Il primo si presenta in aghi di colore rosso scuro, è
molto solubile in acqua fredda ma viene decomposto da quella calda. Il secondo
si presenta in cristalli grigi deliquescenti e con l'acqua si comporta come il
precedente. L'UCl
4 si presenta in aghi grigi deliquescenti; per
riscaldamento non fonde, ma si decompone a 120 °C; è decomposto
dall'acqua (anche fredda), ma si scioglie bene in acetone e in alcol assoluto.
Fra i composti dell
'u. con il fluoro i più importanti sono il
tetrafluoruro UF
4 e l'esafluoruro UF
6; il pentafluoruro
UF
5, di colore bianco, ha poco interesse, come pure UF
3,
il trifluoruro. L'
esafluoruro UF
6 si prepara per fluorurazione
del metallo o di UF
4 con F
2; è un solido bianco o
giallo chiaro che tende a sublimare e la sua tensione di vapore a 20 °C
è già 120 mmHg. Ha un comportamento molto simile a quello di un
gas perfetto, a dispetto del suo elevato peso molecolare; viene preparato
diffusamente per la separazione degli isotopi della miscela naturale di
u. È ben solubile in acqua, cloroformio, tetracloruro di carbonio
e solfuro di carbonio e ciò dimostra la tendenza dell'
u. ad avere
legami covalenti. L'esafluoruro è inoltre sensibile alla luce e
all'umidità che tendono a decomporlo, quindi è un forte agente
fluorurante. Per reazione con il fluoruro sodico NaF dà un composto di
somma Na
3UF
9, di tipo salino. Il
tetrafluoruro
UF
4 si presenta come una polvere verde, stabile al riscaldamento,
insolubile in acqua e solubile negli acidi concentrati e negli alcali diluiti.
Si prepara a circa 500 °C per reazione fra il biossido UO
2 e
l'acido fluoridrico HF:
UO2 + 4HF → UF4 +
2H2O
Per riduzione con idrogeno ad alta temperatura dà il trifluoruro
UF
3, per fluorazione dà l'esafluoruro, mentre per reazione con
l'esafluoruro stesso dà il pentafluoruro UF
5. Con il bromo e
con lo iodio i principali composti sono il
tribromuro UBr
3 in
aghi di colore bruno scuro che fondono a 752 °C sotto pressione molto
ridotta; il
tetrabromuro UBr
4, nero deliquescente, solubile in
acqua; il
tetraioduro UI
4, in aghi neri che a 500 °C
volatilizzano sotto vuoto, decomposti da acqua calda. E)
Solfuri: si
conoscono due solfuri, il
disolfuro US
3 e il
sesquisolfuro U
2S
3. Il primo fonde a oltre 1.100
°C, il secondo si decompone prima di fondere. F)
Sali ossigenati: i
sali di ioni
u. hanno una minore rilevanza rispetto ai corrispondenti
sali di uranile; ricordiamo solo il
solfato, che cristallizza idrato
U(SO
4)
2·4H
2O in cristalli rombici di
colore verde. È abbastanza solubile in acqua, soprattutto fredda, e negli
acidi diluiti; per riscaldamento perde l'acqua di cristallizzazione a 300
°C. G)
Sali di uranile: lo ione UO
22+,
bivalente, forma sali con molti acidi, più dello ione U
4+; la
maggior parte di questi ha colore giallo come le soluzioni dello ione. In
generale questi sali in soluzione sono poco idrolizzati; la loro
solubilità in acqua è buona, eccetto per alcuni (fosfato,
carbonato, ossalato, ecc.), insolubili. Il
nitrato di uranile
cristallizza esaidrato UO
2(NO
3)
2·6H
2O in cristalli rombici di colore giallo e presenta
una caratteristica fluorescenza giallo-verde. Ha peso specifico 2,807; fonde a
60,2 e bolle a 118 °C; per riscaldamento in aria si trasforma in
UO
3. È ben solubile in acqua (a 0 °C 1 l ne scioglie
1.703 g; a 60 °C è miscibile in tutti i rapporti), ma è molto
solubile anche in acido acetico, alcol ed etere etilici. Si prepara direttamente
da acido nitrico e
u. metallico anche nella metallurgia estrattiva. Il
solfato di uranile si ottiene come triidrato
UO
2SO
4·3H
2O in cristalli gialli di peso
specifico 3,26 molto solubili in acqua; per riscaldamento si decompone a 100
°C. Si può anche avere la forma monoidrata per disidratazione
accurata. Il
fosfato di uranile si ottiene come tetraidrato
UO
2(HPO
4)·4H
2O in cristalli tetragonali,
di colore giallo, insolubili in acqua ma solubili nella soluzione di carbonato
sodico. Insolubile è anche il
fosfato di uranile e ammonio
UO
2NH
4PO
4, usato in chimica analitica per la
determinazione volumetrica dei fosfati. I sali di uranile e ammonio sono molto
comuni; fra questi il
pentafluoruro di uranile ed ammonio
UO
2(NH
4)
3F
5 e il
carbonato di
uranile ed ammonio
UO
2CO
3·2(NH
4)
2-CO
3.
Il
solfuro di uranile invece precipita come sale semplice dalle soluzioni
di UO
22+ trattate con solfuro di ammonio; ha formula
UO
2S e si presenta nero, tetragonale, decomposto per riscaldamento a
40 ÷ 50 °C, poco solubile in acqua fredda e decomposto da quella
calda. I
dialogenuri di uranile, come UO
2Cl
2,
UO
2Br
2 e UO
2 I
2, sono solidi facili
da ottenere, ben solubili in acqua. Il
carbonato di uranile
UO
2CO
3, esistente in natura anche come
ruthefordite, tetragonale, ha peso specifico 5,6 ed è insolubile in
acqua. ║
Leghe: l'
u. non entra nelle leghe comuni, con
l'eccezione di alcune leghe (ferrose e non) per usi speciali; la sua metallurgia
è stata però estesamente studiata, poiché nella tecnologia
nucleare è importante disporre di questo metallo in una forma tale da
permettere una facile lavorabilità, un'elevata resistenza al
bombardamento con neutroni e un'elevata resistenza chimica e meccanica. Si sono
quindi preparate leghe con numerosi elementi, fra i quali primeggiano molibdeno,
niobio, palladio, plutonio, rodio, titanio e zirconio: essi stabilizzano la fase
γ dell'
u., quella in cui presenta la massima miscibilità, e
impediscono il passaggio alla fase β, dotata di scarsa lavorabilità.
Nella scelta degli elementi di alligazione per l'uso nei reattori nucleari
occorre prestare particolare attenzione al comportamento nucleare dei vari
elementi, sia per quanto riguarda la loro sezione di cattura dei neutroni lenti,
sia per la loro capacità di dare reazioni nucleari secondarie, con
generazione di prodotti radioattivi indesiderati. Nella preparazione di elementi
di combustibili nucleari tuttavia si va diffondendo l'impiego di polveri
sinterizzate, con l'
u. in forma di ossido o carburo. Una tecnica moderna
fa ricorso a una compattazione del combustibile in microsfere rivestite una a
una con diversi strati di altri materiali che impediscono la fuoriuscita dei
prodotti secondari delle reazioni nucleari, alcuni dei quali sono gassosi e
fortemente radioattivi.