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Urologìa.

Med. e Chir. - Ramo della medicina e della chirurgia che si occupa dello studio e del trattamento delle patologie dell'apparato urinario. • Encicl. - I disturbi dell'apparato urinario sono stati oggetto di studio fin dalle epoche più remote, come dimostrano antichi documenti e scritti di scienziati dell'antichità, quali Ippocrate; è indicativo, in tal senso, il fatto che la tecnica operatoria della litotomia illustrata da Aulo Celso (I sec.) non subì variazioni per lunghissimo tempo. Il periodo compreso tra il XVI e il XVIII sec. fu caratterizzato da alcuni contributi scientifici (G. Falloppio, M. Malpighi, G. Morgagni) e dalle pratiche approssimative, e spesso inefficaci, di asportazione dei calcoli della vescica (“taglio della pietra”), messe in atto da empirici, tra cui figuravano i cosiddetti “litotomisti”, e chirurghi di basso livello. Importanti furono i progressi nello studio delle urine compiuti da J.B. van Helmont. Le scoperte mediche del XIX sec. (antisepsi, narcosi, ecc.) resero possibile un sensibile miglioramento della tecnica operatoria. La nascita dell'u. moderna si fa comunque risalire a F.J.C. Guyon, che arricchì la disciplina della sua competenza chirurgica. Notevoli furono anche le novità diagnostiche frutto degli studi di altri scienziati, quali il cistoscopio e l'elettrocauterizzazione endoscopica della vescica. L'apparato diagnostico, nel corso del Novecento, si è potuto avvalere progressivamente di strumenti sempre più sofisticati: dai metodi radiologici, comparsi verso gli anni Trenta, a metodi che si avvalgono dei radioisotopi, quali la scintigrafia del rene. Importanti sono stati i progressi anche in campo farmacologico. Particolari progressi ha fatto registrare la terapia delle calcolosi delle vie urinarie, con largo ricorso al trattamento endoscopico.