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Universo.

L'ambiente in cui hanno sede tutti i corpi materiali esistenti e tutti i fenomeni naturali; anche, l'insieme di tutti i corpi e lo spazio che li contiene. ║ Il mondo, la totalità degli uomini. ║ Fig. - Il sistema di valori, di concetti, di immagini caratteristico di una persona, di un insieme di individui o di una corrente di pensiero. • Mat. e Stat. - L'insieme degli enti, la totalità degli elementi o dei casi singoli di un fenomeno collettivo. • Astron. - L'insieme dei corpi celesti (pianeti, stelle, galassie, polveri e gas) e dello spazio che li contiene. Il ramo della scienza che si occupa dello studio dell'u. prende il nome di cosmologia (V.), che ha come scopo quello di fornire un quadro descrittivo e interpretativo della struttura spaziale dell'u. stesso e della sua evoluzione nel tempo; tale studio viene effettuato sulla base di osservazioni astronomiche e dei principi fisici dedotti sperimentalmente e per via teorica. Dal punto di vista storico, il termine u. ha avuto diversi significati nelle varie epoche. Fino a Galileo, l'u. coincideva con il sistema solare: i cinque pianeti allora noti, la Luna, il Sole e le stelle fisse sulla volta celeste. Puntando il cannocchiale verso la Via Lattea, Galileo osservò per la prima volta, intorno al 1610, che quella debole luminosità era in realtà costituita da miriadi di stelle. Con la misurazione della distanza della stella 61 Cigni compiuta da F.A. Bessel nel 1836 le dimensioni dell'u. conosciuto aumentarono notevolmente; le dimensioni della Via Lattea e la stessa posizione del Sole, tuttavia, rimasero grossolanamente errate fino ai primi anni del XX sec., poiché gli astronomi non tenevano conto della estinzione della luce stellare dovuta alla presenza della polvere galattica. La nascita della cosmologia moderna può essere fatta risalire alla pubblicazione dei lavori di E.P. Hubble che, sul finire degli anni Venti del XX sec., determinò le dimensioni esatte della Via Lattea e chiarì la natura extragalattica di molte nebulose; nel 1936, inoltre, grazie al potente telescopio di Mount Wilson, Hubble riuscì a stabilire il moto recessivo delle galassie e a formulare una prima stima sulle loro distanze. Nel frattempo, gli studi compiuti da K. Schwarzschild, A. Friedmann, A.G. Walker e altri, oltre allo stesso A. Einstein, introducevano il modello della relatività generale in astronomia e in cosmologia, predicendo l'esistenza di buchi neri e di un moto globale di espansione dell'u. Nel 1935 E.A. Milne enunciò il fondamentale principio cosmologico di omogeneità e isotropia, in base al quale l'u. appare in media lo stesso in ogni istante e ad ogni osservatore; nel 1946 G. Gamow formulò l'ipotesi del big bang (V.), secondo il quale l'u. sarebbe nato da uno stato iniziale ad altissima temperatura nel quale tutti gli atomi e le strutture legate erano scomposti negli elementi costituenti. Sempre Gamow, nel 1948, ipotizzò che i nuclei atomici si fossero generati nello stato primordiale, quando la temperatura fosse scesa abbastanza da permettere la combinazione di neutroni e protoni. Contemporaneamente, R.H. Alpher e R. Herman supposero che la radiazione primordiale, raffreddata nell'espansione cosmica, dovesse avere attualmente una distribuzione spettrale di corpo nero e una temperatura di circa 5 K; la conferma di tale ipotesi venne data dalle osservazioni di A. Penzias e R. Wilson, i quali, nel 1964, calibrando l'antenna radio di Holmdel, destinata a scopi commerciali, rilevarono un flusso di radiazione perfettamente isotropo, alla lunghezza d'onda di 3,2 cm, che il fisico R. Dicke immediatamente interpretò come il residuo della radiazione primordiale del big bang. Tale rilevazione costituisce attualmente una delle prove principali della validità del modello del big bang. Un'ulteriore tappa fondamentale nello studio dell'u. fisico è costituita dalla formulazione della teoria dell'inflazione cosmica, proposta nel 1981 da A.H. Guth, che ipotizza una fase primordiale di espansione accelerata capace di moltiplicare le dimensioni dell'u. di 1030 volte in una frazione infinitesima di secondo; tale teoria costituisce un completamento del modello cosmologico standard ed è attualmente la più accreditata tra i cosmologi. Nel campo osservativo, il XX sec. ha portato alla scoperta di numerose classi di oggetti celesti, quali i quasar, le pulsar, le radiogalassie, le lenti gravitazionali, ecc., ottenute grazie alla realizzazione di grandi telescopi e radiotelescopi internazionali; nel 1992, inoltre, è stata rilevata per la prima volta una distribuzione di fluttuazioni sulla radiazione di fondo cosmico che ben si accorda con le previsioni teoriche, fornendo un'ulteriore conferma alla bontà del modello cosmologico standard. ║ Struttura e storia dell'u.: la distribuzione della materia luminosa nello spazio non è omogenea. Le stelle che possiamo osservare a occhio nudo sono in realtà disposte in un disco di spessore di circa 200 pc (1 pc = 326 anni luce = 3.09 · 1013 km), avente un diametro di circa 40 kpc, con un rigonfiamento centrale e un nucleo molto denso; questo insieme di stelle costituisce la nostra Galassia, la Via Lattea, nella quale il Sole occupa una posizione a circa 8.5 kpc dal centro. Al di fuori della nostra Galassia troviamo il cosiddetto alone galattico, una distribuzione approssimativamente sferica di ammassi globulari; oltre l'alone inizia il regno delle galassie, nel quale sono state individuate strutture come grandi ammassi e superammassi, vuoti, e ulteriori addensamenti denominati grandi attrattori, grandi muraglie o grandi bozzoli. Le galassie sono distribuite a una distanza media di pochi Mpc e hanno forma, dimensione, colore e composizione estremamente varie: molte di esse (galassie spirali) hanno una geometria simile alla nostra, altre hanno forma di ellissoide, senza un disco pronunciato (galassie ellittiche), altre hanno una forma intermedia tra le due descritte (galassie lenticolari), altre ancora mostrano una forma irregolare. A 770 kpc dalla Via Lattea troviamo la galassia spirale dell'Andromeda, detta anche M31, avente dimensioni e caratteristiche molto simili alle nostre; la Via Lattea e Andromeda sono i principali esponenti del Gruppo locale, gruppo costituito da altre 25 galassie minori, tra cui ricordiamo le Nubi di Magellano, visibili solo nell'emisfero meridionale. Al di fuori del Gruppo locale sono riconoscibili, in particolare, l'ammasso della Vergine, così denominato dalla costellazione dalla quale appare proiettato, e l'ammasso della chioma di Berenice; tali ammassi fanno parte, insieme al nostro Gruppo locale, del cosiddetto superammasso locale, centrato sull'ammasso della Vergine. La materia costituente l'u. non è contenuta solo in stelle: al contrario, una frazione non trascurabile di materia è in forma di gas e polveri (mezzo interstellare), mezzo dal quale si formano nuove stelle e nel quale viene immesso nuovo materiale dalle supernovae e dal vento stellare. Tra i principali componenti del mezzo interstellare citiamo le nubi molecolari fredde, costituite da idrogeno, monossido di carbonio e altre molecole, principali responsabili della formazione di nuove stelle, e la componente di idrogeno atomico. Numerose evidenze sperimentali fanno inoltre supporre che nell'u. sia presente una componente rilevante di materia non visibile perché non interagente elettromagneticamente, o interagente in forma troppo debole, in misura da dieci a cento volte superiore alla materia visibile, la cosiddetta materia oscura; tra i componenti ipotizzati ricordiamo i buchi neri, previsti dal modello cosmologico ma la cui esistenza non è stata ancora provata con certezza. Molti astronomi ritengono che al centro del nucleo della Via Lattea, e di molte altre galassie simili, si trovi un buco nero gigante in continuo accrescimento; analogamente, si ritiene che le emissioni radar e ottiche, assai rilevanti, da parte di quasar e nuclei galattici attivi siano dovute proprio alla presenza di un buco nero centrale che accumula massa su una struttura toroidale o discoidale orbitante. Un'ultima struttura da menzionare è costituita dalle lenti gravitazionali, osservate sul finire degli anni Settanta; tali strutture possono essere osservate quando un corpo lontano si trova sulla stessa linea di vista di un altro copro celeste più vicino, molto massivo e compatto, il cui campo gravitazionale particolarmente intenso agisce come una lente convergente, deviando la luce emessa dal corpo lontano in modo da produrre due o più immagini distinte dello stesso oggetto. Si conoscono attualmente solo pochi esempi di lenti gravitazionali, tra cui la Croce di Einstein, costituita da ben quattro repliche dello stesso quasar. Le osservazioni astronomiche che hanno portato alla conoscenza attuale della struttura fisica dell'u. sono basate quasi interamente sui dati ricavati dalle onde elettromagnetiche emesse dai corpi celesti che raggiungono la Terra; esse, tuttavia, non costituiscono l'unica fonte di energia proveniente dallo spazio cosmico, sebbene siano la parte preponderante. Ogni corpo non sferico, o sistema di corpi non sferico, soggetto a un'accelerazione, emette onde gravitazionali; tuttavia, l'intensità estremamente ridotta di tali onde non ha ancora consentito una loro osservazione diretta, anche se le attuali antenne sono in grado di rilevarne il passaggio in presenza di eventi di grande violenza, come l'esplosione di una supernova nella nostra Galassia o il collasso di una stella in buco nero. La ricerca di una prova diretta dell'esistenza di onde gravitazionali è uno degli scopi della cosmologia moderna, poiché essa costituirebbe una conferma fondamentale della validità del modello cosmologico standard, nonché di numerosi altri modelli ipotizzati circa la struttura dell'u. primordiale. Tutti i moderni modelli cosmologici, tra cui quello standard è attualmente il più accreditato, sono fondati sulla teoria della relatività generale, che lega la struttura spazio-temporale dell'u. alla materia in esso presente. Uno dei maggiori risultati della relatività generale sulla struttura dell'u. riguarda il cosiddetto fattore di scala cosmico. Si considerino due galassie, abbastanza lontane tra loro, tanto da non aver interazione gravitazionale significativa; detta r la distanza che intercorre tra esse al tempo presente t0, la loro distanza R(t) al tempo t precedente t0 può essere posta nella forma R(t) = a(t)r, dove il coefficiente a(t), funzione crescente del tempo, prende il nome di fattore di scala cosmico. L'equazione che lega il fattore di scala al contenuto di materia in un u. omogeneo e isotropo, derivata nel 1922 da A. Friedmann, consente di identificare tre modelli distinti, corrispondenti a un u. euclideo o piatto, a un u. iperbolico o aperto, e a un u. parabolico o chiuso; a seconda dei tre casi, l'u. rimarrà stazionario, si espanderà infinitamente o collasserà dopo un tempo finito. A differenza degli altri due, lo spazio euclideo è instabile e ogni fluttuazione casuale è in grado di allontanarlo dalla soluzione piatta. La questione fondamentale circa la geometria dell'u. (euclideo, iperbolico o parabolico), e quindi il suo destino futuro, è ancora ben lontana dall'essere risolta; il problema è legato anche alla stima di un altro parametro basilare dell'u. fisico, la sua velocità di espansione attuale, che, insieme alla geometria, definisce l'età dell'u. stesso. È possibile risolvere esattamente l'equazione di Friedmann in due casi rilevanti: se il fluido cosmico è composto in prevalenza da radiazione, si ottiene una densità di radiazione che decresce come a-4; se invece domina la materia non relativistica, si ottiene una densità di materia che diminuisce come a-3, cioè meno rapidamente. Pertanto, quando l'u. si è espanso di un certo fattore, la materia prende il sopravvento sulla radiazione. Come già osservato, il fattore cosmico a(t) decresce procedendo all'indietro nel tempo: l'istante in cui si aveva a(t) = 0 tutta la materia era infinitamente compressa, a densità infinita, e ciò costituisce una singolarità nelle equazioni cosmologiche, ancora oggi non chiara. Molti cosmologi ritengono che le nostre teorie della materia e della gravitazione siano in grado trattare i fenomeni cosmici solo a partire dal cosiddetto tempo di Plank, pari a 10-43 secondi dopo la singolarità iniziale: la fisica ai tempi precedenti richiederebbe una teoria quantistica della gravità che ancora non è stata formulata. In base alle teorie cosmologiche, pertanto, si può solo affermare che il nostro u. abbia avuto origine da una fluttuazione spontanea del vuoto, effettivamente permessa dalle teorie quantistiche e osservata in laboratorio, anche se per frazioni infinitesime di secondo. A un intervallo di tempo pari a quello di Plank dalla nascita, l'u. può essere immaginato come uno stato primordiale ad altissima temperatura, nel quale la materia era scomposta nei suoi elementi costituenti (quark, leptoni e bosoni), e le tre forze gravitazionali erano unificate in un'unica forma; a mano a mano che l'u. si espande, la materia si raffredda, analogamente a quanto accade in un gas che si diffonda liberamente senza scambi di energia con l'esterno. Dapprima si differenziano le interazioni deboli ed elettromagnetiche da quelle forti, e si ipotizza una fase di espansione accelerata, detta inflazione cosmica, capace di moltiplicare le dimensioni dell'u. di un fattore 1030 in una frazione infinitesima di secondo; segue poi la transizione elettrodebole, durante la quale la forza elettromagnetica si differenzia da quella debole, da cui ha origine la luce che noi oggi conosciamo. In questa fase l'u. è costituito essenzialmente da protoni e neutroni e, soprattutto, da radiazione elettromagnetica: si parla pertanto di epoca della radiazione. A circa 10 secondi dal big bang, ha inizio la nucleosintesi primordiale, ovvero la combinazione di protoni e neutroni nei nuclei atomici più leggeri, elio e idrogeno: dalla nucleosintesi primordiale fino ad oggi solo le reazioni di fusione nucleare nei nuclei delle stelle sono state in grado di generare gli elementi di peso atomico superiore. Sulla base di queste considerazioni e di osservazioni dirette effettuate sugli elementi presenti nei gas diffusi e nelle atmosfere stellari sono state ottenute le prove principali della teoria standard del big bang. Dopo la nucleosintesi, a circa 10.000 anni dal big bang, la materia diventa predominante sulla radiazione, a causa della continua espansione dell'u.: inizia l'epoca della materia, che dura tuttora, fase nella quale le fluttuazioni casuali della materia possono crescere e collassare in stelle e galassie. A circa 105 anni dal big bang inizia la ricombinazione dei nuclei di idrogeno e di elio con gli elettroni liberi, e la loro distribuzione ormai rarefatta consente la trasmissione della radiazione a distanze paragonabili alle dimensioni dell'u.: l'u., cioè, diventa finalmente trasparente alla luce e ha origine in questa fase la radiazione di fondo cosmico. L'epoca della ricombinazione, pertanto, costituisce un limite naturale invalicabile alle osservazioni astronomiche di tipo fotonico, cioè basate sulle radiazioni che possono essere ricevute sulla Terra: tale distanza prende pertanto il nome di orizzonte osservabile. Le prime strutture legate hanno origine circa un miliardo di anni dopo il big bang; l'ordine di formazione degli oggetti celesti dipende dallo specifico modello cosmologico adottato, pur essendo accertata la natura gravitazionale dell'interazione dominante nella formazione di tutte le strutture cosmologiche. La materia attualmente contenuta nell'u. non è statica: i pianeti orbitano intorno al Sole, il Sole e le altre stelle orbitano intorno al centro galattico e le galassie si allontanano le une dalle altre in un moto globale di espansione dell'u. Tale espansione è confermata dall'osservazione di uno spostamento degli spettri di emissione della maggior parte delle galassie verso il rosso, per effetto Doppler causato, appunto, dal moto di allontanamento delle galassie stesse; E.P. Hubble, sul finire degli anni Venti del XX sec., formulò una legge, detta appunto legge di Hubble, in base alla quale le sorgenti a distanza r possiedono una velocità v di recessione proporzionale alla distanza, essendo v = H0r, con H0 costante cosmologica dipendente dall'età dell'u. L'espansione dell'u. secondo Hubble è in perfetto accordo con le equazioni di Friedmann della relatività generale; secondo il modello corrente, inoltre, il valore di H0 decresce nel tempo, pur restando uniforme nello spazio, e l'indice 0 sta a indicare il valore attuale. Oltre al moto di recessione globale, le galassie presentano moti locali irregolari, detti moti peculiari, determinati dalle fluttuazioni presenti nella densità di materia totale, sia luminosa, sia oscura. La conoscenza attuale della storia e della struttura dell'u. è ancora lacunosa, e pone via via nuovi interrogativi: primo fra essi il problema della complessità della struttura delle galassie, in apparente contrasto con il principio di isotropia e omogeneità, che imporrà, forse, una rivisitazione dell'intero modello cosmologico tradizionale.
"Vita nell'universo" di Aurelio C. Robotti