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Uganda.

Stato (241.038 kmq; 26.275.000 ab.) dell'Africa centro-orientale. Confina a Nord con il Sudan, a Est con il Kenya, a Sud con la Tanzania e il Ruanda, a Ovest con la Repubblica Democratica del Congo. Capitale: Kampala. Città principali: Entebbe, Jinja, Bugembe. Ordinamento politico: Repubblica presidenziale. Il potere esecutivo è esercitato dal presidente della Repubblica, eletto a suffragio universale ogni cinque anni; il potere legislativo spetta al Consiglio di resistenza nazionale (comparabile a un Parlamento), costituito da 216 membri elettivi e 68 di nomina presidenziale. Moneta: scellino ugandese. Lingue ufficiali: inglese e swahili; tra le lingue etniche, ampiamente utilizzate, grande importanza ha il luganda, lingua dei Ganda, gruppo etnico dominante. Religione: cattolica (45%); si hanno, inoltre, una forte presenza protestante (39%) e una più esigua musulmana. Popolazione: è caratterizzata dalla presenza di vari gruppi etnici, riconducibili per oltre 2/3 al ceppo bantu, all'interno del quale prevale il gruppo dei Ganda; consistenti sono le minoranze nilotiche e nilo-camitiche. Assai limitata è attualmente la presenza di Europei e Asiatici.

GEOGRAFIA

La morfologia dell'U. è in gran parte caratterizzata dalla presenza di un esteso altopiano (la cui altitudine si aggira sui 1.000-1.400 m), ai cui margini si innalzano notevoli rilievi di origine vulcanica: a Ovest il gruppo del Ruvenzori si innalza fino a 5.119 m, mentre a Est si eleva il Monte Elgon (4.321 m). Il confine con la Repubblica Democratica del Congo, a Ovest, è segnato dalla fossa tettonica dell'Africa orientale (Rift Valley), che ospita il Lago Alberto (Mobuto Sese Seko) e il Lago Edoardo (Rutanzige). Nel cuore dell'U. è localizzato il bacino del Lago Kioga. La rete idrografica del Paese, arricchita dalle copiose precipitazioni, è incentrata sul Nilo che lungo il suo corso assume diverse denominazioni (Nilo Vittoria, Nilo Alberto, Bahr el-Gebel). Oltre ai laghi succitati, nel territorio ugandese è compresa una porzione consistente del Lago Vittoria. Il clima è per lo più di tipo equatoriale, con abbondanti precipitazioni; i massimi pluviometrici (oltre 2.000 mm) si raggiungono presso il Lago Vittoria e lungo i rilievi, mentre verso Est le precipitazioni sono notevolmente più ridotte. Le temperature godono dell'effetto mitigante dell'altitudine; le escursioni termiche annue sono molto contenute. Le foreste e le savane sono state sensibilmente ridotte dall'intervento umano.
Cartina dell'Uganda

Kampala: la Moschea


ECONOMIA

L'economia dell'U. è una delle più povere del mondo, anche a causa dei conflitti politici interni e delle calamità naturali. L'agricoltura costituisce l'attività principale del Paese e occupa i 3/4 della popolazione attiva; prevalgono forme di produzione a carattere familiare e le colture (manioca, patate, frumento, miglio, orzo, legumi) sono destinate all'autoconsumo. Anche l'allevamento (bovini, caprini e ovini) è praticato in forme arretrate e poco redditizie; un discorso analogo si può fare per la pesca. Negli anni Novanta è stato tentato un certo rilancio dell'agricoltura di piantagione (in particolare caffè e tè), che ai tempi della colonizzazione inglese era stata largamente praticata, in particolare nell'area del Lago Vittoria. Non offrono grandi prospettive le risorse minerarie: tungsteno, stagno, apatite (la miniera di rame di Kilembe ha chiuso i battenti). L'energia elettrica prodotta dalla centrale delle Owen Falls, sul Lago Vittoria, è destinata in gran parte al Kenya, data la modesta domanda interna; assai ridotta è, infatti, l'attività industriale (si tratta per lo più di industrie alimentari e tessili). L'esportazione si rivolge in particolare verso Paesi Bassi, Stati Uniti e Gran Bretagna; le importazioni provengono soprattutto da Kenya, Gran Bretagna e Germania. Fondamentali sono gli aiuti internazionali. Insufficiente è nel suo complesso la rete di comunicazioni stradali (oltre 28.000 km, solo parzialmente asfaltati) e ferroviarie (1.300 km circa). Entebbe è servita da un aeroporto internazionale.

STORIA

Le prime spedizioni di Europei sul territorio ugandese risalgono alla seconda metà dell'Ottocento ed ebbero come protagonisti degli esploratori (nel 1862 J.H. Speke e J.A. Grand). Ben presto sopraggiunsero dei missionari cattolici, provenienti dalla Francia, e anglicani, provenienti dalla Gran Bretagna, favoriti dallo stesso sovrano (nella lingua locale kabaka) del Regno del Buganda, Mutesa I (1860-84), che aveva soggiogato le tribù locali e confidava nel sostegno europeo per liberarsi dalle truppe egiziane che si erano introdotte nel suo territorio. Mwanga, successore di Mutesa, si mostrò invece ostile ai missionari, ma, nel 1890, non poté opporsi all'accordo anglo-tedesco, in base al quale l'U. fu riconosciuta come zona d'interesse britannico. Nel 1894 la Gran Bretagna istituì un protettorato sul Buganda che, dal 1896, venne esteso ai Regni di Bunyoro, Ankole e Toro. L'amministrazione britannica divise l'intero territorio in quattro province; ai capi indigeni furono conservate alcune prerogative. Il processo costituzionale verso l'autogoverno, iniziato nel 1920 con l'istituzione di un Consiglio esecutivo, procedette più speditamente dopo la seconda guerra mondiale. Dopo il 1945, con lo sviluppo di una vita politica autonoma si posero le premesse per il conseguimento della piena indipendenza (nell'ambito del Commonwealth), proclamata il 9 ottobre 1962. Nello stesso anno l'U. fu ammessa all'ONU. Al nuovo Stato fu dato un ordinamento federale; nel 1963 venne istituita la Repubblica parlamentare e la presidenza fu affidata a Mutesa II. Le tensioni politiche mai sopite sfociarono nel colpo di Stato del 1966, perpetrato dal primo ministro A.M. Obote, leader della formazione Uganda People's Congress (UPC): Mutesa II dovette lasciare il Paese. La Costituzione promulgata nel 1967 fece dell'U. una Repubblica unitaria presidenziale (la carica fu assunta dallo stesso Obote), in cui fu abolito il multipartitismo. Il programma di Obote si ispirava al socialismo africano e contemplava nazionalizzazioni e ridistribuzione delle ricchezze; questa sia pur cauta svolta a sinistra, che affiancava l'U. alla Tanzania e allo Zambia, provocò la reazione dei gruppi di destra che favorirono la destituzione di Obote. Il potere fu assunto (25 gennaio 1971) dal generale I. Amin che, fattosi conferire il titolo di presidente della Repubblica, avviò una politica tendente ad annullare i programmi del suo predecessore. Egli, inoltre, impostò una politica razziale nei confronti della minoranza asiatica, accusata di non essersi mai integrata. Nel 1972 Amin impose agli oltre 80.000 asiatici residenti di lasciare il Paese, creando una situazione di attrito con la Gran Bretagna. Abbandonato dalle forze che in un primo tempo ne avevano favorito l'ascesa al potere, il regime di Amin cominciò a trovarsi in gravi difficoltà economico-finanziarie. I capitali stranieri, anziché riaffluire, continuarono ad essere ritirati, ponendo gravemente in crisi l'economia ugandese. Inoltre, la situazione interna si fece caotica per una recrudescenza delle lotte tribali, con scontri sanguinosi soprattutto nel Nord del Paese, mentre nel Sud, ai confini con la Tanzania, nel settembre 1972 iniziarono azioni di guerriglia da parte di profughi politici, appoggiati da reparti militari rimasti fedeli all'ex presidente Obote. Quello che in un primo tempo era apparso come un focolaio isolato si andò poi estendendo, assumendo vaste proporzioni e impegnando direttamente la Tanzania. La situazione internazionale dell'U. si aggravò ulteriormente in seguito alla rottura dei rapporti diplomatici con la Gran Bretagna e alla sospensione di ogni forma di aiuto finanziario da parte del Governo inglese. Nel 1975 Amin decretò la nazionalizzazione di tutti i terreni dello Stato e l'abolizione della proprietà agricola individuale e nel 1976 si autoproclamò presidente a vita dell'U. Ma pochi mesi dopo dovette subire, da parte di un commando palestinese, l'onta del raid su Entebbe, che portò alla liberazione degli oltre 100 ostaggi catturati da terroristi filo-palestinesi cui il dittatore aveva dato asilo. Contrasti di carattere territoriale portarono l'U. in guerra con la Tanzania nel 1978; nel gennaio 1979 il Paese fu invaso dalle milizie tanzaniane, cui si affiancavano esuli ugandesi. Caduta la dittatura di Amin, dopo un periodo politicamente confuso e carico di tensioni, nel dicembre 1980 si tennero le prime elezioni politiche da quando il Paese aveva conseguito l'indipendenza, che portarono alla nomina a presidente dell'ex capo di Stato Obote. L'U. rimase, tuttavia, lontana da una stabilità politica, in un quadro caratterizzato da insubordinazione degli apparati militari e contrasti di natura etnica. Particolarmente minacciosa fu l'azione del National Resistance Army (NRA), il cui leader Y. Museveni divenne presidente nel gennaio 1986. Sotto la guida di Museveni (di cui pure si deve sottolineare la durezza nei confronti degli avversari), il Paese conobbe la stabilità necessaria per affrontare i drammatici problemi che lo affliggono. Nel 1994 venne eletta un'Assemblea costituente che, nel 1995, proclamò una Costituzione, con la quale si rimandava di alcuni anni l'istituzione di un vero multipartitismo (è ammessa l'esistenza di partiti, che non possono, però, esercitare attività politica). Museveni, riconfermato presidente nel 1996, condusse una politica di privatizzazione delle aziende statali, riuscendo ad attirare anche investimenti stranieri, e di liberalizzazione degli scambi. In campo internazionale, l'U. ebbe un ruolo di primo piano negli avvenimenti che alla fine degli anni Novanta interessarono la regione dei Grandi Laghi. Dopo aver appoggiato (1997) L.D. Kabila, sostenuto anche dai Tutsi, nella guerra di liberazione dal regime di Mobutu, nel 1998 il Paese si trovò infatti a dover di nuovo intervenire militarmente nella Repubblica Democratica del Congo, insieme al Ruanda, in soccorso ai Tutsi, traditi dall'ex alleato Kabila. Le regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo, ricchissime di risorse minerarie, furono teatro di scontri tra U. e Ruanda, alleati dei ribelli anti-Kabila, e Angola, Namibia, Ciad, Congo e Zimbabwe, alleati di Kinshasa, fino all'accordo di cessate il fuoco stipulato a Lusaka nell'agosto 1999, che fu tuttavia più volte violato. Sul piano interno, nel 1999 in U. continuarono a permanere focolai di guerriglia: nel Nord del Paese lo Stato dovette fronteggiare gli attacchi dei fondamentalisti cristiani dell'Esercito di resistenza del Signore, appoggiati dal Sudan, che misero in atto numerosi uccisioni di civili e rapimenti di bambini al fine di addestrarli forzatamente al combattimento; nelle regioni occidentali, ai piedi del Ruwenzori, proseguirono gli attacchi dell'Alleanza delle forze democratiche (ALF) che dal 1986 combatte per rovesciare Museveni. In quest'ultima regione nel marzo 1999 i ribelli hutu ruandesi, in segno di protesta contro il sostegno occidentale al regime tutsi in Ruanda, rapirono e uccisero alcuni turisti nel Parco nazionale Biwindi. Il regime, in grave difficoltà, fu altresì screditato da una serie di episodi di corruzione che videro implicati esponenti politici di primo piano. Risonanza mondiale ebbe la notizia del suicidio di massa, avvenuto nel marzo 2000, di un migliaio di persone appartenenti a una setta apocalittica denominata Movimento per la restaurazione dei dieci comandamenti di Dio che, istigati dal loro leader, appiccarono il fuoco alla chiesa dove si erano riuniti. In ambito politico, nel giugno 2000 gli Ugandesi, tramite referendum, furono chiamati a decidere se ripristinare l'attività dei partiti o se continuare a essere governati dal National Resistence Movement (NRM), guidato dal presidente Museveni. Infatti, multipartitismo e egemonia del NRM, in base alla Costituzione, si escludono a vicenda: quando governa l'uno, l'altro sparisce dalla scena politica; il sistema monopartitico venne confermato. Nel corso del 2000 l'U. venne inoltre coinvolta nella guerra civile nella Repubblica Democratica del Congo, scontrandosi con gli ex alleati ruandesi per il controllo della piazzaforte congolese di Kisangani. Nelle elezioni presidenziali del 16 marzo 2001, Museveni venne riconfermato alla guida del Paese. Nel 2002 il presidente Museveni firmò due importanti trattati militari con il Ruanda e il Sudan, che portarono all'allentamento delle tensioni tra i Paesi vicini.