Luogo e, più propriamente, edificio
consacrato e dedicato al culto della divinità, soprattutto nelle antiche
religioni pagane e in alcune religioni orientali:
il t. di Minerva. Nella
religione ebraica, usato assolutamente e con l'iniziale maiuscola, indica
genericamente la sinagoga:
Gesù caccia i mercanti dal T. ║
Edificio eretto in memoria di persone o fatti ritenuti significativi:
t.
votivo in memoria dei caduti in guerra. ║ Fig. - Luogo venerato in
quanto sede o simbolo di qualcosa di alto e insigne:
quell'università
è un t. della cultura. ║
T. di Gerusalemme: sede stabile
ed esclusiva del culto per tutto l'Ebraismo, in quanto dimora dell'unica Arca
dell'alleanza. Il primo
t., risalente al tempo di Salomone, sorgeva sulla
collina Moria, nei pressi della primitiva Gerusalemme; la sua edificazione,
iniziata verso il 970 a.C., durò sette anni. Di forma rettangolare (35 x
10 m), il
t. era diviso al suo interno in tre sezioni, preziosamente
ornate: il vestibolo, l'aula (con la mensa per i pani della proposizione,
l'altare per i profumi e dieci candelabri d'oro) e il
Sancta Sanctorum
(V.), l'ambiente più riposto e sacro del
t., dove era custodita l'Arca dell'alleanza. Incendiato nel 586 a.C.,
quando il re Nabucodonosor prese e distrusse Gerusalemme, il
t. fu
ricostruito nel 516 a.C., con meno sfarzo e senza l'Arca dell'alleanza, andata
distrutta durante la conquista neobabilonese. Convertito al culto di Zeus dal re
seleucide Antioco IV, nel 165 a.C. il
t. fu riconsacrato da Giuda
Maccabeo, ma subì le conseguenze dell'occupazione romana del 63 a.C.
L'imponente terzo
t., iniziato nel 19 a.C. da Erode il Grande,
seguì la sorte della città, espugnata e distrutta nel 70 d.C.
dalle truppe imperiali di Vespasiano; l'evento diede inizio alla diaspora
ebraica. I resti dell'antico
t. costituiscono tuttora il Muro del Pianto.
• Archeol. - Nell'Egitto protodinastico il
t. era costituito da un
vasto recinto in legno con un ingresso contrassegnato da due aste, che
racchiudeva una cappella fatta di graticcio. Da questa struttura elementare si
sviluppò quindi un complesso di sale a colonne che precedevano il luogo
sacro dove si trovava il tabernacolo in legno con l'immagine del dio. L'entrata
al
t. era formata da un colossale pilone sormontato da aste (da 4 a 10);
di qui si accedeva a un grande cortile con colonnati laterali e stanze riservate
al faraone. Il
t. greco nacque dall'evoluzione del
mégaron
miceneo e venne affermandosi nelle tre forme classiche (
t. dorico, ionico
e corinzio) a partire dalla metà del VII sec. a.C. Gli esempi più
antichi mostrano una sala rettangolare stretta e allungata, preceduta da un
portico a due colonne e divisa in due navate da una fila centrale di colonne
poste a sostegno del tetto (
t. di Prinià,
t. di Drero a
Creta,
t. di Demetra Malophòros a Selinunte, di Artemide Ortia a
Sparta). A questo sistema architettonico si aggiunse poi una
peristasi,
ovvero un colonnato che circonda il
t. (
t. di Apollo a Termo), con
cinque o sei colonne sui due fronti, o nove, come nella basilica di Paestum
(metà del VI sec.). Alla cella, che nel corso del VI sec. a.C. assunse
una forma meno allungata, vennero aggiunti uno spazio anteriore, detto
pronao (con due colonne antistanti oppure, nei
t. maggiori,
quattro), e uno posteriore, detto
opistodomo, mentre la cella vera e
propria prese il nome di
naos. Cambiò anche la primitiva
bipartizione della cella: una doppia serie di colonne spartì lo spazio
interno in tre navate, due laterali e una centrale, più ampia, dove prese
posto il simulacro della divinità. Tra il VII sec a.C. e l'inizio del VI
si formarono gli ordini architettonici dorico e ionico. Il
t. dorico si
diffuse soprattutto in Grecia (i
t. di Era ad Argo e ad Olimpia, il
t. di Corfù, il primo interamente in pietra) e nell'Occidente
greco (Paestum, Siracusa, Agrigento, Selinunte). La sua tipologia venne fissata
in modo pressoché definitivo all'inizio del V sec. a.C.: cella a tre
navate, pronao e opistodomo, peristasi con sei colonne frontali. Alla
decorazione in terracotta dipinta, in uso fino al VI sec., subentrarono le
sculture in pietra delle metope e dei frontoni. Esempi del periodo aureo
dell'ordine dorico sono il
t. di Egina, il cosiddetto Thesèion di
Atene e il
t. di Zeus a Olimpia, dalla preziosa decorazione scultorea in
marmo. Interamente marmoreo fu il Partenone, iniziato nel 447 a.C., il cui
progetto non fu già più interamente rispettoso dei tradizionali
canoni dorici. L'ordine ionico fiorì soprattutto in Asia Minore, con i
grandiosi
t. di Efeso e Samo (con peristasi a più file di
colonne); venne tuttavia adottato anche in Grecia nella seconda metà del
V sec. per edifici sacri di forme particolari, quali il tempietto di Atena Nike
e l'Eretteo ad Atene.
T. ionici di grandiose dimensioni furono viceversa
il
t. di Atena Poliade a Priene e il
t. di Mileto, risalenti al IV
sec. a.C., ove la misura classica cedette già il passo alle forme
più libere dell'Ellenismo. Il tipo di
t. a pianta circolare
(
thòlos) fu presente in Grecia nei secc. IV-III (Delfi, Epidauro,
Olimpia). A differenza di quelli greci, i
t. etrusco-italici presentavano
una pianta molto più larga, con una cella spesso tripartita e un pronao
molto profondo con due o più file di colonne; inoltre, essi sorgevano su
un podio ed erano accessibili da una scalinata sul solo lato frontale.
Caratteristiche erano la copertura a tegole e la ricca decorazione in terracotta
policroma. Resti di
t. si hanno a Pirgi, Veio, Orvieto, Falerii Veteres,
ecc. La tipologia del
t. etrusco si ritrova a Roma fino al III o II sec.
a.C. (Tempio Capitolino) allorché, sotto l'influenza ellenistica, vennero
accolti elementi architettonici greci, soprattutto dell'ordine corinzio.
Tuttavia, i
t. che vennero costruiti conservarono caratteri italici,
quali l'alto podio, il pronao aperto, la prevalenza della facciata (
t.
del Foro Olitorio a Roma,
t. di Tivoli,
t. di Ostia, ecc.). In
età imperiale alla tradizionale pianta rettangolare si affiancarono forme
più complesse (circolare, poligonale, con absidi, nicchie, colonnati,
ecc.) e sovente monumentali, soprattutto nelle province orientali (Baalbek,
Palmira). La
thólos di derivazione greca fu adottata per gli
edifici di culto di particolari divinità, come Vesta. In Cina, forme di
t. propriamente detto si possono riconoscere sin dal II millennio a.C.;
l'edificio era costruito attorno all'altare sacrificale, che sorgeva in
posizione elevata e aveva accesso tramite scale a balaustra. In Giappone il
t. scintoista era una costruzione piuttosto semplice, modellata sul tipo
delle case d'abitazione, e serviva per custodirvi gli oggetti simbolici. Sotto
l'influsso del Buddhismo, introdotto in Cina nei secc. I-II, e successivamente
in Giappone verso il VI sec., si uniformò la forma del
t.,
accettando in parte la tipologia del
t. indiano, pur senza rinunciare
all'apporto delle culture nazionali. In India, dove la religione vedica non
conosceva
t., questi sorsero con il Buddhismo. Denominati
stupa,
avevano in origine la funzione di custodire le reliquie del Buddha. Per influsso
del Buddhismo, anche la religione induista iniziò a costruire
t.
che presero la forma di un'edicola formata da terrazze piramidali. Le grandi
civiltà precolombiane ebbero
t. di proporzioni gigantesche,
sovente a forma di piramide mozza (Maya, Aztechi) e collocati su elevati
altopiani (Inca), per favorire le pratiche di culto legate ai movimenti astrali.
• St. delle rel. - Le origini del
t. coincidono con l'idea stessa
del luogo sacro, inteso come spazio delimitato e separato dal terreno profano
per conferire ad esso la funzione di mediare il contatto con la divinità.
La scelta di uno spazio come sacro non doveva essere casuale, ma compiuta con un
atto augurale che riconoscesse nel luogo la presenza divina (ancora in epoca
storica i Romani chiamavano
templum soltanto i
t. riconosciuti
secondo tali criteri). Nelle civiltà mediterranee arcaiche il
t.
poteva identificarsi con un luogo sacro naturale: una grotta (come nella
civiltà minoica), una radura, una sorgente. L'altare, all'aperto,
indicava la loro sacralità. Dal luogo religioso delimitato dall'augure,
il termine passò poi a indicare l'edificio sacro costruitovi sopra. Il
t., inteso come costruzione sacra permanente, nasce nell'antichità
classica probabilmente dalla fusione etnica e culturale dei popoli indoeuropei,
penetrati in Grecia e in Italia, con le popolazioni autoctone. Il
t.
assume tuttavia forme e funzioni diverse nelle varie culture e concezioni
religiose. Le abitazioni stesse potevano avere un locale o un punto dedicati al
culto domestico degli dei o degli antenati. Laddove il
t. è inteso
come casa della divinità, la progettazione architettonica si adegua
costruendo un edificio attorno a un nucleo sacro che custodisce l'immagine del
dio, accessibile solo ai sacerdoti. Nelle religioni misteriche il
t.
è luogo di iniziazione e di passaggio ai vari gradi di conoscenza del
divino; nelle religioni dovute a un fondatore o a un riformatore, il
t.
è luogo di culto e di riunione per i fedeli, nonché scuola per
l'insegnamento teologico; quasi sempre il
t. è sede dei sacrifici,
che cementano il rapporto fra l'uomo e il dio. Nella Mesopotamia il
t. fu
in origine una riproduzione del modello di abitazione civile, costituito da una
cella dotata di spesse mura munite di finestrelle; qui dimorava la
divinità, rappresentata da un simulacro. In età neosumera
(2150-2003 a.C. circa) la struttura si ampliò fino a comprendere cortili
e ambienti destinati ai sacerdoti. Contemporaneamente si formò anche un
altro tipo di
t., detto
ziqqurat, una torre formata da più
terrazze sovrapposte, in uno sviluppo verticale che esprimeva la tensione degli
uomini all'incontro con la divinità. La terrazza più alta e
più ristretta ospitava infatti la sala dell'attesa del Dio. Sia pure
diverso architettonicamente dal quello babilonese, il
t. egiziano fu
ugualmente concepito come dimora del dio. Nel periodo di nomadismo, il luogo di
culto del popolo ebraico era costituito da un
t. smontabile; una volta
istituita l'unità nazionale, iniziò la costruzione di un
t.
vero e proprio (il
t. di Gerusalemme), istituito pur nella
consapevolezza, espressa anche nella Bibbia, della problematicità
dell'idea di rappresentare in uno spazio limitato un dio concepito come
infinito. Non è attestato, almeno secondo le fonti classiche (Tacito,
Erodoto) che le popolazioni pagano-barbariche (Celti, Germani) avessero mai
eretto
t. Tuttavia, tenendo conto che il politeismo, praticato da questi
popoli, comporta una concezione antropomorfica della divinità, è
ipotizzabile che siano stati concepiti e realizzati
t. nel senso di
"casa del dio", sotto forma di strutture più o meno
stabili.