Branca dell'arte militare che studia le
modalità di schieramento e di manovra delle truppe sul campo di battaglia
allo scopo di sconfiggere il nemico. ║ Fig. - Modo di agire ritenuto
più adatto per il raggiungimento di un dato scopo:
la sua t. è
sempre la stessa in occasioni come questa. • Sport - Negli sport di
squadra, lo schieramento che una compagine assume nel corso di una gara. •
Mil. - Pur nell'avvenuta modificazione della tecnica militare nel corso del
tempo, alcuni principi cardine della
t. sono rimasti invariati
(
concentrazione dei mezzi e degli sforzi nel momento e nel punto critico,
movimento per la concentrazione,
sorpresa,
sfruttamento del
terreno). Due sono le fasi tattiche: la
preparazione della battaglia,
che prevede lo schieramento delle forze, e lo
scontro diretto, nel corso
del quale le truppe schierate vengono portate a combattere. La manovra che
conduce allo scontro diretto può essere
di sfondamento (se tenta
di rompere il fronte avversario) o
di aggiramento (se cerca di avvolgere
il nemico sui fianchi per poi attaccarlo da dietro). Fondamentali restano la
rapidità di esecuzione e la possibilità per i comandanti di
controllare e dirigere le truppe in modo efficace (il che, a sua volta, richiede
un adeguato sistema di trasmissione degli ordini e delle informazioni). ║
T. terrestre: poco si sa delle
t. militari di Egizi, Sumeri
e Assiri, che pure dovevano essere piuttosto evolute, se si considera che gli
eserciti di queste popolazioni comprendevano un'estrema varietà di forze
(fanterie, arcieri, cavalleria, lancieri, ecc.). Maggiori notizie si hanno,
invece, sulla falange oplitica, diffusasi in Grecia nella prima metà del
VII sec. a.C.; in essa i fanti erano disposti in file compatte protette dagli
scudi e dalle punte delle aste e venivano lanciati contro lo schieramento nemico
col compito di sfondarlo. I Tebani tentarono di porre rimedio al maggior difetto
della falange oplitica, vale a dire l'incapacità di inseguire i nemici in
rotta, stabilendo un nesso più organico con la cavalleria; l'innovazione
fu ripresa e pienamente sfruttata dai Macedoni, che provvidero anche ad
allungare la punta delle aste e a serrare ancora di più le file della
falange. Su questa traccia si mossero anche i Romani, che fondarono le loro
t. militari su formazioni manipolari collegate alla cavalleria;
più tarda fu l'introduzione della
legione romana, strutturata in
dieci coorti uniformemente armate. Col Medioevo, l'arte militare cadde in
disuso; in genere, con la fanteria costituita da masse contadine disorganizzate
e male armate, le battaglie si riducevano a una serie di duelli singoli, fino a
risolversi grazie all'impeto della cavalleria. La fanteria tornò in auge
in epoca comunale: essendo stata verificata l'impossibilità di trarre
buoni cavalieri in sufficienza dalla massa contadina, venne prestata maggior
cura alle truppe di fanteria, che in alcuni casi seppero anche sconfiggere la
cavalleria nemica. La
t. moderna ebbe, però, inizio solo con la
creazione del
battaglione svizzero che, schierato in profondità
con una ventina di uomini e coperto dal fuoco dell'artiglieria, venne a
costituire un baluardo insormontabile per la cavalleria nemica. Il modello
svizzero fu imitato nel XV sec. da molti dei nascenti Stati nazionali nella
costituzione dei loro eserciti; successivamente, l'opera di alcuni grandi
condottieri come Eugenio di Savoia, Gustavo Adolfo di Svezia e Federico II di
Prussia diede luogo a ulteriori progressi in termini soprattutto di una maggiore
integrazione tra fanteria, cavalleria e artiglieria e di sfruttamento delle
accidentalità del terreno. Un posto di assoluto rilievo tra i grandi
maestri di
t. militare spetta a Napoleone. Egli riordinò la
fanteria in reggimenti di tre o quattro battaglioni (a loro volta formati da sei
o sette compagnie), ripartì la cavalleria in divisioni e assegnò a
ciascuna divisione delle forze di artiglieria; inoltre, potenziò il corpo
del genio, incaricandolo di lavori di fortificazione e di rilievi topografici, e
creò un vero e proprio Stato Maggiore. Sotto il profilo più
squisitamente tattico, Napoleone, in genere, realizzava un concentramento dello
sforzo tale da provocare un cedimento locale ove, poi, lanciare l'attacco
decisivo (preceduto da un fitto fuoco di artiglieria); il nemico in rotta
doveva, quindi, essere inseguito dalla cavalleria con l'appoggio
dell'artiglieria a cavallo e di truppe leggere. La lezione napoleonica fu fatta
propria mezzo secolo dopo da H.K. von Moltke; egli colse l'esigenza di
suddividere l'esercito, ormai troppo esteso per muoversi in modo concentrato, in
più armate, impegnando con alcune di esse il nemico su un lato e
contemporaneamente cercando con altre di procedere a una manovra avvolgente. Con
la fine del XIX sec., avvennero enormi progressi tecnici in fatto di armi e di
mezzi; che questo, però, contrariamente a quello che allora si pensava,
non comportasse di necessità una drastica riduzione della durata dei
conflitti divenne drammaticamente evidente nel corso della prima guerra
mondiale, durante la quale gli eserciti ben presto giunsero alla paralisi e alla
guerra di trincea. Da questa esperienza trasse lezione l'esercito tedesco
vent'anni dopo, allorché nella seconda guerra mondiale seppe sfruttare
intensamente le opportunità offerte dal binomio aereo-carro armato
(quest'ultimo supportato da reparti scelti di fanteria); queste innovazioni,
infatti, consentivano non solo di evitare la paralisi sul fronte bellico, ma
anche di realizzare la
t. della guerra-lampo che portava a una rapida
soluzione delle battaglie. Dopo i successi del primo biennio, però,
questa
t. fu messa in crisi nel corso della campagna di Russia; i Russi,
infatti, sebbene il loro fronte fosse stato spezzato dai blindati, rifiutarono
di arrendersi, non esitando a ingaggiare battaglia a tergo dei carri; in questo
modo, la marcia tedesca subì quel sensibile rallentamento che l'avrebbe
condotta alla disfatta. Fu per ovviare a inconvenienti di questo tipo che sia
gli Alleati sia i Tedeschi idearono nuove soluzioni; ancora i Tedeschi, ad
esempio, negli ultimi anni di guerra, introdussero i
Panzergrenadieren,
un'unità tattica autonoma avente il compito di consolidare le conquiste
dei carri. Anche sul fronte difensivo numerose furono le innovazioni, come, ad
esempio, la
difesa a caposaldi, per la quale veniva fatto ricorso a
difese campali di calcestruzzo e di metallo e alle mine. Col secondo dopoguerra,
gli sviluppi tecnologici permisero di avere a disposizione mezzi da
combattimento di notevole velocità e mobilità, con elevata potenza
di fuoco e sofisticati strumenti di protezione. In questo modo, il problema
tattico fondamentale divenne quello di evitare il più a lungo possibile
il fuoco nemico per attaccare con estrema rapidità in punti considerati
nevralgici. Nello stesso tempo, con l'introduzione di più avanzati
armamenti (missili anticarro a corta gittata, mine, sistemi missilistici ad
ampio raggio), venne anche a modificarsi la concezione della battaglia, che
finì per configurarsi come un insieme di urti brevi e improvvisi tra
carri corazzati, cui la fanteria doveva fornire un adeguato supporto per
ostacolare l'avanzata dei mezzi nemici. Al fine di evitare manovre di
aggiramento, i mezzi bellici vennero, poi, progettati in modo tale da
posizionarsi in formazioni chiuse, in grado di resistere anche ad attacchi su
più fronti. Per contrastare gli attacchi aerei, invece, venne introdotto
un ombrello di protezione costituito da aerei intercettori e da armi contraeree
(missili o artiglieria) e posizionato a difesa degli addensamenti di truppe o
dei punti di passaggio obbligato. ║
T. navale: fino al V
sec. a.C. l'attacco navale consisteva in un'operazione di speronamento
finalizzata all'affondamento della nave; a questo scopo veniva utilizzato il
rostro, anche se l'azione decisiva era, poi, delegata ai guerrieri che
arrembavano la nave. Più tarda e originaria dell'Oriente è,
invece, la
t. di lanciare la propria nave contro quella nemica prima
ancora di utilizzare il rostro. Il rostro restò in auge fino
all'età romana, venendo, quindi, sostituito a partire dalla prima guerra
punica dal
corvo, un ponte fissato a un albero della nave che veniva
gettato sulla nave nemica e tramite il quale i soldati potevano procedere
all'abbordaggio. La
t. dell'abbordaggio continuò a essere
applicata anche in età medioevale; lo suggeriva il mezzo di locomozione
(il remo) che rendeva le galee poco agili per consentire il ricorso a soluzioni
differenti. Fu con l'avvento di nuove imbarcazioni (
galeazze) che le cose
vennero a modificarsi: infatti, con la prevalenza delle vele sui remi e il
conseguente posizionamento dell'artiglieria anche sui fianchi, le navi poterono
essere impiegate anche per la battaglia vera e propria. Quale disposizione
migliore per affrontare la battaglia venne presto affermandosi la
linea di
fila; tale disposizione, in base alla quale l'intera flotta doveva
posizionarsi di traverso rispetto al nemico, divenne, anzi, canonica e in molti
Paesi furono introdotte sanzioni per chi avesse derogato ad essa senza il
permesso del comandante in capo. Questa tendenza mutò solo nel 1782,
allorché nella battaglia della Dominica la flotta inglese di G. Rodney
riuscì a incunearsi tra due frazioni della flotta francese, piazzando
quest'ultima tra due fuochi; in questo modo, la
t. navale si
orientò verso soluzioni nuove, come poteva essere quella (poi divenuta
dominante) di sfruttare la posizione per tentare di dividere la flotta nemica in
più parti. Ulteriori cambiamenti nella
t. navale si ebbero
all'inizio del XVIII sec., quando una serie di progressi tecnici (l'introduzione
del vapore, la costruzione delle prime navi in ferro, l'evoluzione delle armi e
della strumentazione di bordo) suggerirono di puntare sulla potenzialità
di fuoco e, dunque, di schierare le navi nel modo che risultasse più
adeguato a questo scopo. Una tappa significativa per la storia della
t.
navale è segnata dalla guerra russo-giapponese del 1904-05: in
quell'occasione, infatti, vennero definitivamente accantonate le teorie della
cosiddetta
jeune école, secondo cui occorreva rinunciare alle
grandi navi da battaglia per puntare su strutture leggere, in grado di mettere
in atto la guerra di corsa. Di questa inversione di tendenza si fece promotrice
pochi anni dopo anche l'Inghilterra, che nella corsa agli armamenti ideò
la
dreadnought, una corazzata dotata di un potenziale offensivo e
difensivo fino ad allora mai visti; alla
dreadnought furono abbinati gli
incrociatori da battaglia che, rispetto a questa, sacrificavano parte delle
potenzialità difensive all'esigenza di una maggiore velocità per
combattere contro chi praticasse la guerra di corsa. Le battaglie sul mare
combattute durante la prima guerra mondiale si svolsero secondo le regole
classiche della
t.; nemmeno l'avvento del sottomarino scompaginò
il quadro, se non per quel che concerne i traffici commerciali che, almeno
inizialmente, subirono dei duri colpi. Per assistere a una rivoluzione tattica
vera e propria si dovette attendere la seconda guerra mondiale allorché,
in appoggio alle navi, vennero adoperati gli aerei e le battaglie navali si
tramutarono in battaglie aeronavali. Gli elementi di maggiore novità
emersero, in particolar modo, sul Pacifico, ove le navi spesso si limitarono a
fornire appoggio agli aerei senza sparare nemmeno un colpo contro l'avversario.
Un'ulteriore novità fu rappresentata dal massiccio impiego dei
sommergibili, i quali, peraltro, ebbero scarso peso nel decidere le sorti della
guerra, se è vero che quelli di superficie furono quasi tutti messi
fuorigioco dall'introduzione del radar nel 1943, mentre quelli di
profondità non furono utilizzati che agli inizi del 1945 (quando,
cioè, l'esito del conflitto era ormai segnato). In generale, la seconda
guerra mondiale mise in evidenza la necessità di costituire grandi
unità poco omogenee ma più funzionali sul piano operativo; fu
così che nella seconda metà del XX sec., alle portaerei furono
affiancati i sommergibili nucleari, in grado di agire a grandi profondità
per lungo tempo; contemporaneamente, furono introdotti i missili navali
superficie-superficie, che poterono essere piazzati anche su unità
relativamente piccole, e alcune innovazioni elettroniche e optoelettroniche che
resero più sofisticati i sistemi di difesa. Tutto ciò
determinò un sensibile cambiamento nella
t. navale, con la
riduzione delle grandi unità e un incremento di quelle intermedie
(sommergibili d'attacco, cacciatorpediniere, incrociatori tuttoponte); nel
contempo, l'utilizzo di mezzi di elevata velocità e con un'adeguata
strumentazione antisom spezzò il dominio del sottomarino, mentre
l'installazione di missili di grande precisione su navigli sottili ridusse la
netta superiorità delle forze marine che disponevano di grandi portaerei
dotate di molti velivoli d'attacco. ║
T. aerea: il primo
utilizzo di aerei in operazioni belliche risale alla guerra condotta dagli
Italiani in Libia (1911-12), ma un effettivo impiego su larga scala si
compì durante la prima guerra mondiale. Alla fine della guerra, la
percezione delle enormi opportunità che il mezzo aeromobile offriva
spinse tutti gli Stati a dedicarsi al suo perfezionamento. Accadde così
che l'aereo si arricchì col tempo di apparecchiature sempre più
sofisticate (armi di precisione, sistemi di comunicazione, ecc.) che resero
possibile l'elaborazione di una
t. aerea vera e propria, la cui
applicazione si ebbe con la seconda guerra mondiale. Dapprima, si puntò
su azioni di massa, con la conquista della supremazia dei cieli e l'impiego di
bombardieri per le azioni di distruzione vera e propria; successivamente, si
ridusse l'impiego di aerei di supporto e si passò al bombardamento
notturno per sfuggire ai radar. L'azione aerea svolse un ruolo determinante
anche e soprattutto sotto il profilo logistico nelle campagne tedesche del
1939-41, angloamericane in Normandia e nelle Ardenne e nelle controffensive
russe del 1943-45, fino a divenire elemento irrinunciabile nella
t.
moderna.