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Tutela.

(dal latino tutela, der. di tueri: proteggere, difendere). Istituto giuridico che prevede la nomina, da parte del giudice tutelare, di una persona che provveda ad assistere un minore, un interdetto, un incapace e a salvaguardarne gli interessi (V. OLTRE). Per estens. - T. amministrativa: azione di controllo e vigilanza cui taluni enti pubblici sono sottoposti da parte di organi della pubblica amministrazione. ║ Difesa, custodia, salvaguardia, al di là del significato proprio del rapporto giuridico: la t. del patrimonio artistico. ║ Difesa delle proprie ragioni, di un proprio diritto: affidò a un memoriale la t. del suo onore. ║ T. dei monumenti e delle opere d'arte: nonostante sia possibile rilevare diversi precedenti storici, il concetto di t. dei beni artistici si affermò nei primi decenni dell'Ottocento. In Italia vige la L. 1-6-1939, n. 1.089 che regola diverse materie, tra cui la conservazione del paesaggio, il restauro delle opere d'arte, gli scavi archeologici. All'attività degli organismi dello Stato e delle regioni, a cominciare dal ministero dei beni culturali e ambientali, istituito nel 1974, si affianca, comunque, quello di associazioni e fondazioni private, quali “Italia nostra”. ║ T. del consumatore: insieme delle garanzie e delle cautele disposte dalle leggi per salvaguardare i consumatori da abusi messi in atto dai produttori o dai venditori dei diversi prodotti. • Dir. - Con l'istituto della t., nel diritto italiano vigente, si mira all'assistenza del minore, all'amministrazione dei suoi beni e alla sua rappresentanza in tutti gli atti civili, nei casi in cui entrambi i genitori del minore siano morti o non siano comunque in grado di esercitare la potestà loro attribuita dalla legge. Il controllo della t. (che viene aperta presso la pretura del mandamento dove i minori sono domiciliati) spetta al giudice tutelare, che nomina il tutore e il protutore; a quest'ultimo è attribuita la rappresentanza dei minori, quando i loro interessi collidono con quelli del tutore. L'ufficio della t. è generalmente gratuito. Qualora il genitore, da cui è stata esercitata in ultimo la patria potestà, abbia indicato (in testamento, atto pubblico, o scrittura privata autenticata) come tutore una determinata persona, il giudice tutelare è tenuto ad affidare la t. alla medesima. Qualora manchi questa indicazione o la nomina della persona indicata sia ostacolata da gravi motivi, viene nominato di preferenza un ascendente del minore o un altro fra i suoi parenti prossimi o affini. La persona designata (cui è richiesto di prestare giuramento) deve essere adatta al ruolo, avere una condotta ineccepibile ed essere in grado di educare e istruire il minore; quest'ultimo, peraltro, nel caso abbia compiuto 16 anni, deve essere sentito dal giudice, prima che venga effettuata la nomina. Qualora nel luogo di residenza del minore non vi siano parenti o affini conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio tutelare, destinatario della t. può essere un ente di assistenza. Una serie di disposizioni regola l'amministrazione dei beni del minore da parte del tutore, cui è fatto obbligo, tra l'altro, di tenere con regolarità la contabilità dell'amministrazione e di presentare al giudice tutelare il rendiconto annuale; dopo la cessazione dell'ufficio (che avviene con il raggiungimento della maggiore età o con l'emancipazione), entro un periodo di due mesi, il tutore è tenuto a presentare al giudice tutelare il conto finale della t. Per quanto riguarda gli interdetti, la nomina del tutore spetta al giudice tutelare del luogo in cui hanno domicilio; anche in questo caso esistono dei criteri di preferenza per la designazione della persona. La t. dell'interdetto viene a cessare soltanto nel caso in cui sia venuta meno la causa dell'infermità. I principali provvedimenti relativi all'ufficio tutelare sono iscritti nel registro delle t., presente presso ogni giudice tutelare. In casi di negligenza, abusi, o altre mancanze del tutore, il giudice tutelare può disporre la rimozione dell'ufficio di t. • St. del dir. - L'istituto della t., già presente in diverse forme nel diritto ebraico postbiblico e in quello greco (il diritto attico, in particolare, contemplava la t. degli impuberi e quella delle donne), giunge a un'ampia articolazione nel diritto romano. Presso i Romani, l'istituto tutelare nasce, in verità, non a salvaguardia degli interessi di chi vi è sottoposto, ma di quelli di chi l'esercita: scopo della t. è infatti quello di evitare, nell'interesse della famiglia agnatizia dell'individuo soggetto a t., una cattiva amministrazione dei beni dello stesso. In seguito, tuttavia, la t. andrà assumendo caratteri di salvaguardia dell'impubere. La t. era testamentaria, se il tutore era stato designato dal paterfamilias nel suo testamento; il tutore in questo caso era tenuto ad accettare il suo ruolo e poteva declinarlo solo in seguito, se impossibilitato a svolgerlo. La t. legittima si aveva, invece, quando, non essendo stato indicato un tutore nel testamento, la nomina doveva avvenire per legge (secondo quanto disposto già dalla legge delle XII tavole) tra gli agnati o i gentili dell'impubere. Nei casi in cui mancassero le condizioni per stabilire la t. testamentaria o legittima, era prevista la t. dativa; la designazione del tutore era demandata a un magistrato, che era il pretore o il governatore della provincia. Nel mondo romano la t. era applicata agli impuberi sui iuris, vale a dire a quelli su cui non si esercitava la potestas di un paterfamilias; questa t. cessava con l'ingresso nella pubertà del soggetto interessato o per altre circostanze (morte o capitis deminutio del tutore, rinuncia all'ufficio nei casi consentiti, revoca per inettitudine, disposta dal magistrato, in caso di t. dativa). La t. era applicata anche alle donne sui iuris, indipendentemente dall'età ed era motivata dalla levitas animi, la leggerezza ritenuta propria del sesso femminile; la t. muliebre mantenne più a lungo, rispetto a quella degli impuberi, i caratteri di istituto autoritario esercitato a vantaggio della famiglia, anziché protettivo. Essa (articolata, come quella degli impuberi, in testamentaria, legittima, e dativa) incominciava nel momento in cui le donne conseguivano l'autonomia familiare o uscivano dalla t. degli impuberi e si concludeva soltanto con la morte della donna. Le vestali non erano sottoposte a t., così come non erano soggette alla patria potestas. Le leggi Julia de maritandis ordinibus e Papia Poppaea nuptialis sottraevano alla t. le donne dotate di ius liberorum, che le leggi augustee riconoscevano alle donne prolifiche e che successivamente fu accordato anche ad altre, come privilegio. Nell'età di Giustiniano la t. muliebre era venuta meno, mentre quella degli impuberi continuava a configurarsi come un istituto protettivo. Presso i Longobardi il mundio esercitato sulla donna può in qualche modo essere accostato alla t. muliebre, mentre l'istituto della t. del minore (assorbito presso le popolazioni germaniche dal sistema della comunione domestica) riemerse con Liutprando, in forme avvicinabili a quelle della prima t. romana, dal momento che perseguiva il tornaconto della famiglia e non l'interesse del sottoposto. Con la rinascita del diritto romano, riapparve, sia pure con nuovi criteri, la distinzione, prima di fatto scomparsa, fra t. e cura. Alla t. dovuta all'età si accompagnava quella legata a motivi di salute, fisica o mentale. A differenza di quanto avveniva nel mondo romano, la t. testamentaria richiedeva la ratifica del magistrato. Un momento di svolta si ebbe con la Rivoluzione francese e le riforme napoleoniche (poi recepite dai Codici degli Stati italiani nell'età della restaurazione e da quello del nuovo Stato unitario), che misero l'accento sul ruolo della famiglia in materia di t. e diedero vita al consiglio di famiglia. • Dir. internaz. - In quest'ambito il termine individua il regime giuridico posto in essere in quei territori che le Nazioni Unite affidano a uno Stato in amministrazione fiduciaria, per favorire il processo d'indipendenza. ║ t. associata: partecipazione di uno o più Stati all'azione portata avanti da un altro Stato per difendere in maniera coercitiva un suo diritto soggettivo violato da un terzo Stato. Alla base dei procedimenti di t. associata può esserci un trattato di alleanza difensiva.