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Trapianto.

Chir. - Tecnica chirurgica consistente nel prelievo di un tessuto o di un organo strutturalmente e funzionalmente integro da un donatore e nel suo innesto in un altro individuo, detto ricevente, recettore o ospite del t. Classificazione: in base ai rapporti intercorrenti tra donatore e ricevente si distinguono i seguenti tipi di t.: isotrapianto o t. isogenico (isologo), che avviene tra gemelli monocoriali, geneticamente identici; omotrapianto o allotrapianto o t. allogenico (omologo), che coinvolge individui della stessa specie ma geneticamente diversi; xenotrapianto o eterotrapianto o t. xenogenico (eterologo), che interessa individui appartenenti a specie diverse. A questi tipi di si aggiunge l'autotrapianto o t. autogenico (autologo), nel quale il donatore è anche il ricevente. In relazione alla sua sede ma indipendentemente dalla relazione genetica tra il donatore e il ricevente, il t. può essere ortotopico, allorché il tessuto o l'organo espiantato viene reimpiantato nella stessa regione del corpo dalla quale proviene, o eterotopico, quando invece è inserito in una regione anatomica diversa da quella originale. ║ La risposta dell'ospite: la distinzione del tipo di t. in base all'affinità genetica tra donatore e ricevente è di fondamentale importanza nella valutazione del grado di compatibilità fra i tessuti del primo e quelli del secondo (istocompatibilità) e, di conseguenza, nella determinazione della riuscita o del fallimento del t. stesso. Un tessuto o un organo trapiantato, infatti, reagisce in maniera diversa nei singoli casi, avviando una reazione biologica di tipo immunitario la cui entità risulta direttamente proporzionale alle differenze genetiche tra i tessuti trapiantati e quelli dell'ospite. In questa ottica appare ovvio che gli allotrapianti, che rappresentano la maggior parte dei t. eseguiti, e ancor di più gli xenotrapianti, sono le tipologie caratterizzate da una minore istocompatibilità tra donatore e ricevente e quindi quelle in cui la reazione immunitaria dell'organismo ospite si rivela più rapida e violenta qualora non venga opportunamente bloccata. Soprattutto in questi due casi, infatti, la reazione immunitaria dell'organismo evolve spontaneamente verso il rigetto del tessuto o dell'organo trapiantato. ║ Il rigetto: l'origine del rigetto, inteso come l'insieme delle reazioni immunologiche e degenerative irreversibili del soggetto nei confronti dell'organo trapiantato, risiede nel fatto che le cellule di ciascun organismo possiedono un'immunità specifica, paragonabile a un documento d'identità, determinata dalla presenza, sulla superficie della membrana plasmatica dei globuli rossi e delle cellule nucleate, di particolari proteine polimorfiche, dette HLA o antigeni MHC umani, codificate da un gruppo di geni, i geni di istocompatibilità, i più importanti dei quali sono riuniti nel cosiddetto complesso maggiore di istocompatibilità (MHC). I linfociti T del sistema immunitario di ciascun individuo sono in grado di distinguere gli antigeni MHC dello stesso individuo (self), che in quanto tali non sono attaccati, da quelli appartenenti a organismi diversi (non self) i quali, considerati estranei, vengono aggrediti secondo uno specifico meccanismo e distrutti. Ciò che accade dopo il t. è che il sistema immunitario del ricevente riconosce come non self gli antigeni presenti sugli allotrapianti (detti alloantigeni) e mette di conseguenza in atto una risposta di tipo sia umorale sia cellulare per cercare di eliminare “l'intruso”. Se la reazione immunitaria avviene dopo pochi giorni o dopo alcune settimane, si parla di rigetto acuto, mentre se ha luogo dopo svariati mesi o addirittura dopo alcuni anni, di rigetto cronico. In base alla velocità con la quale il rigetto si verifica, si distinguono inoltre una forma iperacuta (nell'arco di minuti o ore) e una forma accelerata (giorni). ║ L'immunosoppressione: per ridurre al minimo il rischio e la gravità del rigetto è fondamentale dunque che il donatore e il ricevente differiscano il meno possibile per qualità antigeniche, ovvero che i due condividano il maggior numero di determinanti HLA. Poiché tuttavia tale condizione si verifica soltanto tra gemelli monozigoti, è necessario sottoporre il ricevente a una terapia immunosoppressiva (immunoterapia) che inibisca nel tempo la risposta immunitaria nei confronti degli antigeni espressi dal tessuto trapiantato. Questa terapia, che può essere aspecifica (immunosoppressione generalizzata) o specifica (inibizione selettiva di cloni linfocitari specifici nei confronti degli antigeni del donatore), presuppone l'utilizzo di farmaci quali la ciclosporina A, l'azatioprina, i corticosteroidi, la rapamicina, la ciclofosfamide e altri agenti alchilanti e antimetaboliti, nonché la somministrazione di sieri antilinfocitari policlonali e di anticorpi monoclonali specifici. Spesso alla terapia farmacologica viene associata la terapia radiante. Nonostante gli enormi progressi di questi ultimi anni, l'immunosoppressione ha ancora implicazioni negative sullo stato di salute del paziente, in quanto può incrementare il rischio di infezione virale o batterica e quello di insorgenza di neoplasie. Per tale ragione è in via di sperimentazione una terapia alternativa a quella farmacologica che ha come obiettivo quello di indurre nel soggetto trapiantato uno stato di tolleranza immunologica specificamente diretta verso gli antigeni espressi dall'organo trapiantato, che elimini la necessità di un trattamento a lungo termine con farmaci poco selettivi e dai gravi effetti collaterali. Questo approccio prevede due direzioni diverse di intervento: la modifica della presentazione dell'antigene e l'alterazione del contesto immunitario del ricevente. ║ Modalità di espianto e conservazione degli organi: il secondo grande problema, dopo quello del rigetto, è rappresentato dalle modalità di prelievo e di conservazione dell'organo da trapiantare. Con l'eccezione di pochi casi, infatti, il prelievo viene necessariamente eseguito da un cadavere. L'organo da trapiantare deve avere un metabolismo efficiente e non deve aver subito ancora nessuna delle inevitabili lesioni regressive che intervengono dopo la morte. A questo scopo esso viene prelevato quando le funzioni vegetative, ovvero la respirazione e la circolazione sanguigna, sono mantenute ancora attive mediante apparecchi automatici. L'espianto è legalmente possibile soltanto quando la morte è stata inequivocabilmente provata da un tracciato elettroencefalografico durevolmente piatto e accertata da un collegio composto da un medico legale, un medico anestetista-rianimatore e da un neurologo esperto in elettroencefalografia (la materia è regolata dalla L. 2-12-1975, n. 644, nella quale viene dichiarata la liceità del prelievo di qualsiasi parte del cadavere, esclusi l'encefalo, le ghiandole della sfera genitale e della procreazione, e vengono specificate le modalità di accertamento della morte nonché le sedi autorizzate per il prelievo e il t.). L'organo prelevato deve essere subito perfuso con una soluzione salina che elimini il sangue e deve essere portato al più presto alla temperatura di 4 °C. In queste condizioni può essere mantenuto efficiente anche più di 24 ore. ║ Criteri di eleggibilità al t.: l'età, la condizione di salute generale e la gravità del quadro patologico del paziente costituiscono i principali criteri di accesso agli interventi di t. d'organo. ║ T. di cuore: consentito in Italia dal Consiglio Superiore di Sanità a partire dal 1984, esso è stato eseguito per la prima volta a Città del Capo da Ch. Barnard nel 1967. Viene realizzato in pazienti di età inferiore ai 60 anni, in caso di cardiopatia ischemica e di cardiomiopatia dilatativa in fase terminale non più trattabili con la sola terapia farmacologica. Esso può essere ortotopico oppure eterotopico ed è considerato ormai un intervento a basso rischio di rigetto acuto e d'insorgenza di complicanze infettivologiche, però con svariate implicazioni legate al rigetto cronico. ║ T. del polmone: secondo l'estensione della patologia che lo provoca, può riguardare uno solo (t. di polmone singolo o TPS) o entrambi gli organi (t. polmonare doppio o TDP). Eseguito per la prima volta da J.D. Hardyen nel 1963, interessa pazienti affetti da fibrosi polmonare irreversibile e da grave insufficienza respiratoria dovuta a enfisema, bronchiectasie, polmone policistico e silicosi. Ha sempre presentato grandi difficoltà di esecuzione (difficoltà di reperimento dei donatori, di adattamento conformazionale dell'organo al ricevente, di cicatrizzazione delle suture per la ricostruzione tracheo-bronchiale, di salvaguardia del parenchima polmonare durante le operazioni di espianto e di impianto, facilità di compromissione nervosa e linfatica, ecc.) a causa delle caratteristiche intrinseche dell'organo e della grande quantità di determinanti antigenici presenti sulla superficie, che ne aumentano considerevolmente le probabilità di rigetto. ║ T. cuore-polmone (TCP): anch'esso caratterizzato da notevoli difficoltà tecniche, è riservato ai pazienti con gravissimo deterioramento della funzionalità respiratoria e circolatoria combinate, come per esempio nell'ipertensione polmonare primitiva. ║ T. di fegato: introdotto in Italia nel 1982, viene eseguito in caso di cirrosi epatiche non maligne (come quelle secondarie ad atresia biliare primitiva dei bambini), di cirrosi biliare, di epatite cronica attiva autoaggressiva, di ipertensione splenoportale e in presenza di tumori maligni epatici primitivi non metastatizzanti. ║ T. di pancreas: eseguito con prelievo dell'organo intero da cadavere o con un innesto segmentario di tessuti prelevati da donatori compatibili viventi o da cadaveri (è in via di sperimentazione una tecnica basata sulla semplice inoculazione nel fegato o nella milza di una sospensione di cellule appartenenti alle isole di Langerhans del donatore), è rivolto ai pazienti affetti da diabete insulino-dipendente e ha come scopo quello di fornire una sorgente endogena di insulina. Viene realizzato in associazione al t. di rene in caso di pazienti già in uremia terminale affetti da retinopatia progressiva. ║ T. di rene: introdotto in Italia nel 1985, rappresenta il tipo di t. più frequente, la cui esecuzione è rallentata soltanto dalla difficoltà di reperimento dell'organo. È riservato ai pazienti tra i 20 e i 50 anni già dializzati, con insufficienza renale irreversibile. ║ T. del midollo osseo: nel t. autologo, in cui il donatore è il paziente stesso, si procede alla reintroduzione del midollo precedentemente prelevato dal soggetto e opportunamente purificato. Esso rappresenta la terapia di salvataggio in seguito a trattamenti antitumorali molto tossici. Il t. allogenico, in cui il donatore è un individuo della stessa specie con spiccata affinità tessutale (spesso un fratello o un consanguineo), trova indicazione nelle leucemie linfatiche e non linfatiche acute, nell'anemia aplastica grave, nella talassemia major e nei gravi deficit immunitari. Oltre alla consueta forma di rigetto dell'ospite nei confronti del midollo trapiantato (ricevente verso donatore), questo tipo di t. è caratterizzato anche da un particolare tipo di rigetto (t. contro ricevente) nel quale è il tessuto trapiantato ad aggredire l'organismo ricevente. ║ T. della cornea: grazie all'impiego di tecniche sempre più avanzate e affidabili, ha raggiunto percentuali di successo del 98% e viene eseguito su pazienti affetti da opacizzazione irreversibile della cornea con gravissima perdita di visus o con cecità pressoché totale. ║ T. di arti: sono oggi documentati due t. sperimentali di arti superiori (uno monolaterale e l'altro bilaterale) che hanno aperto nuove prospettive per numerosi pazienti gravemente handicappati in seguito a trauma. ║ T. di cute: finalizzato alla riparazione delle zone epidermiche distrutte e alla ricostituzione di strutture congenitamente o accidentalmente alterate, questo tipo di autotrapianto ha una percentuale di successo elevatissima. ║ T. in Italia: lo scenario nazionale dei t. è notevolmente migliorato negli ultimi anni. Infatti, se da una parte il nostro Paese continua a soffrire per una cronica difficoltà di reperimento di organi per il t. (nel 1998 i donatori utilizzati per milione di abitanti erano 12,3, contro i 19,8 della media europea, un risultato che colloca il nostro Paese al penultimo posto in Europa), in gran parte dovuta alla carenza di un'adeguata educazione sanitaria della popolazione, di una corretta informazione da parte dei media e a una perdurante disorganizzazione, dall'altra la qualità dei t. è migliorata considerevolmente. La sopravvivenza dei pazienti trapiantati di rene a distanza di 3 anni dall'intervento è superiore al 90%, a distanza di 10 anni è pari all'86%; quella dei pazienti trapiantati di cuore a distanza di 3 anni è pari all'84%, mentre quella dei pazienti trapiantati di fegato è superiore al 68%. • Zoot. - T. embrionale: tipo di t. realizzato mediante estrazione dall'utero di una vacca donatrice di ovuli fecondati e trasferimento di ciascun ovulo nell'utero di una vacca ricevente, che porta quindi a termine la gravidanza. Le riceventi devono essere preventivamente sottoposte a terapia ormonale per essere portate nella stessa fase del ciclo di evoluzione delle donatrici. • Agr. - Procedura consistente nell'estrazione dal terreno (in genere un semenzaio) dell'apparato radicale di una pianta erbacea o arborea e nel suo successivo collocamento in un altro terreno. Si parla di t. definitivo quando le piante prelevate dal semenzaio vengono messe a dimora in un terreno aperto e di t. provvisorio quando le piante vengono spostate in via temporanea in un altro terreno del vivaio, in attesa di essere messe a dimora. Questa tecnica agraria risulta vantaggiosa sia perché consente semine molto fitte in superfici piuttosto ridotte, con il conseguente risparmio di spazio che può dunque essere adibito ad altre colture, sia in quanto permette di selezionare tra le giovani piantine quelle con le caratteristiche più favorevoli. Il t. è di norma eseguito in autunno o alla fine della stagione invernale.
"I trapianti d'organo e la legge" di Pino Donizetti