Chim. -
Elemento t.: elemento
chimico che nella tavola periodica degli elementi viene dopo l'uranio e, quindi,
ha numero atomico superiore a 92. Gli elementi
t., inesistenti in natura
o esistenti in tracce, sono stati tutti ottenuti artificialmente nelle pile
atomiche. Il primo metodo per ottenere tali elementi, elaborato da E. Fermi e
dai suoi allievi a Roma nel 1934 e realizzato nel 1940 da M. Mc Millan e P.H.
Abelson, era basato sul bombardamento dell'uranio con neutroni (
irradiazione
con neutroni). Questo metodo, che oggi utilizza i neutroni prodotti da un
reattore nucleare a fissione, si basa sul principio che nuclei molto pesanti e
stabili rispetto al decadimento β diventano instabili dopo aver catturato
un neutrone e, emettendo un elettrone, danno origine a un nuovo nucleo β
stabile, avente numero atomico più elevato rispetto al nucleo di
partenza. Per la preparazione e l'identificazione dei nuovi elementi
t.,
successivamente furono messi a punto altri metodi fra cui: le
reazioni
nucleari prodotte da particelle leggere (quali protoni, deutoni e particelle
alfa) sui nuclei di elementi
t. preparati con il metodo precedente, per
le quali si rendono necessari un reattore nucleare e un acceleratore di
particelle, volte a ottenere elementi
t. ancora più pesanti; le
reazioni nucleari provocate da ioni leggeri, come ioni B, C, N, accelerati,
su nuclei di elementi
t. presenti in quantità sufficienti; le
reazioni nucleari provocate da ioni di massa intermedia, come gli ioni
Cr, Fe, Ni, accelerati, su nuclei pesanti ma stabili (piombo e bismuto). Grazie
a questi metodi e a sofisticate apparecchiature è stato possibile
preparare, anche se in quantità minime, e identificare una ventina di
elementi
t., con numero atomico (Z) compreso tra 92 e 112, tutti
instabili, radioattivi, dotati di vita breve o addirittura brevissima. In
genere, questi elementi portano il nome del loro scopritore, tuttavia, dato che
per gli elementi con Z > 103 l'attribuzione della scoperta è
controversa e quindi la denominazione non è accettata unanimemente,
è stata messa a punto una nomenclatura sistematica (IUPAC) secondo la
quale il nome dell'elemento è costruito in base al suo numero di massa al
quale vengono aggiunti determinati prefissi e suffissi. In particolare, il
nettunio (Z = 93), il plutonio (Z = 94), l'americio (Z = 95), il curio (Z = 96),
il berkelio (Z = 97), il californio (Z = 98), l'einstenio (Z = 99), il fermio (Z
= 100), il mendelevio (Z = 101), il nobelio (Z = 102), il lawrencio (Z = 103)
formano, insieme ad attinio, torio, protoattinio e uranio, la famiglia degli
attinidi, una serie parallela a quella dei lantanidi. Come questi ultimi, anche
gli attinidi possiedono la stessa configurazione elettronica e quindi le
medesime proprietà chimico-fisiche dell'attinio, loro capostipite, e
differiscono l'uno dall'altro soltanto per il numero di elettroni negli orbitali
5f. Dei diversi elementi
t., soltanto pochi sono stati ottenuti in
quantità sufficienti (ovvero qualche milionesimo di grammo) per
giustificarne un uso industriale: il plutonio, di gran lunga il più
abbondante, viene utilizzato per la sua rapida fissionabilità come
combustibile nucleare e nelle armi nucleari; il suo isotopo 238, disponibile in
quantità minori, viene impiegato nei generatori di potenza, come anche
l'isotopo 241 dell'americio. Il californio, caratterizzato da un'elevata
velocità di emissione dei neutroni, può essere impiegato nei
generatori di potenza e il curio come sorgente portatile di neutroni. Negli
ultimi tempi anche l'isotopo 242 dell'americio è diventato famoso grazie
agli studi di C. Rubbia sulla fissione nucleare applicata all'esplorazione dello
spazio e, in particolare, del pianeta Marte: secondo il premio Nobel la fissione
di questo elemento (disposto in un sottile strato sulle pareti di un'opportuna
camera di combustione) in presenza di idrogeno svilupperebbe una quantità
di energia un milione di volte maggiore di quella prodotta dal migliore
propellente chimico. Questo tipo di motore nucleare avrebbe evidenti vantaggi
pratici, legati al fatto che sarebbero necessari soltanto alcuni chilogrammi di
questo combustibile per coprire una distanza di circa 120 milioni di miglia e
che il viaggio durerebbe soltanto 45 giorni invece dei 3 anni attualmente
ipotizzati.