(o
transessualismo). Biol. -
Disturbo dell'identità sessuale caratterizzato dal rifiuto del proprio
sesso e dall'identificazione nel sesso opposto. Un maschio transessuale, ad
esempio, è un uomo normale sotto il profilo genetico, ormonale e gonadico
che, senza avere disturbi psichiatrici, si sente in maniera continuativa una
donna imprigionata in un corpo maschile. L'individuo transessuale ha grandi
difficoltà nel condurre una vita consona al proprio sesso anatomico e
spesso prova disgusto verso i propri organi genitali, tanto che nei casi
più gravi ricorre alla terapia chirurgica per adeguare il proprio stato
anatomico a quello psicologico. Il transessuale è attratto da persone
appartenenti allo stesso sesso anatomico, anche se tale atteggiamento non ha
significato omosessuale, in quanto la persona sente di appartenere al sesso
opposto, e tende fin dall'infanzia ad adeguare il proprio aspetto esteriore,
l'abbigliamento e il comportamento al proprio sesso psicologico, ricorrendo
spesso a terapie ormonali. Non è ancora stato accertato se alla base di
tale disturbo vi siano delle cause mediche; secondo alcuni ricercatori svariati
fattori genetici e ormonali agirebbero fin dalla vita fetale, mentre secondo
altri la
t. avrebbe un'origine psicologica e insorgerebbe nei primi anni
di vita dell'individuo (durante i quali si struttura l'identità sessuale)
in seguito alla presenza di fattori di disturbo di ordine relazionale,
familiare, culturale e sociale (
t. primaria). Esiste tuttavia anche una
t. secondaria, dovuta a condizionamenti economici o a eventi traumatici.
Solitamente più frequente nei maschi, la
t. è stata
riscontrata nelle più diverse etnie e culture. In Italia, la variazione
del sesso mediante intervento chirurgico e terapie ormonali e il conseguente
cambiamento del nome di battesimo presso l'anagrafe sono consentite dalla L.
14-4-1982, n. 164.