Pseudonimo di
Antonio De Curtis Gagliardi Griffo
Focas Comneno principe di Bisanzio. Attore comico italiano. Iniziò
giovanissimo la sua carriera artistica come macchiettista nei
caffè-concerto e nei teatri di periferia, prima a Napoli e poi a Roma. Il
suo fisico, particolarmente adatto a un ruolo in cui la deformazione
caricaturale e la caratterizzazione grottesca erano parte essenziale, gli fu di
grande aiuto nella creazione di personaggi che andavano via via acquistando una
sempre maggiore consistenza drammatica. Non lontano dalla burattinesca
comicità tipica di certe maschere della Commedia dell'Arte,
T.
riuscì a inoculare nella sua stessa mobilissima maschera una
profondità umana e un fondo psicologico che costituivano una impensabile
novità nel campo della rivista e della commedia musicale. Passo dopo
passo, attraverso le compagnie di avanspettacolo prima, la rivista e l'operetta
poi,
T. riuscì ad affermarsi, nel periodo fra le due guerre
mondiali, come uno dei maggiori e più originali comici italiani
dell'epoca, sebbene buona parte della sua comicità derivasse direttamente
dalle innovazioni teatrali di E. Petrolini. Terminata la seconda guerra
mondiale,
T. ebbe modo di riconfermare le sue grandi qualità in
una serie di riviste di grande successo, tutte firmate da M. Galdieri
(ricordiamo
Che ti sei messo in testa? e
Con un palmo di naso,
1944;
C'era una volta il mondo, 1947;
Bada che ti mangio, 1949).
Nel cinema
T. debuttò nel 1937 in
Fermo con le mani, film
diretto da G. Zambuto, cui seguirono
Animali pazzi (1939), di C.L.
Bragaglia, e
San Giovanni decollato (1940), di A. Palermi. Tuttavia il
vero grande successo cinematografico per
T. non arrivò che nel
secondo dopoguerra. Si ricordano:
Il ratto delle Sabine (1945), di M.
Bonnard;
I due orfanelli (1947),
Fifa e arena (1948) e
Totò al giro d'Italia (1948), di M. Mattioli;
Yvonne la
nuit (1949), di G. Amato;
Totò cerca casa (1949), di Steno e
M. Monicelli;
I pompieri di Viggiù (1949), ancora di M. Mattioli;
Totò le Mokò (1949), di C.L. Bragaglia;
L'imperatore di
Capri (1950), di L. Comencini. In altre occasioni poté esprimere,
oltre alla propria innata
vis comica, una profonda drammaticità
interpretativa. È il caso di:
Guardie e ladri (1951), di Steno e
M. Monicelli;
Dov'è la libertà? (1954), di R. Rossellini;
Il guappo (1954), episodio di
L'oro di Napoli, di V. De Sica;
I
soliti ignoti (1958), di M. Monicelli;
I due colonnelli (1962), di
Steno;
Il comandante (1964), di P. Heusch;
Uccellacci e uccellini
(1966), di P.P. Pasolini. Fu altresì autore di canzoni (si ricorda
Malafemmena) e di poesie (raccolte in
`A livella, 1964, e
Dedicate all'amore, postumo, 1977) (Avezzano, Napoli 1898 - Roma
1967).