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Totemismo.

Etn. - Complesso di credenze, pratiche cultuali, usanze sociali, obblighi e divieti, diffuso tra numerose popolazioni e implicante un particolare rapporto di parentela e di protezione reciproca tra un individuo o gruppo di individui e un soggetto naturale (un animale, una pianta, un fenomeno naturale o un oggetto). Le singole forme esistenti di t. sono molteplici, ma possono essere ricondotte a due tipi fondamentali: il t. individuale e il t. di gruppo.T. individuale o nagualismo: consiste nella protezione offerta da un animale a un individuo umano che, in cambio, non uccide e non mangia animali di quella specie. A volte questo rapporto giunge fino a una presunta identità, per cui l'animale diventa l'alter ego dell'uomo, e la morte dell'uno comporta quella dell'altro (V. NAGUALISMO). T. di gruppo o sociale: può essere raggruppato in quattro tipi principali: t. di famiglie o gruppi locali, diffuso tra i popoli dell'Australia e dell'America Settentrionale; t. di clan, praticato dalle popolazioni agricole dell'Africa orientale e equatoriale, dell'India anteriore, dell'America Settentrionale, della Melanesia, della Micronesia e dell'Australia; t. di fratria, inserito in tutto un sistema dualistico in cui le due metà sono in rapporto con le più svariate coppie antitetiche di fenomeni (per esempio, giorno-notte, cielo-terra); t. tribale, in cui tutta la tribù ha un unico totem. Quest'ultima forma di t. ha diffusione molto limitata e costituisce, molto probabilmente, uno sviluppo secondario del t. di clan. • Encicl. - Il problema storico del t. è di particolare complessità: con questo termine vengono infatti designati fenomeni, rituali, usi sociali assai diversi gli uni dagli altri sia come manifestazione sia come implicazioni socio-morali. Il fatto è che molto spesso il fenomeno fondamentale del rapporto uomo-animale (o pianta, ecc.) si presenta accompagnato da determinati elementi; tuttavia, dal momento che ciò non si verifica regolarmente, diventa molto difficile stabilire se essi, o quali di essi, appartengano organicamente al t. (nel qual caso la loro eventuale mancanza potrebbe essere concepita come l'esito di un processo di graduale impoverimento o disintegrazione), e quali invece subentrino secondariamente, derivando da altri sistemi culturali. Così, per esempio, nella maggior parte dei casi, il rapporto di protezione reciproca tra uomo o gruppo e totem si manifesta anche nell'assunzione del nome del secondo da parte del primo: il totem funge pertanto da emblema. Il t. è quasi sempre accompagnato da qualche sistema di tabù: così, l'uomo ha il divieto di uccidere e di mangiare il proprio totem (animale o pianta). Un altro tabù di importanza fondamentale è quello riguardante i matrimoni all'interno del gruppo totemico; fino a non molto tempo fa si riteneva che questa norma costituisse un elemento essenziale del t. e, addirittura, che t. di gruppo ed esogamia fossero due diverse manifestazioni del medesimo fenomeno; in realtà, invece, il t. non implica necessariamente l'esogamia. Un'altra regola generalmente vigente nel t. riguarda la trasmissione ereditaria del totem, che avviene o sulla linea paterna o su quella materna. Al livello mitologico, il t. elabora cicli di racconti sacri sull'antenato totemico, che di solito racchiude in sé sia la natura umana sia quella divina dell'animale-totem; secondo i miti, il gruppo umano e la specie animale tra cui esiste un rapporto totemico hanno un antenato comune; in altri casi, invece, si presuppone l'esistenza di un antenato interamente umano, che era legato da amicizia all'antenato della specie animale. Il particolare fenomeno cultuale designato con il termine di t. venne descritto per la prima volta nel 1791 dall'inglese J. Long, che lo interpretò come una forma di religione tipica degli Algonchini del Canada, e in particolare dei Chippewa. Le prime formulazioni teoriche compiute del t. fecero la loro comparsa nell'ultimo terzo del XIX sec.: in particolare, H. Spencer lo risolse nel culto degli antenati e J.G. Frazer ne rintracciò le radici nel concetto animistico dell'“anima esterna”, per poi individuarne l'essenza. In linee generali, gli etnologi evoluzionisti vedevano nel t. un fenomeno di carattere universale, corrispondente a una tappa ben determinata del progresso culturale dell'umanità; per E. Durkheim e la scuola sociologica francese esso diventò addirittura la religione originaria dell'uomo, incentrata sulla venerazione di un totem comune da parte del gruppo. Un'ulteriore interpretazione del t. fu formulata da S. Freud e dalla sua scuola, che spiegarono il fenomeno alla luce del complesso edipico, identificando nell'animale-totem la figura paterna. All'inizio del XX sec., con il declino degli schemi evoluzionistici, si cominciò a mettere in dubbio l'origine unica di tutti i fenomeni contemplati dal concetto stesso di t. e, soprattutto, a negare la sua universalità. Servendosi del criterio storico, gli studiosi di inizio secolo giunsero alla conclusione che il t. non costituisce un tratto tipico delle civiltà etnologicamente più antiche: pur essendo caratteristico anche di civiltà preagricole, esso è infatti assente dall'ideologia delle più primitive popolazioni di cacciatori e raccoglitori. La scuola storico-culturale (F. Graebner, W. Schmidt e seguaci) cercò di collocare il t. all'interno di un particolare ciclo culturale (detto patriarcale-totemistico), caratterizzato da un dato insieme di tratti culturali, quali la pratica avanzata della caccia, l'impiego di armi bianche, le classi d'età, il culto del sole, lo sviluppo dell'artigianato, ecc. Ricerche successive provarono tuttavia l'esistenza di questi caratteri culturali anche in totale assenza di credenze totemistiche. Dalla rassegna delle posizioni prese in esame emerge il carattere sfuggente del fenomeno e, di conseguenza, la difficoltà di fornirne una definizione esaustiva. Nel 1962 C. Lévi-Strauss dimostrò come l'intera categoria del t. fosse una proiezione degli etnologi sui materiali non europei elaborata, scaturita dalla mancata comprensione della natura sistematica e classificatoria delle pratiche totemiche. Considerato in questa prospettiva, il t. diventa una particolare modalità di organizzazione e manipolazione logico-simbolica del mondo.