Città del Piemonte, capoluogo di regione e
della provincia omonima; è situata a 239 m s/m., alla confluenza della
Doria Riparia nel Po, alla sinistra di quest'ultimo, all'interno di un'area
alluvionale compresa tra l'anfiteatro morenico di Rivoli e una serie di rilievi
collinari, tra cui spicca la collina di Superga, a Est. 907.615 ab. CAP 10100.
• Econ. -
T., secondo centro industriale italiano dopo Milano,
è il capoluogo di un notevole distretto meccanico e tessile; alla
città fa capo un'estesa conurbazione industriale. Sin dagli inizi
dell'industrializzazione il settore metalmeccanico ha avuto, a
T.,
un'importanza fondamentale, con particolare riferimento all'industria
automobilistica. L'economia torinese è, infatti, dominata dall'enorme
complesso della FIAT (V.), la più grande
industria automobilistica italiana. Essa, che può contare su diversi
stabilimenti nel distretto torinese, è impegnata in una vasta produzione
che comprende automobili, aeroplani, automotrici, autoveicoli industriali,
trattori, motori per navi e aerei e altri macchinari di vario genere. Numerose
sono le industrie sussidiarie del colosso automobilistico, come quelle che si
occupano della carrozzeria (Pininfarina, Ghia, Bertone, Viberti, e altre) e le
industrie di pneumatici (Michelin, CEAT). Per capire l'importanza della FIAT
nella vita economica e sociale di
T. basta pensare che agli inizi degli
anni Sessanta gli operai non specializzati occupati alla FIAT rappresentavano
oltre il 60% dei lavoratori torinesi.
T. è una città di
natura eminentemente industriale; infatti, nonostante la forte crescita della
percentuale di addetti al terziario nella provincia (dal 22% del 1961 al 53% del
1991), il ruolo di questo settore nell'economia torinese resta notevolmente
inferiore rispetto a quanto avviene nelle altre principali aree urbane italiane.
Il terziario a
T. presenta, inoltre, un numero di addetti ai servizi per
ramo e un indice di specializzazione notevolmente inferiori rispetto a Milano.
Il settore metalmeccanico abbraccia il 54% delle imprese; altri settori di
rilievo sono quello elettrico ed elettronico, della gomma e della plastica, dei
macchinari, tessile, cartotecnico, siderurgico e metallurgico, chimico,
conciario, alimentare e dolciario, delle distillerie e delle industrie
enologiche con prodotti di fama mondiale (Carpano, Cinzano, Gancia, ecc.),
grafico ed editoriale (in quest'ambito spiccano le case editrici UTET, Einaudi,
Paravia, Sei, e i quotidiani “La Stampa” e
“Tuttosport”)
. Nel tracciare un quadro degli sviluppi recenti
dell'economia torinese non si può prescindere dalla crisi che ha colpito
la FIAT negli anni Ottanta-Novanta, propagandosi a tutto l'indotto e provocando,
unitamente ai processi di ristrutturazione che hanno interessato diversi settori
industriali, gravi conseguenze sull'occupazione. Questo stato di cose ha
sensibilmente agevolato il mercato del “lavoro nero”, in cui sono
confluiti anche gli immigrati, provenienti in gran numero dalle realtà
più povere dell'Africa e dell'America Latina. Il processo di
differenziazione e modernizzazione dell'economia torinese, comunque, continua e
si muove lungo le direttrici dell'innovazione tecnologica (soprattutto nel
settore dell'elettronica e della robotica), dell'incremento del terziario
“relazionale” e del turismo culturale: significative, per questi due
campi, le manifestazioni ospitate dal Lingotto (un tempo stabilimento FIAT),
come il Salone dell'Automobile e il Salone del Libro. A
T. hanno sede
anche importanti enti internazionali, quali il BIT (Bureau International du
Travail), impegnato nella formazione dei quadri dirigenti dei Paesi in via di
sviluppo e dell'European Training Foundation, un organismo dell'Unione europea
che si propone di formare dirigenti e manager provenienti dall'Europa orientale.
Per una città dell'importanza economica di
T. grande rilievo
assumono le comunicazioni; il capoluogo piemontese costituisce, in effetti, un
notevole nodo delle comunicazioni nazionali, con collegamenti autostradali per
Milano, Aosta, Savona, Alessandria e Piacenza, e internazionali (linea
ferroviaria per Modane e Parigi).
T. partecipa, insieme con Milano,
Genova e Trieste, al progetto per la costruzione di una linea ferroviaria ad
alta velocità. Dal 1995 è attivo il nuovo scalo aeroportuale di
Caselle, con collegamenti sempre più numerosi. • St. - La
città venne fondata come colonia militare, col nome di
Augusta
Taurinorum, dai veterani di Ottaviano, successivamente alla battaglia di
Azio, nel territorio dei Taurini, forse sul luogo in cui sorgeva la loro antica
capitale
Taurasia. La nuova città assunse in breve tempo un ruolo
importante come punto di partenza della via che conduceva alla Gallia,
attraverso la valle della
Duria e le
Alpes Cottiae, e di quella
che giungeva a
Ticinum (l'odierna Pavia) e a Placentia. San Massimo
è il primo vescovo della città di cui venga fatta menzione
(intorno al 415). Nel periodo compreso tra il V e il VI sec., in cui si
verificò la scomparsa o la decadenza di tutte le città subalpine,
la posizione geografica favorevole consentì a
T. di mantenere la
sua importanza; particolare rilievo aveva la sua diocesi, che abbracciava le
valli del Po, della Dora Riparia, del Tanaro, della Stura di Cuneo. Verso il 570
T. fu assoggettata dai Longobardi, che ben presto la resero sede di un
esteso ducato, destinato a un ruolo strategico cruciale in funzione antifranca.
Il duca di
T. più celebre, e il primo storicamente accertato, fu
Agilulfo (589); egli, infatti, dopo la morte del re longobardo Autari (590), si
impossessò del Regno e sposò la regina Teodolinda, vedova del
sovrano scomparso. Tra gli altri duchi di
T. si ricordano Arioaldo (dal
590 circa), Garibaldo (660), Raginperto (671). Sotto la dominazione dei Franchi
T. divenne il centro di una contea di vaste dimensioni, i cui confini
giungevano fino alle pendici del Gran Paradiso e del Moncenisio. Nell'892 il
limitrofo marchesato di Ivrea assorbì nel suo territorio la contea di
T., conservandola per alcuni decenni. Intorno al 940 il re Ugo
nominò conte di
T. Arduino Glabrione, che inaugurò una
dinastia (quella degli Arduinici) destinata a governare la città per un
secolo e mezzo. Sotto questa dinastia fu costituita la nuova marca di
T.,
che in breve (1014) incorporò la stessa marca di Ivrea; per la
città di
T. incominciò un periodo di grande
prosperità, che culminò con il marchese Olderico Manfredi. Dopo la
dissoluzione della marca, alla fine dell'XI sec., nella città assunsero
il potere il vescovo e i visconti; su
T., però, si concentravano
le opposte mire dell'Impero e del casato sabaudo. Umberto II di Savoia, infatti,
rivendicando diritti di successione sui territori dell'antica marca, si
investì del titolo di conte e di marchese di
T., ma il suo
tentativo di occupare la città fu vanificato verosimilmente
dall'opposizione dell'Impero, che temeva il rafforzarsi del controllo sabaudo
sui valichi alpini. La volontà dei Torinesi di opporsi a entrambi i
contendenti non riuscì a evitare l'occupazione della città, nel
1130, da parte di Amedeo III. Nel 1136, però, la città si
liberò del conte sabaudo, grazie al sostegno di Lotario II di
Supplimburgo, che riconobbe a
T. gli Statuti comunali, sotto la
protezione imperiale. L'autorità del vescovo costituiva, tuttavia, un
limite, in questo periodo, per l'autonomia della città; nel 1159,
infatti, il vescovo si vide riconosciuta dall'imperatore Federico Barbarossa la
signoria comitale su
T. e il suo territorio. Nel 1171 i consoli,
precedentemente alla guida del Comune, furono sostituiti dai podestà,
affiancati intorno al 1190 da un vicario imperiale (accettato dalla
città, in funzione antisabauda), Tommaso d'Annone; costui assunse il
titolo di podestà imperiale e ridimensionò sensibilmente
l'autorità episcopale. I Savoia, intanto, erano tornati a farsi
minacciosi con Tommaso I; la contesa tra
T. e il ducato sabaudo, dopo
diverse vicende (tra cui la spartizione dei domini sabaudi da parte di Amedeo
IV, nel 1233, e l'assegnazione del Piemonte al fratello Tommaso II)
sembrò comporsi nel 1235, con la conclusione di un trattato perpetuo di
pace e amicizia. In seguito alla battaglia di Cortenuova (1237),
T. fu
sottoposta, per volontà di Federico II, al governo di un capitano
imperiale. Nel 1248 Federico stesso, allo scopo di guadagnarsi il favore dei
Savoia, assegnò la città in feudo a Tommaso II; costui
occupò
T. nel 1251 e dovette presto affrontare una lunga lotta per
difenderla da Asti, Chieri e Moncalieri. Dopo la sconfitta subita a Montebruno,
nei pressi di Moncalieri, nel 1255, il sabaudo perse i suoi diritti su
T., che ritornò libero Comune, ma subordinato al Comune di Asti.
Nel 1270
T. fu conquistata da Carlo d'Angiò, nel 1276 da Guglielmo
VII, marchese di Monferrato, il quale, però, nel 1280 dovette lasciare la
città a Tommaso II di Savoia. Il casato sabaudo riconobbe alla
città una certa autonomia. Nel 1285 i possedimenti italiani dei Savoia a
Sud di Rivoli furono assegnati come feudo della contea di Savoia da Amedeo V al
nipote Filippo. Costui, preso possesso della città nel 1295,
fissò, tuttavia, la sua residenza a Pinerolo, consentendo alla
città possibilità di autonomia. Amedeo VI di Savoia,
neutralizzò il tentativo di Giacomo di Savoia-Acaia di formare, con i
feudi subalpini, un piccolo Stato indipendente dalla contea sabauda e
occupò
T., ratificando gli Statuti comunali, ma abolendone gli
aspetti di maggiore autonomia (1360). In seguito, Amedeo VI, stabilendo forti
legami di dipendenza e vassallaggio, riconsegnò la città e tutto
il territorio subalpino a Giacomo di Savoia-Acaia. Alla morte di costui, Amedeo
VI assunse la reggenza per i due figli minorenni, ponendo le premesse per la
successiva unificazione dei territori sabaudi. Nel 1404, il principe Ludovico,
ultimo rappresentante della stirpe Savoia-Acaia, fondò, con una bolla
dell'antipapa avignonese Benedetto XIII, l'università di
T.
Estintosi il ramo Savoia-Acaia nel 1418, il duca di Savoia Amedeo VIII il
Pacifico riunì i domini del casato sabaudo e fece di
T. il centro
dei possedimenti subalpini del ducato, istituendovi successivamente uno speciale
Consiglio ducale (detto “di qua dai Monti”). Nel 1459 fu collocato a
T. anche il supremo Consiglio di giustizia; da questo momento la
città, già importante base militare e centro dell'attività
diplomatica e politica dello Stato sabaudo, divenne, di fatto, la capitale del
ducato. Nel 1536, nell'ambito del conflitto franco-asburgico,
T. venne
occupata dai Francesi di Francesco I, che circondarono la città di un
consistente sistema di fortificazioni, volendone fare la loro roccaforte in
Italia. Il Trattato di Blois (1562) consentì a Emanuele Filiberto di
entrare a
T. all'inizio dell'anno successivo. Il duca sabaudo
fissò definitivamente la capitale nella città piemontese (a
scapito di Chambéry), che dotò di una cittadella sul fianco
occidentale. Egli, inoltre, fece ristabilire l'università e radunò
a
T. tutti gli organismi di Governo; la politica di rafforzamento
dell'apparato statale, perseguita dal duca, comportò, tuttavia, per la
città la perdita di molte prerogative municipali che i Francesi avevano,
invece, rispettato e in parte favorito. Nel periodo successivo
T. fu
arricchita di monumenti e palazzi e fece registrare un considerevole incremento
demografico. Dopo la morte di Vittorio Amedeo I (1637), la vedova Cristina
assunse la reggenza per il giovane Carlo Emanuele II, appoggiata dalla Francia;
i suoi diritti erano, però, impugnati dai cognati, il cardinale Maurizio
e il principe Tommaso di Carignano, sostenuti dalla Spagna. La lotta tra le due
parti culminò nel 1640 con l'assedio di
T. da parte dei Francesi.
La città, espugnata dalle forze d'oltralpe, fu riconsegnata alla
reggente, ma, di fatto, per tutto il Regno di Carlo Emanuele II (1638-75)
restò sotto il controllo della Francia, entrata in possesso di Pinerolo
col Trattato di Cherasco (1631). Vittorio Amedeo II, salito al potere nel 1675,
fu impegnato, con il sostegno della popolazione, nella difesa della città
dai tentativi di conquista di Luigi XIV, che sfociarono nel drammatico assedio
del 1706 (V. OLTRE). Nel corso del Settecento, a
T., divenuta nel 1718 capitale del Regno di Sardegna, ebbero grande
rigoglio le attività economiche e culturali. Occupata dai Francesi nel
1798, la città divenne capoluogo del dipartimento dell'Eridano; nel
maggio 1799 venne conquistata dalle forze austro-russe del maresciallo Suvorov e
restituita ai Savoia, ma l'anno successivo ritornò nuovamente in mano
alla Francia. Divenuta, con tutto il Piemonte, parte dell'Impero napoleonico,
T. fu capoluogo della 27
a divisione militare. Restituita al
casato sabaudo dal Congresso di Vienna (1815), la città, forte delle
attività degli arsenali e delle nuove industrie, attirò
consistenti flussi migratori dalle altre province. L'approssimarsi
dell'unificazione italiana convogliò su
T. l'emigrazione politica
da ogni parte d'Italia e fece della città il centro della causa
nazionale; dal 1861 al 1865 la città fu capitale del nuovo Stato
italiano. Il successivo trasferimento della capitale (accolto a
T. con
tumulti di piazza) provocò, oltre alla perdita di prestigio politico, un
sensibile decremento demografico. Superata la crisi,
T. intraprese un
notevole sviluppo industriale (sancito dalle grandi esposizioni industriali del
1884, del 1898, del 1911), cui si accompagnò un intenso incremento
demografico; la città si avviò così ad assumere un ruolo di
primo piano nella vita economica italiana. ║
Assedio di T.: assedio
posto dai Francesi alla città piemontese durante la guerra di Successione
spagnola, il 13 maggio 1706. Fin dall'ottobre 1705 truppe francesi e spagnole
avevano cominciato a circondare la città. Prima che l'assedio divenisse
completo, Vittorio Amedeo II lasciò
T., affidando il comando della
piazza al generale W.P. Daun e quello dell'artiglieria al generale G.M. Solaro
della Margherita. La città, ben dotata di fortificazioni, oppose
un'accanita resistenza, e dopo tre mesi i Francesi, nonostante la
superiorità in uomini e in armi e le forte perdite subite, non erano
ancora riusciti a prevalere. In questo quadro si segnalò, il 29 agosto,
l'eroica vicenda di Pietro Micca (V. MICCA,
PIETRO). Il 7 settembre le truppe imperiali, comandate dal principe
Eugenio di Savoia e provenienti da Est, si congiunsero con le forze piemontesi,
capeggiate da Vittorio Amedeo II, per attaccare insieme l'esercito
franco-ispanico. Il sopraggiungere all'uscita della città delle milizie
guidate da Daun strinse tra due fuochi le truppe degli assedianti, che si
diedero alla fuga in direzione di Pinerolo, subendo gravi perdite. Vittorio
Amedeo e Eugenio di Savoia entrarono nella città, ormai libera. La
battaglia di
T., unitamente a quella di Ramillies del 23 maggio,
rappresentò un punto di svolta importante nelle vicende della guerra di
Successione spagnola. ║
Pace di T.:
fu sottoscritta, a
conclusione della guerra di Chioggia, l'8 agosto 1381 nel castello di Porta
Fibellona (poi palazzo Madama), con l'arbitrato di Amedeo VI, tra i
rappresentanti di Genova, Venezia, del signore di Padova, del patriarca di
Aquileia, del re di Ungheria. L'accordo, che contemplava anche lo scambio di
prigionieri senza riscatto, comportava, da parte di Genova e Venezia, la
rinuncia a navigare per due anni alla Tana e la cessione dell'Isola di Tenedo
(presso l'imbocco dei Dardanelli), al conte di Savoia, cui spettava la
demolizione della fortezza. Venezia, inoltre, riconosceva il possesso della
Dalmazia e restituiva Cattaro al re d'Ungheria, che rinunciava, a sua volta,
dietro pagamento di settemila ducati annui, al diritto di libera navigazione
dalla punta dell'Istria a Rimini. La pace prevedeva, altresì, per la
Serenissima (che riguardo all'Istria si rimetteva al papa) la cessione di
Trieste al patriarca di Aquileia. L'insieme degli accordi, di fatto, rafforzava
Venezia a scapito di Genova. ║
Trattati di T.: nella città
furono stipulati vari trattati tra il XV e il XIX sec. Il
trattato del 2
dicembre 1427 fu sottoscritto da Filippo Maria Visconti e Amedeo VII di
Savoia. Al duca sabaudo, fu concessa la contea di Vercelli, in cambio della sua
rinuncia a entrare nello schieramento antivisconteo. Il
trattato del 26
agosto 1696,
punto d'arrivo di prolungati negoziati segreti, avviati
già all'indomani della battaglia di Staffarda (agosto 1690), fu stipulato
tra la Francia e il ducato sabaudo, e comportò la cessione di Pinerolo a
Vittorio Amedeo II di Savoia e l'alleanza del ducato sabaudo con la Francia, in
funzione antiasburgica. L'accordo prevedeva anche il matrimonio (avvenuto l'anno
seguente) tra Maria Adelaide, primogenita di Vittorio Amedeo, e Luigi, duca di
Borgogna, figlio del Delfino di Francia. Il
trattato del 6 aprile 1701
stabilì l'alleanza di Vittorio Amedeo II con la Francia, opposta
all'Austria nella guerra di Successione spagnola. Tale alleanza fu rovesciata
dal
trattato dell'8 novembre 1703, sottoscritto dal ducato sabaudo e
dall'Impero. A Vittorio Amedeo II, che si impegnava a passare dalla parte
imperiale, venivano concesse Alessandria, Valenza, la Lomellina, la Valsesia e i
feudi delle Langhe. Alcuni articoli segreti promettevano allo Stato sabaudo
l'acquisizione del Vigevanasco, di alcune parti del Novarese e di altri
territori, eventualmente conquistati, nel Delfinato e nella Provenza. Il
trattato fu successivamente ratificato da un accordo tra Savoia e Gran Bretagna.
Il trattato del 26 settembre 1733 fu sottoscritto dai rappresentanti di
Luigi XIV e di Carlo Emanuele III e definì l'alleanza franco-sabauda in
funzione antiaustriaca, nell'ambito della guerra di Successione polacca. Il re
di Sardegna otteneva il comando delle truppe franco-piemontesi in Italia e
l'autorizzazione ad annettersi il Milanese (con investitura imperiale) in caso
di conquista. Clausole segrete del trattato escludevano, inoltre, l'Austria
anche dallo Stato dei Presidi e dal Regno delle Due Sicilie, da destinarsi a
Carlo di Borbone duca di Parma. La successiva conclusione tra Francia e Spagna
del Trattato di Madrid (7 novembre 1733), meno favorevole al Regno sabaudo,
suggerì a Carlo Emanuele III un riavvicinamento alla Gran Bretagna. Il
trattato del 7 aprile 1797 fu stipulato tra la Francia e il Regno di
Sardegna, in funzione austriaca, e prevedeva il reciproco rispetto dei
territori. Questo accordo rimase inattuato, in quanto poco tempo dopo la Francia
concluse con l'Austria la Pace di Campoformio e, l'anno seguente, annesse
addirittura il territorio piemontese. Il
trattato del 26 gennaio 1855,
sottoscritto da Regno di Sardegna, Francia e Gran Bretagna, definì le
modalità di partecipazione dello Stato sabaudo (cui fu garantita
l'integrità territoriale) alla guerra di Crimea. Il
trattato del 18
gennaio 1859, concluso segretamente tra la Francia e il Regno di Sardegna
perfezionò precedenti accordi, stabilendo, in prospettiva della seconda
guerra d'Indipendenza italiana, una convenzione militare tra i rispettivi Stati
Maggiori. Il trattato comprendeva, inoltre, l'accordo per le nozze di Maria
Clotilde di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele II con il principe Gerolamo. Il
trattato del 24 marzo 1860, stipulato tra la Francia e lo Stato sabaudo,
ratificò un precedente accordo segreto che aveva stabilito la cessione
alla Francia della Savoia e di Nizza. Il trattato suscitò l'avversione di
G. Garibaldi. ║
Marca di T.: fu creata intorno alla metà del
X sec.; primo marchese fu Arduino Glabrione, in precedenza conte di
T.,
riconosciuto in questo nuovo ruolo da Berengario, marchese d'Ivrea, e re
d'Italia, dal 950. Limitata inizialmente ai territori di
T. e di Auriate
(Cuneo), allargò successivamente i suoi confini ad Alba, Albenga, Asti,
Bredulo (Mondovì), Ventimiglia, Susa. Dopo la morte di Arduino Glabrione,
diventarono marchesi di
T. Manfredi I (975-1001) e Olderico Manfredi
(1001-1034). Morto anche il figlio di Olderico, nel 1035 l'imperatore Corrado II
il Salico attribuì la marca al proprio figliastro Ermanno, duca di
Svevia; quest'ultimo si unì in matrimonio con Adelaide, primogenita di
Olderico Manfredi. Adelaide, morto Ermanno nel 1038, mantenne di fatto il
governo dei territori e si risposò, nel 1042, con Enrico del Monferrato
e, nel 1046, con Oddone di Savoia, che ricevette l'investitura della marca
dall'imperatore Enrico III, nel 1048. Successori di Oddone furono i figli Pietro
e Amedeo e, in seguito, Federico di Montbéliard, marito di Agnese, figlia
di Pietro. Dopo la morte di Adelaide e del marchese Federico, avvenute nel 1091,
l'imperatore Enrico IV tentò inutilmente di occupare la marca, che si
divise tra i diversi eredi di Adelaide: i conti di Savoia, i marchesi del
Monferrato, i Delfini di Grenoble. • Urban. -
T. conserva il
caratteristico reticolato viario risalente all'età di Augusto, sul quale
si sono innestati tre successivi cambiamenti, tra il XVI e il XVIII sec.; il
primo ampliamento fu progettato dall'ingegnere ducale Carlo di Castellamonte,
per volere di Carlo Emanuele I, e comportò l'edificazione di dieci nuovi
isolati a Sud e l'ideazione della piazza Reale, oggi piazza San Carlo. Un
secondo ampliamento affidato, nel Seicento, da Carlo Emanuele II a Amedeo di
Castellamonte, portò all'apertura e alla costruzione di via Po. Nel 1714
F. Juvara fu incaricato da Vittorio Amedeo II di progettare un terzo
ampliamento, che fu condotto in direzione Ovest (Porta Susina e l'attuale Porta
Palazzo). Una svolta traumatica nel tessuto urbanistico di
T. si ebbe, a
partire dalla fine del XIX sec., con l'inizio del processo di
industrializzazione e la formazione di un proletariato urbano; si passò,
infatti, alla creazione dei primi quartieri operai. Tra Ottocento e Novecento,
comunque, lo sviluppo urbanistico comportò anche la formazione di nuove
arterie, viali alberati e zone verdi, come il parco del Valentino. Molto
importante fu, nella seconda metà del Novecento, la creazione dell'area
metropolitana torinese. Il nuovo piano regolatore, approvato nel 1995, è
incentrato in modo particolare sulla ristrutturazione dei grandi spazi urbani
liberi, costituiti prevalentemente da aree industriali dismesse. ║
T.
2006: ventesima edizione dei Giochi Olimpici invernali disputati nel capoluogo
piemontese e in alcune località limitrofe (Bardonecchia, Cesana, Claviere,
Pinerolo, Pragelato, San Sicario, Sauze d'Oulx , Sestriere, Torre Pellice) dal 10
e il 26 febbraio 2006. • Arte -
T. conserva ancora qualche
testimonianza dell'età romana, di cui
rimane, peraltro, la struttura ortogonale dell'impianto urbanistico. Di
particolare importanza è la porta superstite, l'imponente porta Palatina
(collocata a Nord), cui si affiancano due torri poligonali. Sopra ai quattro
fornici della torre vi sono due fila di nove finestre, corrispondenti con il
cammino di ronda delle mura. All'interno del complesso di palazzo Madama si
trovano le torri della porta Praetoria, situata a Est. Sono visibili, inoltre,
le fondamenta di una torre angolare (via della Consolata) e i resti del teatro
(via XX Settembre). Non si esclude, d'altro canto, che il duomo sia stato
edificato sopra l'antico
Capitolium. Unica testimonianza dell'arte
romanica è il campanile di Sant'Andrea (attualmente della Consolata);
l'architettura gotica, a sua volta, è limitata alla chiesa di San
Domenico (che contiene affreschi trecenteschi) e alla facciata posteriore di
palazzo Madama, un antico castello dei secc. XIII-XIV, completato nel
Quattrocento. L'arte rinascimentale si manifesta nel duomo, una chiesa ampia,
costruita alla fine del XV sec., in forme toscane, semplici, sul sito di tre
basiliche paleocristiane, a opera di Meo del Caprino. Nella scultura e nella
pittura prevalse, invece, la forma lombarda. A Francesco Paciotto si deve la
costruzione, nel 1564, della nuova cittadella voluta da Emanuele Filiberto,
della quale rimane soltanto un mastio. Nel 1577 fu edificata la chiesa dei Santi
Martiri, opera di P. Tibaldi, successivamente arricchita. All'età di
Carlo Emanuele I risale, invece, il progetto della piazza Castello (1584),
dovuto ad Augusto Vittozzi, che produsse il modello per le facciate degli
edifici, in modo da consentire un allineamento uniforme. Tra gli edifici eretti
da Vittozzi, vi sono la chiesa di Santa Maria del Monte o dei Cappuccini, con
pianta a croce greca, e quella della Santa Trinità. L'opera
d'impostazione urbanistica di Vittozzi fu continuata da Carlo di Castellamonte,
che prolungò la via Nuova oltre piazza San Carlo, da lui stesso
progettata nel 1637. Proprio la piazza, circondata da portici e da case, in un
insieme armonico, assunse un ruolo fondamentale nel nuovo assetto urbano di
T. Ad Amedeo di Castellamonte, figlio di Carlo, si devono, invece,
all'epoca di Carlo Emanuele II, il progetto di via Po, numerose chiese e
palazzi, il palazzo reale (1658), di cui si apprezza la facciata semplice e
monumentale a un tempo, e il castello del Valentino (1633-38), per cui si
ispirò a modelli francesi. A F. Lanfranchi si devono il palazzo di
Città e la chiesa della Visitazione. Nella prima metà del Seicento
furono attivi a
T. anche architetti quali Andrea Costaguta e Maurizio
Valperga, e pittori come Tanzio da Varallo, il Moncalvo, il Morazzone,
nonché stuccatori e decoratori di valore. In seguito, una nuova epoca
nell'arte torinese fu segnata da G. Guarini e F. Juvara. Insigni realizzazioni
di Guarini furono la cappella della Sacra Sindone (1668; l'edificio ha subito
gravi danni nel 1997, a causa di un incendio), in cui si apprezza la cupola
conica a sei ordini di archi sovrapposti, la chiesa di San Lorenzo, il palazzo
Carignano (1678), il collegio dei Nobili (attualmente Accademia delle Scienze),
la chiesa di San Filippo Neri, successivamente ricostruita da F. Juvara.
Quest'ultimo fu l'esecutore delle grandi iniziative in campo edilizio di
Vittorio Amedeo II; a lui si devono, tra le varie opere, il completamento delle
costruzioni di Venaria Reale, la sistemazione della zona nord-occidentale della
città (in cui spiccano i “quartieri militari”, 1728), i
palazzi Martini di Cigala, Birago di Borgaro, la facciata occidentale e lo
scalone interno di palazzo Madama, le chiese del Carmine e di Santa Croce, la
facciata di Santa Cristina, nonché la basilica di Superga e la palazzina
di caccia di Stupinigi, nelle vicinanze della città. Tra i continuatori
dell'arte di Juvara figurano Bernardo Vittone e Benedetto Alfieri; quest'ultimo
si occupò, tra l'altro, dell'ampliamento del palazzo di Città,
della costruzione del teatro regio, di cui rimane soltanto la facciata
originale, e del teatro Carignano, ricostruito verso la fine del XVIII sec.
Piuttosto marginale appare, in confronto alle realizzazioni nell'edilizia, il
contributo delle altre espressioni artistiche nella
T. del Settecento. Un
cenno merita, per l'eleganza dei suoi manufatti, la manifattura di arazzi,
fondata da Carlo Emanuele III e attiva tra il 1737 e il 1795, e tra il 1823 e il
1833. Tra fine Settecento e buona parte dell'Ottocento prevalse a
T. lo
stile neoclassico, di cui è notevole esempio il tempio della Gran Madre
di Dio, realizzato tra il 1818 e il 1831. Nel corso del XIX sec. la città
si ingrandì ulteriormente e diversi monumenti furono collocati nei
giardini e nelle piazze; spicca tra questi il monumento a Emanuele Filiberto
(1838). Nel 1863 A. Antonelli diede inizio alla costruzione della Mole
Antonelliana, edificio che domina la città, di cui è divenuto noto
simbolo. Pochi anni più tardi fu costruita l'elegante stazione di Porta
Nuova. Al tardo Romanticismo ottocentesco si rifà il complesso del
castello e del borgo medioevale di A. D'Andrade. L'esposizione universale del
1902 sancì l'affermazione del Liberty. I primi decenni del Novecento,
molto vivi a
T. sul piano artistico, furono caratterizzati da personaggi
come il pittore F. Casorati e gli architetti razionalisti G. Pagano e G.
Levi-Montalcini. Tra le realizzazioni del secondo dopoguerra, particolare
rilievo assumono gli edifici costruiti da P. Nervi (che ebbe parte anche alla
trasformazione del palazzo della Moda), come il palazzo del Lavoro. Notevoli
sono anche le opere di C. Mollino: la Camera del Commercio (1964-72), il nuovo
teatro regio (1965-73). Degna di menzione è, inoltre, la mostra
Italia
'61 che si tenne in occasione del centenario dell'unificazione italiana.
Importanti sono state anche le operazioni di riutilizzo degli edifici; oltre
all'emblematico stabilimento FIAT-Lingotto, costruito negli anni 1915-21 a opera
di G. Mattè Trucco e ristrutturato da R. Piano tra il 1988 e il 1994, per
essere adibito a centro polifunzionale, si ricorda il secentesco palazzo
Lascaris, ristrutturato nel 1976 per ospitare la sede del Consiglio regionale.
T. può contare su un significativo complesso di istituzioni
artistiche e culturali. L'accademia albertina di belle arti (che ha origine
nella secentesca Compagnia di San Luca) è dotata di una pinacoteca,
dovuta quasi totalmente alla donazione ottocentesca dell'arcivescovo Mossi
Morano Pallavicino. La galleria sabauda, fondata da Carlo Alberto nel 1832 e
successivamente trasferita da palazzo Madama al palazzo dell'Accademia delle
Scienze, si segnala per la cospicua presenza di opere fiamminghe e olandesi.
Nello stesso palazzo, oltre al Museo di antichità (con vari reperti di
età romana e preromana) è ospitato anche il Museo egizio, fra i
principali al mondo nel genere; al primitivo nucleo costituito da una collezione
acquistata da Carlo Felice (1824), si aggiunsero i reperti di scavi effettuati
nel periodo tra le due guerre mondiali. L'armeria reale, sorta per iniziativa di
Carlo Alberto, presenta una collezione di armi e armature fra le prime d'Europa.
Notevoli sono anche la Galleria civica d'arte moderna, il Museo civico d'arte
antica, il Museo nazionale del Risorgimento (ospitato nel palazzo Carignano), il
Museo nazionale dell'automobile, il Museo nazionale d'artiglieria, il Museo del
cinema, il Museo nazionale della montagna Duca degli Abruzzi. Tra le istituzioni
culturali spicca l'università, fondata da Ludovico di Savoia-Acaia nel
1404 e successivamente riformata da Emanuele Filiberto e Vittorio Amedeo II. La
biblioteca nazionale universitaria, sorta per volere di Vittorio Amedeo II (che
la dotò di un suo fondo privato) nel 1723, divenuta nazionale nel 1876,
ha patito ingenti danni a causa di un incendio, nel 1904, e dei bombardamenti
aerei subiti nel corso del secondo conflitto mondiale. Al suo interno sono
custoditi 900.000 volumi, oltre a manoscritti, incunaboli e periodici. Notevole
è anche la biblioteca civica, fondata da Giuseppe Pomba nel 1869, che
può vantare autografi di personaggi come Alessandro Manzoni e Massimo
d'Azeglio. La biblioteca reale (cui è annessa, dal 1953, la biblioteca
militare), creata da Carlo Alberto nel 1837 per riunire tutte le biblioteche
sabaude, contiene opere di particolare pregio, tra cui una collezione di disegni
di autori come Leonardo e Raffaello. Degne di nota sono, inoltre, la biblioteca
dell'Accademia delle Scienze e la biblioteca della Deputazione subalpina di
storia patria. ║
Provincia di T. (6.830 kmq; 2.214.944 ab.):
confina con la Valle d'Aosta a Nord, con la provincia di Vercelli a Nord-Est,
con le province di Alessandria e di Asti a Est e a Sud-Est, con la provincia di
Cuneo a Sud, con la Francia (da cui la separano le Alpi Cozie e Graie) a Ovest.
La provincia di
T. propone una grande varietà di paesaggi; le
montagne occupano oltre la metà del territorio e presentano cime molto
elevate, culminanti nel Gran Paradiso (4.061 m). Le colline si estendono su
un'ampia parte del territorio; quelle del Canavese e di Rivoli hanno origine
glaciale e sono di natura morenica, mentre la collina che circonda il capoluogo
è composta da terreni cenozoici. La pianura si apre nella sezione
orientale della provincia; è più fertile a Sud, mentre a Nord,
lungo la Stura di Lanzo, è formata da brughiere aride. In montagna il
clima è prevalentemente di tipo alpino, rigido d'inverno e fresco
d'estate. Nelle aree pianeggianti, invece, il clima è temperato
continentale e presenta una sensibile escursione termica tra estate e inverno;
frequente, nella stagione invernale, la formazione di nebbie. Le precipitazioni
sono più copiose nella zona alpina, dove è frequente l'innevamento
in inverno. L'idrografia della provincia è incentrata sul Po (che
l'attraversa per un breve tratto) e sui suoi affluenti alpini, quali l'Orco, la
Stura di Lanzo, la Dora Riparia, il Pellice; da segnalare, inoltre, i laghetti
morenici di Avigliana, Candia e Viverone. Nell'economia della provincia, il
settore primario ha importanza soprattutto nella fertile zona di pianura irrigua
ai confini con le province di Asti e Cuneo; alla produzione di ortaggi, cereali,
legumi e foraggi si affianca l'allevamento bovino intensivo. Nelle aree
collinari sono presenti la viticoltura e la frutticoltura. La stessa zona di
pianura irrigua ospita industrie meccaniche, tessili, conciarie. La
concentrazione industriale di maggior peso nell'economia provinciale è,
tuttavia, quella localizzata nei pressi di Ivrea (industrie specializzate in
informatica ed elettroniche, legate alla presenza dell'Olivetti). Nelle aree di
montagna assume particolare rilievo il turismo, con numerosi centri
adeguatamente attrezzati per la pratica degli sport invernali; tra questi
spiccano Bardonecchia, Cesana, Cuorgnè, Sestriere. Sul piano linguistico
e religioso particolare rilievo assumono le “valli valdesi”
(Chisone, Pellice, Germanasca), in cui la maggior parte della popolazione
è bilingue (francofona e italiana) e di religione valdese. Tra i centri
principali della provincia di
T. si ricorderanno Chieri, Ivrea,
Moncalieri, Pinerolo, Rivoli, Settimo Torinese, Susa.
Panorama di Torino
La Mole Antonelliana a Torino (1863-89)