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Tolleranza.

(dal latino tolerantia, der. di tolerare: tollerare, sopportare). L'attitudine a sopportare qualcosa di spiacevole o fastidioso: ho seri problemi di t. per quel farmaco. ║ Atteggiamento di persone che rispettano, pur non condividendole, le idee politiche, morali o religiose degli altri: dar prova di t. nei riguardi di qualcuno. ║ Intervallo di tempo, ulteriore rispetto a una data scadenza, entro il quale è ammessa l'esecuzione di un atto: ti aspetto in piazza alle 12, con una t. di non più di dieci minuti. ║ Casa di t.: espressione utilizzata per indicare quegli edifici ove si esercita in forma organizzata la prostituzione. • Biol. - T. immunitaria: condizione biologica caratterizzata dall'assenza di reazioni immunitarie al contatto con particolari antigeni. • Comm. - T. di calo: percentuale di calo consentita per alcuni tipi di carico in virtù della quale il compratore è obbligato a pagare, al momento dello sbarco, la quantità di merce indicata nella polizza di carico (a condizione che non si siano verificate avarie nel corso del trasporto). ║ T. di quantità: facoltà del venditore di vendere al medesimo prezzo una quantità di merce diversa da quella pattuita (purché entro certi limiti). ║ T. di qualità: facoltà del venditore di vendere, eventualmente anche al medesimo prezzo, una qualità di merce diversa da quella pattuita (purché entro certi limiti). • Dir. - Il fatto che il titolare di un diritto, con un comportamento passivo, acconsenta implicitamente a che altri esercitino tale diritto. • Econ. - T. monetaria: limiti entro cui una moneta metallica può, senza perdere di valore, scostarsi dal peso e dal titolo fissati per legge. ║ T. di conio o di zecca: variazione che deriva da difetti di fabbricazione. ║ T. di logoro o di corso: divergenza nel peso stabilito per legge dovuta all'usura che si determina con la circolazione della moneta. • Filos. - Nella storia delle idee, il termine t. sta a indicare l'assenza di repressione di opinioni ritenute non in linea con una determinata ortodossia. Sebbene già Marsilio da Padova nel Defensor Pacis (1324) sostenesse qualcosa di assai affine al moderno principio di t., allorché asseriva che le Sacre Scritture puntano a convincere gli uomini della loro verità e la fede imposta con la coercizione non procura alcun vantaggio per la salvezza spirituale, l'uso del concetto si affermò non prima del XVI sec. nel corso del dibattito sorto in Europa a seguito del diffondersi della Riforma ed è stato, dunque, da subito associato alla sfera religiosa; la t. si pone, dunque, essenzialmente come t. religiosa. In favore di una politica di t. si pronunciarono varie personalità: così, Erasmo da Rotterdam evidenziò come la t. non fosse altro che un corollario del dovere cristiano di fraternità, il gruppo dei politiques (attivo in Francia nella seconda metà del XVI sec.) difese la supremazia del potere civile su quello religioso e la necessità per il primo di dare spazio a tutte quelle religioni che si dimostrassero fedeli nei confronti degli interessi nazionali, B. Spinoza nel suo Tractatus theologico-politicus (1670) argomentò, sulla scia di Marsilio, contro l'effettiva efficacia della repressione. Il testo fondamentale per l'affermazione del principio della t. resta, però, l'Epistola sulla tolleranza (1692) di J. Locke, in cui il filosofo inglese, distinguendo le diverse competenze di Stato e Chiesa, giunse a sostenere che: 1) qualsiasi Chiesa può scomunicare gli eretici, ma non può causare loro danni al corpo o ai beni di proprietà; 2) nessun individuo può usare violenza nei confronti di un'altra persona per il fatto che questi si professi estraneo alla sua religione; 3) l'autorità ecclesiastica non può pretendere di estendersi alle questioni civili; 4) l'autorità civile, non avendo conoscenza di quale sia la vera fede, deve astenersi da ingerenze sulle questioni religiose, applicando il principio che ciò che è lecito nello Stato non può essere proibito dalla Chiesa e che ciò che è illecito nello Stato non può essere reso ammissibile dalla Chiesa. Con il movimento illuminista il principio di t. ebbe la definitiva affermazione: in questo senso, molto influì l'opera di Voltaire che compose un noto Trattato sulla tolleranza (1763) in occasione della condanna del protestante J. Calas. Il principio della t. religiosa trovò, infine, applicazione nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo pronunciata dall'Assemblea costituente francese nel 1789 e nella Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America nel 1791. Le varie argomentazioni utilizzate per difendere il principio della t. religiosa furono riprese nel XVIII sec. dai pensatori liberali e applicate alla sfera politica per negare la punibilità di quei comportamenti che, pur essendo moralmente riprovevoli, non causano danni ad altre persone; in questo senso, un testo basilare è costituito dal saggio Sulla libertà (1859) di J.S. Mill, che ebbe anche il merito di evidenziare come la persecuzione potesse essere messa in atto non solo dal potere politico, ma anche dalla cosiddetta opinione pubblica sotto forma di pressione sociale. • Med. - In terapia, diminuzione della capacità di un farmaco di avere effetti terapeutici su un dato paziente. • Tecn. - Scarto massimo ammissibile tra valore nominale e valore reale di una grandezza fisica. Tale scarto va previsto in fase di progettazione di tutti i pezzi meccanici, essendo impossibile, anche con tecniche di lavorazione estremamente accurate e precise, una loro realizzazione che riproduca esattamente le misure previste. Si distinguono due tipi di t.: t. dimensionali, che riguardano le dimensioni dei pezzi, e t. geometriche, che concernono la geometria e/o le posizioni relative delle superfici degli organi meccanici. Queste ultime possono, a loro volta, essere suddivise in t. di forma, di orientamento, di posizione e di oscillazione.