Chim. - Elemento chimico di numero atomico 22, peso
atomico 47,86; simbolo:
Ti. Il
t. fonde a 1.670° C, bolle a
3.280° C e ha densità 4,506 g/cm
3. Esiste in natura sotto
forma di cinque isotopi, tutti stabili:
46Ti (7,93%,),
47Ti (7,28%),
48Ti (73,94%),
49Ti (5,51%) e
50Ti (5,34%). Nel sistema periodico degli elementi costituisce il
primo termine del IV gruppo, sottogruppo B, ed è seguito dagli omologhi
superiori zirconio e afnio. Fu scoperto nel 1791 da W. Gregor in una sabbia nera
della Cornovaglia; indipendentemente, nel 1795, il tedesco M.H. Klaproth lo
individuò nel minerale rutilo. Puro, allo stato metallico, fu isolato per
la prima volta nel 1825 da J.J. Berzelius per riduzione del tetracloruro con
sodio; ma solo nel 1910 fu possibile ottenerlo puro in quantità
apprezzabile così da poterne studiare le proprietà. Il
t.
è un elemento molto diffuso nella crosta terrestre, della quale
costituisce lo 0,63%, essendo il nono elemento in ordine di abbondanza. Fra i
metalli di importanza strutturale è meno diffuso solo di alluminio, ferro
e magnesio; è invece molto più diffuso di vari altri metalli quali
rame, zinco, stagno, piombo, nichel, cobalto, cromo, manganese. Anche
nell'universo è un metallo abbondante: si stima che ne esistano 2.440
atomi per ogni milione di atomi di silicio. I suoi principali minerali sono
l'
ilmenite o
titanato di ferro (FeTiO
3), il
rutilo o
ossido di t. (TiO
2), la
perovskite o
titanato di calcio (CaTiO
3) e la
titanite o
sfene
o
sfenite (CaTiSiO
5). ║
Caratteristiche chimiche
e fisiche:
il
t. si presenta come un metallo bianco-argenteo,
molto duro, relativamente leggero e di ottime caratteristiche meccaniche;
presenta inoltre una resistenza alla corrosione che costituisce la sua
più importante proprietà chimica. La conducibilità termica
ed elettrica sono piuttosto basse. Il calore specifico è circa 7,6
cal/mole °C; è superconduttore a temperature inferiori agli 0,5
°K (gradi assoluti) circa. L'elettronegatività nella scala di
Pauling è 1,5. Presenta due forme cristalline: a bassa temperatura
è stabile la forma α, esagonale a stretto impaccamento; sopra gli
882,5 °C è stabile invece la forma β, cubica a corpo centrato.
L'aggiunta di elementi di alligazione sposta il punto di passaggio α/β
verso l'alto o verso il basso; con aggiunte sensibili è possibile
ottenere in condizioni ambiente anche leghe a struttura α + β, o
addirittura a struttura completamente β. In generale le leghe a struttura
α offrono un'elevata resistenza a caldo, ma proprietà meccaniche a
freddo più scadenti di quelle a struttura β; queste ultime
presentano inoltre una buona lavorabilità e saldabilità. Possono
inoltre essere trattate termicamente anche indurendole per precipitazione. Fra
gli elementi che stabilizzano la fase β anche a bassa temperatura citiamo
il ferro, il cromo, il manganese, il molibdeno e il vanadio. Le proprietà
meccaniche sono buone anche a caldo. Il
t. è un elemento
estremamente reattivo; a temperatura ambiente è molto stabile e
resistente alla corrosione dell'aria; ha un'ottima resistenza agli acidi, anche
forti. È aggredito solo da acqua regia, acido cloridrico e acido nitrico
concentrati, acido tricloroacetico, acido fluoridrico, soluzioni calde
concentrate di tricloruro di alluminio e acido fosforico in opportune
condizioni. Non è attaccato dalla miscela solfonitrica (acido nitrico e
acido solforico) utilizzata in certe reazioni di nitrazione. A caldo si scioglie
in acido fluoridrico, in acido cloridrico e in acido fosforico concentrati. A
temperature elevate reagisce con quasi tutti i non-metalli, per esempio
l'idrogeno, gli alogeni, l'ossigeno, il boro, il silicio, lo zolfo. È
l'unico elemento che si combini con grande facilità con l'azoto: lo
assorbe in notevole quantità se allo stato di spugna, mentre se viene
riscaldato allo stato di trucioli brucia in atmosfera di azoto con formazione
del nitruro TiN. Con il carbonio si combina altrettanto facilmente a caldo,
formando il carbonio TiC. ║
Preparazioni e impieghi: il
t.,
per le sue peculiari caratteristiche, negli ultimi decenni si è affermato
come un metallo di grande importanza industriale, utilizzabile tuttavia soltanto
allo stato puro; da qui il costo elevato, dovuto alla complessità dei
processi di lavorazione. Nonostante siano disponibili diversi metodi e siano in
corso approfonditi studi, l'estrazione del
t. comporta notevoli
difficoltà, a causa della sua reattività alle alte temperature e
per il fatto che anche un piccolo contenuto di impurezze può portare
all'ottenimento di un metallo di caratteristiche meccaniche tanto scadenti da
risultare inutilizzabile. Qualsiasi metodo di produzione deve tenere conto della
tendenza di questo metallo ad assorbire gas, particolarmente l'idrogeno,
l'ossigeno e l'azoto, cosa che obbliga a compiere quasi tutte le operazioni
metallurgiche o sotto vuoto o in atmosfera inerte opportuna, ad esempio di argo.
I minerali di partenza sono il rutilo o l'ilmenite. Il primo può essere
passato direttamente all'arricchimento per flottazione o altri mezzi; il secondo
deve invece essere prima trasformato in ossido. Questo si può fare
fondendo l'ilmenite in forno elettrico in ambiente riducente: si ottiene della
ghisa sulla quale galleggia una scoria ricca di
t. come TiO
2;
questa viene separata e trattata come il rutilo. Il processo di produzione di
t. attualmente più in uso e variamente modificato è ancora
quello con cui Berzelius lo preparò per la prima volta, cioè
tramite trasformazione dell'ossido in tetracloruro e successiva riduzione di
questo con un metallo. Vediamo separatamente le due fasi. A)
Preparazione del
cloruro di t.: si parte da rutilo (o ilmenite trasformata in rutilo)
arricchito a circa il 95-98% di TiO
2. La prima operazione è
una brichettatura di questo con coke metallurgico ed eventualmente un po' di
catrame; può essere fatta su forni a nastro tipo Dwight-Lloyd. Le
brichette così preparate vengono caricate in un reattore nel quale
avvengono contemporaneamente la riduzione del rutilo e la trasformazione del
t. in tetracloruro TiCl
4. Il reattore è a tenuta, con
caricamento mediante un'opportuna tramoggia; esso è riscaldato per
effetto Joule facendo passare una corrente attraverso blocchi di carbone posti
sulla parte inferiore, che funzionano da resistenze. Si opera a circa 800
°C; a reazione avviata la temperatura è mantenuta anche grazie
all'esotermicità della reazione che avviene, che si può scrivere
così:
TiO2 + 2C + 2Cl2 →
TiCl4 + 2CO
Come si vede, si ha formazione di tetracloruro di
t. e ossido di
carbonio; entrambi sono gas alla temperatura di lavoro ed escono attraverso un
separatore di polvere a ciclone. Gli altri cloruri di
t. che potrebbero
formarsi, cioè il tricloruro TiCl
3 e il dicloruro
TiCl
2, sono instabili nelle condizioni di lavoro. All'uscita del
separatore di polvere, si trova una torre di condensazione nella quale si ha un
forte raffreddamento dei gas: qui condensa il TiCl
4 che viene in tal
modo separato dal CO. Nonostante questo processo sembri di facile attuazione, vi
sono notevoli difficoltà di ordine pratico. Anzitutto va posta una grande
cura nell'evitare che nel reattore di clorurazione entri dell'umidità: il
tetracloruro di
t. è infatti estremamente aggressivo in presenza
anche di piccole tracce d'acqua. In secondo luogo il rutilo è sempre
impuro per altri metalli, principalmente ferro, silicio, zirconio, magnesio,
ecc.; questi nel reattore vengono pure clorurati, con formazione di numerosi
cloruri o ossicloruri. Questi possono essere distinti in due classi: volatili e
non volatili nelle condizioni di lavoro. In entrambi i casi provocano
inconvenienti. I cloruri volatili, quali FeCl
3, SnCl
2,
SnCl
4, SiCl4, ZrCl
4, AlCl
3, HCl e gli
ossicloruri volatili, quali VOCl, TiOCl e COCl, escono con i gas dal reattore e
nella condensazione si accumulano insieme al tetracloruro di
t. sul fondo
della camera di condensazione, dalla quale si ottiene quindi un prodotto impuro.
I cloruri non volatili nelle condizioni di lavoro, quali ad esempio
FeCl
2, MgCl
2, KCl, NaCl, e CaCl
2, non passano
nei gas, ma si addensano poco alla volta nel reattore, che deve quindi essere
periodicamente messo fuori lavoro, aperto e pulito completamente. Il
tetracloruro di
t. ottenuto per condensazione, come si è detto,
è impuro per molti altri cloruri e ossicloruri, parte in soluzione e
parte in sospensione come polvere fine. Quest'ultima parte può essere
facilmente eliminata a mezzo filtrazione; per separare gli altri si deve invece
ricorrere a una distillazione. Questa non permette l'eliminazione completa
dell'ossicloruro di vanadio VOCl che ha un punto di ebollizione (128 °C)
molto prossimo a quello del TiCl
4; se è presente in
quantità sensibili viene ridotto a mezzo di rame o H
2S ad
altri prodotti facilmente separabili con una nuova distillazione. B)
Riduzione del cloruro di t.: questa operazione può essere condotta
in vari modi, secondo i diversi processi; in tutti i casi è effettuata
con un metallo (calcio, sodio o magnesio) o con idrogeno; questi elementi in
certe condizioni presentano per il cloro un'affinità maggiore del
t., per cui è possibile realizzare una reazione del
tipo:
TiCl4 + 2Mg → 2MgCl2 +
Ti
oppure del tipo:
TiCl4 + 2H2 → Ti +
4HCl
Data la stabilità del TiCl
4, la reazione di
decomposizione diretta:
TiCl4 → Ti +
2Cl2
avviene solo a temperature estremamente elevate, non ottenibili
industrialmente in modo economico. Vediamo brevemente questi metodi di
riduzione. 1)
Riduzione con idrogeno: da un punto di vista termodinamico,
la reazione è difficile e deve condursi a circa 2.000 °C o
più. Sono stati sperimentati diversi metodi per compiere questa
riduzione; il più promettente è la riduzione sopra un bagno di
t. fuso a mezzo di un arco elettrico. 2)
Riduzione con sodio:
questo è il primo metodo utilizzato per produrre il
t. allo stato
metallico, ma è oggi pressoché abbandonato su scala industriale.
L'operazione è compiuta in un reattore mantenuto a temperatura di 820
÷ 850 °C nel quale è posto del sodio in polvere miscelato con
cloruro di potassio. Il tetracloruro immesso nel reattore reagisce col sodio,
che passa a cloruro, mentre il
t. si libera allo stato metallico in forma
di polvere fine. La reazione:
4Na + TiCl4 → Ti + 4NaCl
è molto esotermica; d'altra parte il reattore va termostatato
molto bene nel campo di temperatura sopra detto. Infatti una temperatura
inferiore porterebbe a un rallentamento della reazione perché sul sodio
metallico si formerebbe un velo di NaCl (che fonde ad 800,4 °C); a
temperature più alte si avrebbero altri inconvenienti dovuti
all'evaporazione del sodio metallico (che bolle a 880 °C). Questo problema
ha portato alla sostituzione del sodio con il magnesio nella riduzione. 3)
Riduzione con magnesio: questo è il metodo oggi seguito
pressoché universalmente; è detto
processo Kroll, dal nome
di chi lo mise a punto. Esso offre il vantaggio di utilizzare il magnesio,
relativamente poco costoso, e di consentire un campo abbastanza vasto di lavoro.
Si opera in discontinuo; il reattore è un'autoclave di forma particolare,
a fondo piatto, riscaldabile dall'esterno. Si introducono nel reattore dei pani
di magnesio, posandoli sul fondo; quindi si estrae l'aria e si introduce il
TiCl
4 gassoso, portando nel contempo a fusione il magnesio. Una volta
avviata, la reazione si mantiene da sola in quanto è esotermica; la
temperatura si stabilizza sugli 850 ÷ 950 °C. Verso la fine
dell'operazione si attua un riscaldamento che porta l'interno del reattore a
circa 1.050 °C. A reazione completata, il reattore viene lasciato
raffreddare; in questa fase si immette dell'argo per mantenere tutto in ambiente
inerte. Nel reattore si trova
t. come spugna metallica, impuro di cloruro
di magnesio non reagito, onde occorre effettuare una separazione. Questa
può essere fatta semplicemente per lavaggio con acido cloridrico diluito,
che scioglie sia il cloruro di magnesio sia il magnesio metallico. Una tale
operazione deve essere fatta fuori dal reattore, ma in ambiente assolutamente
privo di aria in quanto la spugna di
t., presentando una grandissima
superficie per unità di peso, ha una tendenza spiccatissima ad assorbire
ossigeno o idrogeno. La reazione di assorbimento di gas è tanto veloce
che non è possibile accorgersi di una piccola infiltrazione d'aria nel
recipiente in cui si trova la spugna di
t. in quanto l'aria scompare
pressoché istantaneamente per assorbimento. Il metodo del lavaggio con
acido cloridrico diluito, oltre a presentare problemi di questo genere e di
termostatazione, produce anche un prodotto con elevato tenore di idrogeno, in
quanto questo gas si genera per reazione dell'acido cloridrico con il magnesio
metallico. Si è recentemente diffusa la tendenza a effettuare la
separazione della spugna di
t. dalle altre sostanze presenti nel reattore
a mezzo di una distillazione sotto vuoto a caldo (950 °C circa).
L'operazione può essere fatta nel reattore stesso; al termine della
riduzione si fa un vuoto spinto (almeno fino a 0,001 mm di mercurio) e si scalda
fino a circa 950 °C per un certo tempo, sempre mantenendo il vuoto, col che
le impurezze volatilizzano completamente e rimane la spugna di
t.
abbastanza pura. Naturalmente il raffreddamento deve essere fatto in ambiente
inerte. Anche queste operazioni necessarie per ottenere la spugna di
t.
sono costose, sia per la loro lunghezza, sia per il costo dei materiali usati
nella reazione o per costruire le attrezzature. La stessa operazione che si
attua col magnesio può essere fatta anche con il calcio; il processo
è identico, ma in quasi tutti i casi si impiega magnesio perché ha
un costo un po' inferiore del calcio. Il magnesio può anche essere
recuperato: il cloruro di magnesio MgCl
2 che distilla nella
purificazione della spugna può essere condensato e sottoposto a
elettrolisi con le tecniche usate per la produzione del magnesio, ottenendo del
cloro che viene utilizzato per la clorurazione e del magnesio che viene usato
per la riduzione. Il processo potrebbe in teoria non comportare alcun consumo di
cloro o di magnesio; in realtà le perdite sono molto forti e si ha
necessità di continui reintegri, che possono essere fatti sotto forma di
cloruro di magnesio aggiunto alla cella di elettrolisi. Come si è visto,
quasi tutti i metodi applicati industrialmente hanno come prodotto una spugna di
t., che non è utilizzabile direttamente. Si ricorre quindi a
un'operazione di fusione ed, eventualmente, di purificazione. La spugna di
t. viene macinata grossolanamente, addizionata, se necessario, di
elementi alliganti o di sfridi di metallo, e compressa in forma di elettrodi da
utilizzare in
forno Haereus a elettrodi consumabili nel quale viene
prodotto metallo in lingotti. Dato che il
t. allo stato fuso presenta
un'estrema aggressività verso tutti i metalli comuni, il crogiolo in cui
si forma il lingotto fuso è costruito in rame, con un'intercapedine in
cui circola acqua di raffreddamento. In tal modo appena il
t. fuso giunge
a contatto con la superficie del crogiolo solidifica quasi istantaneamente e non
riesce ad aggredire il rame. La fusione dell'elettrodo consumabile deve essere
compiuta sotto vuoto; il lingotto che si ottiene ha una purezza del 99,2% circa,
che è insufficiente per molte applicazioni; questo lingotto può
essere di nuovo utilizzato come elettrodo consumabile per una nuova rifusione
sotto vuoto che permette di raggiungere una purezza del 99,8% circa, sufficiente
per la maggior parte degli usi. Per quanto riguarda le lavorazioni, il
t.
presenta diverse difficoltà. La fusione deve sempre essere fatta sotto
vuoto o in atmosfera di argo; la colata deve pure essere fatta con le stesse
precauzioni. Data l'aggressività di questo metallo allo stato fuso,
è anche difficile trovare un materiale per la costruzione della forma; si
utilizza comunemente la grafite, cercando di minimizzare con opportuni
accorgimenti la carburazione della superficie del getto. La saldatura autogena
si può applicare al
t. e alle leghe che lo contengono in tenori
elevati solo in atmosfera protettiva di argo; pure applicabili con accorgimenti
sono la saldatura elettrica per resistenza e la brasatura con leghe d'argento o
con ottoni. La lavorazione all'utensile è difficile per la bassa
conducibilità termica, che fa sì che il truciolo tenda a
incollarsi sul materiale. Si deve operare con forte raffreddamento, con utensili
preferibilmente di carburi sinterizzati e con angoli di taglio prossimi a
90°. Non si hanno invece particolari difficoltà per la lavorazione a
caldo; il
t. può essere laminato, fucinato o estruso a 800 ÷
1.100 °C. La lavorazione plastica a freddo è abbastanza facile: il
t. puro ammette una riduzione di sezione anche superiore al 95% fra due
successive ricotture senza denotare un notevole incrudimento, benché la
duttilità (espressa come allungamento a rottura) diminuisca
sensibilmente. Lo stato normale di impiego è però quello ricotto.
Anche i trattamenti termici non sono difficili, purché si tenga conto
della necessità di condurli sotto vuoto o in atmosfera di argo e della
bassa conducibilità termica; alcune leghe di
t. presentano il
fenomeno dell'indurimento per precipitazione. Il
t. è oggi un
metallo di grande importanza industriale, base di molte leghe dotate di ottime
caratteristiche di resistenza meccanica a caldo e di resistenza alla corrosione;
grande impiego ne viene fatto nell'industria aeronautica civile e militare,
aerospaziale, navale; materiali a base di
t. sono largamente impiegati
per l'industria chimica, come supporto nei processi di anodizzazione
dell'alluminio, per scambiatori di calore, serpentine di riscaldamento,
recipienti, ecc. che richiedono una elevata resistenza alla corrosione in quanto
destinati ad ambienti fortemente aggressivi. Ha trovato inoltre larga
applicazione nel settore medico, dove viene usato per la costruzione di protesi.
Il suo costo è molto elevato, ma in molte applicazioni il suo impiego
è conveniente, soprattutto se si tiene presente che il suo peso specifico
è poco più della metà di quello di un inossidabile. Anche
la sua resistenza all'acqua di mare è notevole. Recentemente sono stati
introdotti in diversi impianti di elettrolisi degli anodi di
t. platinato
(per avere bassa tensione di scarica) per soluzioni molto aggressive o quando si
ha svolgimento di cloro: citiamo i bagni di doratura e le celle di elettrolisi
del cloruro sodico per l'industria della cloro-soda. Il
t. è
impiegato per lo più come metallo strutturale o come elemento di lega per
leghe dotate di elevate caratteristiche meccaniche soprattutto alle elevate
temperature. Un altro forte consumo di
t. si ha nella produzione di leghe
ferrose e non, compresi moltissimi acciai, nei quali il
t. è
presente come elemento bassolegante. Anche alcuni dei suoi prodotti hanno
applicazioni industriali. Il più importante, il rutilo, è prodotto
in quantità molto superiori al metallo stesso, ma anche altri, quali il
tricloruro, usato come catalizzatore e certi composti organici, come il
tetrabutilato, usati come impermeabilizzante, ecc., trovano sensibili impieghi
industriali. Il titanato di bario BaTiO
3 trova impiego come pregiato
materiale ferroelettrico. ║
Composti: nei suoi composti il
t. presenta i gradi di ossidazione +2, +3 e +4; quest'ultimo è il
più stabile. In base alla sua struttura elettronica, che
è:
1
s2 2
s2 2
p6
3
s2 3
p6 3
d2
4
s2
il
t. dovrebbe essere bivalente, ma la facilità con cui i
due elettroni dell'orbitale
3d possono essere promossi allo strato
successivo rende ragione degli altri due possibili stati di ossidazione.
L'
ossido di t. TiO
2 si è già visto esistere in
natura come
rutilo,
anatasio o
brookite; quando lo si
produce si può ottenere sia come rutilo sia come anatasio, secondo le
condizioni di lavoro. Nella forma rettangolare del rutilo, ha indice di
rifrazione 2,615 a 20 °C, valore molto elevato, superiore a quello del
diamante (che è 2,41). È un refrattario: si decompone parzialmente
a circa 1.640 °C e bolle oltre i 3.000 °C. Si prepara industrialmente
molto puro per dissoluzione in acido solforico concentrato del minerale impuro
(o della ilmenite) e successiva idrolisi a caldo. Un altro processo lo ottiene
in forma purissima dal tetracloruro TiCl
4, ottenuto come nella
metallurgia, per trattamento con ossigeno, secondo la reazione:
TiCl4 + O2 → TiO2
+ 2Cl2
Nella forma di rutilo l'ossido di
t. è utilizzato
diffusamente col nome di
bianco di t. per la preparazione di vernici e
smalti. È un ottimo pigmento bianco, dotato di un elevato potere coprente
(superiore di molte volte a quello del litopone, dell'ossido di zinco e della
biacca di piombo). È utilizzato per l'opacizzazione di molte fibre
sintetiche o artificiali e per la preparazione di biacche, smalti, vernici, ecc.
Il consumo di rutilo per questi impieghi è molto elevato ed è in
continuo aumento, mentre sono in diminuzione i consumi degli altri coloranti
bianchi sopra citati. In omaggio al comportamento anfotero del
t., il
TiO
2 si scioglie negli alcali caustici fusi con formazione di sali,
detti titanati, aventi formule del tipo K
2TiO
3 o
K
4TiO
4. Dalle sue soluzioni si può precipitare
l'
idrato titanico Ti(OH)
4, detto anche
acido
ortotitanico H
4TiO
4; più facilmente si
può ottenere per idrolisi di Na
4TiO
4 o per idrolisi
di TiCl
4. Presenta carattere anfotero, potendosi comportare sia come
debole base sia come debole acido; dà soluzioni colloidali, come l'acido
silicico e l'acido stannico. Per disidratazione parziale dell'acido ortotitanico
si può ottenere l'
acido metatitanico H
2TiO
3,
che ha un comportamento simile. Si conoscono anche altri ossidi di
t.,
quali il
sottossido TiO, il
sesquiossido
Ti
2O
3 e il
perossido TiO
3; è
stato anche preparato un ossido avente composizione intermedia
Ti
3O
5 sulla cui natura esistono ancora molte discordanze.
Dal perossido TiO
3 si può ottenere in condizioni particolari
un
acido pertitanico TiO(OH)
4. Ugualmente complesso è
il comportamento del
t. con gli alogeni. Per reazione col cloro si
possono avere il
tetracloruro TiCl
4, il
tricloruro
TiCl
3 e il
dicloruro TiCl
2. Il primo si presenta
come un liquido incolore, avente peso specifico 1,726 a 20 °C, che
solidifica a -30 °C e bolle a 136,4 °C. È insolubile in acqua
fredda, mentre in quella calda si decompone con formazione di acido titanico e
cloridrico. Per reazione con i cloruri alcalini a caldo forma dei
clorotitanati aventi formule del tipo K
2TiCl
6.
Questo composto, come gli altri composti alogenati del
t., denota un
comportamento di questo metallo che è più spiccatamente covalente
che ionico. Il tricloruro si ottiene per azione di
t. metallico sul
TiCl
4 in atmosfera di argo, oppure da H
2 e
TiCl
4 all'arco elettrico. Si presenta come un solido deliquescente,
di colore verde o bruno, che si decompone per riscaldamento a circa 440 °C.
Viene preparato industrialmente in quanto è utilizzato per
polimerizzazioni stereospecifiche come catalizzatore (ad esempio, nella
produzione dipolipropilene isotattico). Il dicloruro TiCi
2 si ottiene
per decomposizione termica del tricloruro, ma non ha impieghi pratici; si
presenta come un solido nero, instabile all'aria anche a freddo. Un
comportamento simile a quello denotato con il cloro è presente anche con
il fluoro; con gli altri alogeni la serie dei composti di
t. è
meno abbondante. Fra i composti non ossigenati del
t. meritano ancora di
essere ricordati il
carburo TiC, molto duro, l'
idruro
TiH
2, che si forma per assorbimento di idrogeno, il
solfuro
TiS
2, che è usato come lubrificante ad alte temperature, e il
nitruro TiN, che si forma per assorbimento di gas ed è molto
fragile. Quest'ultimo presenta un comportamento particolare, in quanto è
decomposto dal vapore d'acqua surriscaldato con produzione di ammoniaca e
idrogeno, secondo la reazione:
2TiN + 4H2O → 2TiO2 +
2NH3 + 2NH3 + 2H2
che potrebbe, in linea teorica, essere usata in luogo della sintesi
diretta per fissare l'azoto atmosferico come ammoniaca. Per quanto riguarda i
sali con gli anioni ossigenati più comuni, sono noti sia quelli col
t. in forma di ione Ti
4+, sia in forma Ti
3+ e
Ti
2+. Nessuno di questi sali ha grande interesse pratico. Sono noti
anche diversi composti organici del
t.; i complessi che forma con il
dipiridile mostrano che esso può avere anche valenza 0 o addirittura -1;
anche questi composti hanno scarso interesse. Più importanti sono invece
quelli formati dal
t. in forma di tricloruro TiCl
3 con diverse
sostanze organiche insature, soprattutto se in presenza di alluminioalchili, per
iniziare polimerizzazioni. Con alcool il
t. può dare composti tipo
Ti(OR
4), essendo R— un alchile monovalente. ║
Leghe: citiamo le principali leghe di
t. a elevato tenore di
questo metallo.
Lega Ti—6Al —4V: lega a base di
t. che
contiene il 5,5 ÷ 6,75% di Al e il 3,5 ÷ 4,5% di vanadio, oltre a
ferro, azoto, ossigeno, ecc. come impurezze. È una lega adatta per parti
che lavorano a caldo, fino a 350 °C circa, dotata di buone caratteristiche
meccaniche. Tipiche applicazioni si hanno nel campo aeronautico: pale e corpo di
compressori, strutture estruse o forgiate portanti, lamiere sollecitate. La
struttura di questa lega è mista α + β. Nelle altre
applicazioni non è molto usata perché non ha buona resistenza alla
corrosione da sali a caldo.
Lega Ti —5Al —2,
5Sn: lega
a base di
t. che contiene dal 4 al 6% di alluminio e dal 2 al 3% di
stagno, oltre alle solite impurezze. Nel campo aeronautico e aerospaziale
è utilizzata per parti in servizio gravoso fino a circa 500 °C e per
brevi periodi anche fino a 600 °C. Tipiche applicazioni sono parti di
compressori e di motori a reazione, serbatoi e strutture per missili.
Nell'industria chimica è usata per autoclavi, pompe, valvole, ecc. in
servizio fino a 500 °C in ambiente corrosivo: la sua resistenza alla
corrosione è quasi pari a quella del
t. puro. Il carico di rottura
è di circa 85 kg/mm
2; l'allungamento su barretta corta
è del 15% circa. La conducibilità elettrica è molto bassa,
come pure quella termica (1,75 kcal/cm · h · °C). La
densità è di 4,46 g/cm
3. La saldabilità è
uguale a quella del
t. puro; non è possibile indurimento per
precipitazione.
Lega Ti—8Mn: lega binaria
t.-manganese
all'8% nominale di questo elemento, adatta per parti di aerei (lamiere di
copertura esterna, strutture portanti, ecc.) che lavorano fino a 350 °C.
Presenta una buona lavorabilità; può essere saldata a resistenza
per punti e presenta una resistenza alla corrosione pari a quella del
t.
commerciale, rispetto al quale ha un costo un po' inferiore.
Lega
Ti—7Al—4Mo: lega che presenta elevate caratteristiche meccaniche
(carico di rottura sui 100 kg/mm
2, allungamento 5,9%, carico di
snervamento convenzionale allo 0,2% di circa 95 kg/mm
2) e
comportamento alla corrosione uguale a quello del
t. commerciale.
Lega
Ti—4Al—4Mn: lega di caratteristiche molto simili a quelle della
lega Ti—7Al—4Mo, sebbene leggermente inferiori. È utilizzata
per minuterie per aerei (i bulloni hanno un peso molto minore di quello dei
bulloni in acciaio di pari resistenza).
Lega Ti—8Al—1
Mo—1V: lega a base di
t. contenente nominalmente l'8% di
alluminio, l'1% di molibdeno e l'1% di vanadio, utilizzata generalmente in forma
semilavorata (lastre, nastri, lamiere), allo stato ricotto. Carico di rottura a
trazione sui 100 kg/mm
2, carico di snervamento convenzionale poco
inferiore, durezza circa 380 Brinell, allungamento a rottura su barretta corta
del 13% circa.
Lega Ti—6Al—2Sn—4Zr—2Mo: lega a
base di
t., contenente nominalmente il 6% di alluminio, il 4% di
zirconio, il 2% di stagno e il 2% di molibdeno. È utilizzata di solito
allo stato di barra; ricotta ha proprietà molto vicine alla precedente,
rispetto alla quale è un po' più duttile.
Lega
Ti—6Al—6V—2Sn: lega che contiene nominalmente il 5,5% di
alluminio, altrettanto vanadio e il 2% di stagno, il resto
t. Ha un
carico di rottura di circa 120 kg/mm
2, carico di snervamento
convenzionale poco inferiore, allungamento a rottura del 12% su barretta corta,
durezza di 420 Brinell circa. È usata soprattutto per forgiati.
Lega
Ti—13V—11Cr—3Al: lega a base di
t., contiene
nominalmente il 13,5% di vanadio, il 10,5% di cromo e il 3% di alluminio.
È utilizzata generalmente sotto forma di semilavorati (lastre, lamiere,
nastro), può essere indurita per precipitazione e, in queste condizioni,
presenta ottime caratteristiche meccaniche: carico di rottura a trazione di 130
kg/mm
2, carico di snervamento convenzionale poco inferiore, durezza
di circa 360 Brinell. Vi sono poi numerose altre leghe che hanno il
t.
come elemento alligante in piccole percentuali. Fra le leghe magnetiche
ricordiamo la
Alnico VII (5% di Ti) e la
Alnico VIII (5% di Ti).
Fra le leghe a dilatazione controllata ricordiamo il diffuso
Nispan-
C (2,40% di Ti). Fra le leghe per alte temperature
ricordiamo la serie delle
Incoloy (fino all'1% di Ti), la serie delle
Inconel (fino al 2,5% di Ti) e la serie delle
Hastelloy (fino al
4% di Ti). Altre leghe che contengono percentuali sensibili di questo metallo
sono, ad esempio, la
Udimet 700 (3,5% di Ti), la
Waspaloy (3% di
Ti), la
D-979 (3% di Ti), e la
Discalloy (1,7% di Ti). Il
t. è inoltre utilizzato come elemento di lega in molti acciai,
soprattutto inossidabili; è sovente aggiunto in piccoli tenori agli
acciai altolegati come energico disossidante e deazoturante; esso infatti ha la
tendenza a sequestrare l'ossigeno per formare il suo ossido e l'azoto per dare
l'azoturo TiN, che nella matrice metallica forma piccoli cristalli cubici,
durissimi, che non si frantumano nella lavorazione a freddo e non si deformano
minimamente. L'aggiunta di
t. ha però di solito un altro scopo.
È noto che la saldatura di acciai altolegati provoca nella zona
riscaldata interessata dalla saldatura la precipitazione di carburi di cromo
che, localizzandosi al bordo dei grani, diminuiscono sensibilmente la resistenza
alla corrosione (soprattutto intercristallina) dell'acciaio stesso. Una piccola
aggiunta di
t., normalmente una percentuale in peso superiore di cinque
volte a quella del carbonio presente, inibisce questo fenomeno, in quanto il
t., avendo maggior affinità del cromo per il carbonio, sequestra
la maggior parte del carbonio libero con formazione del carburo TiC che non
snobilita il metallo. Lo stesso effetto è presentato anche da tantalio e
niobio, più costosi. Altri tipi di acciai impiegano il
t., sempre
in piccole percentuali, che non superano mai il 2% circa, per altri scopi. Si
tratta degli acciai indurenti per precipitazione, fra i quali i cosiddetti
Maraging. In questo caso il
t. nell'indurimento per precipitazione
si combina col ferro, formando il composto Fe
3Ti che è il
principale responsabile dell'indurimento. Il
t. in queste piccole
percentuali non ha un effetto considerevole sulle proprietà meccaniche
degli acciai, almeno direttamente; sembra invece che esso eserciti una benefica
azione di affinamento del grano.
Preparazione del titanio secondo il processo Kroll