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Timocrazìa.

(dal greco timé: onore, stima, ma anche censo, e kratéo: ho la forza, signoreggio, impero). Forma costituzionale di uno Stato nel quale i diritti e i doveri dei cittadini sono stabiliti in base al censo. Può avvicinarsi alla democrazia nei casi in cui il censo considerato si mantenga su livelli bassi e coinvolga quindi gran parte della popolazione libera di uno Stato; oppure può avere carattere oligarchico o aristocratico quando il censo è fissato a livelli raggiunti da pochi, come avvenne in epoca medioevale a Venezia dopo la Serrata del Maggior Consiglio. Il termine apparve per la prima volta nell'VIII libro della Repubblica di Platone, dove è usato per indicare una delle forme degenerative assunte da uno Stato che non segua il “modello ideale” prospettato dal filosofo greco. Secondo Platone la t. è rappresentata da un governo di militari, cui però sono affiancati i filosofi e, almeno in parte, i ricchi, come avvenne a Sparta o a Creta. Maggiore fortuna ebbe la definizione data da Aristotele nel X libro dell'Etica nicomachea, dove la t. viene definita “il regime nel quale i magistrati sono eletti in base al censo”; un esempio della concezione aristotelica è la Costituzione ateniese di Solone.