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Teòcrito.

Poeta greco. Di età ellenistica, fu l'iniziatore della poesia bucolica. La ricostruzione della sua vicenda biografica non è completa, ma si basa su alcune date che la tradizione antica ha ricavato con sufficiente sicurezza dalle opere stesse: nel 275-274 a.C. era ancora in patria e compose un inno encomiastico per il signore di Siracusa Gerone II, che egli aveva individuato come suo possibile benefattore. Deluso nelle sue aspettative, T. decise di lasciare la Sicilia, il cui retaggio culturale ebbe peraltro grande influenza in tutta la sua poesia e in particolare nei carmi bucolici; tra il 274 e il 270 a.C. si situa il suo primo soggiornonell'Isola di Cos, nell'Egeo, importante centro culturale dell'epoca, dove già risiedevano altri artisti e amici del poeta. Nel 270 a.C., anno in cui dedicò un encomio a Tolomeo II Filadelfo, T. era sicuramente ad Alessandria, dove visse fino al 260 a.C.; qui conobbe Callimaco (V.), di cui accettò non solo di fatto ma anche esplicitamente il programma poetico. In uno dei suoi Idilli, infatti, T. irride i "costruttori che vogliono erigere case alte come montagne" e rifiuta di seguire Omero, pur nel pieno rispetto della sua opera, giudicandola un'impresa inarrivabile. Intorno al 260 a.C. rientrò a Cos e, dopo tale data, non si hanno altre notizie sicure circa la vita del poeta: se visse fino a età avanzata, con ogni probabilità non scrisse più. ║ Opere: la fonte più completa della tradizione manoscritta di T. è il codice Ambrosianus 104 (risalente al XIV sec.), che contiene 30 Idilli (V. IDILLIO) e 25 Epigrammi (V. EPIGRAMMA); un 31° Idillio è contenuto in un altro codice, cui si aggiungono il frammento di un poemetto Berenice (madre di Tolomeo Filadelfo), il carme figurato la Zampogna che, utilizzando la varia lunghezza dei versi, riproduce graficamente il profilo dell'oggetto significato dal titolo, e un gruppo di Epigrammi presenti nell'Antologia Palatina. I titoli degli Idilli che ci sono pervenuti furono impartiti dall'editore antico e non direttamente dall'autore. Il codice Ambrosianus ha attribuito a T. anche molto materiale spurio; tra i testi riportati, la critica moderna riconosce come autentici solo: gli Idilli dal I all'VIII, dal X al XVIII, il XXII, il XXIV e dal XXVIII al XXXI; gli Epigrammi dal XVII al XXII; il XXVI Idillio è di autenticità dubbia. Gli studiosi ripartiscono l'opera teocritea in alcuni gruppi, individuati per affinità tematica: oltre agli epigrammi, otto idilli pastorali, cinque idilli urbani o mimi, quattro epilli (V. EPILLIO) e tre poesie dedicate all'éros páidikos (amore per i fanciulli), due encomi e un carme che accompagnava un dono (la Conocchia). Il termine idillio in origine indicava semplicemente poemetti di breve estensione e con tale accezione fu attribuito alle composizioni di T.: fu il carattere schiettamente bucolico di queste ultime ad associarvi l'idea, oggi prevalente, di poesia pastorale e arcadica quale fu ad esempio quella di Virgilio, che di T. fu esplicito imitatore (egli lesse il poeta alessandrino nella sua prima edizione critica, preparata da Teone in età augustea). Tuttavia, mentre Virgilio sublima e idealizza i suoi personaggi e lo stesso ambiente pastorale, T. li descrive con maggiore realismo e riproducendo anche i paesaggi dell'infanzia, sempre vivi nella sua memoria. Inoltre la forma dialogica, spesso brillante, da un lato riecheggia l'arte del mimo siciliana (tanto nelle forme letterarie ad esempio di Sofrone quanto in quelle incolte della tradizione popolare) dall'altro si assimila ai modi della commedia. Per quanto riguarda gli Epilli e gli encomi, T. non evitò di riproporre temi della grande leggenda epica, ma ispirandosi più ai modi degli inni omerici piuttosto che dei poemi. Tutta l'opera di T. reca l'impronta dell'età e della poetica ellenistica e alessandrina, in particolare per quanto riguarda le legge dell'ekponéin, dell'accuratezza formale, esito di una faticosa elaborazione: l'apparente semplicità e immediatezza della poesia teocritea sono la prova migliore del suo valore. I caratteri principali della poetica di T. potrebbero essere riassunti in: brevità del componimento, levità dell'argomento, tono non eloquente, limitato spazio concesso all'erudizione (in ciò distinguendosi nettamente da Callimaco) non solo nelle opere bucoliche, ma anche negli epilli, in cui la materia epica ben avrebbe giustificato sfoggio di cultura e conoscenza dei poeti. Dottrina e ricercatezza letteraria sono invece presenti negli encomi. Peculiarità di T., in opposizione agli altri alessandrini, è ancora l'espressione genuina di sentimenti, moti d'animo: là dove Callimaco dissimula mediante il gioco erudito, T. lascia trapelare, valendosi della resa realistica, della vivacità del dialogo, della sperimentazione ardita del metro e della lingua, che sempre si adattano ai personaggi e alla loro sensibilità. La maggior parte dei carmi presenta un forte colorito dorico, retaggio del dialetto parlato in Sicilia, ma alcuni sono in eolico o in ionico, mentre non è attestato in T. l'uso dell'attico, la lingua della drammaturgia. Unitamente alla varietà dei dialetti, si rileva anche quella metrica: accanto ai modi della lirica lesbica (V. LESBICO) si incontrano metri dattilici (dall'esametro al dimetro catalettico) e l'ardita polimetria degli Epigrammi (Siracusa prima del 300 a.C. - Cos dopo il 260 a.C.).