Branca della geologia che studia la
dislocazione, la deformazione e, più in generale, i movimenti subiti
dalle porzioni più esterne della crosta terrestre ad opera delle forze
endogene della Terra. Si basa sull'analisi delle strutture elementari, come
faglie, pieghe, fratture, ecc., da cui è possibile indurre in senso
più ampio il comportamento geologico di una regione. Nel corso di
centinaia di milioni di anni, infatti, le rocce hanno subito processi di
deformazione e dislocazione a loro volta collegati a fenomeni complessi e
generali come l'evoluzione di geosinclinali o l'orogenesi. La
t. è
in grado di ricostruire, almeno in parte, tali processi, mediante l'analisi
delle rocce e delle loro giaciture.
Rappresentazione grafica della dinamica della tettonica a zolle
║
T. globale o
a zolle o
a placche: teoria elaborata negli anni Sessanta, ed enunciata nel 1967,
dai due geologi statunitensi Parker e McKenzie, successivamente ripresa e
perfezionata da altri scienziati. Con essa gli studiosi proposero
un'interpretazione globale di tutti i fenomeni endogeni e dinamici (deriva dei
continenti, vulcanogenesi e vulcanesimo, orogenesi, attività sismiche
superficiali e profonde) relativi alla crosta terrestre e al mantello superiore
(litosfera e astenosfera) per quanto riguarda le ultime centinaia di milioni di
anni. In questa medesima direzione si era già mosso, al principio del XX
sec., A. Wegener, che elaborò la teoria nota come deriva dei continenti
(V. DERIVA): in base ad essa ipotizzò che
la crosta terrestre non fosse costituita da un unico blocco, ma frammentata in
zolle mobili, perché "galleggianti" sul sottostante
mantello, e con i margini tra loro in contatto. In prossimità di questi
margini sarebbero da collocare fenomeni di
accrescimento,
consumazione e
scorrimento della crosta terrestre. Tali intuizioni
furono meglio sviluppate e integrate, grazie alle accresciute possibilità
sperimentali e di conoscenza diretta ad esempio dei fondali oceanici, a partire
dal 1960. ║ La teoria della
t. globale descrive la litosfera come
un mosaico di tessere (
zolle o
placche) rigide, in contatto l'una
con l'altra e in movimento relativo tra loro e rispetto al substrato
astenosferico del mantello superiore (V. TERRA,
struttura interna della Terra). Ciò è possibile perché
l'astenosfera non solo ha carattere plastico, ma è separata dalla
litosfera da una sorta di canale (segnalato anche dalla variazione di
velocità nella propagazione delle onde sismiche) in fase liquida, che
facilita ulteriormente lo scorrimento. Il modello attuale ha identificato sei
zolle maggiori (nord e sud-americana, africana, euroasiatica, indiana o
australiana, pacifica e antartica), alcune placche minori (di cui le cinque
principali sono la caraibica, la filippina, l'araba, di Nazca, di Cocos) e un
numero imprecisato di zolle con dimensioni assai ridotte (nel solo Mediterraneo
sono note quella adriatica, quella egea e quella turca), il cui galleggiamento
produce spostamenti assai modesti ma reali e continui, nell'ordine di 1-10 cm
all'anno. È dunque validabile la teoria di Wegener, secondo cui in
origine tutte le terre emerse costituivano un unico continente (
Pangea)
circondato da un unico oceano (
Panthalassa); a un certo momento la Pangea
subì una serie di fratture lungo la linea equatoriale dividendosi in tre
grandi zolle (
Laurasia,
Gondwana,
Tetide) che a loro volta
si scissero in altre placche il cui movimento relativo portò in milioni
di anni alla configurazione attuale dei continenti e degli oceani che, peraltro,
continua a essere una situazione in evoluzione e movimento. Dimensioni e
spessore delle zolle sono variabili e la loro distribuzione prescinde dalla
discontinuità superficiale terraferma / oceani, dal momento che ciascuna
di esse può comprendere sia litosfera continentale sia oceanica (solo
quella pacifica è costituita unicamente da crosta oceanica). Ogni zolla
viene considerata come una struttura rigida, in quanto le deformazioni si
concentrano ai suoi margini, benché non manchino anche all'interno
fenomeni vulcanici o sismici. I comportamenti dei margini di zolla, tuttavia,
costituiscono il fulcro della dinamica generale del pianeta e possono essere di
tre tipi: costruttivi (in accrescimento) o divergenti; distruttivi (in
consunzione) o convergenti; conservativi o trasformi (in traslazione). ║
Il
tipo costruttivo è rappresentato dalle dorsali oceaniche: due
placche crostali (i cui limiti di zolla si trovano sul fondo oceanico) sono in
allontanamento reciproco, fatto che induce una continua fuoriuscita di magma
dalle regioni più profonde, con conseguente e continua formazione di
nuova crosta oceanica. Infatti, le correnti convettive che animano l'astenosfera
sottostante (V. OLTRE) provocano la risalita di
lave basaltiche, che si dispongono simmetricamente lungo i due lati della linea
di frattura delle placche in allontanamento a costituire le dorsali, fatto da
cui dipende il fenomeno dell'espansione dei fondi oceanici. Ciò spiega
perché la sezione più superficiale della crosta oceanica abbia non
solo una costituzione differente da quella continentale (basaltica la prima,
granitica la seconda), ma anche un'età di gran lunga più recente
(non superiore ai 250 milioni di anni) rispetto a quella delle zone emerse
(anche 4 miliardi di anni; V. TERRA, età e
origini). Le dorsali non si estendono come una linea continua, ma presentano una
serie di segmentazioni, con scorrimento ortogonale alla linea di sviluppo,
dovute a faglie (V. FAGLIA). Congiuntamente
all'espansione del fondo oceanico si verificano, in corrispondenza delle
dorsali, altri fenomeni, quali: elevato flusso di calore; anomalie magnetiche
(con alternanza di magnetizzazione positiva e negativa ai due lati della
dorsale); attività sismica superficiale, con ipocentri poco profondi;
movimenti distensivi dei due lembi di crosta oceanica di nuova formazione, con
allontanamento reciproco nell'ordine di 1-3 cm all'anno, ma con punte anche di
10-15 cm. Quest'ultimo dato riveste particolare importanza, perché
costituisce il punto di partenza del movimento delle placche crostali
(V. OLTRE, correnti convettive). ║ I margini
di
tipo convergente sono quelli relativi alle zone di subduzione,
cioè alle linee lungo le quali una zolla sprofonda sotto l'altra. La
quantità di crosta consunta è globalmente pari a quella prodotta
lungo le dorsali, dal momento che la superficie terrestre nel suo complesso non
pare essere né in fase di espansione né di contrazione. Le
correnti convettive astenosferiche spingono due zolle l'una contro l'altra e
inducono la subduzione di una delle due, lungo un piano inclinato (
piano di
Benioff), con angolo iniziale modesto che aumenta però in funzione
della profondità, fino a un valore medio di 45°. Prova ne è
l'intensa attività sismica registrata in prossimità di queste zone
(con epicentri collocati a profondità crescente e lungo piani inclinati)
verosimilmente provocata dal potentissimo attrito tra la placca che sprofonda e
quella soprastante. Una certa quantità di litosfera viene così
riassimilata nell'astenosfera, le cui temperature di gran lunga superiori,
unitamente all'incremento termico dovuto all'attrito di cui si è detto
sopra, danno origine a fenomeni di rifusione, magmatismo e moti convettivi, con
formazione di archi vulcanici nel settore retrostante alla zona di subduzione:
un tipico arco vulcanico è quello delle Isole Aleutine, sulla linea di
contatto tra la zolla pacifica e quella nord-americana. Quando siano collocate
sui fondali oceanici, le zone di subduzione delle placche litosferiche sono
chiamate
fosse e costituiscono le depressioni più profonde
rilevate sulla crosta terrestre. Si possono registrare effetti diversi in
relazione al tipo di placche che entrano in contatto: ad esempio, nel caso delle
zolle oceaniche pacifica e filippina, la subduzione ha provocato il corrugamento
della seconda con la formazione di archi insulari magmatici; la collisione tra
la zolla sud-americana e quella di Nazca (caso tipico di subduzione tra una
fascia oceanica, più sottile ma più densa e quindi destinata a
sprofondare, e una continentale, più spessa ma più leggera) ha
dato origine al corrugamento montuoso delle Ande, secondario a una
t. di
contrazione alle spalle dell'arco magmatico (V.
OROGENESI); nel caso invece dell'avvicinamento tra due zolle continentali
si rileva una maggior resistenza allo sprofondamento: la parte superiore della
zolla sovrastante si distacca in parte e si solleva a costituire catene
montuose, con fenomeni di sovrascorrimento, fratture ed episodi sismici. Per
quanto riguarda le placche africana ed euroasiatica, ad esempio, la subduzione
ha generato il corrugamento alpino-himalayano. ║ I margini di
tipo
conservativo sono quelli paralleli al movimento, con verso opposto, di due
zolle litosferiche; le placche interessate non mutano quindi le proprie
dimensioni, poiché non producono né consumano litosfera. Queste
fratture della crosta (le uniche che ci forniscono indicazioni sulla direzione
del moto relativo tra zolle) sono note come
faglie trasformi (la
più conosciuta delle quali è la faglia di Sant'Andrea in
California), presenti in numero elevatissimo anche lungo le dorsali oceaniche.
Il contatto tra le due zolle produce in ogni caso attrito e, dunque,
attività sismica con epicentri superficiali. ║
Correnti
convettive dell'astenosfera: l'attività di convezione del materiale
astenosferico è stata riconosciuta come il motore di tutti i movimenti
superficiali che hanno interessato la litosfera terrestre nel corso delle ultime
centinaia di milioni di anni. Queste correnti sono analoghe a quelle che si
sviluppano in un qualsiasi mezzo liquido o fluido che sia riscaldato dal basso:
esse generano delle
celle di convezione, la cui estensione
orizzontale si situa nell'ordine dei 100.000 km, in cui il materiale plastico
del mantello viene continuamente rimescolato e trasportato prima verso la
superficie e poi trascinato verso il basso. Il movimento dello strato
litosferico di una zolla, dunque, rappresenta per così dire la parte
visibile di questa circolazione, per cui il materiale magmatico fuoriesce in
corrispondenza delle dorsali oceaniche e sprofonda nuovamente nel mantello in
fase di subduzione, come se si trovasse su una sorta di nastro trasportatore; il
circolo si conclude nello strato inferiore della cella di convezione, con un
movimento in senso inverso che trasporta il magma dalla fossa di subduzione
verso l'apertura della dorsale.
Tettonica a zolle