Stats Tweet

Tesi.

(dal greco thésis: posizione, collocazione). Argomentazione, enunciato di ambito filosofico, teologico, scientifico, artistico, letterario, ecc. che venga esposto e discusso in rapporto ad altre proposizioni contrarie o differenti allo scopo di dimostrane la validità: formulare una t. ║ Per estens. - Tema, dissertazione. ║ T. di laurea: nel sistema universitario italiano, la dissertazione scritta, relativa a un preciso ambito disciplinare, composta dallo studente intorno a un argomento concordato con il suo professore di riferimento e poi esposta e discussa davanti a una commissione di docenti. La preparazione della t. e la sua discussione costituiscono l'esame di laurea che conclude il ciclo degli studi universitari italiani. ║ T. di dottorato: elaborazione scritta, conclusiva di un percorso di ricerca originale, presentata e discussa al termine di alcuni anni di studi universitari postlaurea. La t. di dottorato, a differenza di quelle di laurea, deve rispondere alla richiesta di apportare un contributo originale all'ambito disciplinare di appartenenza e non può dunque limitarsi a una trattazione puramente compilativa. • Filos. - Nel linguaggio logico-filosofico tradizionale, la proposizione che si vuole dimostrare. ║ In origine con t. si indicava, in riferimento a una disputa teorica, l'enunciato che un dialogante intendeva affermare e al quale un secondo contrapponeva altre asserzioni (antitesi). Kant considerò nel suo sistema filosofico il binomio t.-antitesi, sviluppando il concetto di antinomia (V.), per il quale la contrapposizione risulterebbe illusoria. Hegel e l'Idealismo postkantiano in genere considerarono in modo differente la questione antinomica: la contrapposizione tra t. e antitesi non andava infatti dissolta ma superata mediante il terzo momento della sintesi. Un esempio di questo processo dialettico e dinamico (che Hegel contrappose alla staticità della logica antinomica e intellettualistica) è quello in cui Fichte afferma: l'"Io puro pone assolutamente il proprio essere", infinito, incondizionato e identico a se stesso (t.); ma ogni essere consiste anche di negatività, cioè del confronto con tutto ciò che non è, come dire il non-Io (antitesi); tale opposizione (antinomia) sarebbe priva di valore e significato se non venisse contemplato un terzo momento (sintesi), in cui l'Io si limita e definisce mediante il non-Io (attività teoretica) e il non-Io per mezzo dell'Io (attività pratica). • Psicol. - L'opposizione t. e antitesi è stata considerata da C.G. Jung con riferimento ai contenuti simbolici della psiche. Qualora i due assunti coesistano a livello cosciente, consegue un dissidio per cui t. e antitesi tendono a negarsi a vicenda "mentre l'Io è costretto ad ammettere la sua incondizionata adesione tanto all'una quanto all'altra". Quando invece il simbolo sia un prodotto prevalentemente o conscio o inconscio, esso si manifesta più che come simbolo, come sintomo (squilibrio) di "un'antitesi soppressa". Nella misura in cui un simbolo è soltanto un sintomo, finisce con il perdere "ogni efficacia liberatrice, poiché non esprime più il completo diritto all'esistenza di tutte la parti della psiche, ma testimonia la soppressione dell'antitesi". Nel primo caso, invece, la tensione dei due opposti genera una funzione unificatrice che supera la contraddizione. Attraverso un processo regressivo della libido (intesa come energia vitale) e dell'attività inconscia, il soggetto riporta alla luce un elemento che risulta in rapporto sia con la t. sia con l'antitesi, costituendo un termine medio in cui gli opposti possano conciliarsi, per cui "l'Io, scisso tra t. e antitesi, trova su questo piano intermedio il suo opposto complementare", liberandosi dalla sua lacerazione. • Mat. - T. del teorema: enunciato che il teorema intende dimostrare valido. Tale dimostrazione è raggiunta mediante una serie di deduzioni a partire da un altro enunciato assunto inizialmente come valido (ipotesi). Ne consegue che, se è vera l'ipotesi, è vera anche la t. • Dir. - In t.: espressione del linguaggio forense, correlata alla locuzione in ipotesi, che gli avvocati utilizzano al momento della presentazione delle proprie richieste al collegio giudicante. Essa vale "in via principale", come l'altra "in via subordinata": si richiede in t. l'assoluzione piena, in ipotesi l'assoluzione per insufficienza di prove. • Lett. - Romanzo, opera a t.: la critica moderna definisce tale una creazione letteraria in cui l'autore si pone programmaticamente l'obiettivo di sostenere e dimostrare una data posizione (t.) di ordine filosofico, sociale, politico, artistico, ecc. Utilizzata frequentemente in riferimento al romanzo e al teatro di scuola naturalista e verista del XIX sec., la locuzione ha assunto poi un valore tendenzialmente negativo, in quanto l'assunto che l'autore si propone di validare mediante la sua opera, poiché indipendente dalla coerenza creativa, sembrerebbe nuocere all'efficacia artistica. • Metr. - In epoca classica (presso i Greci e l'antichità latina), quando la metrica si basava sul valore quantitativo delle sillabe, la t. corrispondeva, conformemente alla sua etimologia, al tempo forte (cosiddetto in battere) del piede (l'unità costitutiva del metro), su cui appunto batteva l'ictus; il tempo debole veniva invece detto arsi (in levare). I grammatici latini tardi, al contrario, utilizzarono il termine t. per indicare il tempo debole del piede, privo di accento ritmico e caratterizzato, nella scansione, da un abbassamento della voce (positio o depositio vocis), mentre all'arsi corrispondeva un elevamento (elevatio vocis). Con la sostituzione nelle epoche successive dell'accento quantitativo con quello tonico, quest'ultima accezione si stabilizzò ed è quella oggi utilizzata. ║ Sillaba in t.: nella metrica moderna, la posizione in cui non cadono gli accenti, principale o secondario, del verso. • Mus. - Nella tecnica del solfeggio e nell'analisi ritmico-melodica dei brani musicali, il tempo in battere, contrapposto al tempo in levare.