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Termodinàmica.

Parte della fisica che studia i processi macroscopici che coinvolgono la conversione di calore in lavoro meccanico e viceversa; lo studio termodinamico di un sistema avviene mediante la definizione di un numero limitato di parametri, misurabili macroscopicamente, tra i quali sussistono relazioni determinabili sperimentalmente. ║ La t. classica venne formulata durante il XIX sec. per dare una giustificazione teorica a leggi e proprietà scoperte empiricamente; l'interpretazione dei fenomeni termici era fondata su una concezione meccanicistica della natura, in base alla quale si riteneva che gli scambi di calore e le proprietà connesse fossero dovute all'azione di forze a breve raggio interagenti tra le particelle del calorico e la materia. La formulazione del principio di conservazione dell'energia influenzò profondamente la nuova scienza: lo studio del funzionamento delle macchine termiche, infatti, condusse all'idea che la forza del movimento, che apparentemente andava persa attraverso gli attriti, si manifestasse invece sotto forma di calore. Per giustificare tale affermazione, tuttavia, era necessario ammettere che il calore potesse essere creato, e non solo trasferito da un corpo all'altro: poiché una sostanza, come il fluido calorico, non può essere creata, né distrutta, per sua definizione, tornò l'idea che il calore fosse una forma di movimento, come già ritenuto nel corso del XVII sec. Un apporto decisivo allo sviluppo della t. venne dato da J.P. Joule che, nel corso dei suoi studi sul funzionamento delle macchine termiche ed elettriche, fu portato a mettere in relazione le forze di origine chimica con l'intensità della corrente elettrica da esse prodotte e il lavoro meccanico conseguente: in questo modo egli si convinse che il calore può essere convertito in lavoro meccanico e viceversa, portandolo alla definizione dell'equivalente meccanico del calore. Il principio di equivalenza di Joule, tuttavia, non era sufficiente a risolvere tutti i problemi posti dal funzionamento delle macchine termiche; una prima risposta venne data da S.N.L. Carnot che, nel suo celebre teorema, affermò l'idea che una macchina termica, per produrre lavoro meccanico utilizzando calore prodotto per combustione, deve lavorare tra due sorgenti a temperatura diversa: secondo Carnot, infatti, il calore produce lavoro proprio perché tende a passare spontaneamente dalla sorgente a temperatura maggiore a quella a temperatura minore. Tale teorema, tuttavia, appariva in evidente contraddizione con il principio di conservazione dell'energia: se calore e lavoro erano forme di energia equivalente, non si capiva come mai fosse necessaria una differenza di temperatura per ottenere lavoro dal calore e come mai, nel caso in cui tale differenza di temperatura venisse annullata, la capacità di compiere lavoro andasse completamente perduta. La soluzione venne fornita da R.J.E. Clausius nel 1850 il quale, pur accettando il principio di equivalenza di Joule, distinse l'energia contenuta in un corpo, ritenuta funzione di stato, dal calore e dal lavoro trasferiti dal o al corpo, che, invece, dipendono dalle particolari trasformazioni subite dal corpo stesso; egli formulò così il primo principio della t., secondo il quale, in ogni caso, la variazione di energia interna di un corpo è pari all'energia scambiata con l'esterno sotto forma di calore o di lavoro. Per dimostrare in modo coerente il teorema di Carnot, poi, Clausius fece un assunto, divenuto noto come enunciato di Clausius del secondo principio della t., in base al quale in natura non può avvenire nessun processo che abbia come unico risultato il trasferimento di una certa quantità di calore da un corpo più freddo a uno più caldo. Tale principio venne ripreso nel 1851 da W. Thomson (il futuro lord Kelvin), il quale propose, come assioma fondamentale della t., l'affermazione che non è possibile ottenere lavoro da un corpo raffreddandolo al di sotto della temperatura del più freddo dei corpi circostanti. Negli anni successivi, le ricerche condotte da Clausius ebbero ancora un ruolo fondamentale nello sviluppo della t., portando alla formulazione del concetto di entropia (V.); egli, infatti, si rese conto dell'asimmetria esistente fra i processi naturali: alcuni processi, come la conduzione del calore, avvengono spontaneamente, mentre altri, come la trasformazione in lavoro utile di una certa quantità di calore, non avvengono spontaneamente, ma solo in concomitanza di altri processi che siano in grado di compensarli. Il secondo principio della t. divenne sinonimo di principio dell'aumento dell'entropia, enunciato nella nota forma: l'entropia dell'universo tende a un massimo. Il lavoro di Clausius venne ripreso, negli anni Settanta del XIX sec., da J.W. Gibbs, il quale mise in luce anche una serie di possibili generalizzazioni e applicazioni della t., in particolare nei confronti della chimica; egli concepiva, in generale, ogni trasformazione termodinamica in termini di trasferimento di energia o di lavoro. In particolare, il trasferimento di calore era l'unico tipo di trasferimento di energia a cui era associato un trasferimento di entropia: su questa base egli formulò l'assunzione generale secondo la quale, in un sistema isolato, l'entropia tende a un massimo a energia costante o, viceversa, l'energia tende a un minimo a entropia costante. Gibbs, inoltre, introdusse nuove grandezze, come l'energia libera e l'entalpia, fondamentali per la rappresentazione e lo studio di vari processi termodinamici, e, in particolare, per le reazioni chimiche. I risultati delle ricerche di Clausius e di Gibbs furono raccolti e integrati da M. Planck, che pubblicò una delle formulazioni più complete della teoria della t. classica; in particolare, Planck sottolineò l'importanza della funzione entropia, alla base della distinzione tra processi naturali, irreversibili, caratterizzati da un aumento dell'entropia, e processi neutrali, puramente ideali, nei quali l'entropia resta costante. Un ulteriore contributo venne dato da W. Nernst, che, alla fine del secolo, giunse alla formulazione di quello che ora è noto come il terzo principio della t.; studiando sperimentalmente la relazione esistente tra variazione di energia libera e variazione di entalpia alle varie temperature a cui può avvenire una reazione chimica, egli scoprì che le due curve tendono a diventare tangenti all'approssimarsi allo zero assoluto, o, come preferiva asserire, che lo zero assoluto è di fatto un limite irraggiungibile. Tale principio, inoltre, contribuì in modo decisivo all'affermazione della teoria quantistica proposta da Planck e da Einstein. Nonostante le numerose ricerche e i riscontri sperimentali ottenuti, la t. classica trovò tenaci oppositori durante il XIX sec., soprattutto per quanto riguarda il secondo principio; ciò era dovuto al fatto che la meccanica veniva ancora ritenuta come la teoria fondamentale della fisica, e l'irreversibilità dei processi termodinamici asserita dal secondo principio era ritenuta inconciliabile con le equazioni della meccanica, tutte reversibili per inversione temporale. A questo riguardo è illuminante l'esperimento mentale proposto da J.C. Maxwell nel 1871, noto come diavolo di Maxwell: si supponga l'esistenza di un essere tanto piccolo da poter maneggiare le molecole poste in un recipiente, diviso in due da una parete con uno sportello, contenente un gas inizialmente all'equilibrio. Tale essere (il demone ordinatore) potrebbe selezionare le molecole più veloci di un comparto, lasciandole passare nel secondo, e, viceversa, far entrare nel primo comparto le molecole più lente del secondo; supponendo che l'apertura dello sportello nella parete non comporti lavoro, il demone produrrebbe una differenza di temperatura in un sistema inizialmente all'equilibrio termico, senza spesa di lavoro meccanico. Il secondo principio, pertanto, non avrebbe alcun significato per un essere in grado di operare a livello microscopico: l'irreversibilità, quindi, sarebbe solo relativa alla nostra scala di osservazione, dipendendo esclusivamente dal fatto che la nostra scala macroscopica ci impedisce di operare sulle singole molecole. Una prima confutazione venne data da L. Boltzmann, il quale riteneva possibile dimostrare la tendenza spontanea di un sistema meccanico composto da un elevatissimo numero di costituenti, di raggiungere una configurazione di equilibrio corrispondente alla configurazione macroscopica più probabile, caratterizzata dal numero più grande in assoluto di stati microscopici compatibili con i vincoli imposti al sistema stesso. Secondo Boltzmann, l'entropia era pertanto legata in modo diretto a tale probabilità; la validità di questa impostazione venne messa in luce quando accurate ricerche sperimentali evidenziarono fluttuazioni che si manifestavano anche su scala osservabile, dando luogo a un nuovo settore della fisica, chiamato da allora meccanica statistica. Le profonde osservazioni di Boltzmann, tuttavia, non hanno convinto tutta la comunità scientifica e sull'origine dell'irreversibilità continuano a esistere varie interpretazioni. Un ulteriore passo decisivo nello sviluppo della t. avvenne intorno agli anni Trenta del XX sec., quando fu affrontato in modo sistematico lo studio di processi termodinamici variabili nel tempo; la teoria classica, infatti, era per lo più una teoria termostatica e lo studio dell'evoluzione temporale di processi coinvolgenti conduzione termica si limitava al confronto tra lo stato iniziale e quello finale. Lo studio di tali processi fu possibile grazie, soprattutto, alle relazioni scoperte da Gibbs tra le variazioni di energia ed entropia e le variazioni delle altre variabili intensive ed estensive ad esse connesse. La teoria completa di questi processi, almeno in condizioni non troppo lontane dall'equilibrio, venne formulata da L. Onsager nel 1931. ║ Trasformazioni di un sistema termodinamico: processo grazie al quale un sistema si porta dall'uno all'altro di due stati di equilibrio termodinamico. Un sistema termodinamico si trova in equilibrio quando le forze meccaniche che si esercitano sulle varie parti del sistema sono in equilibrio, non c'è moto macroscopico osservabile tra le varie parti, la temperatura è ovunque la stessa, le eventuali reazioni chimiche hanno raggiunto l'equilibrio e i processi di cambiamento di stato (solidificazione, evaporazione, ecc.) hanno anch'essi raggiunto l'equilibrio; se si indica con il nome di microstato del sistema quello che corrisponde a un particolare insieme di valori per posizioni, velocità, stati quantici delle singole particelle, si può dire che in condizioni di equilibrio termodinamico da un istante all'altro il sistema passa da un microstato a un altro, al quale corrispondono gli stessi valori delle grandezze globali che descrivono lo stato termodinamico (microstati di equilibrio). Le variabili di stato, ovvero le grandezze di carattere globale, misurabili macroscopicamente, che caratterizzano il sistema, si presentano in coppie, una per ogni possibile forma di scambio di energia tra il sistema e l'esterno; in ogni coppia, poi, una variabile viene detta intensiva, in quanto indipendente dall'estensione del sistema in gioco, mentre l'altra viene detta estensiva. Le variabili di stato non sono tutte indipendenti: le relazioni esistenti fra di esse, determinabili sperimentalmente, prendono il nome di equazioni di stato. Tra le trasformazioni termodinamiche hanno ruolo fondamentale quelle reversibili, intese, cioè, come costituite da una successione di infiniti stati di equilibrio, infinitamente poco diversi l'uno dal precedente; tali trasformazioni sono puramente ideali, come si deduce dal fatto che la loro esecuzione richiede un intervallo di tempo infinito. Si noti che la condizione di quasi staticità, cioè l'aver luogo in modo infinitamente lento, è necessaria, ma non sufficiente, per avere trasformazioni reversibili. Si dicono, infine, trasformazioni cicliche o chiuse, quelle nelle quali stato iniziale e stato finale coincidono; un esempio è dato dalle trasformazioni associate a un ciclo di lavoro di una macchina termica, il cui andamento può essere rappresentato in un piano cartesiano ortogonale (v, p), dove v è il volume e p è la pressione, detto piano di Clapeyron. L'area racchiusa dalla linea rappresentante la trasformazione ciclica considerata misura il lavoro compiuto dal sistema contro l'esterno. ║ Principio zero della t.: principio in base al quale due sistemi, ognuno dei quali in equilibrio termico con un terzo sistema, sono in equilibrio termico fra di loro. ║ Primo principio della t.: principio che afferma l'equivalenza tra calore e lavoro, estendendo il principio di conservazione dell'energia ai fenomeni termici. Esso afferma che, in una trasformazione ciclica, il rapporto tra il lavoro compiuto e la quantità di calore scambiata è costante e indipendente dal ciclo eseguito, dalla natura dei corpi in gioco e dai dispositivi utilizzati; il valore costante di questo rapporto fornisce il numero di unità di lavoro corrispondente a un'unità di quantità di calore e prende il nome di equivalente meccanico del calore. Se si assumono il joule come unità di lavoro e la caloria come unità di quantità di calore, tale rapporto è di 4,186 J/cal; il suo inverso, cioè il numero di unità di quantità calore corrispondente a un'unità di lavoro, prende il nome di equivalente termico del lavoro, ed è pari a 0,2389 cal/J. Nel caso di una trasformazione termodinamica ciclica, pertanto, esprimendo quantità di calore e lavoro nella stessa unità di misura, si ha Q = L, o Q - L = 0, dove Q e L indicano, rispettivamente, la quantità di calore scambiata ed il lavoro eseguito; di conseguenza, in una trasformazione aperta da uno stato iniziale A a uno stato finale B, l'energia totale scambiata con l'esterno QAB - LAB non dipende dalla trasformazione seguita, ma solo dagli estremi A e B della trasformazione stessa, cioè è esprimibile come variazione UA - UB di un'unica funzione U, dipendente solo dallo stato del sistema. Tale funzione di stato viene detta energia interna, in quanto esprime la capacità del sistema di compiere lavoro in assenza di scambi di calore: in tal caso, infatti, si ha dU = δL, con δQ = 0, dove il simbolo dU, rappresentante la variazione di energia interna in una trasformazione infinitesima, sta a significare che è un differenziale esatto, mentre i simboli δQ e δL stanno a significare che le variazioni infinitesime di lavoro e di quantità di calore non sono differenziali esatti. L'energia interna è una funzione di stato, così come in meccanica l'energia potenziale; essa, pertanto, è definita a meno di una costante, e aumenta nel passaggio dallo stato iniziale a quello finale se la quantità Q - L è positiva. La relazione δQ - δL = dU costituisce l'espressione matematica del primo principio della t., per una trasformazione infinitesima. ║ Secondo principio della t.: principio che esprime l'esistenza di limitazioni per quanto riguarda le trasformazioni di calore in lavoro, in una trasformazione termodinamica ciclica. Si possono dare varie espressioni del secondo principio. L'enunciato di lord Kelvin afferma che è impossibile realizzare una trasformazione il cui risultato finale sia solamente quello di trasformare in lavoro il calore estratto da una sorgente termica; ne consegue che non è possibile realizzare una macchina che riesca a trasformare in lavoro, con continuità, quantità di calore prese da una sorgente a temperatura T1, senza contemporaneamente trasferire un'altra quantità di calore a una sorgente a temperatura più bassa T2. Da esso discende anche l'enunciato di Clausius del secondo principio: non è possibile realizzare una trasformazione il cui risultato finale sia solamente quello di trasferire una quantità di calore da un corpo a un altro a temperatura maggiore del primo. Tale principio non impedisce il trasferimento di quantità di calore da un corpo a un altro a temperatura maggiore: ciò è possibile purché contemporaneamente venga speso del lavoro, come accade nelle macchine refrigeranti. Il secondo principio della t., inoltre, stabilisce l'irreversibilità dei processi presenti in natura coinvolgenti una conduzione di calore, non solo in quanto essi non avvengono spontaneamente in senso inverso, ma nel senso che non è possibile realizzare una combinazione di processi naturali che possa ripristinare lo stato primitivo del sistema senza che si determinino variazioni altrove. Poiché in tutte le trasformazioni reali vi è sempre la trasformazione di una quantità più o meno grande di energia meccanica, elettromagnetica o di altri tipi in calore, esse sono sempre irreversibili. ║ Terzo principio della t.: due parametri fondamentali per la caratterizzazione dello stato termodinamico di un sistema sono l'energia interna e l'entropia. È noto, inoltre, che al decrescere della temperatura diminuisce l'energia interna del sistema nel suo stato di equilibrio; si può quindi dire che l'energia interna di una sostanza, al decrescere della temperatura, decresce e finisce per tendere verso il valore minimo consentito quando la temperatura tende allo zero assoluto: l'energia residua che il sistema avrebbe anche allo zero assoluto prende il nome di energia al punto zero. Al decrescere della temperatura, inoltre, decrescono il disordine e l'entropia del sistema: seguendo, ad esempio, l'evoluzione di un sistema dallo stato di vapore a quello liquido e a quello solido, fino al raggiungimento dello stato cristallino a bassa temperatura, si osserva che il disordine va gradatamente diminuendo. Si può quindi affermare che in un sistema, a ogni temperatura, si stabilisce un equilibrio fra due opposte tendenze, quella di raggiungere lo stato di minore energia, e quella dovuta alla presenza dell'agitazione termica, che tende a far raggiungere al sistema la situazione di massimo disordine e massima entropia. Il terzo principio della t., o principio di Nernst, stabilisce la modalità di variazione dell'entropia all'approssimarsi allo zero assoluto; nella forma oggi più comunemente accettata, esso afferma che per ogni trasformazione isoterma di un sistema termodinamico costituito da una sostanza pura allo stato solido cristallino, si ha

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Ciò implica che non è possibile raggiungere lo zero termico assoluto, per cui il principio di Nernst prende anche il nome di principio dell'irraggiungibilità dello zero assoluto. ║ Funzioni temodinamiche: grandezze estensive che forniscono, mediante derivazione, tutte le informazioni relative a un sistema termodinamico. Tali funzioni sono l'energia interna, l'entalpia, l'energia libera e l'entalpia libera, assumendo, tra le variabili di stato, anche l'entropia. L'energia interna è definita, in termini di differenziali, dalla relazione dU = δQ - δL; le sue derivate parziali rispetto alle variabili estensive entropia e volume danno luogo a due grandezze intensive, la temperatura e la pressione, secondo le relazioni


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valide in un sistema termodinamico semplice, descrivibile, cioè, mediante due sole variabili di stato indipendenti. L'entalpia è definita dall'espressione H = U + pv, dove p e v indicano la pressione e il volume; per un sistema semplice valgono le relazioni


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dove il segno di uguaglianza nella prima relazione vale solo per trasformazioni reversibili. È particolarmente utile per le trasformazioni isobare. L'energia libera, detta anche funzione o energia libera di Helmholtz, è definita dall'espressione A = U - TS, dove T è la temperatura termodinamica e S è l'entropia; per un sistema semplice valgono le relazioni


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L'entalpia libera, detta anche funzione di Gibbs o energia libera di Gibbs, è definita dall'espressione G = H - TS, dove T è la temperatura termodinamica ed S è l'entropia; per un sistema semplice valgono le relazioni


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Tale funzione è particolarmente utile nei cambiamenti di stato, che sono processi isobari e isotermi. ║ T. dei processi irreversibili: ramo della t. che si occupa della descrizione e dello studio di processi termodinamici irreversibili. Le leggi della t. classica, infatti, consentono lo studio rigoroso solo di processi reversibili, ideali, in quanto i processi reali presentano sempre caratteri di irreversibilità, legati a disuniformità spaziali o a discostamento dallo stato di equilibrio; in molti casi, tuttavia, tali caratteri hanno entità modesta, ed è lecito studiare i fenomeni associati come reversibili, salvo poi tener conto dell'irreversibilità mediante opportune correzioni. La t. dei processi irreversibili si occupa di quei fenomeni in cui tale approssimazione non è possibile. A tale scopo, è necessario introdurre il concetto di valore locale dei parametri termodinamici, definito come quello relativo a una porzione di sistema nella quale ogni parametro resti costante, così come il concetto di valore istantaneo dei parametri termodinamici, definito in modo del tutto analogo. Per una descrizione locale esauriente, poi, è necessario porre in forma opportuna le leggi di conservazione e tradurre nel nuovo linguaggio i primi due principi della t. La t. dei processi irreversibili trova numerose applicazioni in biologia.