(dal greco
theós: dio e
goné: generazione). Generazione e genealogia degli dei, complesso
di miti e tradizioni inerenti alla nascita e alla discendenza delle
divinità. Il termine è utilizzato di norma a indicare la
formazione del
pantheon di una religione e il racconto di tale processo
generativo. • St. delle rel. - La tendenza a speculare sulle origini degli
dei è riscontrata anche presso popolazioni primitive e di interesse
etnologico, anche quando le loro credenze contemplino un numero di figure divine
assai limitato. In queste culture si nota, in generale, l'identificazione di un
Essere supremo di cui non si indaga la provenienza, assumendo cioè che
esista da sempre (in alcuni casi, tuttavia, si afferma una sua autocreazione):
egli, mediante creazione o emanazione, dà vita ad altre entità
divine. In un tale schema, tuttavia, non è ancora possibile individuare
un vero e proprio pensiero teogonico, che necessita per sua natura di un
contesto schiettamente politeista e dunque presuppone elementi propri delle
civiltà superiori, quali: inurbamento, stratificazione socio-economica di
tipo gerarchico, organizzazione e differenziazioni del lavoro e delle
attività produttive e gestionali, esistenza di una mitopoiesi che
riassuma le tendenze speculative di un popolo. La natura stessa del mito
(V.), infatti (la cui funzione primaria è
quella di rispondere alla domanda sulle origini del cosmo, dell'uomo, delle
istituzioni), allo scopo di fondare e giustificare lo
status quo, conduce
a porre questioni sulla provenienza degli dei e, data la premessa del
politeismo, sulla loro genealogia, cioè sui rapporti reciproci tra le
divinità: in termini antropomorfici, sulla loro ascendenza e discendenza.
Così, divinità dotate di sfere d'azione affini sono spontaneamente
concepite come apparentate o (in conseguenza dei fenomeni di stratificazione
storica) figure di cui permane la coscienza di una maggiore o minore
antichità sono venerate rispettivamente come progenitori e discendenti.
Molti studiosi (M. Eliade, U. Bianchi, W. Schimdt) hanno infatti rilevato una
costante nelle diverse tradizioni, in base alla quale la divinità
primordiale (quasi sempre di natura uranica, cioè atmosferica), dopo aver
svolto la sua attività generativa o creatrice, tende a ritrarsi in
sé o viene cacciata, assumendo i caratteri di un
deus
otiosus, e lascia posto e funzioni ai figli o ad ulteriori e giovani
generazioni divine, con accentuate caratteristiche di forza e potenza, il cui
compito è quello di proseguire o perfezionare o conservare la creazione:
il momento teogonico, cioè, si continua naturalmente nel momento
cosmogonico (V. COSMOGONIA). Analizzando le
principali
t. si ricava frequentemente una scansione di questo tipo:
divinità progenitrici poco caratterizzate, prive di funzioni specifiche e
destinatarie di un culto scarso o nullo (esse rappresentano le fasi più
antiche delle credenze che costituiscono quella particolare
t.);
divinità preposte a singoli elementi e a fenomeni naturali (cielo, terra,
acqua, sole, tenebra, fulmine, ecc.) o funzionali a sfere dell'agire umano
(metallurgia, agricoltura, fertilità, ecc.), sentite come più
dinamiche e vicine all'uomo e ai suoi bisogni e raffiguranti il momento
intermedio della costituzione del
pantheon; infine si evidenzia un'ultima
generazione, costituita dai figli della precedente, in cui trovano posto
divinità minori o locali, personaggi leggendari o storici trasformati in
eroi o semidei, cioè il materiale più recente del pensiero
teogonico. Sono dunque tre i caratteri necessari perché una realtà
religiosa produca una riconoscibile
t.: politeismo, antropomorfismo e
funzionalità naturale o tecnica. A ciò si aggiunga che spesso le
t. si prolungano anche in antropogonie (la divinità primordiale
crea direttamente il cosmo e in esso l'uomo, o questi viene creato in un secondo
tempo, con il compito di servire le nuove divinità, o ancora i
capostipiti delle grandi dinastie di un popolo sono fatti discendere dagli eroi
divini o semidivini della terza fase teogonica) oppure in teomachie (le
successive generazione di dei si combattono tra loro per la prevalenza e il
controllo del cosmo). Presso alcuni popoli, i materiali mitologici, di varia
datazione e provenienza, furono organizzati in opere coerenti (si pensi tra
tutte alla
Teogonia di Esiodo), ma assai più spesso i racconti
teogonici non furono sistemati e forniscono ai nostri occhi versioni non
esaustive o discordanti o semplicemente non omogenee. Ad esempio, nell'Antico
Egitto furono elaborate più tradizioni teogoniche (probabilmente
originate dai culti delle locali divinità demiurgiche) a Menfi, Ermopoli,
Eliopoli, ecc. Il ciclo che nel tempo guadagnò maggior diffusione e
autorità fu però quello eliopolitano: nel caos primordiale
indifferenziato (
nun) era presente, come potenza, un principio divino
impersonale e indifferenziato (
Atum) che, prendendo coscienza di
sé, acquisì identità personale come
Ra
(V.), il dio solare, fondamento di tutto
l'esistente. Egli procreò una prima coppia divina:
Shu e
Tefnet (rispettivamente collegati al principio maschile dell'aria secca e
a quello femminile dell'aria umida) generarono la seconda coppia di dei,
Geb (dio della terra) e
Nut (dea del cielo). Da queste prime
generazioni ebbero origine altre divinità, poi assurte ai ruoli centrali
del
pantheon eliopolitano:
Osiride e
Iside,
Seth e
Neftis. L'interposizione di
Shu (in quanto spazio) tra i due
progenitori assunse poi valore cosmogonico. Anche nell'India vedica
(V. VEDA) non venne consolidata una risposta
univoca alla questione teogonica: accanto al mito rgvedico dello smembramento
del
Purusha (V.), l'uomo primordiale da cui
ebbero origine non solo il cosmo ma anche le principali divinità (Indra,
Agni, Vayu), coesiste anche quello dell'emanazione da parte del dio creatore
Prajapati e una miriade di racconti che intrecciano i più vari e
complessi rapporti genealogici tra le divinità. Le mitologie hittita e
hurrita ebbero miti teogonici di origine probabilmente comune e che in parte
influenzò la
t. greca: un dio primordiale,
Alalu, viene
detronizzato da una seconda divinità,
Anu, il progenitore degli
altri dei;
Kumarbi, uno dei suoi figli, lo spodesta ma riceve in cambio
la profezia che lui stesso avrà uguale destino. Ciò puntualmente
si verifica, e a capo del
pantheon sale il dio atmosferico
Teshub.
Questa stessa vicenda è riconoscibile anche in ambito cananeo. Altre
culture produssero narrazioni teogoniche univoche e generali, dotate non solo di
carattere sistematico ma anche di dignità letteraria e poetica. Tra
queste si conta senza dubbio il poema babilonese
Enuma Elish,
rielaborazione delle precedenti e numerose versioni sumeriche:
Apsu
(Abisso) e
Tiamat (Mare) sono i due principi caotici (rispettivamente
maschile e femminile) da cui hanno origine - passando per un certo numero di
generazioni intermedie e di importanza secondaria - il
pantheon dei
grandi dei:
Anu,
Enlil,
Ea, ecc. e soprattutto
Marduk, divinità poliade di Babilonia, il cui ruolo nella
successiva versione assira del mito sarà affidato ad
Assur. Marduk
guida i fratelli nella lotta vittoriosa contro i progenitori, che rappresentano
le forze retrive del caos: la teomachia si trasforma in cosmogonia,
perché dal corpo smembrato di Tiamat, il dio formò il cielo e la
terra. Di grande compattezza e bellezza è anche la
Teogonia
(V.) di Esiodo, che riunì tutto il
materiale mitologico precedente, tradizione che esemplifica al meglio le
caratteristiche proprie dei racconti teogonici, tra cui: il succedersi di
generazioni divine (da Caos, sono generati Gea e Urano; da questi, i Titani e
Crono; da quest'ultimo e Rea, Zeus e i grandi dei del pantheon greco), lo
sviluppo di teomachie (evirazione di Urano da parte di Crono e dei Titani;
detronizzazione di Crono da parte di Zeus e dei suoi fratelli e annientamento
dei Titani). Assai dettagliata, infine, è anche la
t. scintoista
(V. SCINTOISMO), narrata dai due testi
Kojiki e
Nihongi: attraverso ben sette generazioni celesti, si
passa dalle divinità primordiali alla coppia
Izanami e
Izanagi, da cui ebbero origine sia le divinità della natura sia il
cosmo (in particolare le isole del Giappone).