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Teogonìa.

Poema epico-didascalico di Esiodo di Ascra. L'opera (il cui titolo significa la generazione degli dei) consta di 1.022 versi e concerne in generale l'origine del mondo e le genealogie degli dei. In particolare, nella parte principale, che si apre con un ispirato inno alle Muse (versi 1-104), il poeta tratta la nascita del mondo primigenio e la generazione degli dei, comprese le masse cosmiche divine (Caos, Cielo, Terra, Mare), fino all'avvento del dominio instaurato da Zeus; frammiste a questo complesso racconto, che costituisce un "mito di successione" di provenienza orientale (hurrita e mesopotamica), si trovano le intricate genealogie delle svariate stirpi divine del pantheon greco. Le prime potenze generate furono Caos, Terra (Gea) ed Eros; da Caos e Gea, in due linee di discendenza separate, nacquero circa 300 dei; Gea generò Urano (cielo); Urano e la stessa Gea generarono la stirpe dei Titani, fra cui Crono (tempo); dall'unione di Crono con la sorella Rea vennero alla luce vari dei, fra cui Estia, Demetra, Era, Ade e Poseidone. Crono, tuttavia, preoccupato da un'antica profezia secondo cui sarebbe stato detronizzato dai suoi figli, li inghiottiva non appena venivano al mondo. Quando Rea fu prossima a partorire l'ultimo dei suoi figli, Zeus, si rifugiò nell'Isola di Creta, dove lo diede alla luce e lo nascose, offrendo a Crono (in sua vece) una pietra avvolta nelle fasce, che fu puntualmente inghiottita. Zeus, sopravvissuto in tal modo, riuscì a scalzare il dominio del padre, diventando così il più potente dei numi, e lo costrinse anche a vomitare i suoi fratelli, che vennero così liberati. Segue nel poema la descrizione della lotta fra gli dei olimpi (così è designata la generazione di Zeus e dei suoi fratelli e sorelle) e i Titani, figli di Gea e Urano e perciò fratelli di Crono, i quali non volevano sottomettersi al nuovo signore Zeus. Dopo una guerra durata dieci anni e conclusasi con una battaglia tale da sconvolgere l'intero universo, i Titani furono sconfitti e vennero gettati nel Tartaro, del quale Esiodo descrive i tenebrosi recessi (versi 720-819). Il poema si conclude con la narrazione dei matrimoni di Zeus e degli altri dei Olimpi, con l'instaurazione del regno della giustizia da parte dello stesso Zeus e con una lista delle divinità che si unirono a individui mortali, dai quali ebbe origine la stirpe semidivina degli eroi. All'interno della lunga descrizione si trovano anche altri miti, quali quello della dea non omerica Ecate (versi 411-452) e soprattutto quello di Prometeo (versi 521-616), il Titano ribelle che rubò il fuoco agli dei per donarlo agli uomini, favorendo l'origine della civiltà; per questa vicenda, l'umanità fu punita da Zeus con la creazione della prima donna, Pandora. La T. rappresenta il primo tentativo a noi noto, da parte di un poeta greco, di dare ordine e sistematicità a una tradizione mitologica ricchissima ma assai disparata; costituisce inoltre un documento di straordinario rilievo per la conoscenza dei vari livelli che componevano la religiosità greca arcaica, dall'universo immane e inquietante delle divinità primigenie al nuovo, stabile ordine instaurato da Zeus. Si tratta, in sintesi di una storia sacra, nella quale a lunghi e pedanti cataloghi di nomi e di successioni genealogiche si alternano momenti di vera poesia, come nell'inno alle Muse, pervaso da un profondo e mistico sentimento della natura e del cosmo.