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Temìstocle.

Statista e generale ateniese. Figlio di Neocle, apparteneva all'antico casato dei Licomidi; tuttavia, una parte della tradizione, a lui ostile, lo dipinse come di nascita umile, forse per l'origine straniera della madre, o forse per la sua adesione alla causa democratica. La figura e l'attività politica e militare di T. sono strettamente connesse con la storia di Atene durante le guerre persiane (490-479 a.C.) e con lo sviluppo e il consolidamento della democrazia, regime di governo che egli contribuì ad avviare verso forme sempre più avanzate. Quantunque alcune fonti a lui sfavorevoli sostengano che si sarebbe segnalato per la prima volta solo nel 480 a.C., è sicuro invece che T. ricoprì la carica politica più prestigiosa, quella di arconte eponimo, già nel 493-492 a.C.: in quell'occasione si batté per lo sviluppo e la fortificazione del Pireo, che da allora divenne il principale porto della città; inoltre, nel 490 a.C. fu eletto generale per la sua tribù. Negli anni successivi alla prima spedizione persiana contro la Grecia, culminata con la vittoria degli Ateniesi guidati da Milziade a Maratona (490 a.C.), T. svolse un ruolo molto attivo nella vita politica: anche se è arduo ricostruire l'evolversi delle continue lotte per il potere che si verificarono in quel periodo, è pressoché certo che T. ebbe una parte importante negli ostracismi che fra il 487 e il 483 a.C. colpirono importanti personaggi come Ipparco, Megacle, Santippo, Aristide. Probabilmente, contro di lui venne addirittura organizzata una vera e propria propaganda (come dimostrano i 191 ostraka "prefabbricati" con il suo nome ritrovati nel 1939 alle pendici dell'Acropoli), che non sortì però l'effetto desiderato. Alla sua iniziativa taluni studiosi moderni ricollegano anche le riforme costituzionali varate ad Atene nel 487-486 a.C. che (con l'ampliamento delle classi di censo fra le quali reclutare i magistrati più importanti e con l'introduzione della procedura del sorteggio, in luogo dell'elezione, per le principali cariche) aprirono la via alla piena democrazia e favorirono l'ascesa politica dei generali (strateghi), unica magistratura rimasta elettiva. Il vero successo per T. si ebbe però nel 483-482 a.C., quando la città approvò il suo progetto di costruzione di una flotta di 200 (o 100) navi da guerra: destinata in un primo momento al conflitto contro Egina, questa nuova arma bellica degli Ateniesi si rivelò determinante per la salvezza della città durante l'invasione persiana del 480 a.C. Inoltre, il programma navale di T. ebbe una capitale conseguenza politica, in quanto i teti, cioè gli appartenenti alla classe sociale più povera di Atene, furono reclutati nella flotta come rematori, e acquistarono così un peso (dapprima militare, poi anche politico) determinante. Nel 481-480 a.C., di fronte all'avanzata dell'immenso esercito persiano guidato da Serse e Mardonio, i piani di resistenza dell'intera Grecia furono elaborati da T. in stretta collaborazione con Sparta, allora potenza egemone dell'Ellade. A lui si dovette pure la scelta di evacuare Atene e di abbandonare la città al nemico: fu questo un provvedimento estremo, che T. fece accettare ai concittadini con l'aiuto di un antico oracolo, secondo cui Atene sarebbe stata salvata da un "muro di legno", cioè dalle navi. A tale misura si riferisce un'epigrafe, nota come "il decreto di T.", trovata a Trezene, nella quale sono elencate le disposizioni dettate da T.: l'autenticità dell'iscrizione è però dubbia e non si esclude che si tratti di un falso redatto in età più tarda. Sempre a T. va attribuita la decisione (presa nel 480 a.C., dopo il sacrificio spartano alle Termopili e l'incerto esito di una battaglia navale all'Artemision) di affrontare il nemico sul mare, nello stretto di Salamina, dove egli riuscì ad attirare i Persiani mediante un ingegnoso stratagemma. In questo celebre scontro, reso immortale dal racconto di Erodoto e dalla poesia dei Persiani di Eschilo, la flotta greca al comando dello spartano Euribiade e di T. stesso, eletto stratego, ottenne una straordinaria vittoria: T., vero artefice del trionfo, venne salutato dai combattenti tutti come l'individuo "più abile e saggio della Grecia". La sua fortuna non fu tuttavia di lunga durata: svolse ancora un'importante missione politica nell'inverno del 479-478 a.C., quando si recò a Sparta per "far trascorrere il tempo" mentre gli Ateniesi, contro la volontà degli Spartani, ricostruivano le loro poderose fortificazioni; ma già nel 479 a.C. i suoi antichi avversari politici erano tornati a occupare i principali comandi, e in seguito, coalizzatisi contro di lui e guidati dall'aristocratico Cimone, ne ottennero l'ostracismo nel 471 a.C. Recatosi a vivere ad Argo, la tradizionale nemica di Sparta nel Peloponneso, T. si adoperò per diffondere gli ideali democratici in molte città dell'area: tale attività "sovversiva" mise in allarme gli oligarchici spartani, i quali lo accusarono di aver tramato con la Persia di concerto con un altro influente personaggio greco, il reggente spartano Pausania. T. allora trovò riparo in Asia, dopo una avventurosa fuga nel corso della quale fu a Corcira, in Epiro e in Macedonia; ad Atene fu processato per tradimento e condannato a morte in contumacia. Nel 465 a.C., giunto alla corte di Artaserse, nuovo sovrano achemenide, l'antico nemico dei Persiani fu trattato con grande benevolenza, al punto tale che gli venne assegnato il possesso di Magnesia sul Meandro, Lampsaco e Miunte, località nell'Asia Minore occidentale. Poco tempo dopo, a Magnesia, T. moriva. Benché celebrato come l'eroe di Salamina, e quantunque responsabile, almeno in parte, della creazione della potenza marittima ateniese, T. non ricevette un trattamento di riguardo da parte della tradizione successiva (di tendenza antidemocratica), che ne sottolineò a più riprese l'arroganza, l'ambizione sconfinata, il gusto per l'intrigo e la corruttibilità; per contro, per le sue doti di statista, per la sua acuta intelligenza e per le sue indubbie capacità politiche T. fu ammirato da Tucidide e da Plutarco (528 a.C. circa - 462 a.C.).