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Telefonìa.

Sistema di telecomunicazione destinato alla trasmissione a distanza dei segnali fonici, generalmente per mezzo della corrente elettrica. Una trasmissione telefonica può essere schematizzata come segue: l'apparecchio trasmittente trasforma in variazioni di corrente elettrica le variazioni di pressione provocate nell'aria dall'onda sonora; il segnale elettrico viene opportunamente trasmesso e, raggiunto l'apparecchio ricevente, viene trasformato in un'onda sonora riproducente il suono originario. Il primo apparecchio telefonico fu brevettato dall'italiano A. Meucci (1871), tuttavia il primo sistema telefonico ad avere pratico sviluppo fu quello brevettato dallo statunitense A.G. Bell (1876), con il quale, nel 1877, venne realizzata la prima trasmissione, su una distanza di 22 km. Gli attuali sistemi telefonici sono in linea di principio analoghi a quelli ideati da Meucci e da Bell, e cioè costituiti da: apparecchi telefonici presso gli utenti, per la conversione del suono in segnale elettrico; circuiti, costituenti reti telefoniche, per il collegamento degli apparecchi con le centrali di commutazione; centrali di commutazione, per l'interconnessione delle varie reti. I collegamenti tra le centrali di commutazione e i vari utenti sono realizzate per la maggior parte della lunghezza con circuiti della rete di distribuzione e, per la lunghezza restante, con i raccordi di utente. La rete di distribuzione si suddivide, a sua volta, in una rete principale, che va dalle centrali di commutazione ai punti di diramazione di cavi di potenzialità relativamente piccola, e in una rete terminale, costituita dai circuiti che partono dai suddetti punti di diramazione e arrivano ai distributori; i collegamenti tra le varie centrali di commutazione prendono il nome di reti di giunzione. La trasmissione telefonica lungo le reti può avvenire per mezzo di tecniche analogiche o tramite tecniche numeriche o digitali. La trasmissione telefonica più semplice è quella di tipo analogico, realizzata mediante l'invio di segnali elettrici con andamento analogo a quello dei suoni da comunicare; la trasmissione dei segnali, tuttavia, è limitata dalle costanti elettriche del circuito, che determinano la risposta in frequenza e l'attenuazione, compensata, a sua volta, con l'impiego di amplificatori ed equalizzatori. La banda di frequenze lorda necessaria per una buona comunicazione telefonica è di 4 kHz; il fatto che la banda di frequenze che può essere trasmessa sui circuiti in cavo sia in genere molto maggiore di tale valore rende possibile la realizzazione di più circuiti su un unico mezzo portante, utilizzando il principio della multiplazione a divisione di frequenza, detto anche principio dei circuiti in alta frequenza o dei circuiti a frequenze vettrici. Il campo delle frequenze trasmissibili viene suddiviso in bande della larghezza di 4 kHz, corrispondenti ad altrettanti canali telefonici, i cui segnali vengono traslati, mediante un opportuno modulatore, dalla banda base, tra 0 e 4 kHz, a una banda di frequenze più alta; in ricezione si utilizza un sistema di demodulazione, applicato ai singoli canali, che ne permette la traslazione in banda base. Le linee aeree su palificazione possono essere utilizzate per frequenze fino a 150 kHz, per una trasmissione fino a 12-18 canali, combinati in sistemi a 12 e 4 canali, purché si adottino particolari accorgimenti costruttivi lungo la linea; nelle linee in cavo non pupinizzate si utilizzano generalmente sistemi a 12 canali su una gamma di frequenze fino a 108 kHz, ma è possibile arrivare, con più sistemi sul medesimo cavo, a 500 kHz e, con un unico sistema, fino a qualche MHz. I cavi coassiali utilizzano sistemi di t. multipla a divisione di frequenza per 960, 2.700 e 10.800 canali, fino a frequenze di 4 MHz, 12 MHz e 60 MHz; i sistemi in ponte radio o via satellite, infine, presentano potenzialità elevatissime in termini di canali trasmessi: basti pensare che un ponte radio nella gamma dei 7 GHz può trasmettere 16 fasci, ciascuno dei quali è in grado di allocare una banda di 12 MHz, corrispondente a 2.700 canali. L'evoluzione della t. a partire dagli anni Sessanta è basata sull'utilizzo di tecniche numeriche o digitali di trasmissione, consistenti nella conversione di segnali analogici in flussi continui di cifre binarie (bit) e nel loro trasporto all'altro capo del collegamento, dove viene ricostruito il segnale originario. Un singolo segnale fonico in banda base viene convertito in un segnale numerico di 64 kbit/sec mediante un processo di conversione, detto modulazione PCM, realizzato grazie all'utilizzo di convertitori numerico-analogici; la tecnica PCM può essere applicata in qualsiasi tratto della rete telefonica, tuttavia l'introduzione di tale sistema è avvenuta in modo graduale, con la realizzazione di una nuova rete sovrapposta e interconnessa a quella precedente, e destinata a sostituirla gradualmente. La tecnica numerica si presta facilmente alla realizzazione di segnali multipli, grazie al fatto che i diversi mezzi trasmissivi (cavi in rame, ponti radio, fibre ottiche) sono in grado di trasmettere velocità multiple del flusso di 64 kbit/sec, fino a decine di migliaia di volte più elevate. Ogni mezzo trasmissivo, pertanto, può ospitare qualche decina di migliaia di canali contemporanei, trasmettendo in sequenza i bit dei singoli canali considerati: un bit del primo circuito, poi un bit del secondo e così via fino all'ultimo, dopo il quale si inizia di nuovo. Tale sistema di trasmissione viene detto TDM (t. multipla a divisione di tempo), in contrapposizione al sistema di multiplazione a divisione di frequenza, detto FDM. L'interconnessione tra i vari circuiti, che consente la realizzazione delle comunicazioni telefoniche desiderate, avviene nelle centrali di commutazione. Il primo impianto di commutazione telefonica manuale fu quello della centrale di New Haven, negli Stati Uniti, attivata nel 1878; in Italia i primi impianti furono installati a Roma e a Milano nel 1881. La nascita della commutazione automatica, invece, si attribuisce generalmente ad A.B. Strowger, con un brevetto del 1891 che consentì la realizzazione, un anno dopo, della prima centrale a La Porte, negli Stati Uniti; in Europa la prima grande centrale automatica venne realizzata nel 1908 a Monaco di Baviera, con 2.550 numeri, e in Italia nel 1913, con la costruzione della centrale di Prati di Castello in Roma. La commutazione manuale, nella quale le manovre che consentono la connessione dei due utenti vengono effettuate grazie all'intervento di un operatore, viene oggi utilizzata solo nei casi in cui sia espressamente richiesta dal tipo di utenza. La commutazione automatica si effettua, invece, tramite i commutatori telefonici, costituiti in generale da una rete di commutazione, attraverso le quali si stabiliscono le connessioni, e da organi di comando, che svolgono le funzioni di comando e di controllo dell'intero commutatore. Dal punto di vista delle caratteristiche funzionali, i commutatori possono essere suddivisi in: commutatori ad accessibilità completa, se per ciascun circuito entrante esiste in potenza la possibilità di essere connesso a un circuito uscente, e ad accessibilità incompleta, in caso contrario; commutatori a selezioni successive, se le scelte dei circuiti da impegnare vengono effettuate stadio per stadio, senza alcuna condizione imposta dallo stato attuale degli stadi successivi, e a selezione coniugata o condizionata, in caso contrario; commutatori senza congestione, se ciascun circuito entrante può essere sempre connesso a qualunque circuito uscente libero, e commutatori con congestione, nel caso contrario. L'adozione delle tecniche PCM ha profondamente modificato la realizzazione delle centrali commutative: mentre nelle centrali elettromeccaniche le funzioni di commutazione erano affidate a contatti metallici mobili, in questo caso occorre fare in modo che i bit entranti da un certo circuito, ossia in un certo intervallo temporale, escano dalla centrale verso un altro circuito, ossia in un altro intervallo temporale: la funzione di connessione, pertanto, consiste nel memorizzare temporaneamente i bit in apposite memorie, fra l'intervallo di tempo in cui entrano e quello in cui escono. Una centrale di questo tipo, realizzata con l'ausilio di tecniche integrate, viene denominata autocommutatore a divisione di tempo, in contrapposizione agli autocommutatori a divisione di spazio delle centrali tradizionali. Le funzioni di comando, svolte per circa un secolo da organi elettromeccanici (relè), sono attualmente fondate sull'impiego di elaboratori di processo in tecnica elettronica numerica; i sistemi oggi in uso, detti modulari, si basano sull'utilizzo di elaboratori piccoli autonomi. Il comando di un modulo gestisce tutte le chiamate originate o dirette verso gli abbonati a quel modulo; i moduli, poi, sono interconnessi fra loro direttamente o, più spesso, tramite nodi di transito intermedi. L'utilizzo di tecniche numeriche ha consentito lo sviluppo delle reti numeriche integrate, denominate con la sigla IDN. In tali reti il segnale analogico proveniente dalla linea d'utente viene codificato in forma numerica e trasportato a 64 kbit/sec fino alla centrale di destinazione; è sufficiente effettuare le operazioni di codifica e decodifica presso il terminale d'utente per poter trasportare lungo la rete non solo segnali telefonici, ma qualunque tipo di segnale, purché in forma numerica a 64 kbit/sec o suoi multipli, per una estesa gamma di servizi. Tale sistema, denominato ISDN, consente servizi e applicazioni molto diverse dalla t., quali la videotelefonia, le comunicazioni dati, ecc.; tale sistema, tuttavia, è limitato dal fatto che l'IDN non ha ancora raggiunto ogni possibile centrale. Con le reti IDN o ISDN è possibile realizzare il servizio detto intelligenza di rete, che permette di modificare alcune funzioni di instradamento o tassazione, entro certi limiti: un esempio è dato dal numero verde, caratterizzato in Italia dal prefisso 167. Altre notevoli applicazioni sono il servizio denominato mobilità personale, mediante il quale opportune terminazioni di rete sono in grado di riconoscere l'utilizzatore, ad esempio tramite l'inserimento di un'opportuna scheda personale nell'apparecchio terminale, e il servizio a mobilità di accesso, caratterizzato dalla presenza di collegamenti radio fra l'apparato terminale e la terminazione di rete: tali sistemi consentono una limitata mobilità dell'utente, a piccole velocità, come nel caso dei telefoni senza filo di uso domestico, detti anche cordless. Ad essi si contrappongono i servizi radiomobili a mobilità terminale che consentono la comunicazione con terminali in movimento anche a grande velocità; tali sistemi vengono detti di t. cellulare poiché si basano sulla suddivisione del territorio in celle, in ognuna delle quali il terminale mobile è collegato a una stazione base che lavora su frequenze diverse rispetto alle celle circostanti, e che si occupa di avviare la procedura di handoff, ovvero il trasferimento dell'utente a un'altra cella, quando necessario. Nel 1982, la Conferenza delle amministrazioni delle poste e telecomunicazioni europee fondò un gruppo di studio, denominato Gruppo Speciale Mobile (GSM), con il compito di definire un modello di t. cellulare paneuropeo, caratterizzato dall'utilizzo della tecnologia numerica e dal potenziale impiego su tutto il territorio europeo; la Commissione della Comunità Europea decretò l'assegnazione comune delle frequenze nella banda dei 900 MHz. Il modello GSM venne adottato rapidamente anche in Paesi extra comunitari, soprattutto della zona asiatico-pacifica: l'acronimo GSM è passato quindi al significato di Sistema globale per le comunicazioni mobili. La t. cellulare si basa su un sistema computerizzato che controlla le antenne trasmettitrici situate nelle diverse "cellule" geografiche coperte dal servizio. Quando l'utente effettua una chiamata, il segnale viene trasferito automaticamente da una cellula all'altra e l'utente si collega via radio all'antenna della stazione radiotrasmettitrice della cella in cui si trova, che passa i dati ricevuti alla centrale di commutazione. La trasmissione dei segnali lungo la rete telefonica avveniva, in un primo tempo, in modo analogico: i segnali erano, cioè, trasmessi così come erano formulati. Su questo tipo di trasmissione si basava la tecnologia tradizionale ETACS (introdotta negli anni Settanta), sistema di telefonia cellulare di prima generazione. Oggi la telefonia cellulare si basa quasi esclusivamente sul sistema digitale: su di esso si fonda la tecnologia GSM (il cui servizio fu reso disponibile negli anni Novanta), sistema di telefonia cellulare di seconda generazione che comporta la codifica dei segnali trasmessi nel sistema binario. Mentre il sistema analogico non è mai stato sottoposto a standardizzazione internazionale, il sistema digitale garantisce la piena mobilità degli utenti anche oltre i confini del proprio territorio nazionale. Il GSM (V.) permette inoltre l'invio e la ricezione di messaggi di posta elettronica. Con i sistemi GPRS (V.) e UMTS (V.), introdotti sul mercato rispettivamente nel 2001 e nel 2002, il t. è sempre più simile a un piccolo computer multimediale.