(dal greco
theós: dio). Ogni sistema
filosofico e dottrinale che riconosca l'esistenza del divino. In senso generico,
dunque, il termine
T. si oppone ad
ateismo, cioè
all'atteggiamento intellettuale che nega la categoria del divino. In senso
più ristretto, ma attualmente più diffuso, si definisce invece
T. ogni dottrina filosofica che concepisca Dio come trascendente,
personale e capace di autorivelazione. Secondo questa accezione, dunque, il
termine di opposizione al
T. non è l'ateismo, ma il Panteismo
(V.) e il Deismo
(V.), che considerano il divino come principio
immanente al mondo: la conseguente negazione dei caratteri di trascendenza e
autorivelazione comporta anche l'impossibilità di una religione positiva.
In sintesi, mentre per il
T. Dio è un soggetto provvidente, per il
Deismo è solo un principio impersonale e ordinatore. ║
All'accezione più rigorosa di
T. si pervenne solo negli anni
successivi all'Illuminismo, epoca durante la quale il termine era spesso inteso
come sinonimo di Deismo. Kant, nella sua
Critica della ragion pura, fu il
primo a fornire le due diverse definizioni di deista e teista: l'uno ritiene
che, con lo strumento della sola ragione, è possibile conoscere il divino
come l'Essere originario cui conviene l'attribuzione di ogni realtà, ma
del quale è impossibile determinare qualcosa di più (teologia
naturale); l'altro afferma che la ragione può attingere ulteriori
determinazioni, conoscendo Dio come un essere personale, dotato di intelletto e
libertà e, dunque, di libera volontà creatrice (teologia
trascendentale). In sintesi, mentre il Deismo assume Dio come causa del mondo,
il
T. crede in un dio personale, creatore e rivelatore. Questa
concezione, in realtà, era già espressa, nella storia del pensiero
filosofico e religioso, dalla tradizione ebraico-cristiana e dal relativo
concetto di creazione. Al demiurgo platonico che operava su una materia
già esistente era infatti subentrato il concetto di creazione
ex
nihilo; al motore immobile aristotelico (che conosce solo se stesso e si
limita a trasmettere il proprio movimento) aveva fatto seguito la concezione di
Agostino e poi di Tommaso, per la quale Dio non solo conosce tutte le cose, ma
è anche causa del loro essere e divenire; all'Uno neoplatonico che
produce per necessità la prima intelligenza e da questa, per emanazione,
tutte le cose, era stato sostituito il Dio creatore per atto libero, volontario
e privo di costrizione. La concezione teista informò di sé tutto
il pensiero filosofico patristico e scolastico, ma fu attiva in varie forme
anche in epoca moderna, ad esempio in Malebranche, Berkeley, Leibniz. Di valore
più specifico fu il
T.
speculativo perseguito, tra gli
altri, da I.H. Fichte (figlio del più famoso Johann), che si
configurò come reazione al Panteismo e all'Immanentismo logico hegeliano.
Carattere peculiare del
T. finitistico di J.S. Mill o di F.C.S. Schiller
fu invece la negazione dell'onnipotenza di Dio, pur concepito come personale,
per non doverlo riconoscere anche come causa del male. Il cosiddetto
T.
assoluto, infine, di cui J. Royce fu la voce più significativa,
cercò di conciliare l'assoluto hegeliano con la proposizione di un Dio
personale e trascendente.