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Targū'm.

Voce aramaica: traduzione. Adottata dall'ebraico postbiblico, designa alcune versioni della Bibbia scritte in aramaico-giudaico e risalenti, probabilmente, all'epoca successiva all'esilio (VI sec. a.C.), quando l'aramaico sostituì l'ebraico nella lingua parlata. Tali versioni sono sia traduzioni letterali, sia più libere parafrasi, entrambe caratterizzate da un aramaico artificiale - all'epoca delle redazione la lingua era già morta - con influssi dell'ebraico biblico. Le varie traduzioni (targūmīn), parziali, frammentarie e giustapposte, opera di mani diverse e scritte in epoche differenti, ricevettero in un secondo tempo una sistemazione organica. ║ T. al Pentateuco: il T. di Onchelos, traduzione molto letterale, che si discosta dal testo originale solo al fine di non riprodurre l'antropomorfizzazione delle figure divine; composto in Palestina, ebbe larga diffusione in Babilonia. ║ T. palestinese: versione parafrastica. ║ T. dello Pseudo-Yōnātān: contaminazione delle due precedenti versioni. ║ T. ai Profeti: T. di Yōnātān: traduzione letterale, originaria della Palestina e divulgata in Babilonia. ║ T. agli Agiografi: traduzioni eterogenee a seconda dei vari libri e poco autorevoli; solo i libri di Esdra e Daniele non vennero tradotti.