(dal greco
sýmbolon:
ciò che è posto accanto). Elemento la cui percezione rimanda con
immediatezza ad altro. In tale accezione il termine è pressoché
omologo di
segno: tuttavia il segno realizza un rapporto di inferenza per
convenzione (si
decide che esso si riferisca a una determinata cosa),
mentre il
s. sarebbe connesso al suo referente da un legame più
concreto e naturale, acquisendo però valore meno univoco e determinato,
ma, al contrario, polivalente e sfumato, specie quando il
s. si riferisce
a contenuti solenni e intangibili (ad esempio,
Ulisse è il s. della
sete di conoscenza dell'uomo). ║ In riferimento a città, Stati,
partiti, ecc., elaborazione grafica che ne rende immediato il riconoscimento:
il giglio è il s. di Firenze. ║ Secondo un'accezione affine
a segno, in numerosi campi scientifici e tecnologici, si intende per
s.
un elemento grafico che, per convenzione, rappresenta un preciso ente,
grandezza, strumento: ∞
è il s. di
infinito.
• Encicl. - La storia dell'uso e della riflessione
sul concetto di
s. coincide con il dibattito intorno al rapporto tra le
realtà che, mediante il
s., si collegano: cioè tra la cosa
simboleggiante e la cosa simboleggiata. Il termine greco
sýmbolon
indicava concretamente una sorta di segno di riconoscimento, che consisteva in
un oggetto spezzato in due parti irregolari: al combaciare delle parti riunite
veniva sancito il riconoscimento del portatore. D'altra parte, quel medesimo
frammento simboleggiava il legame che sussisteva tra i portatori delle diverse
parti dell'oggetto intero. Questo significato prevalse nel tempo su quello di
riconoscimento, via via precisandosi in quello di
s. come figura che
rappresenta qualcosa, benché la frequenza del termine in sé sia
abbastanza rara tanto negli autori latini quanto in quelli medioevali. Ugo da
San Vittore definì il
s. come l'accostamento di cose sensibili
allo scopo di mostrare cose invisibili, cioè come evocazione in forma
sensibile di una realtà trascendente e non direttamente rappresentabile.
L'idea di
s. in quanto elemento concreto, non discorso né parola,
si confermò anche durante i primi secoli dell'era moderna: per questa
ragione il termine fu applicato soprattutto in ambito artistico, a indicare la
rappresentazione di un concetto attraverso una forma corporea visibile. In
questo senso (come meglio specificò Goethe in seguito), il
s. non
è un discorso che rinvia a qualcosa oltre sé (come fa
l'allegoria), ma piuttosto una rappresentazione che rende esaurientemente
presente in sé ciò a cui rimanda. Fu Kant a stabilire una
distinzione concettuale tra
s. in quanto perfetto adattamento di forma e
contenuto (goethiano) e
s. in quanto rappresentazione intuitiva e
analogica, cioè non arbitraria (la volpe è
s. dell'astuzia
perché a tale definizione induce il suo comportamento reale). Tuttavia
l'analogia non consente una perfetta coincidenza tra ente simboleggiato ed
entità simboleggiante, dal momento che la seconda è dotata di
determinazioni ulteriori rispetto a quelle che condivide col primo, fatto che
conferisce al
s. pluralità di valenza e soprattutto
dinamicità nella sua interpretazione (la gradevolezza estetica
dell'animale volpe, può conferire, per traslato, alla categoria
spirituale dell'astuzia una valenza positiva). La visione di Kant ha permesso
l'affermazione in campo estetico del
s., accentuando la discrepanza, lo
spazio che intercorre tra
s. e simboleggiato. La concezione classica del
s. inaugurata da Goethe continuò in Schelling e nelle estetiche
classicistiche, negli studiosi ottocenteschi del mito (Creuzer , Bachofen,
ecc.), mentre l'accezione kantiana influì su Hegel e l'estetica romantica
anticlassicistica, su alcune avanguardie novecentesche che proponevano una
rivalutazione della dimensione allegorica del
s. Nella cultura
contemporanea, pur perdurando l'accezione tradizionale di legame quasi naturale
e concreto tra
s. e simboleggiato (ad esempio nell'etnologo Levy-Bruhl),
si sono imposte due letture originali del concetto. Una risale a Nietzsche e a
Freud (e attraverso questi a Jung) e interpreta il
s. come maschera e
occultamento nell'uomo dell'oggetto di riferimento (
s. onirici, archetipi
collettivi, ecc.), una seconda invece risale al lavoro di Cassirer, per il quale
ogni attività spirituale (mitopoiesi, arte, elaborazione linguistica,
conoscenza scientifica), in quanto organizzazione di materiale sensibile sul
piano intellettuale, è di necessità simbolica. Rilevante infine
è il problema del rapporto del
s. con la cosa simboleggiata nei
filosofi di orientamento ermeneutico, come P. Ricoeur. Secondo quest'ultimo il
s. avrebbe un doppio valore: uno di segno, convenzionale, da decifrare e
uno, propriamente simbolico, da interpretare. Il
s. cioè occulta e
contiene più di quanto mostri esplicitamente. Questo “di
più” di significato costituisce la trascendenza del
s.
rispetto al suo oggetto di riferimento. Affine a questa è la riflessione
fenomenologica di studiosi quali M. Eliade e H.G. Gadamer, che nel
s.
riconoscono la ricchezza e inesauribilità della forma, che acquista
valori sempre nuovi. • Arte - Tutti gli orientamenti della critica moderna
attribuiscono un valore simbolico globale a ogni espressione dell'arte
figurativa: al di là del suo significato cosciente e primario, infatti,
ogni documento visivo rimanda a ulteriori dimensioni sociali, economiche,
culturali, religiose, ecc. L'opera d'arte, in pratica, è
s. del
proprio tempo. In questo senso è un interessante campo d'indagine quello
che indaga l'intenzionalità negli artisti di varie epoche nel creare o
nell'attingere a un determinato patrimonio simbolico. • St. delle rel. -
Di norma, in ambito religioso, il
s. assolve la funzione di
rappresentazione e collegamento tra un elemento complesso e un semplice oggetto
o dato, rinviando dal piano di realtà a quello di trascendenza. La
relazione simbolica, cioè, pone una sorta di equivalenza metafisica tra
realtà simboleggiante e realtà simboleggiata. In questo senso le
religioni misteriche, in cui il
s. era la formula usata come segno di
riconoscimento dagli iniziati, hanno contribuito alla sua evoluzione nel senso
di super-linguaggio che supplisce all'inadeguatezza del linguaggio delle
comunicazioni profane a esprimere una realtà superiore, non fisica ma
sacra e trascendente, che non è possibile esprimere in maniera diretta.
Nell'antica Grecia la riflessione esegetica sul patrimonio mitico aveva
già tracciato la distinzione tra funzione allegorica del
s.
(Efesto rappresenta il fuoco e il mito della sua caduta dall'Olimpo rimanda
al fenomeno della caduta del fulmine) e funzione simbolica (la spiga matura
è
s. di Demetra nei misteri eleusini, grazie a un legame naturale
irriducibile a concetti razionali). La validità del
s. tuttavia
non è automatica e non può essere generalizzata a ogni tempo e
cultura (presso culture non agricole, ad esempio, la spiga perde valore
simbolico). Nella religione cristiana, e nel Cattolicesimo in particolare, il
s. ha assunto un valore particolare: l'organizzazione simbolica generale
della vita cristiana ha trovato la sua massima e completa espressione nella
liturgia. ║
S. di fede: V. SIMBOLO DI
FEDE. • Astron. - In ambito astronomico sono stati elaborati
numerosi
s. convenzionali utilizzati in riferimento a corpi celesti (la
Terra, i pianeti del sistema solare, la Luna, ecc.), le costellazioni, le
configurazioni planetarie (fasi, congiunzione, opposizione, quadratura, ecc.).
• Gen. - La simbologia genetica di base, oltre ai segni convenzionali di
femminile e maschile, comprende il
s. P per indicare la generazione
parentale; F
1, F
2, F
3 ... per indicare i gradi
successivi di discendenza. Negli alberi genealogici si indicano di norma con un
cerchietto gli individui di sesso femminile e con un quadratino quelli di sesso
maschile. Il segno X segnala un incrocio. I geni vengono indicati con l'iniziale
o con un'abbreviazione del nome del carattere che determinano (
w per
white: bianco): quando il carattere è recessivo si utilizza la
lettera minuscola, quando è dominante, la maiuscola. L'allelomorfo
normale si indica con lo stesso
s. del carattere e l'esponente
+, oppure solo con il segno +. • Bot. -
S. botanici sono
utilizzati dagli studiosi nella compilazione di mappe geobotaniche o di rilievi
fitogeografici. Benché la convenzione grafica possa variare da studioso a
studioso (di norma in calce alla carta viene stampata una legenda), i
s.
specificano in genere se la specie segnalata è pianta annuale,
biennale, perenne erbacea, cespugliosa, a fusto legnoso, endemica, ecc. Altri
s. sono utilizzati nei diagrammi pollinici. • Topogr. - Nella
compilazione cartografica di carte e mappe, si utilizzano come
s. alcuni
segni convenzionali che rappresentano o elementi naturali (monti, fiumi, laghi,
ecc.) o antropici (case, ponti, strade, ecc.). Quanto minore è la scala
della carta, tanto maggiore è il grado di convenzione del
s. Nelle
carte più antiche si tendeva a una resa il più possibile pittorica
di alcuni elementi (edifici, rilievi orografici, vegetazione, ecc.), mentre la
cartografia moderna predilige la stilizzazione dei
s., il cui significato
è elencato in una legenda apposita. • Chim. - Sin dai primordi
della pratica alchemica, i
s. ebbero notevole importanza. Essi erano lo
strumento di comunicazione basilare tra gli adepti di una disciplina considerata
come sacra ed esoterica. In epoca medioevale, tra i
s. utilizzati
prevalevano i pittogrammi, ma non mancavano abbreviazioni e monogrammi. Questo
ricco repertorio simbolico fu mutuato solo in parte, al termine del periodo
alchemico, dalla moderna scienza chimica, nelle trattazioni di importanti
studiosi dei secc. XVII-XVIII (J.J. Becher, G.E. Stahl, T. Bergman). Un primo e
rilevante compendio di
s. chimici è dato nella settecentesca
Tabula affinitatum di E.-F.Geoffroy, benché fosse ancora grave la
mancanza di una nomenclatura sistematica da utilizzare negli schemi chimici. Con
A.-L. Lavoisier, A.-F. de Fourcroy e L.-B. Guyton de Morveau si arrivò a
una radicale riforma della nomenclatura che, a sua volta, portò alla
trasformazione della simbologia chimica promossa da J.-H. Hassenfratz e P.-A.
Adet, entrambi dell'
entourage di Lavoisier. I nuovi
s. erano
basati sulla composizione delle sostanze e non si riferivano ai nomi
tradizionali: gli elementi venivano rappresentati da
s. semplici, mentre
i composti tramite combinazioni di
s. Nel 1808 J. Dalton, autore della
teoria atomica, adottò un
s. per la rappresentazione degli atomi e
delle loro combinazioni all'interno della molecola, inaugurando la
rappresentazione grafica delle formule chimiche che ebbe grande successo
nell'Ottocento. La scoperta di numerosi nuovi elementi chimici rese
inapplicabile il precedente sistema di rappresentazione grafica delle sostanze:
esso fu sostituito nel 1814 dal sistema di
s. proposto da J.J. Berzelius,
basato sull'uso di lettere. In esso ogni elemento era rappresentato da una o due
lettere, a seconda che si trattasse di un non metallo o di un metallo. Le
formule dei composti erano formate dalle lettere degli elementi, collegate con
il segno +, e da numeri che stavano a indicare i rapporti di combinazione messi
a esponente delle lettere, secondo il peso atomico individuato da Berzelius
stesso. Entro il 1930 il sistema era già adottato nei più
importanti testi di chimica. In seguito fu perfezionato con l'abolizione del
segno + tra i
s., da quel momento semplicemente giustapposti nella
formulazione di composti. Nel 1834, infine, J. Liebig introdusse la notazione a
deponente anziché quella a esponente, ponendo le basi per la moderna
notazione chimica. ║
La notazione chimica attuale: i
s. che indicano nell'uso attuale i vari elementi sono costituiti di norma
da due lettere, a volte da una sola, del loro nome latino. Quando necessario
viene indicato anche il numero atomico Z e il numero di massa A che precedono
rispettivamente in pedice e in apice il
s. dell'elemento. • Dir.
internaz. - Sono considerati
s. degli Stati nei rapporti internazionali
gli emblemi e i contrassegni distintivi, siano essi la bandiera, lo stemma, i
sigilli, i motti, i colori, gli inni che gli Stati stessi possono legittimamente
utilizzare per indicare la propria identità e la natura e la
qualità dei propri organi rappresentativi. Questi
s. sono tutelati
giuridicamente, perciò nessun altro Stato può farli propri,
così come non possono essere oggetto di insulti, oltraggi, contraffazioni
commerciali, ecc. Dello stesso regime godono i
s. delle organizzazioni
internazionali. • Elettrotecn. - I disegni di elettrotecnica si valgono di
numerosi
s. grafici per indicare macchine, dispositivi, strumenti,
caratteristiche della corrente o degli apparecchi. L'unificazione di tali
s. è stata affidata al CEI, Comitato Elettrotecnico Italiano.
• Epigr. - Nelle iscrizioni pagane, cristiane e giudaiche di tipo
sepolcrale, segno inciso sulla pietra, o scolpito a rilievo, indicante concetti
ed elementi delle credenze oltremondane del defunto o del suo culto religioso.
S. pagani erano l'aquila, indicante l'anima che si eleva dopo la morte, e
il piatto,
s. dei sacrifici funebri; sulle tombe paleocristiane sono
frequentemente attestate la colomba col ramoscello di ulivo, il pesce (
s.
di Cristo), vari monogrammi;
s. ebraici sono invece il candelabro a
sette braccia, lo
shofâr, i vasi sacri. • Fis. - Lettera o
insieme di lettere che, per convenzione, indicano una grandezza fisica o
un'unità di misura (
v è il
s. della velocità,
a dell'accelerazione,
l della lunghezza, ecc.). Se viene espresso
il valore numerico di una determinata grandezza, questo deve essere posto prima
del suo
s.; se il valore non è espresso, non è possibile
utilizzare il
s. dell'unità di grandezza o di misura ma è
necessario indicarne il nome (
il grammo è un'unità di peso
e non
il g è un'unità di peso). • Mat. -Anche
la scienza matematica si vale largamente dell'uso di
s.:
del resto
gli stessi numeri sono
s. significanti quantità determinate e i
segni delle quattro operazioni simboleggiano un procedimento mentale di
sottrazione, somma, ecc. • Mus. - Numerosi, nel corso dei secoli, sono
stati i sistemi di notazione musicale, utilizzati per rendere graficamente il
suono.