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Sìlice.

Chim. - Composto chimico inorganico avente formula SiO2 e peso molecolare 60,08, detto anche biossido di silicio o anidride silicica. È il comune ossido che si produce nell'ossidazione del silicio, come pure nella decomposizione di diversi altri composti; esiste anche in natura in grandi quantitativi (la sabbia del mare è per lo più costituita da s. impura e da altri composti). Si tratta di un composto relativamente stabile, almeno a temperatura ambiente, variamente cristallizzato, che fonde a 1.710 °C e bolle intorno ai 2.230 °C. ║ Stato naturale: la s. esiste in natura sia anidra sia idrata, cristallizzata in diverse forme che sono note con nomi diversi. Consideriamo brevemente le principali. 1) Quarzo: è la forma più comune della s., diffusa in tutto il mondo. Si presenta in numerose varietà: in masse compatte è detto quarzite, in aggregati cristallini, spesso esteticamente pregevoli, è detto appunto quarzo. Dal punto di vista cristallografico si distingue il quarzo α, cristallizzato nel sistema triangolare, e il quarzo β, cristallizzato nel sistema esagonale. Il primo si forma cristallizzando s. sotto i 575 °C; il secondo fra i 575 °C e gli 870 °C. In entrambi i casi ha durezza 7 della scala Mohs e peso specifico 2,653; presenta lucentezza vitrea ed è infusibile e insolubile in acqua e altri agenti chimici, eccezion fatta per l'acido fluoridrico. L'indice di rifrazione è elevato. Per riscaldamento la forma α si trasforma nella forma β; a sua volta questa a 870 °C si trasforma in un'altra forma di s., detta tridimite. Il quarzo incolore, soprattutto se si presenta in grandi pseudocristalli, viene detto cristallo di rocca. Secondo le diverse colorazioni che può assumere, frutto della presenza di particolari impurezze in piccoli tenori, viene chiamato con diversi nomi fra cui ricordiamo: ametista (violetto), quarzo rosa (rosa), quarzo ialino o citrino (giallo), quarzo affumicato (bruno) e diaspro (rosso). Fra le forme che non hanno un colore unico ma presentano strati o zone di colori diversi citiamo l'agata, l'onice e l'occhio di gatto. Fra queste molteplici varietà di quarzo non poche vengono usate comunemente come pietre ornamentali o semipreziose. 2) Cristobalite: si forma per trasformazione della tridimite riscaldata; giunge a fusione a 1.710 °C e all'ebollizione a 2.230 °C. Ha peso specifico 2,21 e, a differenza del quarzo che ha trasparenza vitrea, appare sempre bianca e opaca. Il comportamento chimico è però identico a quello del quarzo. È una forma presente in natura ma poco comune: si trova in certe zone del Messico e della California, oltre che in certe colate laviche e in alcune meteoriti. 3) Tridimite: questa forma di s. si ottiene scaldando il quarzo β al di sopra di 870 °C; se scaldata sopra i 1.470 °C si trasforma in cristobalite. È presente in natura, seppure poco comune. Presenta durezza 7 della scala Mohs, peso specifico 2,26 e lucentezza vitrea, con riflessi perlacei, colore bianco. A differenza di tutte le altre forme è solubile anche in carbonato sodico a caldo. 4) Calcedonio: è una forma di s. criptocristallina, è molto diffusa e ha peso specifico di circa 2,6. Le varietà aventi peso specifico maggiore sono anche dette selce. 5) Lechatelierite: forma di s. la cui struttura è poco nota; ha peso specifico 2,20 e per riscaldamento non subisce apparentemente alcuna trasformazione prima di fondere. 6) Opale: è una forma di s. amorfa, idrata con numero imprecisato di n molecole di acqua; è comune nel Messico, nel Nevada, nel Queensland e nel Nuovo Galles. Si presenta vitreo, iridescente, con colore variabile secondo la zona di reperimento, con durezza 5,5- 6,5, della scala Mohs e peso specifico 1,9- 2,3. È solubile in acido fluoridrico, negli alcali caustici e in CaCl2. Per riscaldamento rammollisce fra i 1.650 e i 1.750 °C; a questa temperatura inizia a sublimare. Presenta il fenomeno della fotoluminescenza. Viene impiegato come pietra ornamentale. 7) S. idrata: si presenta bruna, amorfa, leggermente solubile in acqua. Per riscaldamento perde l'acqua di idratazione a circa 1.200 °C. 8) Coesite: è una forma di s. anidra avente elevata densità (peso specifico 3,01) e con struttura triclina, prodotta per sintesi sotto altissime pressioni e prolungato riscaldamento, che è poi stata ritrovata anche in natura. Trova qualche applicazione pratica. 9) S. vetrosa o vetro di quarzo: viene prodotta artificialmente per raffreddamento controllato di un bagno di s. pura fusa. Si presenta come un solido amorfo, dotato di un bassissimo coefficiente di dilatazione termico e di una elevata trasparenza alle radiazioni ultraviolette. Viene impiegata nella fabbricazione di vetri e lenti per strumenti, per lampade al mercurio (ricche di radiazioni ultraviolette) o allo iodio e per vetreria di qualità, sia per laboratori di chimica sia per impieghi domestici. A differenza del vetro comune i manufatti di vetro di quarzo possono essere utilizzati anche a contatto con fiamme, anche se è buona norma interporre una reticella metallica o un sottile strato di amianto. Il vetro di quarzo è presente in frammenti in certe colate laviche. ║ Polimorfismo della s.: la s. può esistere in diverse forme cristalline; essa presenta quindi il fenomeno che in chimica-fisica viene detto polimorfismo. Fra le diverse forme possono avvenire delle trasformazioni che sono regolate dalla pressione e dalla temperatura; trattandosi di solidi il secondo fattore ha importanza maggiore del primo. Fino ai 575 °C è stabile il quarzo α; al di sopra di tale temperatura è stabile il quarzo β. Questo sopra gli 870 °C si trasforma in tridimite β e passa a cristobalite β a 1.470 °C. A sua volta questa si trasforma in liquido per fusione a 1.710 °C. Alle basse temperature però sono stabili anche le forme cristalline, che a rigore dovrebbero trovarsi solo alle temperature superiori; esse sono metastabili e si formano se il raffreddamento è abbastanza veloce, per cui la trasformazione viene impedita. L'andamento di queste trasformazioni metastabili è indicato nel diagramma con linee tratteggiate. Alle basse temperature e per pressioni superiori a quelle del quarzo sono però anche stabili due altre forme cristalline: la tridimite α e la tridimite α' o β'. Se il riscaldamento è abbastanza veloce, anche il quarzo β può giungere a fusione, a 1.550 °C circa. La cristobalite, per raffreddamento in stato metastabile, si trasforma in un'altra forma, detta α, per distinguerla da quella stabile a temperatura elevata, detta β. La tridimite invece per lo stesso raffreddamento si trasforma in tridimite β che passa a tridimite α. ║ Proprietà: la s. è un composto inerte a freddo, più reattivo a caldo. È insolubile in acqua e nei comuni solventi; si scioglie abbastanza bene in acido fluoridrico concentrato con formazione di SiF4. Alcune varietà di s. sono solubili anche in acido fosforico a caldo e in alcuni sali fusi, oltre che negli alcali caustici concentrati. Per fusione con i carbonati alcalini sposta l'anidride carbonica secondo la reazione:

SiO2 + K2CO3 → K2SiO3 + CO2

Per riduzione con metalli molto facilmente ossidabili, come il magnesio o l'alluminio, può essere ridotta a metallo; ad esempio

SiO2 + 2Mg → 2 MgO + Si.

Questa reazione può servire per produrre silicio da s.; generalmente però si preferisce operare una riduzione della SiO2 mediante carbon fossile, sempre a temperatura elevata. La s. si ottiene per ossidazione diretta del silicio ad alta temperatura e per decomposizione di composti del silicio. Queste reazioni non hanno grande interesse pratico, data l'abbondanza di s. che vi è in natura. Dalla s. si possono formalmente derivare numerosi acidi, detti acidi silicici, i cui sali, detti silicati, sono i costituenti base della maggior parte delle rocce. ║ Gel di s. o silicagel o s. colloidale: particolare tipo di s. idrata SiO2 · H2O ottenuta per precipitazione da una soluzione di un silicato solubile per trattamento con un acido, ad esempio il cloridrico. Il precipitato gelatinoso, seccato con cura e senza surriscaldamento, presenta un elevato potere assorbente per umidità, sostanze coloranti, vapori di solventi e così via. In questo caso assomiglia ai carboni attivi, se non che a differenza di questi esplica la sua azione assorbente anche nei confronti dell'umidità atmosferica e soprattutto nei confronti di quella più che delle altre sostanze. Questa particolare caratteristica è dovuta essenzialmente alla struttura porosa della s. così ottenuta, per cui essa presenta un elevatissimo rapporto superficie/volume: da 100 a 200 m/g ma i tipi migliori superano anche i 1.000 m/g, un valore enorme. Il gel di s. viene quindi impiegato per questa sua caratteristica (negli imballaggi si pone un sacchetto di gel di s. colloidale per assorbire l'umidità chiusa nell'imballo stesso, allorché questa può danneggiare il contenuto). La quantità di umidità che essa può assorbire è naturalmente limitata, per cui per una buona efficacia nel tempo è essenziale che essa sia a contatto con la merce da conservare e che il tutto sia escluso dal contatto dell'aria; in caso contrario essa continua ad assorbire umidità atmosferica finché si esaurisce la sua azione. La s. colloidale esausta, cioè piena di umidità, può essere rigenerata per moderato riscaldamento in aria non troppo umida. Un eccessivo riscaldamento ne riduce la superficie specifica e quindi l'efficacia. In questo impiego la s. è diffusissima: dalle pellicole fotografiche ai medicinali, alle attrezzature di precisione, alle macchine per ufficio. Per la stessa ragione il gel di s. può essere impiegato per il recupero di solventi anche su scala industriale: i gas che li contengono vengono fatti passare attraverso un letto di s. che li assorbe, spesso selettivamente (cioè assorbe solo alcuni fra i solventi presenti). ║ Usi: benché quantitativi enormi di s. vengano trattati nella metallurgia estrattiva di quasi tutti i metalli, perché la SiO2 è comunemente in miscela con i minerali trattati, spesso i quantitativi presenti non bastano, per cui si deve procedere a un'aggiunta apposita di sabbia silicea. Anche in altri stadi della fabbricazione dei metalli, ad esempio le raffinazioni, si ricorre all'aggiunta di sabbia silicea che fa da scorificante, cioè si combina con gli altri ossidi presenti per dare dei silicati che, essendo fusi alla temperatura di lavoro, possono essere facilmente separati dal bagno di metallo fuso. La s. inoltre è la materia prima per la produzione sia del silicio elementare sia della lega ferro-silicio usata in metallurgia. S. molto pura è utilizzata nella fabbricazione di vetri di quarzo. Nella fabbricazione dei vetri comuni si utilizza sempre s. in grande quantità (è la materia prima principale per fabbricare vetri), con una durezza generalmente del 99,8% o più e con tenore di ferro assai basso (non superiore allo 0,05%). Il vetro si forma per combinazione della s. con gli ossidi metallici (o carbonati) presenti a dare dei silicati, costituenti principali del vetro finto, ma ne resta sempre una certa quantità libera. La s. entra poi in quantitativi sensibili nei cementi, nelle calci idrauliche, negli smalti e nei prodotti ceramici quali porcellane. Anche i refrattari per forni possono contenere quantitativi sensibili di s. La s. è il costituente principale di molte sabbie di fiumi e di quasi tutte le sabbie di mare, grandi quantitativi delle quali vengono impiegate come materiale da costruzione. La s. si utilizza in elettronica, nella produzione di componenti al silicio con la tecnica planare (transistor, circuiti integrati). In questo caso è necessario in uno o più stadi del processo la creazione di zone differentemente rogate per diffusione di un elemento (di solito boro o fosforo) nel silicio. Si opera quindi un'ossidazione di tutta la piastrina di semicondutture, con formazione di uno strato sottile ma compatto di SiO2. Su questo viene steso uno strato di fotopolimero che viene impressionato attraverso una maschera, cioè una pellicola fotografica che ha zone trasparenti e zone opache di conformazione opportuna. Questo fotopolimero viene esportato selettivamente in certe zone con un solvente opportuno. Si passa quindi in una soluzione di fluoruro di ammonio e acido fluoridrico che rimuove la SiO2 nelle zone in cui non è coperta dal fotopolimero: si ottiene in tal modo la piastrina di silicio che è coperta solo nelle zone volute dalla SiO2 (spessore: 0,001 mm circa). Si deposita su tutta la superficie un composto opportuno, ad esempio ossido di boro B2O3. Questo, per riscaldamento, reagisce con il silicio 2 B2 + 3 Si → 3 SiO2 + 4 B con formazione di SiO2 e liberazione di boro che diffonde nel silicio. Ovviamente questa reazione avviene solo se il B2O3 è a contatto col silicio e non nelle zone in cui questo è protetto dallo strato di SiO2 lasciato negli stadi precedenti. Si realizza così la drogatura selettiva della piastrina di silicio con una precisione che è nell'ordine di 0,001 mm o anche meno.