Stato (41.285 kmq; 7.418.000 ab.) dell'Europa
centrale. Confina a Nord con la Germania, a Est con l'Austria e il
Liechtenstein, a Sud con l'Italia e a Ovest con la Francia. Capitale: Berna.
Città principali: Basilea, Ginevra, Losanna, Zurigo. Ordinamento:
Repubblica federale, costituita da 26 Stati, corrispondenti agli omonimi
Cantoni. Ciascuno Stato ha una propria Assemblea (Gran Consiglio) e un proprio
Governo (Consiglio di Stato). Il potere legislativo spetta all'Assemblea
federale, formata da un Consiglio nazionale di 200 membri (eletti per quattro
anni a suffragio diretto con un sistema proporzionale) e da un Consiglio degli
Stati di 46 membri (due rappresentanti per ogni Stato e uno per ciascuno dei sei
semi-Cantoni). Il potere esecutivo spetta al Consiglio federale costituito da 7
membri, eletti ogni quattro anni dall'Assemblea federale: fra questi, ogni anno,
viene eletto il presidente, capo dello Stato. Ciascuno Stato è sovrano al
proprio interno ed è dotato di una Costituzione propria. Moneta: franco
svizzero. Lingue ufficiali: tedesco, francese, italiano, ladino o retoromancio.
Religione: cattolica e protestante; esistono minoranze ebraiche e musulmane.
Popolazione: è composta da Svizzeri; esistono minoranze di Italiani, ex
Jugoslavi, Portoghesi, Spagnoli, Tedeschi,
Turchi.
GEOGRAFIA
Morfologia: nel territorio svizzero, prevalentemente
montuoso, esteso soprattutto sul versante settentrionale del settore
centro-occidentale dell'arco alpino, si possono individuare tre grandi regioni:
il massiccio del Giura, il Mittelland (o altopiano svizzero), e la sezione
alpina. Geologicamente e morfologicamente differenti, tali aree sono il
risultato del sovrascorrimento delle falde di calcari, arenarie e marne dell'era
secondaria sulle formazioni autoctone della molassa terziaria. Ai limiti della
zona assiale alpina queste falde si incresparono, originando i rilievi
più aspri, oggi in gran parte ricoperti da ghiacciai. Nella fascia
settentrionale del territorio, le modeste elevazioni del Giura (i 1.680 m del
Monte Tendre e i 1.677 m del Dôle rappresentano le massime altitudini), su
cui corre il confine con la Francia, sono prevalentemente calcaree, piuttosto
mosse, separate da valli fluviali e ricoperte di fitte foreste e conche verdi.
Alcuni fiumi diretti verso il Mittelland solcano in profondità il
caratteristico tavolato della regione di Friburgo, creando gole pittoresche. A
Sud del Giura, compreso fra i laghi di Ginevra e di Costanza, si stende, a una
quota media di 600 m, il Mittelland, regione collinare colmata dai detriti
derivanti dall'erosione della catena alpina e modellati in forme morbide
dall'azione dei ghiacci nell'era quaternaria. Anche la fitta rete idrografica,
orientata verso Ovest, e i numerosi laghi (quasi 200) rivelano l'origine
glaciale del territorio. Il Mittelland, ricco di pascoli e di colture e
fittamente popolato, sfuma gradualmente verso Sud nell'Oberland, la più
movimentata fascia prealpina. La zona alpina si irradia dal massiccio
cristallino del San Gottardo, articolandosi in fasce quasi parallele: procedendo
verso Sud, oltre l'Oberland, si incontrano le Alpi bernesi, di prevalenza
calcaree (Finsteraarhorn, 4.274 m; Aletschhorn, 4.195 m; Jungfrau, 4.158 m;
Eiger, 3.970 m e Mönch, 4.107 m), le Alpi di Uri (Dammastock, 3.630 m) e di
Glarona (Tödi, 3.614 m; Ringelspitz, 3.247 m), le cui ripide pendici
meridionali precipitano sulle due valli incassate create dal Rodano e dal Reno
Anteriore. Più a Sud si ergono formazioni prevalentemente cristalline:
una ridotta porzione di Alpi Graie (Aiguille d'Argentière, 3.901 m), le
Alpi Pennine, cui appartengono cime tra le più elevate dell'intero arco
(Monte Rosa, 4.637 m; Mischabel, 4.545 m; Weisshorn, 4.505 m; Cervino, 4.478 m;
Dent Blanche, 4.357 m; Grand Combin, 4.314 m), le Lepontine e infine le Alpi
Retiche (Bernina, 4.049 m; Piz Kesch, 3.418 m; Piz Linard, 3.411 m). Numerosi
sono i passi, in corrispondenza delle depressioni di cresta, a favorire le
comunicazioni nella zona alpina; tra i principali: Nufenenpass, 2.478 m; Furka,
2.431 m; Sustenpass, 2.224 m e San Gottardo, 2.108 m. ║
Clima e
idrografia: la conformazione prevalentemente montuosa del territorio
svizzero, in cui le numerose valli sono variamente orientate e i bacini lacustri
abbondanti e ampi, determina una notevole varietà climatica, accentuata
dalla circolazione ventosa e dal particolare ruolo svolto dal
Föhn,
il vento caldo. La fascia settentrionale del Paese, dal Giura al Lago di
Costanza, presenta un clima continentale, con forti escursioni termiche.
Più mite nelle regioni lacustri, il clima della
S. si caratterizza
per temperature generalmente basse: la media annua è spesso inferiore ai
10 °C, valore cui concorre il fatto che nell'area alpina il livello delle
nevi perenni può scendere fino ai 2.500 m s/m. Proporzionali
all'altitudine sono pure le precipitazioni, relativamente ridotte solo nel
Mittelland: ne consegue una rete idrografica particolarmente ricca, che riversa
sul resto dell'Europa quasi 1.500 m
3/sec di acque superficiali. Tra i
fiumi maggiori, il Rodano, con sorgenti nel massiccio del San Gottardo, scorre
in territorio svizzero e, prima di passare in Francia, forma il Lago di Ginevra.
Inizialmente bipartito nel Reno Anteriore e nel Reno Posteriore, che
confluiscono poco a monte di Coira, il Reno alimenta il Lago di Costanza ed
entra in territorio francese, nei pressi di Basilea. L'Aar, principale affluente
del Reno, scorre totalmente in territorio svizzero. I bacini dell'Inn e del
Ticino alimentano anche il Danubio e il Po, mentre l'Adige si arricchisce delle
acque della Val Monastero. I serbatoi idrici cui attingono i fiumi svizzeri sono
costituiti dai ghiacciai, per un totale di 1.700 km
2, tra cui quello
dell'Aletsch, con oltre 100 km
2, il più esteso di tutta la
catena. Tra i numerosi bacini lacustri, quasi tutti di formazione glaciale, i
principali sono i laghi di Costanza, di Neuchâtel, di Zurigo, di Thun, di
Ginevra e dei Quattro Cantoni. ║
Flora: la distribuzione della
vegetazione è strettamente connessa alle diverse fasce altimetriche e
all'esposizione dei versanti delle montagne. La vite e gli alberi da frutto
dominano nell'altopiano e nell'area prealpina. A Nord le latifoglie cedono il
passo alle conifere (per lo più abete rosso) solo a una quota di 1.300 m,
mentre a Sud non si spingono oltre i 900 m, per essere poi sostituite da larice
e pino cembro. Oltre i 2.000 m, fino al limite delle nevi permanenti, si
stendono i prati e i pascoli d'alta quota, caratterizzati da magra vegetazione.
Nel Giura il manto di aceri, faggi, querce e conifere è variamente
distribuito, indipendentemente dalla quota. ║
Fauna: gli animali
selvatici si possono raggruppare secondo due habitat principali, quello delle
regioni pianeggianti o prealpine, adibite alle colture, e quello alpino. Nel
primo si trovano roditori, piccoli mammiferi, uccelli granivori e insettivori e
altre specie ubiquitarie. I laghi presentano un'avifauna varia, tra cui gli
aironi e i cormorani, diversi anatidi, cigni e gabbiani. Fino a pochi anni fa la
zona alpina annoverava anche il lupo, l'orso, la lince e il gatto selvatico,
mentre attualmente comprende soprattutto cervidi (capriolo e cervo) e ruminanti
(camoscio e stambecco). Presenti anche mustelidi (ermellino e martora), roditori
(ghiro, scoiattolo e castoro), lepri e volpi. Tra i rapaci si distingue l'aquila
reale, mentre i galliformi sono rappresentati dalla pernice bianca e dalla
coturnice; rettili, pesci e anfibi sono diffusi nelle specie tipiche delle zone
montane.
Cartina della SvizzeraECONOMIALungi dall'essere
un Paese isolato all'interno delle catene montuose che ne coprono la maggior
parte del territorio, la
S. si presenta piuttosto come "Paese di
valico", che ha saputo trarre vantaggio dalla favorevole posizione
geografica, lungo le principali vie del commercio europeo. Inoltre le montagne,
seppur tra le più elevate dell'intero arco alpino, non rappresentano una
reale barriera politica con gli Stati circostanti e solo le Alpi Pennine, al
confine con l'Italia, sono un elemento divisorio naturale e marcato.
L'originaria funzione di "Stato-cerniera" andò potenziandosi
nel corso del tempo e in particolare la regione del San Gottardo gravitò
progressivamente verso Sud, affermando il proprio controllo e svolgendo un ruolo
di intermediazione economica, prevalentemente finanziaria, tra l'Europa
centro-settentrionale e quella mediterranea (in particolare il porto di Genova).
Importantissime, in questo senso, le vie interne di comunicazione, in
particolare quelle ferroviarie: i 5.000 km di linee attive fanno della
S.
uno dei Paesi europei più forniti, proporzionalmente all'estensione.
Il problema del collegamento con l'Italia attraverso le Alpi venne efficacemente
risolto con un'azione congiunta di entrambi i Paesi che portò
all'apertura di lunghissimi trafori (Lötschberg, San Gottardo, Sempione,
Furka). Lo stesso per le comunicazioni stradali, già agevolate dai passi
dello Spluga, Maloja, Stelvio e Bernina, che poterono usufruire anche dei
trafori del Gran San Bernardo, del San Bernardino e del San Gottardo. Il Reno,
navigabile dal porto di Basilea alla foce, su cui si trova il porto di
Rotterdam, acquisì un peso crescente nei traffici commerciali,
spostandone il fulcro dal Mediterraneo all'Atlantico. A fianco del ruolo di
intermediazione economica, forte della posizione strategica sulle linee di
traffico internazionale, la
S. seppe sviluppare un'attività
industriale di prim'ordine. A bilanciare la totale mancanza di materie prime
valgono la grande ricchezza di capitali e la particolare stabilità
politico-sociale. Particolarmente privilegiato il settore della trasformazione,
basato sullo sfruttamento di energia idrica e caratterizzato da un basso apporto
di materia prima e da un alto valore aggiunto. Gli stabilimenti chimici
(fertilizzanti, coloranti, ecc.) e meccanici (lavorazione dell'alluminio,
macchine utensili, orologi - settore in cui la S. detiene il primato mondiale -,
strumenti di precisione, ecc.) sono distribuiti prevalentemente nel Mittelland,
mentre l'industria farmaceutica è concentrata a Basilea. Tali produzioni
sono finalizzate all'esportazione e così pure quelle dell'industria
tessile di qualità (cotone, ma soprattutto seta e ricamo, nel Cantone di
San Gallo) e alimentare (latticini, cioccolata), inserite in una rete di aziende
multinazionali. Se l'agricoltura (cereali, uva e mele) impegna solo il 3,5%
della popolazione attiva, la grande copertura di prati e pascoli rende piuttosto
fiorente l'allevamento bovino (bestie da latte e da carne), che tuttora
contraddistingue il paesaggio rurale della
S. alpina. La lavorazione del
legname è in progressivo aumento, procedendo di pari passo alla crescita
del manto silvo-forestale. L'eccellente sviluppo del settore bancario e di
quello turistico consente di pareggiare abbondantemente la bilancia commerciale,
che all'inizio degli anni Novanta del XX sec. registrava ancora una
passività dovuta agli intensi scambi con gli Stati dell'Unione europea:
anzi il reddito prodotto è in costante aumento e da tempo pone la
S. ai primi posti per valore pro capite. Se il turismo assicura redditi
cospicui grazie alla sua organizzazione razionale (divisione del territorio in
diverse regioni turistiche, ciascuna facente capo a un ufficio turistico cui
spetta il compito di assicurare le connessioni tra i diversi organismi locali e
la rete dei trasporti; attività di coordinamento e propaganda svolta
dall'Ufficio nazionale di Zurigo; sistema alberghiero in grado di sfruttare al
massimo i diversi paesaggi naturali) e incrementa, a lato, le attività
artigianali, frenando notevolmente l'esodo delle popolazioni locali, il settore
bancario, forte della stabilità valutaria, è particolarmente
attivo, e sviluppa parallelamente un settore finanziario (la borsa di Zurigo
è di importanza mondiale) e un settore assicurativo altrettanto
dinamici.
STORIAI primi reperti
appartengono a siti musteriani del Paleolitico medio, ma informano su
stanziamenti sporadici e probabilmente stagionali: bisogna attendere la fine
dell'ultima fase glaciale (8500 a.C.) per occupazioni più stabili e
intensive, a cielo aperto o in caverna, relative alla cultura maddaleniana. I
siti aumentarono nel Mesolitico e il Neolitico annoverò diverse culture
regionali, che a Occidente (Cortaillod) risentirono delle coeve civiltà
dell'Italia del Nord e della Francia, mentre a Oriente assorbirono gli influssi
di quelle dell'Europa centrale: la cultura di Horgen, alla fine del Neolitico,
rappresentò la fase unitaria delle tradizioni e segnò l'inizio
dell'occupazione delle basse vallate alpine. Tanto la cultura detta
della
ceramica a cordicella, diffusa nell'Europa nord-orientale, quanto quella del
Vaso campaniforme, propria dell'Europa meridionale fino al Nord-Africa,
furono rappresentate nell'Eneolitico. Nell'Età del Bronzo si distinsero
la cultura dell'altopiano, con sepoltura a tumulo, e quella alpina, che inumava
i propri defunti, entrambe basate su agricoltura e allevamento. Nella stagione
estiva i pastori si spingevano fino in alta quota, come dimostrano i
ritrovamenti fatti a 1.600 m. Agli ultimi scorci dell'Età del Bronzo sono
da attribuire siti su alture e sulle sponde lacustri e la cremazione dei defunti
con conservazione delle ceneri in urne. La civiltà del Ferro, a partire
dal IX sec. a.C., fu più articolata e i ricchi ritrovamenti relativi a
insediamenti fortificati testimoniano una differenziazione sociale e
un'organizzazione tribale sviluppate. Sono, comunque, molto scarse le notizie
sulle popolazioni insediate nel territorio dell'attuale
S. sino al II
sec. a.C., epoca delle campagne di Cesare, che vi sospinse gli Elvezi, una
popolazione celtica che da tempo subiva la pressione dei Germani. Nonostante la
posizione periferica della
S., la colonizzazione latina fu piuttosto
profonda - tra le colonie ricordiamo
Julia Equestris (Nyon) e
Augusta
Raurica (Augst) -, gli Elvezi furono tra i sudditi più fedeli di Roma
e, con la conquista degli
agri decumates compresi tra il Meno e il Reno
superiore, la diffusione della cultura fu profonda. La situazione mutò
con il profilarsi della pressione germanica che, dalla metà del III sec.
d.C., fece recedere Roma dagli
agri decumates: gli Alamanni si
stabilirono, dapprima, nel Württemberg e, nonostante i presidi romani e le
fortificazioni di cui la
S. poteva disporre, dalla fine del V sec. le
popolazioni germaniche invasero il resto del territorio, solo momentaneamente
arrestate dalla vittoria riportata a Strasburgo dall'imperatore Giuliano (357).
Il processo di imbarbarimento si intensificò progressivamente e la
religione cristiana, penetrata lungo la valle del Rodano, poté poco nel
contrastarlo e incontrò solo in parte il favore degli invasori: furono i
Burgundi, stanziati nel settore sud-occidentale, a convertirsi per primi, mentre
gli Alamanni, che occupavano le zone nord-orientali, rimasero pagani fino
all'VIII sec.; i Longobardi occuparono la fascia subalpina e solo i Grigioni
rimasero chiusi alle invasioni. I territori occupati da Burgundi e Alamanni,
incorporati nell'Impero carolingio tra il VI e il VII sec., furono, con la
disgregazione di questo (843), divisi rispettivamente tra ducato di Svevia e
Regno di Borgogna, per poi essere inclusi (1033) da Corrado II il Salico
nell'Impero germanico e infeudati ai duchi di Svevia. Del vuoto di potere
creatosi durante questi avvicendamenti seppero approfittare numerosi signori
locali - particolarmente potenti gli Zähringen, fondatori di Friburgo
(1157) e di Berna (1191) -, i conventi e i vescovadi (Basilea, Losanna, Sitten e
Coira). L'Impero preferì avallare questo stato di anarchia favorendo la
nascita di città libere dalla soggezione feudale e direttamente
dipendenti dall'imperatore e delegando a queste il controllo dei vassalli
insubordinati: oltre a Berna e Friburgo, nel XII sec. anche Soletta divenne
libera città imperiale e tre comunità montane, Uri, Schwyz,
Unterwalden, si resero pressoché indipendenti. In occasione della morte
dall'imperatore Rodolfo III d'Asburgo, che aveva dato l'avvio a una politica
dinastica unificatrice, il 1° agosto 1291 si costituirono in una lega di
resistenza (patto di Rütli) contro le eventuali ingerenze degli Asburgo.
Anzi, nella lotta per il trono imperiale che vedeva contrapposti Federico I
d'Asburgo e Ludovico il Bavaro, intervennero a favore di quest'ultimo,
sconfiggendo a Morgarten (1315) la famiglia imperiale e ottenendo dal vincitore
la ratifica della propria indipendenza (1316). Questa prima Confederazione si
rafforzò con l'adesione di nuovi Cantoni: Lucerna (1332), Zurigo (1351),
Zug e Glarona (1352), Berna (1353). Contro di essa si impegnarono invano gli
Asburgo, sconfitti nelle battaglie di Sempach (1386) e Näfels (1388),
costretti a riconoscerne l'autonomia siglando nel 1394 una pace ventennale,
rinnovata poi per altri 50 anni. La Confederazione acquisì una struttura
e un'organizzazione militare e giuridica via via più solide, stabilite
dal
Pfaffenbrief (1370) e dal
Sempacherbrief (1393), mentre al suo
interno il ceto medio, organizzato nelle corporazioni, andò
progressivamente imponendosi sulla vecchia nobiltà. La politica di
espansione fu veloce e fortunata: tra i territori strategicamente più
importanti vennero annessi la Val Leventina, l'Argovia asburgica e la Valle di
Urseren, mentre Vallese, San Gallo e Appenzell vennero accolti come alleati.
Garantita contro i pericoli esterni, la Confederazione rischiò di
frantumarsi, minata dai particolarismi e dalle discordie tra i vari Cantoni,
specie tra Schwiz e Zurigo, entrambi interessati al controllo dei passi tra
Rezia e Lago di Zurigo, ma riuscì a superare questa crisi interna,
fissando il principio dell'inscindibilità politica, e imponendosi nel
resto dell'Europa come solida potenza, anche grazie alla reputazione delle
proprie milizie, impegnate come mercenarie, e alle alleanze con Milano, i Savoia
e la Francia. Il suo prestigio e potere si consolidarono in seguito alla
vittoria riportata a Nancy (1477) su Carlo il Temerario, duca di Borgogna,
alleato degli Asburgo, con la cui morte tramontava il progetto di costituire un
unico Regno compreso tra la Manica e l'Italia. Neppure il tentativo fatto da
Massimiliano I d'Austria di ripristinare il controllo imperiale ebbe successo: i
confederati, con l'appoggio di Carlo VIII, re di Francia, lo sconfissero
più volte, incorporando nella lega Friburgo e Solothurn (1481). Inoltre,
con la Pace di Basilea (1499) i Cantoni si emanciparono definitivamente
dall'Impero, rifiutando di accogliere il diritto romano, allora adottato in
Germania. Nel 1513, con l'adesione dell'Appenzell (1513), seguita a quella di
Sciaffusa e Basilea (1505), si formò la cosiddetta "antica
Confederazione", comprendente 13 Cantoni, che sarebbe stata riconosciuta
solo un secolo dopo con la Pace di Vestfalia (1648). La prima metà del
XVI sec. vide la
S. impegnata nell'Italia settentrionale, inizialmente
congiunta con il Papato per la conquista del ducato di Milano (1512), poi
sconfitta in questo possedimento dai Francesi (battaglia di Marignano, 1515) e
da quel momento fedele alleata della Francia nelle guerre d'espansione a Sud
delle Alpi. Ma la Confederazione era destinata ad attraversare una fase di
indebolimento, minata dall'interno dalla frattura tra Cantoni cattolici e
Cantoni protestanti: la Riforma, preparata a Basilea dall'umanesimo riformatore
di Erasmo, venne introdotta in
S. (dapprima a Zurigo, poi a Berna,
Sciaffusa, Glarona e Appenzell) da U. Zwingli, per trovare con G. Calvino una
sistemazione strutturale in una nuova Chiesa e in una nuova teologia. Le zone
rurali (i tre Cantoni originari, Zug e Lucerna) rimasero conservatrici e la
divisione fu insanabile, specie dopo la battaglia di Kappel (1531), in cui si
fronteggiarono Zurigo e Cantoni cattolici, con la morte di Zwingli e la vittoria
di questi ultimi (oltre ai suddetti, Ticino, Argovia, Turgovia, Friburgo e
Vallese). La Riforma trovò terreno fertile a Ginevra, costituzionalmente
ancora staccata dalla Confederazione, conquistandola alla teocrazia calvinista,
a Basilea e a Zurigo, da dove aveva mosso i primi passi. La lega Borromea (1586)
riunì, invece, i Cantoni cattolici, appoggiati da Filippo II di Spagna.
Fu la supremazia della Francia, che dall'inizio del XVII sec. fino a tutta
l'età napoleonica controllò la Confederazione, a impedire che i
contrasti religiosi, aggravati dalla scissione tra zwingliani e calvinisti, ne
erodessero ulteriormente la stabilità politica. Lo stato di
precarietà delineatosi durante la guerra dei Trent'Anni portò
(Accordo di Will, 1647) alla formazione di un esercito comune di protestanti e
cattolici, che tuttavia si sarebbero nuovamente fronteggiati nelle guerre di
Villmergen (1655 e 1712). Questa situazione di instabilità protratta
minò la compagine interna della Confederazione, comportando un generale
stato di involuzione, tanto politica, quanto sociale. Le rivolte contadine
furono seccamente represse (1653) e si profilarono nuove oligarchie, attente ad
accrescere i propri privilegi e a difendere gli interessi personali: con lo
scoppio della Rivoluzione francese e la diffusione delle idee illuministe, tale
condizione di squilibrio si fece ancora più netta. L'esercito napoleonico
invase la
S. nel 1798 e il generale Brune, che lo comandava, diede una
nuova Costituzione unitaria democratica al Paese che, fino al 1803, divenne
Repubblica elvetica, con un accentramento del potere e l'eliminazione delle
sovranità cantonali. Lo
status di Confederazione fu riacquistato
nel 1803 grazie all'atto di mediazione di Napoleone, che impose il suo potere
dittatoriale, ripristinò l'indipendenza e l'uguaglianza giuridica dei
Cantoni, esigendo per contro l'alleanza militare con la Francia e quindi un
rapporto di vassallaggio. Con il Congresso di Vienna (1815) venne riaffermata la
neutralità perpetua della Confederazione e fissata la sua struttura
territoriale definitiva: oltre a San Gallo, Grigioni, Ticino, Vaud, Argovia e
Turgovia, furono inclusi Neuchâtel, Vallese e Ginevra, precedentemente
possessi francesi, giungendo a 22 Cantoni: l'ultimo Cantone sarebbe nato nel
1979, con il distacco del Giura da Berna. Naturale crocevia d'Europa, nell'epoca
della Restaurazione la
S. accolse esuli politici, uomini di pensiero dei
vari Paesi del continente e le idee liberali vi trovarono terreno fertile: in
seguito ai moti rivoluzionari del 1830-31 furono molti i Cantoni in cui il
movimento liberale giunse al potere. Ancora una volta la Confederazione visse
una scissione, non più religiosa, ma politica: i liberali, interessati al
potenziamento della soluzione federale in senso laico, entrarono in contrasto
con i conservatori che difendevano gelosamente le sovranità cantonali. La
guerra civile scoppiò nel 1847 e vide dieta federale e Sonderbund
(federazione di sette Cantoni cattolici) contrapposti. Con il trionfo dei primi,
i principi liberal-radicali si imposero senza più ostacolo, trovando
espressione organica nella Costituzione del 1848: senza ridurre le maggiori
autonomie locali, venne introdotto un Governo centrale, organizzato in
un'Assemblea, composta da Consiglio degli Stati (44 membri - 2 rappresentanti
per ogni Cantone) e da Consiglio nazionale, in un Consiglio federale, cui
spettava il potere esecutivo, e in un Tribunale federale, titolare del potere
giuridico. Inoltre, in accordo con la politica centralizzatrice, venne attuata
l'unificazione dei pesi e delle misure, dei sistemi monetario e postale e della
rete ferroviaria e a Zurigo nacque il politecnico federale. La nuova
Costituzione del 1874 rispecchiò questa evoluzione federalista e,
parallelamente al potenziamento del potere del Governo centrale e al
rinnovamento del Tribunale federale, vennero rafforzate le competenze giuridiche
dei singoli Cantoni in materia culturale, linguistica, religiosa e ambientale.
La fine dell'Ottocento vide la nascita del movimento operaio socialista,
sviluppatosi a margine dell'attività industriale (soprattutto di
trasformazione) che si era avviata in quegli anni. Organizzatosi a livello
statale nel 1888 nel Partito socialdemocratico (PSD), in certi Cantoni il
movimento poté contare su forme di democrazia diretta, sul principio del
referendum esteso alle leggi ordinarie e su una larga potenzialità di
espressione popolare e, pertanto, si mantenne quasi sempre su posizioni
moderate. Rimasto neutrale, isolato al centro dell'Europa travolta dalla prima
guerra mondiale, il Paese affrontò nel dopoguerra gravi difficoltà
economiche sfociate nello sciopero generale del 1918 che, nonostante la dura
repressione dell'esercito, conseguì diversi risultati, tra cui la
settimana lavorativa di 48 ore e l'adozione del sistema proporzionale per
eleggere i membri del Consiglio nazionale (fino ad allora vigeva il sistema
maggioritario, a suffragio universale maschile). Già sede di varie
istituzioni internazionali, tra cui la Croce Rossa (a Ginevra dal 1864),
l'Unione postale internazionale (a Berna dal 1874), l'Ufficio internazionale del
lavoro (a Basilea dal 1901 e poi a Ginevra dal 1920), la
S. divenne sede
anche della Società delle Nazioni, alla quale essa stessa aderì
nel 1920, con la riserva di non intaccare la propria neutralità assoluta.
Nel ventennio tra le due guerre la
S., guidata, a partire dal 1919, da
una coalizione tripartita composta dal Partito radicale (PR), dal Partito dei
contadini degli artigiani e dei cittadini (PCAC) e dal Partito conservatore
(PC), seppe affrontare i contraccolpi economici (nel 1921, nel 1930-35) e
politici della crisi internazionale. Nonostante la concentrazione di forze
tedesche ammassate alle sue frontiere, anche durante la seconda guerra mondiale
la Confederazione riuscì a far rispettare la propria neutralità.
Pertanto, nel dopoguerra, la
S. non entrò a far parte di nessuna
iniziativa occidentale ed europeistica (Piano Marshall, NATO, CECA, CEE, ecc.),
né delle Nazioni Unite, pur aderendo alle varie istituzioni umanitarie,
culturali, giuridiche, finanziarie dell'ONU e ospitandone, a Ginevra dal 1946,
gli uffici europei. Interessi prevalentemente economici spinsero però la
Confederazione a partecipare a organizzazioni internazionali quali il GATT
(1958), l'EFTA (1959), l'OCSE e il Consiglio d'Europa (1963). La politica
interna vide, nel 1959, l'entrata del Partito socialdemocratico (PSD) nella
coalizione del 1919. Il secondo dopoguerra fu contraddistinto da un notevole
sviluppo economico, poggiante sulla stabilità politica e sociale del
Paese: il richiamo esercitato nei confronti della manodopera straniera fu,
così, molto forte e il conseguente afflusso massiccio di immigrati
generò, specie in seguito alla flessione economica degli anni Sessanta,
reazioni xenofobe che, sul piano elettorale, avvantaggiarono alcuni gruppi di
estrema destra. L'inasprirsi di tali spinte e l'intensificarsi di drastiche
iniziative popolari, poi bocciate da una serie di referendum, indussero il
Governo federale a introdurre norme più rigide sui permessi di soggiorno
e sul generale trattamento dei lavoratori stranieri. Dagli anni Settanta fu al
centro di un vivo dibattito la questione energetica e le posizioni ecologiste,
dichiaratamente contrarie all'impiego dell'energia atomica, dovettero nei
decenni successivi (1990) smorzarsi in favore dell'installazione, nel tempo di
10 anni, di centrali nucleari (ma nel 1999 la Confederazione decise di
smantellare entro il 2025 le cinque centrali presenti nel territorio);
ciò nonostante il Partito verde divenne, alla fine degli anni Ottanta, il
quinto partito del Paese. All'inizio degli anni Settanta fu presentato uno
schema di programma pluriennale (1971-75) comprendente, tra l'altro, una
proposta di accordo con i Paesi della CEE, per il libero scambio, sottoposta a
referendum nel dicembre 1972 e rappresentante il primo passo verso una politica
di graduale apertura internazionale. Questa linea di tendenza si accentuò
nel corso degli anni successivi, rafforzando all'interno della coalizione di
Governo le spinte volte all'adesione al Fondo Monetario Internazionale (FMI) e
alla Banca mondiale, realizzata nel 1992. Di contro l'ingresso all'ONU, sul
quale il Governo di Berna si era pronunciato favorevolmente fin dal 1981, venne
respinto da una consultazione popolare nel 1986. In seguito il referendum del
1994 escluse la
S. anche dalle operazioni di mantenimento della pace
(nell'estate del 1990 il Paese aveva aderito alle sanzioni stabilite dall'ONU
contro l'Iraq, invasore del Kuwait). La coalizione quadripartita, formatasi nel
1959, continuò a ottenere la maggioranza assoluta dei seggi (seppure con
oscillazioni interne delle percentuali relative alle diverse formazioni
costituenti) anche dopo l'apertura del voto alle donne (1971); le elezioni del
1995 videro i partiti di Governo accaparrarsi 162 dei 200 seggi del Consiglio
nazionale, 54 dei quali al PSD, 45 al PR, 34 al Partito popolare cristiano
democratico (PPCD, già PC) e 29 all'Unione democratica di centro (UDC, ex
PCAC). Nel dicembre 1998 l'Assemblea federale elesse presidente della
Confederazione, Ruth Dreifuss, socialista di religione ebraica e già
ministro dell'Interno, prima donna a rivestire questo incarico nel Paese.
Nell'aprile 1999 un referendum approvò la nuova Costituzione, che
modificò quella del 1884. Nelle elezioni di ottobre 1999 l'Unione
democratica di centro (UDC) conquistò il 22% dei voti, diventando il
primo partito svizzero; il Partito socialista conservava tuttavia la maggioranza
relativa dei seggi in parlamento (51, contro i 44 dell'UDC, i 43 del
Partito liberal-radicale e i 35 del Partito democratico-cristiano popolare). La
carica di presidente per il 2001 venne assunta da Moritz Leuenberger. Nel marzo
2001 un referendum volto a favorire l'adesione del Paese all'Unione
europea venne respinto dal 76% circa dei votanti. Dopo gli attentati dell'11
settembre alle Torri Gemelle e al Pentagono e l'inizio delle operazioni di
guerra contro l'Afghanistan, la
S., fedele alla sua neutralitŕ, acconsentě
all'apertura del suo spazio aereo ai velivoli americani unicamente per portare aiuti
umanitari. Alla fine del 2001, il Paese dovette far fronte alla grave crisi economica
che investě la compagnia aerea nazionale
Swissair (V.) che, dopo l'annuncio
di bancarotta, nell'aprile 2002 effettuň il suo ultimo volo e venne reimmessa sul
mercato con il nuovo nome di
Swiss Air Lines. Il 3 marzo 2002 un referendum
popolare sancě l'ingresso della Confederazione nell'ONU, che divenne realtŕ nel
successivo mese di settembre. Nel giugno 2002, con un ennesimo referendum, il Paese
legalizzň l'aborto, fino a quel momento vietato. Nel maggio 2003 gli Svizzeri furono
chiamati nuovamente a rispondere a nove referendum: le sette proposte di iniziativa
popolare, tra cui quelle a favore dell'abolizione dell'energia nucleare e di uguali
diritti per i disabili, vennero rigettate; ebbero invece esito positivo i due referendum
per il ridimensionamento dell'esercito e per la riforma della protezione civile
proposti dal Governo. Nell'ottobre dello stesso anno si tennero le elezioni generali
che videro la netta vittoria del partito di destra Udc, l'Unione democratica di centro
guidata dall'uomo d'affari Christoph Blocher, che divenne cosě la principale forza
politica all'interno del Parlamento elvetico. Nel 2006 fu eletto presidente della
Confederazione Moritz Leuenberger, membro del Partito Socialista Svizzero.
La confederazione svizzera nel 1536
POPOLAZIONE
Rispetto agli altri Stati dell'Europa occidentale, dalla metà del XIX sec. la
S.
registrò un aumento demografico proporzionalmente maggiore e la
popolazione quasi si triplicò, negli ultimi decenni del XX sec., anche
grazie all'apporto degli stranieri immigrati provenienti dai Paesi confinanti e,
in tempi recenti, dalla Spagna, dall'area balcanica, anatolica e nord-africana.
Oggi, per la particolare fertilità del suolo e per il clima relativamente
temperato la più alta densità di popolazione si osserva nel
Mittelland. Fittamente popolate anche le valli del Giura, dove prevalgono le
colture e i pascoli. La quasi totalità degli abitanti si concentra nei
Cantoni di Berna, Basilea Città, Losanna, Ginevra e Zurigo, dove sorgono
i maggiori centri urbani e pure i Cantoni di Basilea Campagna, Zug, Argovia e
Sciaffusa ospitano una cospicua parte della popolazione. Le zone meno abitate
sono, come è naturale, quelle prettamente montane, ovvero Vallese,
Grigioni, Glarona, Obwalden e Uri. Se i grossi centri urbani sono pochi (oltre
alla capitale, solo Basilea, Ginevra, Losanna e Zurigo superano i 100.000
abitanti), numerosissimi sono i villaggi e i piccoli centri che, stagionalmente,
si popolano di turisti. Basilea e Ginevra, in virtù della loro posizione
di confine, rispettivamente con la Francia e la Germania, hanno una fisionomia
cosmopolita, nel caso di Ginevra accentuata dalla presenza delle sedi di
numerosi organismi e società internazionali. La varietà di origini
storico-culturali della popolazione
s. si riflette tanto
nell'eterogeneità linguistica (V. LINGUA),
che è divenuto il tratto distintivo del Paese, quanto nella
differenziazione religiosa: ai due gruppi maggiori, cattolici e protestanti
(questi ultimi hanno ultimamente perso terreno rispetto ai primi) si aggiunge
una percentuale significativa (13%) di altre fedi, tra cui quella islamica
riveste un peso sempre
maggiore.
LINGUAIl substrato
latino, che alla metà del V sec. era quasi integrale, fatta eccezione per
le sporadiche isole celtiche, fu progressivamente interessato da un processo di
tedeschizzazione dovuto all'insediamento di coloni alemanni. In principio,
questi si stabilirono a Sud del Reno, interrompendo così la
continuità linguistica tra l'area alpina e la regione alsaziano-lorenese
e, a partire dal IX sec., fra le due aree neolatine del Vallese e dei Grigioni.
Attualmente le parlate romanze e quelle germaniche coesistono in aree
geografiche più o meno distinte e solo la toponomastica consente di
riconoscere le stratificazioni dei secoli precedenti. L'eterogeneità
linguistica, tratto distintivo della
S. e riflesso delle sue origini
storico-culturali composite, è sancita dalla stessa Costituzione che
riconosce tre lingue ufficiali - tedesco (63,6%, diffuso soprattutto nei Cantoni
settentrionali e centrali; tale percentuale si è progressivamente
abbassata dall'inizio del XX sec.), francese (19,2%, parlato nei Cantoni
occidentali e sud-occidentali), italiano (7,6%, parlato essenzialmente nel
Canton Ticino) - e una nazionale - il romancio (0,6%, diffuso in buona parte
della popolazione del Canton Grigioni). Certi Cantoni (Berna, Friburgo)
presentano una situazione di bilinguismo. Inoltre, le connessioni tra lingue di
cultura e varietà dialettali sono molteplici e in continuo divenire: se
l'area in cui si parla il tedesco è più compatta e appartiene
dialettalmente all'alto alemanno, in quella francese si assiste a un progressivo
livellamento operato dalla lingua letteraria, per cui i dialetti locali si vanno
assimilando a quelli della adiacente Francia. Grande varietà dialettale
contraddistingue, invece, il romancio (o ladino) grigionese, parlato in un'area
relativamente molto estesa per il ridotto numero degli abitanti, area in cui le
influenze tedesche sono forti, specie nei confronti delle lingue letterarie
romance in via di formazione, ma ancora prive di una fisionomia definita. Infine
sono da ascriversi alla famiglia lombarda i dialetti della
S. ticinese.
LETTERATURACome nella lingua,
così nella letteratura si riflette il peculiare processo storico che ha
portato alla nascita della Confederazione svizzera: in mancanza di un comune
centro di propagazione culturale, furono le esili tradizioni locali ad
alimentare le culture dei singoli Cantoni, peraltro già nell'orbita delle
culture maggiori dei popoli confinanti. Nonostante la formazione di una
"coscienza svizzera" unitaria, in senso politico e ideologico,
sottesa al progressivo avvicinamento tra le differenti etnie, la
diversità linguistica continuò a segnare in modo marcato la
produzione letteraria. ║
Letteratura di lingua tedesca: con J.J.
Breitinger (1701-1776) e J.J. Bodmer (1698-1783) prese avvio, a Zurigo, la
tradizione letteraria svizzera di lingua tedesca, nel segno dell'elemento
irrazionale e fantastico, in opposizione all'illuminismo che contraddistingueva
invece l'opera di C. Gottsched. La prima figura di un certo rilievo fu il medico
e scienziato A. von Haller (1708-1777), autore di versi idilliaci, impregnati di
motivi preromantici: fra le sue opere spicca il poema
Le Alpi (1729),
grandioso affresco del mondo alpino, che in quegli anni richiamava i primi
visitatori. La natura, colta nei suoi tratti di sublime bellezza, sarebbe
ritornata nelle pagine di S. Gessner (1730-1788), pittore e poeta, e di J.P.
Hebel (1760-1826), tra i primi esponenti del Romanticismo. Se l'opera di von
Haller era stata tra le fonti di ispirazione dello Sturm und Drang, fu J.C.
Lavater (1741-1801), eclettico poligrafo, l'unico Svizzero ad aderire a tale
corrente letteraria. Molto apprezzata anche l'opera di J.H. Pestalozzi
(1746-1828), pedagogista di fama europea e autore fresco e personale. Se in
S. il Romanticismo non diede espressioni significative, per assumere,
come in H.D. Zoschokke (1771-1848), toni manierati, con J. Gotthelf (1797-1854)
si aprì la strada alla narrativa d'autore: G. Keller (1819-1890) si
distinse per il tocco realista, dando espressione alla vita di provincia, mentre
voce più aristocratica ed elitaria fu C.F. Meyer (1825-1898), autore di
liriche intense, in cui si anticipa quel culto estetizzante che avrebbe trovato
nell'austriaco R.M. Rilke uno dei maggiori cantori. Se nella poesia di H.
Leuthold (1827-1879), invece, tale tensione verso il bello si tradusse in vuoto
formalismo, più articolata e di maggiore successo fu l'opera di C.
Spitteler (1845-1924), la cui scrittura, dura e scevra di lirismo, è
contrassegnata da una ridondanza di immagini fantastiche; primo Svizzero
insignito del Nobel per la letteratura (1919), rimase tuttavia figura ai margini
della vita letteraria. Seguirono la lezione di Keller J.C. Heer (1859-1925), H.
Federer (1868-1928), E. Zahn (1867-1952) e J. Schaffner (1875-1944), narratori
vivaci e spigliati, anche se piuttosto discontinui. Tutt'altro spessore ebbe la
figura di H. Hesse (1877-1962), scrittore tedesco naturalizzato svizzero, la cui
narrativa composta, ma ricca di spunti sensuali e onirici, nutrita di
spiritualità e di certo misticismo orientale, assorbito nel lungo viaggio
in India (1911), diede voce alla radicale crisi di valori che travolgeva
l'Europa. Tra le voci più significative di tutto il Novecento, si leva
quella di R. Walser (1878-1956), autore di notevoli romanzi autobiografici e,
soprattutto, maestro della forma breve: con ironia e scrittura trasognata, nei
suoi racconti ritrasse le intime contraddizioni dell'animo umano, cogliendo la
vita quotidiana negli aspetti più comuni e tuttavia velati di mistero. Il
periodo fra le due guerre vide la predominanza del romanzo: tra gli autori degni
di nota, ricordiamo J. Bührer (1882-1975), R. Faesi (1883-1972), M. Inglin
(1893-1971), C. Lauber (1887-1981), R.J. Humm (1898-1977) e A. Zollinger
(1895-1943), più apprezzato come poeta. Graffiante e anticonformista
dissacratore delle tradizioni, M. Frisch (1911-1991) fu romanziere e drammaturgo
e al teatro dedicò la sua opera intrisa di amaro sarcasmo anche F.
Dürrenmatt (1921-1991): due voci isolate a denunciare lo sconvolgimento
profondo generato dal regime nazista. Si innestarono in questa scia autori quali
O.F. Walter (n. 1928), H. Meier (n. 1928), P. Nizon (n. 1929) e P. Bichsel (n.
1935), la cui opera riflette l'esigenza di una posizione critica e di un
maggiore impegno sociale. E ancora, un taglio giornalistico caratterizza le
pagine di W.M. Diggelmann (1927-1979), mentre nella generazione più
recente si segnalarono W. Kraner (1935-1987), H. Burger (n. 1942), G.
Leutenegger (n. 1948), Ch. Geiser (n. 1949) e F. Böni (n. 1952). La poesia
diede i risultati migliori per voce femminile, con E. Burkart (n. 1922) e S.
Walter (n. 1919), sorella di O.F. Walter, mentre M. Matter (1936-1972) fu tra i
pochi a tentare le vie della sperimentazione linguistica in ambito lirico.
Ricerca stilistica, influssi dello Strutturalismo e commistione tra letteratura
e musica caratterizzarono, in modo e forme diverse, la prosa di F.Ph. Ingold (n.
1942), J. Laederach (n. 1945) e i testi teatrali di Th. Hürlimann (n. 1950)
e U. Widmer (n. 1938). Con M. Werner (n. 1944) e G. Späth (n. 1930) vennero
riprese certe atmosfere tragiche e grottesche di Dürrenmatt, mentre F.
Hohler (n. 1943) ricreò suggestioni walseriane e kafkiane. ║
Letteratura di lingua francese: tra gli autori maggiori del Settecento
svizzero, ma di respiro europeo, B.L. de Muralt (1665-1749) e J.-J. Burlamaqui
(1694-1748) si mossero tra analisi di costume e questioni filosofiche e
giuridiche o, come nel caso di H.B. de Saussure (1740-1799), il massimo
esponente della cosiddetta "letteratura alpestre", concentrarono la
loro attenzione sul mondo della natura, colto tanto nel lato sublime, quanto
negli aspetti scientifici. Anche il periodo successivo vide al centro degli
interessi letterari le tematiche filosofiche, morali ed economiche, su cui si
innestarono le idee preromantiche mediate da Madame de Staël: la sua
residenza presso Ginevra divenne il centro della vita intellettuale del Paese.
Ne accolsero gli influssi autori quali A. Vinet (1797-1847), A.E. Cherbuliez
(1797-1869), F.M.L. Naville (1784-1846), che mitigarono però tale
sentimentalismo con la rigida spiritualità calvinista. Contemporaneamente
si mossero fermenti di ispirazione regionalistica, che ebbero i maggiori
interpreti in R. Toepffer (1799-1846) e J. Olivier (1807-1876). Un posto a parte
occupano M. Monnier (1829-1885) e P. Monnier (1864-1911), padre e figlio,
particolarmente attenti ai problemi sociali e culturali dell'Italia, F. de
Saussure (1857-1913), linguista ginevrino la cui opera pose le basi dello
Strutturalismo e contribuì in modo determinante all'elaborazione della
linguistica come scienza e J. Piaget (1896-1980), psicologo e principale
precursore del Cognitivismo. Molto prolifico fu il filone della saggistica,
rappresentato da É. Rod (1857-1910), Ph. Godet (1850-1922), L. Dumur
(1863-1933), che contribuì alla nascita di "Mercure de
France", E. Gilliard (1875-1969), che a Losanna fondò i
"Cahiers vaudois" (1914-19), insieme a Ch.F. Ramuz (1878-1947) e a
P. Budry (1883-1949). Ad A. Béguin (1901-1957) si deve, invece, la
fondazione nel 1941 dei "Cahiers du Rhône", mentre tra gli
esponenti della scuola di Ginevra si distinsero J. Rousset (1910-2002) e J.
Starobinski (n. 1920). La tendenza cosmopolita o, quantomeno, francesizzante,
diffusa tra gli autori svizzeri di lingua francese e già accennata in
H.F. Amiel (1821-1881) e B. Cendrars (1887-1961), trovò la sua massima
realizzazione in V. Cherbuliez (1829-1899), G. de Pourtalès (1881-1940) e
nei versi di C.A. Cingria (1883-1954) pubblicati sulle pagine di "La voile
latine" (1904-10), rivista ginevrina di respiro internazionale. E ancora
in A. Cohen (1895-1981), G. Piroué (n. 1920) e G. Haldas (n. 1917), noto,
oltre che per i suoi racconti autobiografici, per le traduzioni di U. Saba.
Espressero, invece, una realtà profondamente locale, fatta di paesaggi
alpestri e naturali, poeti quali J. Olivier (1807-1876), H. Spiess (1876-1940),
ricco della lezione simbolista, G. Roud (1897-1976), Ph. Jacottet (n. 1925); nel
campo della narrativa, si segnalarono R. Toepffer (1779-1846), P. Girard
(1892-1956) e, sopra tutti Ch.F. Ramuz (1878-1947), che rinnovò il
romanzo, dando voce ai montanari del Vallese e ai vignaioli del Vaud e
riproducendone realisticamente la parlata. Dopo di lui si collocarono C.-F.
Landry (1909-1973), M. Zermatten (1910-2001), G. Borgeaud (1914-1998) e J. Chessex
(n. 1934), autore eclettico e fondatore, nel 1964, di
"Écriture". Tra le voci femminili di maggiore rilievo del
Novecento svizzero di lingua francese, citiamo M. Saint-Hélier
(1895-1955), C. Colomb, pseudonimo di
M.-L. Reymond (1899-1965),
anticipatrice del
nouveau roman e A. Cuneo (n. 1936), militante
femminista. Per il teatro, gli autori più significativi furono F.
Chavannes (1868-1936), R. Morax (1873-1963), che diede vita al
Théâtre du Jorat (1903), W. Weideli (n. 1927), M. Viala (n. 1933).
Tra drammaturgia e narrativa si mosse R. Pinget (1919-1997), mentre J. Mercanton
(1910-1996) si dedicò esclusivamente al romanzo e M. Eigeldinger (1917-1991)
operò nel campo della poesia e della saggistica; infine V. Godel (n.
1931) e A. Voisard (n. 1930), la cui poesia risentì dell'influsso del
Surrealismo. ║
Letteratura di lingua italiana: nel Canton Ticino,
profondamente legato alle sue origini italiane, i primi letterati di pregio
risalgono all'età rinascimentale e barocca. Tra i più notevoli,
ricordiamo F. Cicereio (1521-1596), P. Gaudenzi (1596-1648), valente poligrafo,
e F. Soave (1741-1806), noto per essere stato maestro di A. Manzoni e attivo
divulgatore delle teorie sensiste. Fu però in seguito alla Riforma
costituzionale (1830) che, parallelamente a una più definita fisionomia
politica, si sviluppò una letteratura più corposa: si distinsero
A. Pedrazzini (1852-1930) nel teatro, G. Anastasi (1861-1926) nella narrativa di
coloritura politica, A. Nessi (1873-1932) in una posizione solo geograficamente
marginale rispetto alla Scapigliatura milanese, e ancora F. Chiesa (1871-1973),
G. Zoppi (1896-1952), che dipinse la realtà alpina, e il romanziere e
saggista G. Galgari (1895-1969), cui si deve anche la nascita (1941) della
rivista letteraria "Svizzera Italiana". Da ultimo, va ricordato V.
Abbondio (1891-1958), che riprese il tema della natura sublime, permeandolo di
un'intensa spiritualità religiosa. Gli studi storici ricevettero
particolare impulso da S. Franscini (1796-1857) e furono alimentati dall'opera
di P. Peri (1794-1869), di R. Manzoni (1847-1912) e soprattutto di E. Motta
(1853-1920). G.A. Scartazzini (1837-1901) si dedicò all'analisi dantesca,
C. Salvioni (1858-1920) alla linguistica, in particolare all'indagine dei
dialetti ticinesi e grigionesi. Il XX sec. annoverò Giorgio Orelli (n.
1921), inserito nel filone della lirica postermetica, e il fratello di lui,
Giovanni (n. 1928), i cui romanzi si contraddistinguono per un taglio inedito; e
poi A. Pedrali (n. 1921), P. Martini (1923-1979), A. Casé (n. 1936) e,
divisi tra saggistica e narrativa, A. Jenni (1911-1997), T. Poma (1916-1995), G.
Bonalumi (1920-2002). Le scritture femminili di maggior pregio furono quelle di A.
Ceresa (1923-2001), F. Jaeggy (n. 1940) e, fortemente legate alla realtà
locale, E. Pedretti (n. 1930), A. Nessi (n. 1940) e A. Buletti (n. 1946). Oltre
a G. Pozzi (n. 1923), che si impose nella critica letteraria, la saggistica
incluse P. Fontana (n. 1927) e G. Fasani (n. 1922), attivo anche in ambito
poetico.
ARTELe tracce più
antiche dell'arte svizzera risalgono all'età paleolitica e sono
costituite da raffigurazioni di animali incise su osso rinvenute in caverne del
Cantone di Sciaffusa. Dell'Età del Bronzo sono alcuni reperti celtici
(gioielli, oggetti di ceramica) provenienti dal Lago di Neuchâtel. La
dominazione dei Romani, che eressero in territorio elvetico numerose colonie e
città, ha lasciato varie testimonianze di sé rappresentate da
resti di costruzioni monumentali (cinta muraria di Avenches, teatro di Augst,
anfiteatro di Windisch), mosaici, pitture, resti scultorei e d'oreficeria.
D'altro canto, l'arte che si sviluppò in questo periodo non ebbe
particolari caratteri di originalità, risultando non dissimile da quella
di altre regioni dell'Impero. Fu nel corso dell'età paleocristiana e
altomedioevale che l'arte elvetica sbocciò. Per opera dei Burgundi,
già romanizzati e cristianizzati quando occuparono la
S.
occidentale (V sec.), fiorirono numerosi conventi (Romainmôtier, V sec.;
Saint-Maurice, VI sec.); da ricordare anche la chiesa di San Pietro a Ginevra,
città scelta dai Burgundi quale capitale del loro Regno. Ai secc. V-VI
appartiene inoltre il monumento cristiano più antico conservato nella sua
interezza: il battistero di Riva San Vitale (Canton Ticino). Di fondamentale
importanza fu la fondazione di monasteri durante l'età merovingia,
attuata, in particolare, a opera di missionari irlandesi e scozzesi: san Gallo
fondò (614) nei pressi del Lago di Costanza il convento che da lui prese
il nome, rimaneggiato successivamente in forme barocche (della costruzione
originaria rimane solo la cripta occidentale); san Colombano fondò il
monastero di Luxeuil, che diede vita a quello di Montier-Grandval nel Giura, da
cui proviene il pastorale di San Germano, il più antico d'Europa. In
epoca carolingia fu particolarmente fiorente il convento di San Gallo,
importante centro culturale divenuto dall'818 monastero reale, nella cui
biblioteca sono conservati numerosi manoscritti irlandesi, codici miniati
dell'Alto Medioevo, nonché tesori di scultura in avorio. Il monastero di
San Giovanni Battista a Münster (Grigioni), costruito tra il 780 e il 786
secondo la tradizione per volere di Carlo Magno, conserva il più ampio
ciclo di affreschi carolingi realizzati probabilmente da maestri lombardi. In
epoca romanica l'architettura svizzera risentì dell'influenza di vari
regionalismi, mettendo in evidenza la frantumazione del territorio in diversi
centri culturali: le regioni alamanne e retiche subirono l'influsso
dell'architettura sveva, la
S. occidentale entrò in contatto con
l'architettura della Francia meridionale e della Borgogna, il Canton Ticino con
quella lombarda. Nei secc. XI-XII vennero edificati numerosi edifici religiosi
(conventi, chiese episcopali), tra cui le abbazie cluniacensi di Payerne,
Romainmôtier, Saint-Sulpice, la chiesa di Ognissanti a Sciaffusa, la
cattedrale di Zurigo. Caratteristica delle costruzioni dei secc. XII-XIII
è la commistione di motivi stilistici vecchi e nuovi, romanici e gotici
(le cattedrali di Ginevra, Losanna, Sion, Coira e Basilea, la cui costruzione,
iniziata nel XII sec., fu ultimata in età gotica; le chiese cistercensi
di Hauterive, Bonmot, Kappel). Nel XV sec., accanto alla costruzione di chiese
in stile tardo-gotico (Sant'Osvaldo a Zug, 1470; la Wasserkirche a Zurigo,
1479-84; San Leonardo a Basilea; San Giovanni a Sciaffusa), assunse sempre
più importanza la committenza civile: vennero costruiti i palazzi
municipali di Basilea, Berna, Friburgo, e i castelli di Chillon,
Neuchâtel, Aigle. La scultura di età romanica è
caratterizzata da una mescolanza di influssi francesi e lombardi che si
può riscontrare, tra gli altri, nella
Crocifissione di Aarau,
nella porta di San Gallo della cattedrale di Basilea, nei portali delle
cattedrali di Coira, di Losanna e di Zurigo. In epoca gotica, mentre la scultura
monumentale diede risultati piuttosto modesti, quella in legno fu di una certa
importanza. Centro principale fu Basilea. Numerosi gli affreschi romanici
presenti nelle chiese di Negrentino, di Biasca, di Rovio, di Santa Maria di
Torello (Canton Ticino); di grande interesse artistico il soffitto ligneo
dipinto con
Storie di Cristo della chiesetta di Zillis (Grigioni) e
quello del duomo di Hildesheim, entrambi del XII sec. A partire dal XIV sec., al
decadere della pittura murale corrispose il fiorire della pittura su vetro
(vetrate del rosone della cattedrale di Notre-Dame a Losanna, 1250 circa;
vetrate del convento di Königsfelden, 1325-30 circa; le vetrate della
cattedrale di Berna, 1439-55), dell'oreficeria (tesori delle chiese di Sion,
Engelberg, Coira, Beromünster, Basilea), della miniatura e della produzione
di arazzi. Nel XV sec. a Basilea fu attivo (1434-47 circa) il primo grande
pittore svizzero, K. Witz (1400 - prima del 1446), che nel 1444 dipinse l'altare
raffigurante la pesca miracolosa nella cattedrale di San Pietro a Ginevra.
L'affermazione dell'arte rinascimentale in
S. fu piuttosto graduale,
persistendo elementi tardo-gotici presenti, in particolare, nell'architettura
della
S. occidentale, dove ancora preponderante era l'influenza del
Gotico francese (municipio di Ginevra, 1556; Maison des Halles a
Neuchâtel, 1569-75; prefettura di Friburgo, 1581-83). Di contro, il
Rinascimento italiano improntò di sé l'attività artistica
che si sviluppò nella
S. centrale e nel Canton Ticino: esempi
eclatanti sono l'architettura e le sculture del duomo di Lugano e i dipinti di
B. Luini, che esercitò un profondo influsso su molti artisti svizzeri, in
Santa Maria degli Angeli a Lugano (1529). Nella
S. tedesca maggiore
influenza ebbe il pittore H. Holbein il Giovane (1497/98 - 1543) che si
stabilì a Basilea intorno al 1515 con il fratello Ambrosius (1494-1519
circa). Essi, insieme a U. Graf (1480 circa - 1529) e a N. Manuel Deutsch
(1484-1530), diedero un fondamentale contributo anche allo sviluppo della stampa
e dell'incisione. Tra i più famosi pittori della fine del XVI sec.
ricordiamo H.H. Klauber (1535-1578), H. Bock (1550-1623), H. Asper (1499-1571),
T. Stimmer (1539-1584), J. Heintz (1564-1609). Particolarità dell'arte
svizzera del XVI sec. è inoltre la costruzione di fontane riccamente
scolpite di cui gli esempi più eccelsi sono rappresentati dalla fontana
del Moro a Sciaffusa (1520) e da quella di Sansone a Friburgo (1547). Con
l'affermazione nella
S. tedesca e in quella francese della Riforma,
avversa alle arti figurative, alcuni artisti svizzeri emigrarono all'estero
(Holbein in Inghilterra, Heintz a Praga). Di contro altri artisti, provenienti
in particolare dalla Germania meridionale, si stabilirono nei territori
cattolici della
S., facendovi largamente penetrare lo stile barocco. Le
chiese cattoliche costruite nei secc. XVII-XVIII sono il più delle volte
opera di architetti e maestranze straniere, provenienti soprattutto dal
Vorarlberg (chiese abbaziali di Rheinau, Bellelay, Einsiedeln, San Gallo) o di
religiosi gesuiti e cappuccini (chiesa della Visitazione a Friburgo; chiesa dei
Pellegrini a Buttisholz, chiese dei Gesuiti a Lucerna, a Briga, a Solothurn,
ecc.). La scultura, limitata ai territori cattolici e di carattere
prevalentemente popolare, fu rivolta alla decorazione di facciate e ambienti
interni per opera inizialmente di maestri della Germania meridionale e
successivamente di scultori svizzeri (B. Babel; J.-A. Arlaud, 1668-1743; D.
Gardelle; F. Massot, 1766-1849). D'altro canto, fino alla fine del XVIII sec.
gli artisti svizzeri realizzarono le loro maggiori opere all'estero: è il
caso dei ritrattisti J.-E. Liotard (1702-1789) e A. Graff (1736-1813), del
pittore e teorico J.H. Füssli (1741-1825) che visse in Inghilterra, dello
scultore A. Trippel (1744-1793) e del pittore ticinese G. Serodine (1600-1630).
Lo stile neoclassico, impostosi alla fine del XVIII sec. e già
in
nuce nella cattedrale di Sant'Orso a Soletta, è rappresentato da
costruzioni civili quali il municipio di Neuchâtel (1782), al cui progetto
lavorarono tre celebri architetti francesi, N. Nicole, C.-N. Ledoux e P.-A.
Paris, e il Kirschgarten (1777) di Basilea. In ambito pittorico, si imposero
diverse ed eterogenee personalità: il romantico Füssli; i pittori di
paesaggi alpini K. Wolf (1735-1788) e A. Calame (1810-1864); R. Koller
(1828-1908), che dipinse soprattutto animali; A. Böcklin (1827-1901),
rappresentante di un simbolismo fiabesco e mitologico; F. Hodler (1853-1918),
che realizzò una pittura a carattere monumentale. Tra gli scultori della
seconda metà del XIX sec. ricordiamo R. Christen, M. Leu, F. Schlöth
e K. Stauffer-Bern (1857-1891), mentre dopo il 1900 si distinsero A. de
Niederhäusern, detto Rodo (1863-1913), e C. Burckhardt. Agli inizi del XX
sec., nonostante l'affermazione del movimento dada, nato a Zurigo nel 1916, e
nonostante l'attività avanguardistica di S. Taeuber Arp (1889-1943), P.
Klee (1879-1940), A. Giacometti (1901-1966), la committenza svizzera
(prevalentemente borghese e religiosa) rimase legata a canoni artistici
anacronistici. L'arte avanguardista riuscì a diffondersi in
S. con
molta lentezza grazie all'opera del pittore, scultore e architetto M. Bill
(1908-1994) e del gruppo Allianz di Zurigo, sorto per iniziativa di L.P. Leuppi
(1893-1972). In ambito architettonico, accanto alle ardite sperimentazioni di K.
Moser (1860-1936), che per primo utilizzò strutture in cemento armato, di
grande importanza fu l'influenza esercitata dalla Bauhaus, di cui fecero parte
anche artisti svizzeri, e da Le Corbusier (1887-1965) sotto la cui egida a La
Sarraz vennero fondati i CIAM (1928). La tendenza migratoria degli artisti
svizzeri, già riscontrata nel XIX sec., si ripropose nel XX sec.: oltre a
Le Corbusier, che svolse la sua attività prevalentemente all'estero e
assunse la cittadinanza francese, anche gli architetti H. Schmidt e H. Meyer
(1889-1954), sperimentatori di nuove tecniche costruttive e ideatori di un nuovo
linguaggio formale, misero in opera i loro progetti in Russia. Nel secondo
dopoguerra, si imposero all'attenzione internazionale gli architetti J. Schader
(scuola superiore Freundenberg, Zurigo, 1959), J. Tschumi (centro amministrativo
Nestlé a Vevey, 1960), W.M. Förderer (università di San
Gallo, 1963), M. Schlup (centro comunitario, Biel, 1966). Tra le maggiori
personalità che si distinsero nel campo dell'Astrattismo e nelle
più innovative espressioni artistiche dopo il 1945, ricordiamo i pittori
R.P. Lohse (1902-1988), C. Graeser, H. Honegger e gli scultori W. Bodmer
(1902-1973), H. Fischli, W. Linck (1903-1975), W. Weber, J. Tinguely (1925-1991),
D. Spoerri (n. 1930).
MUSICAIn
S. furono le comunità monastiche provenienti dalla Germania, da
Roma e dalla Francia a dare l'avvio a una tradizione musicale, importando
ciascuna la propria forma di canto liturgico, gregoriano, romano e gallicano. I
chiostri del Lago di Costanza, luoghi di studio di notazione e teoria, e il
convento di San Gallo, dove nel X sec. nacquero le sequenze, per opera di
Notkero Balbulo, e i tropi, la cui invenzione è attribuita a Tutilone,
fin dal primo Medioevo furono i maggiori centri di cultura musicale della
S. Accanto alla musica sacra, nei conventi svizzeri si sviluppò
una tradizione di musica organistica e di costruzione di organi di alto livello;
il panorama della tradizione chiesastica era completato dal dramma liturgico,
che trovò un largo impiego a partire dall'XI sec., e dalla nascente
polifonia. La musica profana nei secc. XII-XV diede vita a correnti trovadoriche
(
Minnesang) e successivamente borghesi (
Meistersang), in cui si
attuò una mescolanza tra elementi germanici e romanzi. I secc. XV-XVI
videro prosperare in
S. la musica vocale e organistica. All'arte
dell'elaborazione organica del
Lied e all'arte del mottetto si dedicarono
E. Koler, I. Heer, M. Barbarini, G. Meyer, C. Alder, M. Apiarius e L. Senfl
(1486 circa - 1542 circa), compositore di grande talento, che svolse la sua
attività in Germania; tra i maggiori organisti, i quali potevano
avvalersi di strumenti di elevata qualità tecnica fabbricati da esperti
artigiani (i più famosi furono H. Tugi, L. Lauberer, P. Leid), ricordiamo
M. Eigen, A. Soumelin, G. Raps, E. Koler, H. Kotter, L. Herpol, C. Sebastiani.
Da menzionare, per quanto riguarda la teoria, l'umanista E. Glareano
(1488-1563), che raggiunse fama europea. Con la Riforma, per quanto concerne la
musica chiesastica, mentre nei territori riformati si diffuse un particolare
tipo di
Lied sacro, caratterizzato dalla commistione di influssi
luterani, zwingliani e ugonotti, nei territori cattolici tra i secc. XVII e
XVIII la vita musicale fu assai vivace e florida, nonostante non si trovino che
personalità di secondo piano, tra cui S. Benn, V. Molitor, M. Martini, I.
Schreiber, B. Deuring, A. Marti, M. Landwing, D. Stalder, M. von Schauensee. I
secc. XVIII-XIX furono contraddistinti dalla diffusione dell'educazione musicale
e del canto corale per opera di H.G. Nägeli (1773-1836). Si registrò
inoltre un incremento della vita musicale con l'organizzazione di numerosi
festival (
Festspiele), tra cui i più famosi sono rimasti quelli
organizzati da enti quali la Schweizerische Musikgesellschaft (1808-66) e
l'Eidgenössischer Sängerverein (dal 1842), in cui si esibivano i
migliori direttori e solisti europei (vi presero parte, tra gli altri, C.M. von
Weber, L. Spohr, R. Wagner). Dalla seconda metà del XVIII sec.
cominciarono a imporsi tendenze nazionali nell'opera e nella musica sinfonica
con H. Huber (1852-1921), H. Suter (1870-1926), F. Hegar (1841-1927), E.
Jacques-Dalcroze (1865-1950), G. Doret (1866-1943), O. Scheck (1886-1957). Tra i
compositori attivi nel XX sec. che riscossero successo internazionale,
ricordiamo F. Martin (1890-1974), A. Honegger (1892-1955), R. Oboussier
(1900-1957), C. Beck (1901-1989), C. Regamey (1907-1982), H. Sutermeister
(1910-1995), e, tra i più recenti, K. Huber (n. 1924), J. Guyonnet (n.
1933), Th. Kessler (n. 1937). Tra gli interpreti di fama mondiale annoveriamo i
direttori d'orchestra E. Ansermet (1883-1969), P. Sacher (1906-1999) e P. Magg (n.
1919); i pianisti E. Fischer (1886-1960) e K. Engel (n. 1923); l'oboista (e
compositore) H. Holliger (n. 1939); i cantanti M. Stader (n. 1915) ed E.
Haefliger (n. 1919). ║
La musica popolare in S.: in
S. si
sono sviluppati due tipi di musica legati alla montagna e alla tradizione
pastorale alpina: lo
jodler (V.), un canto
caratterizzato da frequenti e rapidi passaggi dal registro normale a quello di
falsetto e viceversa, e la musica dell'
Alphorn
(V.), un singolare strumento della famiglia dei
corni, che, a causa della sua lunghezza (può misurare sino a 4 m), nel
corso dell'esecuzione viene mantenuto in appoggio sul terreno.
Zurigo: la cattedrale Grossmuenster
L'antica cittadina di Rapperswil, sul lago di Zurigo
Lucerna: il ponte di legno
Il castello di Chillon, in Svizzera
Panorama della valle Engadina (Svizzera)
Basilea: il Rathaus
Panorama di Olten (Argovia, Svizzera)
Il lago di Lugano
Panorama del cantone Vallese (Svizzera)
Panorama di Berna
Panorama di Montreux (Svizzera)
Losanna: Place de la Palude