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Sūtra.

Voce sanscrita: filo conduttore, regola, norma. In epoca vedica passò a designare un particolare genere letterario (in un certo senso assimilabile a quello occidentale del trattato) avente lo scopo di compendiare in un unicum tutti gli argomenti, prescrizioni, nozioni e informazioni relativi a una particolare materia, che si trovavano dispersi nella copiosa produzione religiosa. Composti nelle diverse scuole sacerdotali brahmaniche in un periodo compreso tra il VII sec. a.C. e il II d.C., in origine i s. furono dunque testi a carattere prettamente religioso, dedicati in primo luogo a illustrare le regole per la corretta esecuzione del sacrificio e del suo rituale (Kalpasūtra); le norme preposte ai doveri rituali del capofamiglia e della famiglia tutta (Grhyasūtra); le corrette modalità che dovevano informare i rapporti interni alle famiglie, alla società, alle diverse caste e comprendenti perciò anche nozioni di diritto e dell'arte di governo, secondo quanto dettato dall'ordine religioso, sentito come diretta derivazione dell'ordine cosmico (Dharmasūtra). Il genere dei s. - che si sviluppò nell'ambito della smrti, cioè della tradizione, quale completamento della s'ruti, cioè della rivelazione (V. VEDA), - costituì anche il fondamento delle scienze "laiche", avendo affinato lo strumento per lo studio e la trasmissione sistematica delle conoscenze di numerose discipline quali la grammatica, la fonetica, il diritto, l'astronomia, la medicina, la filosofia, ecc. Infatti carattere precipuo dello stile compositivo dei s. erano l'estrema concisione (che si manifestava nella struttura a brevi aforismi), la successione strettamente logica quasi algebrica nell'esposizione dei concetti, di modo che ogni s. risultasse essere un complesso di formule mnemoniche in grado di compendiare tutto l'insegnamento che un maestro poteva fornire a un allievo in riferimento a una data disciplina. Tuttavia, nella loro oscura concisione, tali aforismi potevano al più richiamare alla mente un insegnamento assai più vasto e risultavano perciò incomprensibili in mancanza di un commento ben declinato. Ciò spiega perché, a fianco dei più antichi s. che anche per la loro estrema laconicità venivano percepiti come immutabili, si sviluppò una vasta letteratura (quella dei s'āstra: trattati), che ebbe appunto carattere esplicativo e di esemplificazione ma non innovativo: si citano per tutti, in dipendenza dai Dharmasūtra, i Dharmas'āstra, il cui esempio più alto è la Manusmrti (La legge di Manu). Il genere dei s. ebbe particolare fortuna in ambito filosofico, poiché tutti i principali sistemi filosofici ne produssero, benché sempre bisognosi di opere di commento: citiamo per tutti il Sānkhyasūtra, compendio del sistema filosofico omonimo, composto nel XV sec. Nella letteratura buddhista in lingua pali, l'omologo del termine sanscrito s. era sutta, che assunse però il significato principale di insegnamento, applicato ai discorsi del Buddha raccolti nella seconda parte del canone Tipitaka.