Traduzione del termine tedesco
Übermensch, col quale, a partire dai secc. XVII-XVIII si venne a
indicare l'uomo che per la sua genialità riesce a elevarsi al di sopra
della media (H. Muller, J.C. Herder, W. Goethe). Nella tradizione filosofica, il
termine è legato alla speculazione di F. Nietzsche, che lo impiegò
per connotare colui il quale accetta la dottrina dell'eterno ritorno dell'eguale
e, compiendo la trasmutazione dei valori, sostituisce ai vecchi doveri la
propria volontà; in questo senso, il superuomo per Nietzsche è
l'uomo che va
oltre l'uomo, che supera, cioè, le concezioni di
uomo elaborate dalla tradizione filosofica precedente. Il termine ebbe grande
fortuna all'inizio del XX sec., finendo per essere utilizzato ora per indicare
un approccio estetizzante all'esistenza, ora (in modo assolutamente improprio
rispetto alla teoria nietzschiana) per affermare tesi razziste e
antidemocratiche.