Biol. - In immunologia, termine con il
quale vengono indicati particolari antigeni in grado di interagire e di attivare
i linfociti
T con un meccanismo d'azione diverso da quello degli antigeni
convenzionali e dei mitogeni. I
s. agiscono, come gli altri antigeni,
prevalentemente sui linfociti
T helper, ma l'intensità
della stimolazione da loro prodotta è considerevolmente più
elevata: la frequenza di risposta a uno di essi oscilla infatti da una cellula
su cinque a una cellula su cinquanta, contro una frequenza di risposta a un
antigene convenzionale di circa una cellula su diecimila. La seconda essenziale
differenza dagli antigeni convenzionali risiede nella loro modalità di
legame al TCR (
T Cell Receptor, ovvero recettore delle cellule
T
per l'antigene): essi reagiscono infatti con una sola delle due porzioni
variabili del TCR, a differenza degli antigeni convenzionali che si legano
contemporaneamente ad entrambe. Inoltre, il legame dei
s. con le cellule
del MHC (
Major Hystocompatibility Complex), che negli antigeni
convenzionali consente la loro "presentazione" e quindi il
successivo legame con il TCR, ha luogo in una zona esterna alla regione deputata
all'interazione con l'antigene processato. I
s., infine, non hanno
bisogno di andare incontro al fenomeno di processamento per potersi legare alle
molecole del MHC. ║ In natura i
s. sono assai diffusi; sono
rappresentati il più delle volte da organismi batterici dannosi per
l'uomo o dalle sostanze, come ad esempio le tossine, che questi sono in grado di
sintetizzare. Il prototipo di questi
s. esogeni è infatti
rappresentato da un gruppo di tossine prodotte da alcuni ceppi di
Staphylococcus aureus, capaci di indurre gravi intossicazioni
alimentari.