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Suntuàrio.

(dal latino sumptuarius, der. di sumptus: spesa). Che concerne le spese di lusso. • Arte - Arti s.: con particolare riferimento al periodo altomedioevale, articoli di lusso creati con materiali preziosi (gioielli e insegne di rango, cofanetti, reliquiari, legature di libri) e utilizzati per committenze civili e religiose di alto rango. • St. del dir. - Legge s.: legge o norma finalizzata a contenere le spese superflue e voluttuarie, il lusso smodato. Nel diritto antico le leggi s., volte a frenare il lusso eccessivo dei costumi dell'aristocrazia (banchetti, funerali, vesti maschili e femminili), costituivano un fenomeno ampiamente diffuso. In Grecia esse furono emanate soprattutto all'epoca delle legislazioni e delle tirannidi, sotto Licurgo, Solone, Pittaco, ecc. A Roma, le prime norme contro lo sfarzo degli abiti, delle mense e dei funerali comparvero nella legge delle XII Tavole. L'emanazione di leggi s. si intensificò in epoca repubblicana. In particolare, una dopo l'altra si susseguirono: la Lex Oppia sumptuaria (215 a.C.), contro l'uso di indossare vesti di più colori, di portare ornamenti d'oro di peso superiore alla mezza libbra e di servirsi, in città, di cocchi a due cavalli; la Lex Orchia de coenis (181 a.C.), che limitava il numero dei convitati nei banchetti; la Lex Fannia cibaria (161 a.C.), che stabiliva il costo massimo da non superare nell'allestimento dei conviti, vietava di cibarsi di volatili che non fossero galline non ingrassate, e limitava a tre il numero dei convitati, che veniva portato a cinque nei giorni di mercato; la Lex Didia (143 a.C.), che applicava le normative del 161 a.C. a tutta l'Italia, la Lex Aemilia e la Lex Licinia; la Lex Cornelia Sumptuaria (81 a.C.), che regolava i debiti di gioco e fissava la spesa massima per i banchetti e i monumenti funebri, la Lex Antia e la Lex Pompeia. Nel 50 a.C. fu respinta la Rogatio Scribonia de itineribus, proposta al fine di contenere lo sfarzo degli equipaggiamenti signorili mediante l'imposizione di pesanti tasse. Nel 46 a.C. Cesare fece approvare la Lex Iulia che, oltre a limitare il tetto massimo di spesa nei banchetti, vietava l'uso delle lettighe, delle vesti di porpora e delle perle, salvo che per determinate occasioni e persone. Sotto l'Impero, intorno al 18 a.C. fu emanata da Augusto una nuova Lex Iulia, analoga a quella di Cesare. Provvedimenti s. furono presi anche da Tiberio, che ridusse le spese degli spettacoli e lo scambio delle strenne alle calende di gennaio. Le successive disposizioni, approvate da Nerone, Antonino e Marco Aurelio, regolarono le spese dei giochi dei gladiatori, la vendita della mobilia di lusso e quella delle pasticcerie nelle tabernae. Responsabili dell'applicazione delle norme summenzionate erano gli edili e i censori i quali, tuttavia, non sempre riuscivano a farle osservare. Le leggi s. furono assai diffuse anche nel Medioevo, in particolare all'epoca dei Comuni, quando si moltiplicarono i provvedimenti contro ogni ostentazione di lusso smodato; rigorose limitazioni furono imposte, per ogni classe sociale, allo sfarzo delle vesti e degli ornamenti, al numero dei famigli e alle spese per le ricorrenze sociali e familiari. Il perdurare delle manifestazioni di sfarzo e dispendio condusse alla creazione di speciali magistrature (provveditori alle pompe a Venezia e a Genova), preposte alla sovrintendenza dell'applicazione della legislazione s. Quest'ultima cadde in disuso soltanto a partire dal XIX sec.