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Sulfamìdico.

Chim. - Termine indicante ciascuno dei numerosi derivati dell'ammide dell'acido solfanilico. • Farm. - Vasto gruppo di farmaci chemioterapici, batteriostatici, chiamati anche sulfonamidi, sulfammidici, solfamidici o solfammidici. Derivati della para-aminobenzensulfonamide (o sulfanilamide), i s. sono stati i primi agenti chemioterapici scoperti a partire dal 1932; da allora ne sono stati sintetizzati più di 5.400 (che si differenziano per i radicali sostituenti sui gruppi ―NH2 e ―SO2NH2) di cui soltanto alcuni, che differiscono lievemente nella loro attività antimicrobica, possiedono un'importanza terapeutica. I s. svolgono la loro azione batteriostatica bloccando l'attività di un enzima batterico indispensabile per il suo metabolismo, la diidrofolato-sintetasi, di cui sono analoghi strutturali. Sono indicati nel trattamento delle infezioni urinarie e gastrointestinali non complicate, delle infezioni sistemiche non gravi indotte da germi sensibili e nella profilassi della meningite meningococcica. Lo spettro di attività antimicrobica di questi farmaci, abbastanza ampio, comprende i cocchi gram-positivi e gram-negativi (escluso l'enterococco), i bacilli del carbonchio e della difterite, gli emofili, gli enterobatteri, le clamidie e vari protozoi, mentre i treponemi, le leptospire e le rickettsie risultano insensibili. Il loro uso, spesso indiscriminato e arbitrario, tuttavia, ha provocato nel tempo una notevole riduzione del numero dei germi sensibili, in seguito alla diffusione di ceppi mutanti resistenti; per tale ragione e in seguito all'avvento degli antibiotici, il loro impiego clinico negli ultimi anni è stato notevolmente ridotto. I s. attualmente utilizzati possiedono una bassa tossicità e una lenta velocità di metabolizzazione. Grazie a questa seconda caratteristica è possibile ottenere, anche a bassi dosaggi, una concentrazione plasmatica sufficiente a dare il massimo effetto terapeutico. Vengono generalmente somministrati per via orale, a volte in associazione con altri chemioterapici, e sono eliminati dall'organismo in gran parte attraverso le urine ma anche con la bile, le feci e il latte materno. Possono essere classificati in base alla loro velocità di escrezione come: s. a rapida eliminazione, escreti nelle urine in alte concentrazioni e quindi particolarmente utili nel trattamento delle infezioni delle vie urinarie; a eliminazione semiritardata; a eliminazione ritardata; a eliminazione ultraritardata. In base alla loro durata d'azione, espressa mediante un parametro clinico detto emivita, vengono classificati in: s. a breve durata d'azione, aventi un'emivita di 6-8 ore; a media durata d'azione, caratterizzati da un'emivita di 11-18 ore; a lunga durata d'azione, aventi un'emivita di 12-24 ore; ad azione ultralunga, caratterizzati da un'emivita di più di 24 ore. Questi chemioterapici interferiscono con svariati farmaci, come gli antidiabetici orali e gli anticoagulanti, e possono indurre reazioni collaterali indesiderate quali reazioni di ipersensibilità, vertigini, febbre, nausea, vomito, ittero, alterazioni del sistema ematopoietico (agranulocitosi, anemia emolitica acuta, anemia aplastica, eosinofilia, trombocitopenia).