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Suharto.

Militare e uomo politico indonesiano. Abbracciò giovanissimo la carriera militare; comandante reggimentale nel 1945, colonnello nel 1949, generale e vice-capo di Stato Maggiore nel 1960, fu nominato comandante della riserva strategica nel 1963. Quando l'ibrida alleanza tra forze nazionaliste, comuniste e militari cominciò a denunciare segni di cedimento, si pose alla testa dei militari contrari al presidente Sukarno. Assunto il comando supremo dell'esercito nel 1965, scatenò una campagna repressiva, che provocò 600.000 morti tra i presunti militanti e simpatizzanti del Partito comunista indonesiano, accusati di aver organizzato un tentativo di colpo di Stato. Divenuto dapprima ministro della Difesa, quindi capo del Governo, esautorò definitivamente Sukarno nel 1967, assumendo la presidenza ad interim. Nel 1968 venne eletto dal Consiglio del Popolo presidente con pieni poteri con durata quinquennale. Egli si affermò soprattutto come abile mediatore, divenendo il punto di convergenza tra le varie correnti dell'esercito e tra gerarchia militare e tecnocrazia civile. Nel 1973 venne rieletto alla presidenza della Repubblica, quindi riconfermato alla guida dell'Indonesia nel 1978, nel 1983, nel 1988 e nel 1993. Pur essendo a capo di un Paese non allineato, egli mantenne stretti rapporti economici con gli Stati Uniti, il Giappone e l'Europa (soprattutto i Paesi Bassi), che gli permisero di superare la crisi generatasi in seguito al crollo delle esportazioni di gas naturale e di greggio. Il carattere autoritario e repressivo del suo Governo, tuttavia, suscitò forti malumori soprattutto negli ambienti studenteschi e intellettuali e tra i membri dell'ortodossia islamica. Nel 1998, dopo una repentina inversione di tendenza in ambito economico (accresciuta dal grave disastro ambientale causato da un gigantesco incendio che semidistrusse la giungla di Kalimantan e le foreste di Sumatra e Giava occidentale) che generò un crescente aumento dei prezzi accompagnato da disoccupazione e miseria, gli studenti furono a capo di una sanguinosa rivolta popolare (oltre 500 morti) che ebbe come obiettivo primo i centri commerciali e i negozi gestiti dalla popolazione cinese, che vennero saccheggiati, e come ultima conseguenza l'abbandono del potere da parte di S. (21 maggio). Egli fu così sostituito dal vice presidente Bacharuddin Jusuf Habibie, ex ministro della Tecnologia, presidente dell'Associazione degli intellettuali musulmani e suo figlio adottivo (n. Kemusu, Djokjakarta 1921).