(dal latino
successio, der. di
succedere: succedere). L'atto o l'effetto del subentrare ad altri:
essendosi dimesso il presidente,
il Consiglio di amministrazione
dell'azienda deve decidere sulla sua s. ║ I successori:
alla sua
morte non lasciò alcuna legittima s. ║ Il susseguirsi di cose o
persone nello spazio o nel tempo:
una s. di suoni. ║ Il susseguirsi
dei fenomeni e degli avvenimenti:
la s. delle stagioni. • Agr. -
S. delle colture: sinonimo di
rotazione
(V.). • Arald. -
Armi di
s.: armi portate per diritto di
s. • Ecol. - Graduale
processo di evoluzione della comunità vegetale di una determinata area
geografica, che si verifica a partire da una fase iniziale di colonizzazione
fino al raggiungimento del cosiddetto stadio di climax. Tale processo evolutivo
da una comunità iniziale a una comunità finale, in grado di
assorbire tutte le perturbazioni esterne (naturali o indotte dall'uomo)
mantenendo integra la propria struttura, avviene attraverso stadi successivi
detti
sere o
stadi serali e consiste nella variazione numerica
degli individui di ciascuna specie, nella eventuale scomparsa di specie
già esistenti e nella comparsa di specie nuove che possono
progressivamente sostituire quelle originarie. Una
s. ecologica è
un fenomeno naturale dovuto sia alle caratteristiche fisiche e topografiche
dell'area considerata, sia alla componente biotica, consistente nelle
interazioni tra i vari organismi che fanno parte della
s. stessa. La
durata di una
s. e degli stadi che la compongono è assai variabile
e può oscillare da alcuni anni (come nel caso della vegetazione costiera
di alcuni piccoli laghi che, in seguito a fenomeni di interramento o alla
produzione di torba sul fondo, vanno riducendosi fino a scomparire) a molti
secoli (come accade per le comunità vegetali che colonizzano un terreno
nuovo, privo di organismi viventi). Una
s. ecologica viene definita
primaria, quando ha inizio in luoghi in precedenza completamente
disabitati, come dune sabbiose, terreni lavici, isole vulcaniche di recente
formazione, superfici sabbiose, e
secondaria, quando si sviluppa in
un'area nella quale si è verificata, in seguito a incendi, inondazioni o
altre cause, la distruzione parziale o totale della vegetazione preesistente. A
seconda che abbia origine nell'acqua, in luoghi aridi o in zone rocciose, una
s. naturale viene definita
idrosere,
xerosere,
litosere. • Geol. -
S. stratigrafica: sequenza di
formazioni rocciose (sedimentarie e/o vulcaniche) che si succedono una
sull'altra in un determinato intervallo di tempo in una determinata regione. La
s. stratigrafica può essere
concordante (se riguarda due
unità i cui strati sono tra loro paralleli, orizzontali o inclinati) o
discordante (se non sussiste tale parallelismo); in questo secondo caso,
la
s. può presentare quattro differenti tipi di relazioni
angolari:
onlap (appoggio di strati orizzontali su superfici inclinate),
downlap (appoggio di strati originariamente inclinati su una superficie
orizzontale o debolmente inclinata),
toplap (strati in origine inclinati
rispetto a una superficie limite superiore),
troncatura erosiva
(terminazione di strati dell'unità inferiore contro una superficie di
erosione suborizzontale e con andamento irregolare). ║
S.
condensata: unità litologica sviluppatasi su spessori piuttosto
sottili e caratterizzata da un tasso di sedimentazione molto basso. • Dir.
-
S. per causa di morte: fenomeno giuridico in ragione del quale un
soggetto (
successore) subentra a un altro soggetto (
de cuius) in
uno o più rapporti giuridici patrimoniali a seguito della morte di
quest'ultimo. Disciplinata già dai diritti babilonese, assiro e attico
secondo criteri tesi a salvaguardare la proprietà familiare (con la
conseguenza di attribuire nelle
s. priorità ai figli sulle
figlie), la
s. per causa di morte fu regolamentata dal diritto classico
con la tripartizione in
testamentaria,
legittima e
necessaria e con l'assegnazione della precedenza alla prima
(V. TESTAMENTO). L'ordine della
legittima,
fissato per la prima volta dalle XII Tavole e modificato in età classica,
fu strutturato secondo i principi della
cognatio e dell'
agnatio e
secondo quattro classi di successori: i
liberi (siano o meno
sui),
i
legittimi (tutti gli agnati e i chiamati), i
cognati (parenti
fino al sesto grado), il coniuge superstite. In età imperiale, i
senatoconsulti Tertulliano e Orfiziano regolarono i rapporti di
s. tra
madre e figli, stabilendo che questa fosse chiamata dopo i sui, il padre e i
fratelli e che i figli succedessero alla madre prima degli agnati. Con
Giustiniano la sola
cognatio divenne la base per la
s.; quattro
furono le classi di successori individuate: i discendenti, gli ascendenti, i
fratelli e le sorelle unilaterali con i loro figli, gli altri collaterali, oltre
che, in determinate condizioni, la vedova dell'ereditando. Per quanto concerne,
invece, la
s. necessaria, due furono i principi cardine: uno formale,
secondo cui i sui dovevano essere istituiti o diseredati, un altro materiale,
secondo cui determinate persone, qualora non fossero considerate nel testamento,
potevano farlo annullare (
querella inofficiosi testamenti). Con
Giustiniano, venne fissato il principio in base al quale discendenti e
ascendenti non potevano essere diseredati; furono anche stabilite le cause di
esclusione dall'eredità e i requisiti per poter ereditare (essere
cittadini, oppure essere
peregrini con
ius commerciale, oppure
essere schiavi del testatore istituiti da questo eredi
cum libertate).
L'acquisto dell'eredità (
aditio) avveniva secondo forme solenni
(
cretio, poi abolita da Giustiniano) o semplicemente palesando la
volontà di acquistare (
aditio,
pro herede gestio); esso era
automatico per i sui e per i necessarii, essendo a essi preclusa la
possibilità di rinuncia (salvo che per atto del pretore), alla quale
potevano, invece, ricorrere tutti gli altri eventuali eredi. Effetti
dell'acquisto dell'eredità erano l'acquisizione di elementi patrimoniali
ed extrapatrimoniali (ad esempio, il dovere di esercitare la vendetta del
defunto, la potestà tutoria, ecc.), l'estinzione di eventuali debiti
dell'erede nei confronti del defunto (e viceversa), la responsabilità per
i debiti ereditari, quand'anche questi fossero stati superiori al valore del
patrimonio ereditario. Riguardo a quest'ultimo obbligo, che in taluni casi
finiva per danneggiare eccessivamente non solo l'erede, ma anche i creditori del
defunto e dell'erede, vennero escogitate delle correzioni, quali la
satisdatio de suspecto herede e la
separatio bonorum (a favore del
creditore del defunto) e il
beneficium inventarii (a favore dell'erede).
Nel Medioevo, il ricorso al diritto romano per regolare le questioni legate alla
s. andò progressivamente scomparendo a seguito dell'influenza
germanica e dell'affermazione di pratiche popolari coeve. Centrale divenne il
concetto di comproprietà familiare, in base al quale veniva attribuito ai
figli una sorta di diritto di aspettativa sui beni di cui il padre non era altro
che un mero amministratore; in questo modo, il testamento finì per essere
utilizzato quasi esclusivamente per stabilire i legati e l'acquisto
dell'eredità fu svincolato dalla necessità di compiere un qualche
atto formale di accettazione. In questo senso, vanno letti i due noti aforismi
Deus solus heredes facere potest (solo il vincolo di sangue crea l'erede)
e
mortuus facit vivum heredem (il morto rende il vivo erede). La
s. legittima dava una netta prevalenza ai maschi sulle femmine, secondo
un ordine di priorità che favoriva prima i discendenti e, poi, gli
ascendenti assieme ai collaterali; solo in rari casi venivano riconosciuti
diritti ai figli naturali o del coniuge superstite. Circa la
s.
testamentaria, si riconosceva facoltà di disporre liberamente dei beni
acquistati, ma non dei beni aviti, mentre in tema di
s. necessaria venne
fissata una quota indisponibile, la cui entità era variabile a seconda
dei tempi e dei luoghi. Gli effetti dell'acquisto dell'eredità (che
poteva avvenire secondo varie modalità) si concretizzavano nella
responsabilità
ultra vires hereditarias; col tempo vennero
introdotti rimedi, spesso ripresi dal diritto romano, a favore dell'erede, il
cui utilizzo era, peraltro, socialmente riprovato (così come la rinuncia
all'eredità, vista come un oltraggio al defunto). Col Codice napoleonico,
vennero abolite le differenze riguardo l'origine dei beni e le preferenze legate
al sesso, alla primogenitura e alla priorità del matrimonio, ma fu
conservato il principio che l'estraneo è sempre legatario. Il Codice
italiano del 1865 non si discostò molto dal Codice napoleonico, salvo che
nello stabilire che il successore a titolo universale è necessariamente
erede. ║ Nella legislazione italiana, la materia della
s. per causa
di morte è disciplinata dal libro II del Codice Civile, largamente
modificato dalla L. 19-5-1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia.
Essa può interessare l'intera situazione patrimoniale del
de cuius
o una quota di questa e può essere
a titolo universale (ovvero con
nomina a
erede e assunzione dei diritti e degli obblighi patrimoniali del
defunto) o
a titolo particolare (vale a dire con nomina a
legatario e assunzione di rapporti giuridici determinati). La
s.
si apre al momento della morte presso l'ultimo domicilio del defunto (art. 456
Cod. Civ.) e dà avvio alla procedura di devoluzione dell'eredità
che può avvenire secondo la volontà della legge (
s.
legittima) o secondo la volontà del
de cuius (
s.
testamentaria), ma sempre e comunque nel rispetto dei due seguenti
principi: il primo che stabilisce che non si faccia ricorso alla
s.
legittima se non in assenza (in parte o in tutto) di quella testamentaria; il
secondo che prevede che siano tutelati i diritti riservati per legge ai
cosiddetti
legittimari (art. 536 e seguenti Cod. Civ.). La
s.
legittima si attua nell'ambito della famiglia e tiene in considerazione,
nell'ordine, i discendenti legittimi, gli ascendenti legittimi, i collaterali, i
parenti naturali, il coniuge, lo Stato (art. 565). Più specificamente, ai
genitori succedono in parti uguali i figli legittimi, naturali, legittimati e
adottivi (artt. 566 e 567); a chi muore senza lasciare prole succedono in
concorso i genitori e i fratelli (art. 571); a chi muore senza lasciare
discendenti o ascendenti succedono, senza distinzione di linea, i parenti
prossimi fino al sesto grado (art. 572). I figli naturali succedono a condizione
che il rapporto di filiazione sia stato oggetto di riconoscimento o di
dichiarazione giudiziale. Il coniuge, in concorso con un figlio, conserva il
diritto alla metà dell'eredità, in concorso con due o più
figli a un terzo, in concorso con ascendenti o fratelli ai due terzi; in assenza
di discendenti o ascendenti ha diritto a tutta l'eredità (artt. 581, 582
e 583). Il coniuge separato mantiene gli stessi diritti del coniuge non separato
se la separazione non è stata addebitata a lui (art. 585). In mancanza di
successibili ammessi dalla legge, l'eredità passa allo Stato (art. 586).
La
s. testamentaria, invece, si verifica allorché il
de
cuius, tramite testamento (che è negozio giuridico unilaterale non
recettizio, revocabile e solenne, V. TESTAMENTO),
dispone del destino dei suoi averi dopo la sua morte. Incapaci di disporre per
testamento sono considerati coloro i quali non hanno compiuto i 18 anni, gli
interdetti per infermità di mente e coloro i quali al momento della
stesura del testamento erano incapaci di intendere e di volere; per quest'ultimo
caso, la legge prevede la possibilità di impugnare il testamento da parte
di chiunque vi abbia interesse purché entro i cinque anni successivi alla
data di esecuzione delle disposizioni testamentarie (art. 591). Nel caso di
s. testamentaria, il chiamato all'eredità non necessariamente deve
appartenere alla famiglia; sussistono, tuttavia, delle restrizioni sulla
capacità di ricevere l'eredità da parte dei tutori e dei protutori
(art. 596), del notaio che ha ricevuto l'atto, dei relativi testimoni e
dell'interprete (art. 597), della persona che abbia ricevuto o scritto il testo
olografo (art. 598). Accanto alla
s. legittima e a quella testamentaria
esiste anche la
s. dei legittimari o
contro il testamento
(art. 536), al fine di correggere, nell'interesse dei cosiddetti
riservatari (coniuge, figli legittimi, naturali, legittimati o adottivi),
quelle volontà testamentarie o anche quegli atti di liberalità
compiuti in vita da parte del
de cuius che eccedano o abbiano ecceduto i
limiti di disposizione dei beni. Le quote di riserva sono così
determinate: ai figli legittimi e naturali spetta la metà del patrimonio
ereditario nel caso vi sia un unico figlio, i due terzi se i figli sono
più d'uno (art. 537); agli ascendenti legittimi tocca un terzo (art.
538); il coniuge ha diritto alla metà del patrimonio, nonché
all'abitazione della casa coniugale e all'uso del relativo mobilio se di
proprietà del defunto comuni (art. 540). La concorrenza di più
riservatari è disciplinata dagli artt. 541-546. Qualora la quota di
eredità destinata ai riservatari sia stata lesa dal
de cuius,
è prevista la possibilità di reintegro di tale quota attraverso
l'istituto della riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni
(art. 553 e seguenti); i proponenti dell'azione di reintegro, che deve avvenire
secondo i modi stabiliti dagli artt. 558-563, possono essere i riservatari, i
loro eredi o gli aventi causa. Per quanto concerne il diritto di accedere
all'eredità, esso è attribuito a coloro i quali sono giudicati
capaci dalla legge (art. 462), vale a dire ai nati o ai concepiti al momento
dell'apertura del testamento; sono, invece, esclusi coloro i quali hanno ucciso
o tentato di uccidere il
de cuius, o il di lui coniuge, o un suo
discendente o ascendente, oppure hanno tenuto condotta calunniosa nei suoi
confronti, oppure l'hanno indotto con dolo o violenza a revocare o modificare il
testamento (art. 463). L'acquisto dell'eredità avviene per
accettazione (art. 459); tale accettazione può essere
espressa (se contenuta in atto pubblico o in scrittura privata) o
tacita (se il chiamato compie un atto con il quale manifesta in modo
inequivocabile la sua volontà di accettare l'eredità),
semplice (con conseguente assunzione di responsabilità illimitata
per i debiti del defunto) o
con beneficio d'inventario (con conseguente
obbligo di soddisfare i creditori entro i limiti del patrimonio ereditario).
È possibile rinunciare all'eredità previa dichiarazione davanti a
un notaio o a un cancelliere della Pretura (art. 519), nel qual caso al chiamato
all'eredità subentrano per diritto di rappresentazione (art. 467) i suoi
discendenti. A norma degli artt. 518 e seguenti è prevista, inoltre, la
possibilità, in assenza di accettazione, di nominare un curatore
dell'eredità (in tal caso detta
giacente) al fine di eseguire
l'inventario, pagare eventuali debiti e rappresentare l'eredità. A norma
del D.L. 31-10-1990, n. 346, la
s. è soggetta a un'imposta
indiretta liquidata secondo le aliquote stabilite dal D.L. 31-12-1991, n. 413
(le quali tengono altresì in conto del rapporto intercorso tra il defunto
e i successori); tale imposta, cui sono sottoposti gli eredi e i legatari,
nonché i chiamati all'eredità, i curatori e gli amministratori, si
applica ai trasferimenti di beni e diritti dipendenti da
s. per causa di
morte secondo il
principio di territorialità ed è
finalizzata a colpire l'incremento netto di patrimonio quale è
determinato dal computo della differenza tra il valore della massa attiva
(composta da tutti i beni e diritti ereditari) e i debiti afferenti a questi
beni. A tal fine, sono previsti alcuni criteri presuntivi, quali, ad esempio,
l'attribuzione di un valore pari al 10% dell'asse ereditario a denaro, gioielli
e mobilia (anche se non dichiarati) e l'inclusione nell'attivo ereditario dei
beni e dei diritti soggetti a imposta trasferiti a terzi a titolo oneroso nel
corso degli ultimi sei mesi di vita del defunto. Il decreto stabilisce, poi, la
possibilità di dedurre eventuali debiti preesistenti all'apertura della
s., l'eventuale saldo negativo del conto corrente del defunto, i suoi
debiti tributari, le spese mediche sostenute negli ultimi sei mesi dagli eredi e
le spese funerarie (fino ai 2 milioni). Per quanto concerne l'individuazione dei
beni appartenenti all'asse ereditario, essa si compie mediante dichiarazione che
i chiamati all'eredità o i loro rappresentanti legali, nonché gli
immessi nel possesso temporaneo dei beni del
de cuius, gli
amministratori, gli esecutori testamentari e i curatori sono tenuti a presentare
entro sei mesi dall'apertura della
s. all'ufficio del registro
competente. Tale dichiarazione, che può essere comunque successivamente
integrata o corretta, non è dovuta da parte del coniuge o dei parenti in
linea retta qualora l'attivo ereditario non superi i 50 milioni di valore e non
coinvolga beni immobili né diritti reali immobiliari. ║
S. nel
debito a titolo particolare: fenomeno giuridico in virtù del quale
muta la persona del debitore, ferma restando la struttura del rapporto
obbligatorio e previo consenso del creditore. Esso si verifica nei casi della
delegazione (V.), della
espromissione (V.) e dell'
accollo
(V.). ║
S. nel processo: istituto
giuridico, disciplinato dall'art. 110 Cod. Proc. Civ., che prevede che, qualora
una parte del processo venga a mancare per causa di morte o altro, il suo posto
venga preso dal successore a titolo universale. • Dir. internaz. -
Sostituzione di uno Stato a un altro nella sovranità su un determinato
territorio. Lo Stato che succede è detto
successore, quello che si
estingue o subisce una diminuzione territoriale è denominato
predecessore. Tra le varie forme di
s. tra Stati si distinguono:
secessione (nascita di un nuovo Stato su una parte del territorio di un
altro Stato, che, però, continua a esistere),
smembramento
(insorgenza di più Stati sul territorio di uno Stato, con conseguente
estinzione di quest'ultimo),
incorporazione (annessione del territorio di
uno Stato da parte di un altro),
cessione (trasferimento da parte di uno
Stato di una parte del suo territorio a un altro Stato),
fusione (unione
di due o più Stati in unico Stato). Non costituiscono, invece, casi di
s. i mutamenti rivoluzionari. Allorché si realizzano i mutamenti
territoriali sopra descritti, diviene necessario stabilire se i rapporti
giuridici di cui era titolare lo Stato predecessore passino allo Stato
successore; nonostante la stipula delle due Convenzioni di Vienna del 1978 e del
1983, la materia è regolata dal diritto consuetudinario. In base a
quest'ultimo, come regola generale si ha che lo Stato successore subentra nella
sovranità territoriale e, dunque, le frontiere con gli Stati confinanti
permangono identiche. I trattati bilaterali stipulati dal predecessore, in base
al principio della
tabula rasa, perdono validità, salvo che non
sanciscano situazioni giuridiche localizzate; per i trattati multilaterali
è, invece, ammessa la trasmissione al successore mediante una notifica di
s. (che acquisisce valore retroattivo), a meno che non si tratti di
trattati multilaterali ristretti o istitutivi di organizzazioni internazionali,
per i quali deve essere avviata una procedura di ammissione (semplificata nel
caso di fusione). Nell'eventualità dell'incorporazione o della cessione,
vale il
principio della mobilità delle frontiere e dei trattati,
in virtù del quale i trattati stipulati dal successore vengono estesi
anche ai territori acquisiti, mentre contemporaneamente viene ristretta la sfera
di applicazione territoriale dei trattati stipulati dal predecessore in caso di
cessione. Per quel che concerne i beni, quelli immobili vengono trasferiti al
successore (se situati nel territorio oggetto di
s.), mentre quelli
localizzati in un terzo Stato restano al predecessore o passano al successore a
seconda che il predecessore vada o meno incontro a estinzione. Infine, a
riguardo dei debiti, essi vengono posti in carico al successore se contratti a
favore del territorio soggetto a
s., mentre restano al predecessore in
tutti gli altri casi. • St. -
Guerre di s.:
V. SUCCESSIONE, GUERRE DI. • Mat. - Insieme
costituito da una infinità numerabile e ordinata di elementi omogenei,
solitamente indicata con
a0,
a1,
a2, ...,
an, ..., che vede a ogni elemento
associato un numero naturale, detto
indice della s. Le
s. vengono
specificate in base alla natura dei loro elementi; si parla così di
s. numeriche,
di funzioni e
di punti, se sono
costituite, rispettivamente, da numeri (reali o complessi), funzioni e punti di
uno spazio. In analisi rivestono particolare interesse le
s. che assumono
valore in uno spazio metrico
S, con distanza
d; in questo caso,
infatti, è possibile introdurre il concetto di
limite di una
s. Si dice che una
s. {
an} tende al valore
l, o che
converge a l, per
n → ∞, se per ogni
ε
>0 esiste un indice
n0, che dipende solo da
ε, tale che per ogni
n > n0 si ha
d(
an,
l) < ε; nel caso di una
s.
di funzioni
fn(
x) definite in un insieme
D, si
dice che la
s. fn converge puntualmente alla
funzione
f(
x)
se per ogni
x appartenente all'insieme
D la
s. numerica
fn(
x) tende al valore
f(
x), per
n → ∞, mentre si dice che la
s. fn converge uniformemente a
f(
x) se per ogni ε
>0 esiste un indice
n0, che dipende solo da ε e non da
x, tale che per
ogni
n > n0 si ha
d(
fn(
x),
f(
x)) < ε, per ogni
x in
D. È
possibile introdurre altre nozioni di convergenza, dipendenti dal tipo di
s. in esame e dallo spazio in cui essa assume valori; inoltre, il
concetto di limite può essere esteso anche al caso di spazi che non siano
dotati di una struttura metrica, cioè privi di una funzione distanza, ma
dotati di una struttura topologica. Una
s. numerica
{
an} si dice
divergente, per
n → ∞,
se per ogni
K > 0 esiste un indice
n0, che dipende
solo da ε, tale che per ogni
n > n0 si ha
|
an|
> K; le
s. che non sono né
convergenti, né divergenti, vengono dette
indeterminate. ║
Sottosuccessione o
s. estratta da una s. {
an}:
s. i cui elementi sono alcuni
an della
s. di
partenza, dove l'indice varia in un sottoinsieme infinito dei numeri naturali.
Il teorema di Bolzano-Weierstrass afferma che ogni
s. limitata di numeri
reali ammette almeno una sottosuccessione convergente. ║
S.
bilatera:
s. in cui l'indice varia nei numeri interi relativi.
║
S. di Cauchy o
s. fondamentale: in uno spazio metrico con
distanza
d, sia {
an} una
s. tale che per ogni
ε
>0 esiste un indice
n0, che dipende solo da
ε, tale che per ogni
n,
m > n0 si ha
d(
an,
am) < ε. Uno
s.
metrico viene detto
completo se ogni
s. di Cauchy in tale spazio
è convergente; ad esempio, il campo dei numeri reali è uno spazio
completo, mentre non lo è il campo dei numeri razionali. ║
S.
doppia:
s. i cui elementi sono a loro volta
s.: si indica con
a0,0,
a0,1,
a0,2, ...,
an,
m. ║
S. finita:
s. costituita da un numero finito
di elementi.