Dottrina teorica e prassi politica inaugurata e
perseguita da Stalin e che informò di sé lo sviluppo politico,
sociale ed economico dell'Unione Sovietica a partire dagli anni Trenta del XX
sec. fino alla morte di Stalin stesso. ║ Teoria e prassi politica che si
rifà direttamente al regime stalinista. ║ Per estens. - Con valore
negativo, atteggiamento politico e ideologico ritenuto analogo a quello
staliniano, improntato cioè a principi di imposizione e
illiberalità e che non rifugge, ove le condizioni lo permettano,
l'eliminazione anche fisica dell'avversario. • Encicl. - Il termine
S.,
a differenza di Leninismo, fu coniato non dai sostenitori ma
dagli oppositori della linea politica di Stalin. Durante gli anni Venti, esso
venne inteso da Trotzkij come sinonimo di autoritarismo e burocratismo, come il
momento di reazione termidoriana al successo della Rivoluzione. La valenza
negativa del termine, assunto poi per antonomasia a indicare ideologie e prassi
politiche a carattere centralista e autoritario, intolleranti rispetto a
qualsiasi forma di dissenso, è stata prevalente tanto nella storiografia
sovietica seguita al 1956, quanto in tutta la produzione degli autori
occidentali. Questi ultimi si sono variamente divisi solo in merito alla
questione della continuità o discontinuità dello Stalinismo con
Bolscevismo e Leninismo, su quanto cioè fosse inevitabile (o al contrario
evitabile) uno sviluppo di tipo staliniano delle premesse poste dalla
Rivoluzione e dalla sua prima gestione leninista. Sono stati indicati, in
genere, come punti qualificanti dello
S. storico: il passaggio
dall'obiettivo di una rivoluzione permanente (mirante cioè a esportare il
Socialismo rivoluzionario in tutti i Paesi a democrazia borghese) a quello della
costruzione del Socialismo in un solo Paese (autosufficienza rivoluzionaria);
l'opzione economica che spinse a una rapida quanto drastica industrializzazione
del Paese a scapito del carattere agricolo del precedente tessuto produttivo; la
priorità accordata alla classe operaia (considerata più
politicizzata) a svantaggio di quella contadina (più arretrata
culturalmente e storicamente più legata alle istanze delle classi
borghesi o nobiliari); la collettivizzazione forzata delle terre e delle aziende
agricole e la nazionalizzazione di ogni settore produttivo e industriale
(capitalismo di Stato); il centralismo democratico, esteso dall'ambito del
Partito (secondo l'accezione di Lenin) a quello dell'intero Paese, per il quale
ai quadri dirigenti del PCUS vennero affidate le decisioni non solo teoriche o
di indirizzo politico, ma anche economiche ed esecutive (da ciò
conseguì la trasformazione gravida di conseguenze totalitarie e
repressive dell'oppositore politico in nemico del popolo e sabotatore
dell'economia nazionale); la restaurazione, in luogo dell'internazionalismo
leninista della prima ora, del bagaglio nazional-patriottico, opportunamente
coniugato all'orgoglio rivoluzionario e orientato a sostenere il ruolo sovietico
prima di partito-guida all'interno del Comintern, poi di Nazione-guida nel
blocco orientale postbellico.