Soffio, respiro, fiato:
s. vitale.
║ Principio immateriale di vita, generalmente inteso come contrapposto o
complementare a un principio materiale:
s./corpo. In questo senso, la
più alta manifestazione dello
s. è la divinità,
della cui natura non corporea e razionale l'uomo è in certa misura
partecipe, distinguendosi in ciò dagli altri esseri viventi e dal mondo
materiale. ║ In contrapposizione a
corpo, che indica il costituente
materiale dell'uomo,
s. significa invece la dimensione immateriale.
║ Nel Nuovo Testamento, e soprattutto nell'epistolario paolino, la nozione
di
s. indica la dimensione dell'uomo che si emancipa dalle inclinazioni
del peccato in opposizione ai desideri materiali:
conducetevi secondo lo
s.,
la carne non serve a nulla. ║ In contrapposizione
all'esteriorità o alla valutazione superficiale di una persona, la sua
interiorità. Anche il significato sostanziale di una cosa, un detto, uno
scritto in contrapposizione al suo significato letterale:
lo s. della
legge. ║ Complesso delle facoltà intellettive, affettive e
morali di ogni uomo:
grandezza di s. ║ In particolare, prontezza
d'ingegno, vivacità intellettuale, arguzia, ironia:
prontezza di s.
║ Inclinazione particolare, disposizione d'animo di una persona:
quel tale ha s. pratico. ║ Orientamento sentimentale e culturale di
un singolo, di un gruppo o di un popolo:
lo s. dei tempi. ║ Per
estens. - Anima, individualità immateriale di una persona defunta quando
la si ritenga, per superstizione, ancora vivente benché separata dal suo
corpo fisico. Spettro, fantasma. Anche riferito a esseri mitologici o
leggendari, sul tipo di geni e folletti:
lo s. della foresta. ║
S. di vino: il comune alcool etilico, utilizzato a scopi alimentari o
farmaceutici (
ciliegie sotto s.)
. ║ Ant. - Nei trattati di
fisiologia antica e medioevale, sorta di fluido sottile e impercettibile che era
tuttavia il veicolo delle sensazioni (
s. visivo: ciò che
produce la sensazione della vista). ║ Elemento volatile e sottile,
prodotto dalla distillazione di una sostanza. Composto chimico alla stato
aeriforme, che è ottenuto dall'azione di acidi su sali o per
distillazione secca.
• Gramm. - La lingua greca conosce due segni
diacritici: lo
s. aspro, per il quale si accompagna con una
aspirazione la pronuncia di un certo numero di parole inizianti per vocale e
tutte quelle inizianti per ρ, e lo
s. dolce o
lene, che
indica mancanza di aspirazione in altre parole inizianti per vocale.
• Mus. -
Con s.: didascalia che prescrive l'esecuzione di un
dato passaggio di una composizione musicale con modalità vivace e
brillante.
• Teol. - Una delle tre Persone della Trinità:
V. SPIRITO SANTO. ║
Puri s.:
secondo la Chiesa cattolica, gli
angeli. L'angelo è un essere
unicamente spirituale e incorporeo (a differenza dell'uomo che è unione
di corpo e
s.). La loro esistenza e la loro natura è una
verità di fede, perché tanto le Sacre Scritture quanto la
tradizione sono concordi a questo proposito. Si tratta di esseri puramente
spirituali, personali e immortali, dotati di intelligenza e volontà, che
superano in perfezione ogni altra creatura (V.
anche ANGELO).
• Filos. - Il termine
latino
spiritus ricorre lungo tutta la storia del pensiero con
significato non uniforme. Per quanto riguarda la fase più antica della
filosofia occidentale, corrisponde alla traduzione di due diversi vocaboli greci
originari:
pnéuma e
noús. In una prima accezione,
che è possibile rendere in italiano come soffio vitale, aria, una sorta
di respiro del cosmo, lo
s. era considerato come una sostanza materiale,
sia pure estremamente leggera e fluida. Solo in un secondo momento, infatti,
trovò spazio il concetto di una sostanza radicalmente differente da
quella che si pone come oggetto di ogni esperienza sensibile, di una sostanza
che possa essere percepita solo mediante l'intelletto, che sia cioè un
puro intelligibile. Ancora la concezione stoica, del resto, interpretava
lo
s. come una sorta di anima del mondo, materia sottilissima e mobile,
affine al fuoco e responsabile del moto, del flusso vitale e di quello
sensitivo; benché in esso si combinasse il
lógos,
cioè il principio ordinatore e razionale del cosmo, non si può
affermare che lo Stoicismo abbia superato un'accezione materialistica del
termine
s. Ciò nonostante la teoria stoica influenzò da un
lato Neoplatonismo e Cristianesimo, dall'altro le dottrine mediche di Galeno,
seguite ancora nel Cinquecento: coniugando la teoria ippocratea degli umori con
quella pneumatica degli stoici, Galeno spiegò la fisiologia degli esseri
viventi mediante l'azione di questa materia pneumatica sottilissima, che
presiede a tutte le funzioni organiche e che si distingue in
s. vitale
(con sede nel cuore),
s. animale (con sede nel cervello) e
s.
naturale (con sede nel fegato). Fu la cosmologia cristiana a introdurre
compiutamente l'uso del termine
pnéuma/s. nel senso di una
sostanza totalmente distinta, altra e contrapposta a quella materiale:
s.
indicò da un lato una delle tre persone divine, dall'altro il
principio superiore che è parte integrante della natura umana, (che
è appunto sia corporea sia spirituale) e da un altro ancora una categoria
di esseri assolutamente incorporei, intermediari tra Dio e l'uomo
(V. ANGELO). Si deve in ogni caso al Cristianesimo
l'accezione del termine
s. come principio immateriale proprio della
divinità nella sua massima attuazione, ma presente anche nell'uomo che in
virtù di ciò si eleva su ogni altra creatura sensibile e corporea.
Tale significato, attinente in prevalenza alla sfera teologica, non
soppiantò altri usi più vicini a quelli della tradizione medica,
ma preservò anche i contenuti di «principio vitale, veicolo di
sensibilità»; per tutto il Medioevo e il Rinascimento la nozione
teologico-trascendente e quella medico-scientifica hanno dunque sostanziato il
medesimo termine. Tuttavia, essendo Dio concepito come trascendente e
totalizzante, il Cristianesimo volle evitare il pericolo di un dualismo
nascosto, spiegando la creazione come produzione di tutto l'universo,
comprensivo cioè di
s. e materia, realizzata liberamente da Dio,
che è l'unico Assoluto. Il valore lessicale del termine
s. ha
trovato una maggiore chiarezza nell'ambito della filosofia moderna, venendo
inteso come principio caratteristico dell'uomo, facoltà razionale
distinta dalla materia, sinonimo di
mente e di
io. Cartesio
definì
res cogitans la natura della sostanza spirituale che, in
quanto riassume intelletto, ragione e volontà, si contrappone alla r
es
extensa,
principio di materia. In tal modo il concetto di
s.
non ha più alcun valore mistico, ma indica solo l'attività
cosciente dell'individuo: in quanto «unione sostanziale di
s. e di
corpo», l'uomo è però soggetto a un caratteristico
sovrapporsi di idee oscure e indistinte sulle idee innate, che sole consentono
la vera conoscenza. Superando il razionalismo cartesiano, B. Pascal distinse tre
piani o
ordini spirituali: il mondo della conoscenza scientifica,
l'ambito della condizione umana, l'orizzonte soprannaturale della salvezza. Il
filosofo utilizzò il termine
s. per indicare due distinti metodi
della conoscenza. L'ambito scientifico, che Cartesio reputava anche l'unico,
riguardava per Pascal solo il mondo naturale: il suo metodo è lo
«
s. di geometria» (
ésprit de géometrie)
che, per quanto deduca rigorosamente da assiomi evidenti, ci lascia comunque
ignoranti sul nostro destino. La condizione umana può essere invece
investigata, secondo Pascal, mediante l'
ésprit de finesse,
cioè con quella particolare attitudine e capacità intuitiva che
penetra l'essenza delle cose al di là dell'esteriorità, senza la
necessità di un graduale processo dimostrativo: ciò consente
all'uomo di attingere l'autentica struttura del proprio essere. Per G.W.
Leibniz
lo
s. coincise con la
monade, «l'anima
ragionevole» capace di conoscere sé e Dio: ogni monade finita trova
però il suo limite nella materia; solo Dio, in quanto monade suprema,
è autocoscienza piena e assoluta. Qualcosa di analogo afferma J. Locke,
per il quale
s. equivalse a
mente (cioè un soggetto
autocosciente). Prendendo le mosse dall'empirismo di quest'ultimo, G. Berkeley
negò che possa esistere una sostanza corporea oggettiva: infatti non
può esserci realtà indipendente dall'idea di essa che è
presente in uno
s. creato o in uno
s. eterno. Vale a dire che le
qualità dei corpi sono tutte soggettive, funzione del soggetto che le
percepisce (
esse est percipi: esistere è essere percepiti);
pertanto, se le cose si risolvono in percezioni e le percezioni esistono solo
nello
s., non è possibile parlare di una loro esistenza reale
fuori dallo
s. Secondo Berkeley, «ogni singolo
s. è un
essere semplice, indiviso, attivo e, in quanto percepisce le idee, viene detto
intendimento». Tuttavia, essendo l'attività degli
s.
percipienti limitata, Berkeley ritiene necessario ammettere l'esistenza di uno
s. supremo attivo, cioè Dio. La filosofia moderna dei secc.
XVI-XVII produsse dunque un cruciale passaggio nell'accezione del termine
s., non più utilizzato nel senso ontologico di sostanza
immateriale, ma piuttosto in quello di attività, facoltà
psicologica dell'individuo (accezione che continuò e si sviluppò
nell'ambito del Materialismo). A I. Kant si deve invece l'intrapresa (a lato di
una nozione di
s. come facoltà di intendere un qualcosa che non
cada sotto l'immediato dominio dei sensi) di una differente accezione del
termine, da cui evolse il concetto idealistico di
s.: con esso Kant
indicò un «principio vivificatore dell'animo». Nella sua
C
ritica del Giudizio, collocò lo
s. nell'ambito estetico e
lo considerò in quanto creatività, originalità e
spontaneità di pensiero. La concezione kantiana fu solo in parte accolta
da G.W.F. Hegel: egli ripropose il concetto di
s. come
logos
universale, unità di soggetto e oggetto, di cui tutta la
realtà è manifestazione. Espressione di un idealismo radicale,
l'affermazione hegeliana dello
s. come Assoluto si completa con il
rivoluzionario corollario per il quale lo
s. è altresì
in svolgimento: il mondo naturale, la storia - fino ad allora
identificati con ciò che è limitato e relativo e per ciò
stesso contrapposti ai concetti di
s. e di Assoluto - sono ricondotti
all'ambito dello spirituale in quanto produzioni dello
s. o, meglio, sue
alienazioni. Tre sono i momenti dello sviluppo dello
s. secondo
Hegel: lo
s. soggettivo (l'anima, l'intelletto, la ragione individuale);
lo
s. oggettivo (la produzione culturale delle istituzioni umane, la
storia, che si esprime nei tre fondamentali momenti del diritto, del costume e
dell'eticità, concretati nella famiglia, nella società civile e
nello Stato); lo
s. assoluto (che consiste nel ritorno dello
s.
a sé, quando si riconosce come tale nella sua autocoscienza:
ciò avviene nell'arte, nella religione e nella filosofia). L'Idealismo
spirituale hegeliano informò di sé tutta la filosofia successiva,
per cui lo
s. non poté più essere concepito come sostanza
ma come attività, Infinito in cui il finito viene a risolversi, anche se,
da un lato la destra hegeliana ne accentuò le implicazioni teistiche,
dall'altro la sinistra hegeliana gli rimproverò la costrizione del metodo
dialettico entro un rigore dogmatico del sistema tripartito e chiuso, che rende
lo
s. un'astrazione. Dall'Idealismo hegeliano B. Croce derivò la
sua concezione fondamentale, secondo cui la storia non è altro che il
progresso e il divenire dello
s. mediante il processo dialettico
(identificando con ciò la storia con la filosofia) e in cui egli distinse
quattro forme di attività spirituale, l'una accanto all'altra, in un
continuo movimento circolare. Fu tuttavia il momento dello
s. oggettivo a
esercitare la maggior influenza sul pensiero posthegeliano, ad esempio nella
celebre critica di Marx alla filosofia del diritto di Hegel. Sempre a partire da
esso, W. Dilthey definì come scienze dello
s. quelle discipline
che hanno come oggetto la realtà storico-sociale: non cioè la
metafisica, ma la psicologia sarebbe la prima e fondamentale scienza dello
s. Infatti, mentre le scienze naturali si basano su processi di
concettualizzazione, le scienze dello
s. si praticano in base a una
peculiare
comprensione della realtà umana, capace di penetrare le
manifestazioni dello
s. oggettivo nelle distinte epoche storiche. W.
Windelband precisò l'impostazione di Dilthey: attribuì alle
scienze spirituali un metodo
idiografico (cioè calibrato sulla
specificità e unicità del momento e della singola manifestazione)
e alle scienze naturali un metodo
nomotetico (cioè di natura
normativa e generale). Secondo J. Dewey, infine, lo
s. sarebbe il sistema
organizzato di inclinazioni e opzioni culturali che costituisce e insieme
è influenzato dalla tradizione; lo
s. individuale, l'io del
singolo acquisterebbe invece la propria identità mediante l'esperienza,
che consiste nel distacco dalla tradizione condivisa e statica.