Medicina s.: denominazione data da
Paracelso alla propria dottrina medica. Nella sua opera
Paragranum (1565)
egli, abbandonando le vecchie dottrine di tradizione ippocratica e quelle
derivate dalla medicina araba che collegavano lo stato di malattia a concetti
metafisici, affermò che le basi della patologia medica dovevano essere
ricercate nelle leggi fisiche e cosmiche e che la natura stessa era in grado di
fornire gli elementi utilizzati per la cura. Paracelso considerava le componenti
comuni ai tre mondi minerale, vegetale e animale, come date dagli elementi
zolfo, mercurio e sale, i quali si ritrovavano nella compagine umana sotto forma
di spirito, anima e corpo. Lo stato di malattia era, in questo senso, dato da un
accumulo di impurità incompatibili con gli elementi primari e la cura
doveva perciò essere rivolta allo scopo di separare il puro dall'impuro.
A tal fine vennero utilizzate sostanze naturali che, nell'intento di depurare
l'organismo, svolgevano un'azione purgativa, revulsiva, emetica, diuretica e
diaforetica. La medicina
s. servì da punto di partenza per quella
che sarebbe stata la
iatrochimica (V.), la
chimica medica, soprattutto nell'introduzione di preparati farmacologici sotto
forma di alcoliti, estratti, tinture. Tra gli esponenti della nuova scienza ci
furono l'inglese R. Fludd, il belga J.B. Van Helmont, i tedeschi F. de la
Böe e A. Libavius, il polacco M. Sinapio e l'italiano L. Fioravanti.