Bot. - Nome comune del genere
Sorghum della
famiglia delle Graminacee, comprendente circa 30 specie di piante erbacee
annuali originarie delle regioni calde. Eccetto alcune specie spontanee (
S.
halepense), il
s. è perlopiù coltivato: per ottenerne
foraggi nei Paesi sviluppati quali l'Europa e gli Stati Uniti, mentre presso i
popoli ad agricoltura più primitiva dell'Africa, dell'India e dell'Asia,
rappresenta ancora il principale alimento per l'uomo. Il
s. coltivato,
alto da 1 a 6 m, è simile al mais ma, a differenza di quest'ultimo,
possiede foglie lievemente più strette e fiori ermafroditi raccolti in
una pannocchia apicale eretta o pendula, più o meno ramificata. La
cariosside, di forma tondeggiante, è di colore vario: bianco, grigio,
aranciato, rosso o nero e può essere nuda o rivestita grazie alla
presenza di glume e glumette, anch'esse di colore vario. La coltivazione dei
s. ha consentito lo sviluppo, a seconda delle zone, di tipi colturali e
merceologici diversi quali cafro, dura, milo, kafir. Tra le specie coltivate
è degno di nota il
S. vulgare (noto come
saggina).
Coltivato in tutti i Paesi caldi come cereale, esso comprende diverse forme
africane di
S. saccaratum o
s. da zucchero, dotate di culmi
saccariferi ricchi di zucchero, utilizzate per la preparazione di soluzioni
zuccherine; il
S. dochna, tipico dell'India, la cui varietà
technicum (detta anche
saggina da granate), viene impiegata per la
fabbricazione di scope e spazzole; il
S. dura, il
S. roxbourghii,
il
S. cernuum, forme diffuse nell'Africa orientale e utilizzate
nell'alimentazione umana. La tecnica di coltura del
s. è molto
simile a quella del mais: la semina avviene da marzo a maggio, e la raccolta ha
luogo in tempi diversi a seconda della specie.