(dal provenzale antico
sonet: canzone,
canzonetta, der. di
son: suono). Composizione lirica formata da 14 versi
endecasillabi, variamente rimati, suddivisi in due quartine e due terzine.
• Metr. - Lo schema originario del
s. era costituito da otto
endecasillabi a rima alternata (ABAB ABAB) e da sei endecasillabi a due rime
alternate (CDC DCD) o di tre rime replicate o successive (CDE CDE). In origine,
veniva denominato
s. qualsiasi componimento poetico con accompagnamento
musicale. Di fatto il
s. nacque nell'area della scuola siciliana e se ne
attribuì la paternità a Giacomo da Lentini, che lo ricavò
da una stanza isolata di canzone, della quale avrebbe mantenuto la suddivisione
in due parti di due elementi ciascuna. Insieme alla ballata e alla canzone, il
s. fu il metro prediletto della letteratura italiana delle origini, sia
di tono “alto” (rimatori siciliani, guittoniani, stilnovisti che
utilizzarono tale metro anche per le tenzoni e per il dialogo poetico nella
forma della
proposta, cui seguiva una
risposta, solitamente
per
le rime, cioè con le stesse rime del
s. di proposta, del
destinatario) sia di tono comico-realistico (Rustico di Filippo, Cecco
Angiolieri). Intorno alla fine del Duecento, lo schema originario del
s.
subì modifiche, imponendosi, nelle quartine, la forma a rime
incrociate (ABBA ABBA), mentre nelle terzine vigeva una maggiore libertà:
agli schemi sopra citati si aggiunsero gli ordini CDC CDC, CDD DCC, CDD CDD, CDE
DEC, CDE ECD, CDE DCE. Con F. Petrarca il
s. raggiunse una tale
perfezione ritmico-formale da assurgere al livello della canzone come metro
della poesia lirica italiana. Nel Quattrocento e nel Cinquecento tale metro
ebbe grande fortuna e trovò impiego sia nella lirica aulico-amorosa
(Lorenzo de' Medici, M.M. Boiardo, i petrarchisti, tra i quali soprattutto G.
Della Casa, che introdusse l'uso dell'
enjambement, e T. Tasso), sia in
quella realistico-giocosa (Burchiello, F. Berni). La fortuna del
s.
proseguì in epoca barocca e con gli arcadi, nelle cui liriche
prevalse l'argomento amoroso e galante, nonché la sostituzione degli
endecasillabi con gli ottonari (
s. anacreontico o
pastorale).
Trascurato dai romantici (G. Leopardi non ne compose) a eccezione di V. Alfieri,
U. Foscolo, che ne compose 12, e G.G. Belli, autore di 2.279
s. in
romanesco, il
s. venne ripreso nel secondo Ottocento da G. Prati, G.
Zanella, G. Carducci, G. D'Annunzio e nel Novecento da G. Pascoli, G. Gozzano,
U. Saba, F. Fortini, E. Sanguineti, A. Zanzotto. ║
S. continuo: si
ottiene facendo proseguire nelle terzine le due rime delle quartine (ABBA ABBA,
BAB, ABA). ║
S. caudato o
ritornellato:
s. a cui
è stata aggiunta dopo le terzine una coda o ritornello di uno o due
endecasillabi (CDE CDE FF) o di un settenario e due endecasillabi (CDE CDE eFF).
Se la coda è replicata si ha una
sonettessa (CDE CDE eFF fGG gHH,
ecc.), forma ampiamente usata nella poesia giocosa cinquecentesca. ║
S.
doppio: lo si considera invenzione di Guittone d'Arezzo. È ottenuto
con l'inserzione di un settenario, in rima col verso precedente, dopo ciascuno
degli endecasillabi dispari delle quartine e dopo ciascuno degli endecasillabi
pari delle terzine (AaBBbA AaBBbA, CDdE CDdE); se vi è un'inserzione
anche dopo il primo endecasillabo delle terzine, si ottiene un
s.
rinterzato (AaBBbA AaBBbA, CcDdE CcDdE). ║
S. comune o
misto: è caratterizzato da alternanza, nei 14 versi, di
endecasillabi e settenari simmetricamente disposti (aBbA aBbA, Cdc DcD). ║
S. minore: è costituito da versi, tutti di uguale lunghezza,
inferiori all'endecasillabo (la sua denominazione fa solitamente riferimento al
nome del verso impiegato:
s. settenario); assai rara nei primi secoli,
tale forma metrica venne adottata da alcuni poeti moderni (A. Graf, G.
D'Annunzio). ║
Corona di s.: serie di
s. intorno a un
medesimo tema (per esempio, formano una corona i
s. sui mesi dell'anno di
Folgore da San Gimignano e i
s. del
Ça ira di G. Carducci).
║
Il s. nelle altre letterature: il
s. ebbe grande fortuna
anche all'estero. Dall'Italia arrivò in Francia nella prima metà
del Cinquecento, venendo da allora molto utilizzato, salvo durante il Settecento
e il periodo romantico. La forma più comune fu quella classica, con rime
ABBA ABBA CCD EED e ABBA ABBA CCD EDE, preferite dai poeti cinquecenteschi della
scuola lionese (M. Scève, L. Labé) e della Pléiade (P.
Ronsard, J. Du Bellay, Ph. Desportes). Fu C. Marot (1496-1544) che introdusse il
cosiddetto
sonnet marotique, dalla particolare struttura nella quale
mancavano le terzine, sostituite da una quartina preceduta da un distico a rima
baciata secondo lo schema ABBA ABBA CC DEDE. In Spagna fu utilizzato per la
prima volta dal marchese di Santillana (
Sonetos fechos al itálico
modo, 1438-58) ma venne diffuso da J. Boscán Almogáver, anche
se la sua massima qualità stilistico-interpretativa venne raggiunta da
Garcilaso de la Vega prima e da L. de Góngora poi. In Portogallo il suo
utilizzo è legato al nome di L. de Camões. In Germania il primo
divulgatore fu M. Opitz, che ne fu anche un attento teorizzatore nel suo
Libro dell'arte poetica (1624): altri importanti estimatori del genere
furono W. Goethe (specie negli scritti databili 1807-08) e R.M. Rilke
(
Sonetto a Orfeo, 1923). La lirica inglese utilizzò e
plasmò il
s. in modo fecondo, facendolo divenire uno degli schemi
ad essa più congeniali. I primi sperimentatori furono T. Wyatt e H.H.
conte di Surrey, che ricalcarono la produzione petrarchesca, a volte effettuando
delle vere e proprie traduzioni in inglese di
s. di Petrarca. Essi
iniziarono ad adattare il
s. alle minori possibilità rimiche della
lingua inglese introducendo lo schema a tre quartine e un distico che, nella
forma più matura, utilizzata soprattutto da Shakespeare e da lui detta
shakespeariana, ebbe schema rimico ABAB CDCD EFEF GG. Tra coloro che
più ne fecero uso ricordiamo E. Spenser, J. Milton (che però
preferì lo schema italiano, così come più tardi W.
Wordsworth e G.M. Hopkins), Ph. Sidney e J. Donne, che utilizzarono entrambi una
forma intermedia rimante ABBA ABBA CDCD EE. Negli Stati Uniti i poeti che
più se ne servirono furono E. Dickinson, E.A. Robinson ed E. Pound.